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Continua la ripresa del comparto calzaturiero italiano

Posted by fidest press agency su giovedì, 13 luglio 2023

Nel primo trimestre del 2023 ha registrato una crescita del fatturato del +13,6% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. E’ la fotografia scattata dal Centro Studi Confindustria Moda per Assocalzaturifici, che evidenzia anche un progresso del saldo commerciale (+21%). Nonostante il trend favorevole nelle principali variabili congiunturali, non mancano però elementi di preoccupazione. Sono diversi, infatti, i segnali di affievolimento (per certi versi fisiologico) della crescita, dopo il rimbalzo registrato nel 2021 e l’ulteriore consolidamento del 2022 che, seppur con un andamento piuttosto disomogeneo tra le aziende, hanno permesso al settore nella sua generalità di tornare sui livelli di fatturato del 2019 pre-Covid: le previsioni delle aziende sui ricavi nei trimestri successivi al primo, sebbene permangano positive, evidenziano una progressiva decelerazione, mentre in termini di volume il rallentamento risulta ancora più evidente, con alcuni segni negativi che già emergono nel confronto con la prima frazione dello scorso anno. Calano infatti nei primi 3 mesi, seppur lievemente, le quantità esportate (-2%) e quelle prodotte (-1% l’indice Istat della produzione industriale).Il report indica inoltre come non si arresti il processo di selezione tra le imprese (-107 attive rispetto a dicembre, pari al -2,8%), mentre rimangono pressoché stabili gli addetti (-0,3%). Calano nuovamente, dopo il picco eccezionale indotto dall’emergenza pandemica, le ore di cassa integrazione autorizzate nella filiera pelle (-20,4% nei primi 5 mesi), nonostante l’inversione di tendenza del bimestre aprile-maggio (+12,6%): 5,7 milioni le ore autorizzate nel complesso, comunque ancora superiori del +76,2% rispetto ai primi 5 mesi 2019 pre-Covid. Tornando all’export, il dettaglio per tipologia merceologica mostra andamenti disomogenei. Il comparto delle calzature con tomaio in pelle – primo per importanza con un’incidenza del 63% sulle vendite estere in valore – è l’unico a presentare nel primo trimestre incrementi dell’export sia in valore (di poco superiori alla media, +18,6%) che in volume (+1,4%) a confronto con gennaio-marzo 2022; denota però, in quantità, ancora un divario non trascurabile rispetto al 2019 (-16,6%). Tra le voci del comparto, sensibile riduzione per le calzature in pelle da bambino (-12% in volume), che interrompono il recupero dell’ultimo biennio; segni positivi per i segmenti “uomo” (+4,7% in paia globalmente, malgrado la flessione della tipologia marginale “stivali alti”) e “donna” (+1,5% in quantità, con un +2,2% per le scarpe da passeggio, +4,2% per i sandali e un -24,5% per gli stivaletti/scarponcini). Per effetto di questi movimenti, la Lombardia (con un +49,5%) ha superato la Toscana (-6%) nella graduatoria dell’export per regione, salendo nel periodo analizzato al secondo posto dietro al Veneto, che evidenzia un incremento del +12,6%. Con l’eccezione della Toscana e della Puglia (rimasta stabile, -0,2%), tutte le altre aree a vocazione calzaturiera presentano aumenti a due cifre; del +20,3% la crescita delle Marche (con intensità analoga per Fermo, +23,3%, e Macerata, +21,8%, e più moderata per Ascoli, +13,6%), grazie alla quale hanno superato del 4% i livelli del primo trimestre 2019 pre-Covid. La Campania, nonostante un +22,2%, è invece la sola, tra queste, ancora al di sotto di allora (-3,8%). Tornando ai numeri della Toscana, va sottolineato che, al netto dei flussi verso la Svizzera, l’export risulterebbe anch’esso in crescita a doppia cifra (+14,3%) in linea con la media nazionale, escludendo la presenza di particolari criticità rispetto alle altre aree. (abstract by Industria calzaturiera italiana)

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Il comparto calzaturiero italiano continua il percorso di recupero post – pandemia

