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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 136

Eziologia del bando al fumo

Posted by fidest press agency su martedì, 30 aprile 2024

di Lino Sacchi Professore Emerito di Geologia Università di Torino, Società Libera. Dunque, il Comune di Torino ha dichiarato guerra al fumo (del tabacco) accodandosi così ad altre città italiane. E non solo italiane: in Inghilterra, ad esempio, un divieto analogico è stato disposto addirittura a livello nazionale ed è diventato un caso politico, spaccando sia la maggioranza, sia l’opposizione. Il provvedimento torinese mi ha innescato alcune riflessioni, cominciando da quella essenziale, che consiste in una domanda: perché il divieto? Prima di tentare una risposta, è necessario ricordare le linee principali della misura. Vieta di fumare all’aperto se c’è altra persona a distanza inferiore a cinque metri, salvo che la persona presti esplicito consenso. Fin qui è chiaro; ma non è tutto qui. Il assenza, infatti, diventa assoluto in presenza di donna incinta. Presumo questo significa che la donna incinta non ha il diritto di dare consenso. Invece forse significa che il divieto vale se la gestante è in vista anche da lontano! Chiaro che il provvedimento necessita di una regolamentazione molto dettagliata. Prendiamo il caso del tizio che fuma seduto sulla panchina. Arriva la signora: ha diritto di sloggiarlo? Oppure ha ragione chi è arrivato per primo? Non parliamo poi del caso della donna incinta: possibili controversie del tipo “signora, è proprio sicura? Quanti giorni di ritardo? E se fosse la menopausa? Le possibili risposte alla domanda posta in apertura sono in realtà molteplici. La prima e più ovvia: il bando vuole tutelare la salute. Ma la salute di chi? Non quella del fumatore, dato che, con questa finalità, il divieto sarebbe incompleto per almeno due aspetti. Anzitutto, vale solo all’aperto. In secondo luogo, prendiamo il caso di quel tipo che se ne sta su una panchina al parco . Gli proibiamo di fumare la sigaretta, e però può farsi tranquillamente la sniffata senza essere perseguibile (uso personale, modica quantità), e presumo che ciò valga anche per il micidiale fentanyl ed altre droghe sintetiche.È chiaro, dunque, che la preoccupazione è per la persona adiacente. Con tutto il rispetto per il parere di alcuni esperti, mi riesce faticoso pensare che la salute del fumatore passivo sia messa a rischio – all’aperto! – si considera l’enorme differenza di concentrazione del fumo nell’aria che respira, rispetto a quella inspirata dal fumatore attivo a ogni boccata (o “tiro”: ripenso ai ragazzini di una volta, nel gabinetto della scuola, “dai, fammi fare un tiro”). Comunque, gli esperti hanno deciso che questa mia argomentazione non è rilevante. Passi. La debolezza della motivazione salutistica mi ispira una risposta alternativa alla domanda posta in apertura. Il divieto rientra nel campo della protezione dei diritti, nella fattispecie, del diritto di non essere infastidito dal fumatore. E tuttavia, quando si entra nel campo dei diritti, il terreno diventa scivoloso. Abstract fonte: http://www.societàlibera.org

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