Posted by fidest press agency su mercoledì, 4 gennaio 2023

Ha registrato nei primi nove mesi del 2022, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, un incremento a doppia cifra del fatturato (+13,9% tra le aziende del campione di Associati). È la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici che evidenzia anche un aumento dell’export (+23,7% in valore e +11,7% in volume, trainato dalle griffe del lusso), che ha già superato i livelli pre-Covid (con l’eccezione, però, delle scarpe con tomaio in pelle, che presentano un gap del -11% in quantità sul 2019). Risultati premianti nei mercati comunitari (con aumenti nell’ordine del +25% in valore in Francia e Germania), in Nord America (+62%) e in Medio Oriente (+58,5%). Bene fino ad ora anche la Cina, ma soprattutto per l’alto di gamma (+43% in valore, con un +34% nel prezzo medio). Pesanti le conseguenze della guerra in Russia e Ucraina (-32% nei primi 9 mesi nell’insieme, con un -40% dall’inizio del conflitto); tra gli stati dell’ex blocco sovietico cresce il Kazakistan (+33,4%).Nel report emerge anche la risalita nei consumi interni: +13,3% in spesa gli acquisti delle famiglie, ma ancora -3,5% sulla situazione già largamente insoddisfacente di tre anni addietro. Il contestuale balzo dell’import (+30% quantità) e la propensione al risparmio indotta dal carovita rendono sempre più serrata la competizione sul mercato nazionale, sfavorito anche da una stagione autunnale partita molto in ritardo. Cresce la quota di vendite off-price. In estate ritmo sostenuto dei flussi turistici, ma il recupero nello shopping straniero è ancora parziale.Analizzando nel dettaglio le esportazioni, le vendite estere di calzature hanno raggiunto (operazioni di pura commercializzazione incluse) l’ennesimo primato in valore, toccando i 9,35 miliardi di euro (+23,7% su gennaio-settembre 2021), per un totale di 165,2 milioni di paia (+11,7%): non un record quello delle quantità, ma comunque il miglior risultato dal 2017 ad oggi. Il prezzo medio al paio è salito a 56,60 euro (+10,7%). Sia in valore che in volume sono state superate le cifre dei primi 9 mesi 2019 pre-Covid (rispettivamente del +20,4% e di un più modesto +3,9%).Decisamente positivo l’export verso gli USA che – dopo la fine della “guerra dei dazi” con la UE nell’autunno 2021 nell’ambito delle dispute sulla digital tax e lo scampato pericolo di imposte aggiuntive sui prodotti del fashion – nel 2022, grazie al cambio favorevole, hanno registrato nei primi 9 mesi un sensibile incremento (+61% in valore e +28% in volume). Crescita altrettanto vigorosa si evidenzia per il Canada.La Cina, dopo la frenata nel bimestre aprile-maggio (-25% nelle quantità e -13% in valore) legata alle restrizioni adottate in diverse città per fronteggiare i nuovi focolai Covid, da giugno è ripartita con vigore. Forte preoccupazione destano ovviamente le notizie di questi giorni sulla recrudescenza del virus, dopo la nuova drammatica ondata di casi nel paese.Restando nel Far East (+27,4% in valore globalmente) torna a crescere la Corea del Sud (+22,5%) dopo la battuta d’arresto del 2021 che aveva interrotto la lunga striscia positiva del decennio precedente; bene il Giappone (+25,5% in valore), che presenta però, così come Hong Kong, un gap considerevole col pre-pandemia.Confortanti anche i dati sul Medio Oriente, dove svettano gli Emirati Arabi (15° mercato, in aumento del +68% in valore e del +49% in quantità su gennaio-settembre 2021). Tornando nel Vecchio Continente, tra i membri della UE27 cresce del 26% la Germania (+18% in paia), da sempre uno dei principali clienti delle calzature Made in Italy (è il secondo in termini di volume); positivi anche altri importanti sbocchi comunitari, quali Spagna (+23% circa in valore), Paesi Bassi (+36%), Polonia (+16%) e Belgio (+19%), tutti già abbondantemente oltre i numeri pre-Covid. Riparte l’export verso il Regno Unito (+23% in valore e +1,6% in quantità) dopo il crollo dell’ultimo biennio, successivo all’uscita dall’Unione. Le cifre attuali restano comunque marcatamente inferiori a quelle 2019: -29% in valore e -39% in volume.

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Il comparto calzaturiero italiano in ripresa nel 2021

Posted by fidest press agency su sabato, 5 marzo 2022

L’anno scorso infatti ha registrato un incremento del fatturato del +18,7% sul 2020 attestandosi a 12,7 miliardi di euro. Un valore però ancora inferiore all’epoca pre-covid (-11% rispetto al 2019). È la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici su un settore dove le griffe trainano l’export, con le aziende che viaggiano a velocità differente (solo una su tre ha recuperato i livelli ante pandemia) e su cui c’è l’ombra gettata dallo scenario geopolitico in continua evoluzione in Ucraina. I dati sono stati illustrati oggi, a Milano, nella conferenza stampa di presentazione della manifestazione internazionale Micam in programma dal 13 al 15 marzo 2022 a Fiera Miano Rho. Nel dettaglio, l’export ha raggiunto in valore (10,3 miliardi di euro a consuntivo) il secondo miglior risultato di sempre, anche al netto dell’inflazione. Bene, in particolare, le prime due destinazioni, ovvero Svizzera (+16,2% in valore sul 2020, nei primi 11 mesi) e Francia (+24%), tradizionalmente legate al terzismo; ma anche USA (+42%) e Cina (+37,5%) che ha già abbondantemente superato i livelli 2019. Tra i primi 20 mercati di sbocco, solo 3 hanno registrato nel 2021 un segno negativo: Regno Unito, Giappone e Corea del Sud (che ha così interrotto la forte e costante crescita degli anni precedenti). Infine si guarda con preoccupazione alla crisi russo Ucraina che inevitabilmente frenerà la ripresa appena descritta data l’importanza strategica dei due mercati per la calzatura italiana. Risale l’attivo del saldo commerciale (+22% da gennaio a novembre), atteso a poco meno di 5,2 miliardi nei 12 mesi. Sul fronte interno, invece, gli acquisti delle famiglie (pur in crescita del +15,6% in valore, con un +12,1% in volume) restano ancora al di sotto dell’11,1% rispetto alla situazione già largamente insoddisfacente di due anni addietro. L’analisi per merceologia evidenzia incrementi attorno al +16% in spesa sul 2020 per le calzature classiche per uomo e del +18% per quelle per donna; entrambe le voci, duramente colpite nel 2020 dal venir meno di molte occasioni d’uso, restano però al di sotto di circa il -20% rispetto al pre-crisi; +14% per le scarpe da bambino; +16,3% per le sportive e le sneakers (con un gap del -4% sul 2019). Aumento contenuto, infine, per la pantofoleria (+6%), ma sufficiente ad appianare il divario con la situazione pre-Covid (+0,3%), visto il diffuso utilizzo durante la permanenza forzata nelle case nel 2020 e quindi la minor flessione negli acquisti subìta. Permane inoltre in forte sofferenza lo shopping legato al turismo straniero, sempre molto penalizzato. Dal punto di vista occupazionale, nel 2021 si contano in Italia 3.981 calzaturifici attivi, con un saldo negativo di -171 unità rispetto a dicembre 2020. La forza lavoro settoriale è scesa a 70.586 addetti, -1.296 sul 2020 (-1,8%). Considerando anche i produttori di componentistica, i saldi precedenti salgono a -312 aziende e -2.067 addetti rispetto al 2020, tra industria e artigianato. Il numero di imprese attive cala in tutte le regioni. Con riferimento agli addetti, Campania e Puglia risultano le uniche in controtendenza (+95 e +148 unità). Nelle Marche e in Toscana le riduzioni più elevate in termini assoluti sia nelle imprese attive (-114 e -65 unità rispettivamente) che nel numero di addetti (-1.269 e -624). Infine, dopo il picco del 2020 raggiunto a seguito dell’interruzione delle attività lavorative durante il lockdown (83 milioni di ore), nel 2021 le autorizzazioni rilasciate da INPS per la filiera pelle sono scese a 68,2 milioni (-17,8%), restando però su livelli più di 8 volte superiori a quelli del 2019 (+722%), a testimonianza di uno scenario ancora decisamente complesso in cui l’aumento dei prezzi delle materie prime (che ha caratterizzato tutto il 2021) e quello dei costi energetici erodono i margini delle imprese, mettendo a rischio la ripartenza stessa del settore.

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Il comparto calzaturiero italiano resiste alla crisi

Posted by fidest press agency su lunedì, 3 gennaio 2022

Nei primi nove mesi del 2021 segna – per il campione di Associati intervistati – un recupero a doppia cifra del fatturato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+19,5%). È la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici che stima anche, secondo le prime proiezioni, una chiusura del fatturato a +16,2% nei dodici mesi ma con un gap compreso tra il -10 e il -15% rispetto ai livelli 2019 antecedenti l’emergenza sanitaria.Se la maggioranza delle imprese ha segnalato almeno un avvio di recupero, registrando un incremento sui livelli fortemente penalizzanti dei primi 9 mesi 2020, il vigore della ripresa non è stato uniforme e, soprattutto, in molti casi non è stato sufficiente a ripianare le perdite subìte l’anno precedente. Solo 1/3 delle aziende ha infatti dichiarato di aver superato, o almeno eguagliato, i livelli di fatturato di gennaio-settembre 2019 pre-Covid. Bene l’export settoriale (+17,6% in valore nel complesso e +16,3% in quantità): con la sola eccezione di Regno Unito, Giappone e Corea del Sud (che registra un primo rallentamento dopo nove anni di crescita ininterrotta), tutte le prime 20 destinazioni mostrano un trend positivo sul 2020 (quasi sempre con recuperi a due cifre, almeno in valore).Per quanto riguarda gli acquisti delle famiglie, la disaggregazione per segmento merceologico evidenzia nei primi 9 mesi incrementi attorno al +6% in spesa per le calzature classiche per uomo e del +10% per quelle per donna (entrambe le voci restano però al di sotto di oltre il -20% rispetto al pre-crisi); +7,6% le scarpe da bambino; +14,2% per le sportive e le sneakers (con un gap del -7% sul 2019); aumento contenuto per la pantofoleria (+4,2%), la tipologia più utilizzata durante il lungo lockdown e conseguentemente la più vicina ora alla situazione pre-Covid (-2,8%). L’analisi condotta evidenzia come alcuni fattori possano ostacolare la ripresa e il ritorno alla normalità, tra cui – oltre ad una nuova ondata di contagi – gli aumenti nei prezzi delle materie prime e dell’energia.

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Digitalizzazione come chiave di sviluppo per il comparto calzaturiero

Posted by fidest press agency su domenica, 17 Maggio 2020

Lo è sia sotto il profilo della produzione che nel rapporto con i consumatori. È entrato nel vivo Road2Digital, il calendario di incontri online dedicati al tema digitale. I Giovani Imprenditori di Assocalzaturifici hanno fortemente voluto e supportato la creazione di un programma ad hoc per le aziende che toccasse i temi delle nuove tecnologie, partendo da un approccio strategico sugli scenari a breve, medio e lungo termine e sui requisiti per poter attuare una trasformazione digitale.Il professor Aldo Monti, specialista in Web Marketing, Marketing Strategico e Comunicazione Aziendale, fornirà la sua visione su come digitalizzare l’ufficio commerciale, le opportunità offerte dagli show room virtuali e illustrerà case histories di aziende del mondo della moda che sono esempi virtuosi di corretto utilizzo del digitale.Il nuovo modo di vedere e concepire la realtà, che anche questa emergenza sanitaria ci ha imposto, deve spingere verso un radicale cambiamento verso la tecnologia e l’innovazione.“In questa situazione così difficile l’Associazione cerca di essere più vicina possibile agli imprenditori calzaturieri offrendo una formazione all’avanguardia proiettata verso il futuro e verso l’innovazione” dice Elisa Lanciotti, Presidente dei Giovani di Assocalzaturifici.La seconda parte della formazione analizzerà in profondità gli strumenti digitali per implementare nuove strategie per la vendita e la relazione con il cliente. Tali attività saranno sviluppate con una delle società leader nella trasformazione digitale.Un percorso di formazione articolato che si rivelerà fondamentale per le aziende che necessitano del cambiamento per uscire dagli schemi di marketing e vendita convenzionale ed aprirsi a nuovi canali e opportunità.Il programma proseguirà fino alla metà del mese di giugno.

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Un anno in chiaroscuro per il comparto calzaturiero italiano

Posted by fidest press agency su venerdì, 14 febbraio 2020

Nel 2019 crescono l’export (+6,8% a valore) e il saldo commerciale (+10,3%) ma frena la produzione (-3,1% in quantità). La fotografia del settore emerge dal report elaborato dal Centro Studi Confindustria Moda per Assocalzaturifici, illustrato oggi alla stampa in occasione della Conferenza Stampa di presentazione di Micam.“Il record delle esportazioni, che hanno superato i dieci miliardi di euro a valore grazie al traino delle griffe del lusso (come certifica il risultato, +27%, dei flussi diretti in Svizzera, tradizionale hub logistico distributivo delle stesse) viene smorzato da elementi poco rassicuranti – spiega Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici – Le flessioni in volume di export e produzione equivalgono di fatto ad un calo della manodopera, in uno scenario che vede il mercato interno in piena fase recessiva. A questo si aggiungono le forti incertezze per il 2020, con le conseguenze ancora tutte da valutare sull’economia mondiale dell’emergenza coronavirus, esplosa in una delle poche aree caratterizzate nell’ultimo decennio da crescite costanti per il nostro settore. In questa congiuntura non facile, il nostro comparto deve puntare sull’innovazione tecnologica e sulla formazione di nuove figure professionali per gestire il ricambio generazionale. Sono questi i driver per migliorare le performance di un settore che con 75.000 addetti, un attivo del saldo che sfiora i 5 miliardi di euro e una produzione pari a 8 miliardi, è assolutamente rilevante per l’economia nazionale”. Sul fronte dell’export, l’analisi dei principali mercati di sbocco esteri evidenzia trend inferiori alle attese in Russia (-15,3% in quantità nei primi 10 mesi) e negli altri paesi dell’ex blocco sovietico, con pesanti ripercussioni per i distretti tradizionalmente votati a quest’area; contrazioni non trascurabili per Germania (-9,3%, condizionata dal rallentamento dell’economia), Medio Oriente (-9,2%) e Giappone (-6,7%, pur con un +6,8% in valore). Risultati favorevoli invece in Francia, +6,4% in volume e +9,3% in valore; aumenti attorno al 10% in valore negli USA e in Cina, e di quasi il 20% in Sud Corea, che fa segnare l’ennesima crescita a doppia cifra.Al netto dei flussi diretti in Svizzera e Francia – destinazioni privilegiate del terzismo per le griffe, che coprono assieme 1/3 delle vendite estero in valore – l’aumento registrato dall’export italiano di calzature nei primi 10 mesi si ridurrebbe però dal +7,1% al +2,6%, con una flessione attorno al -3% in volume.Continua il trend negativo dei consumi interni, con gli acquisti delle famiglie che registrano di fatto un calo sia in quantità (-3,2%) che in spesa (-2,3%). Prezzi medi in aumento contenuto (+0,9%), a testimonianza dell’attenzione sempre elevata al fattore prezzo (più della metà degli acquisti complessivi sono effettuati in saldo/svendita).
Infine, per quanto riguarda la natalità delle imprese e l’occupazione, a fine dicembre 2019 il settore contava 4.326 aziende (179 in meno) e 74.890 addetti diretti (-790), in calo rispettivamente di un non trascurabile -4,0% e del -1,0% sui livelli di un anno addietro. Considerando anche la componentistica, i saldi negativi salgono a -266 aziende e -1.086 addetti, con trend disomogenei tra le regioni. Le Marche, duramente colpite dalla crisi in Russia e CSI registrano l’arretramento più pesante in termini assoluti nel numero di imprese (-122, tra industria e artigianato). Relativamente al numero di addetti, i cali più sostenuti hanno interessato nuovamente le Marche (-1.251) e l’Emilia Romagna (-278); attorno al centinaio di unità, invece, le perdite per Lombardia e Toscana. L’analisi per regione mostra incrementi diffusi, con l’eccezione (tra le aree più importanti per il comparto) di Toscana (-19%) e Puglia (-38%). Le Marche (+48%) sono la prima regione per numero di ore autorizzate (2,7 milioni, 1/3 del totale nazionale). Aumenti attorno all’80% per il Veneto e del 47% per la Campania.

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