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GAM: Small cap, solo forti tagli dei tassi possono alleviare la pressione

Posted by fidest press agency su lunedì, 27 Maggio 2024

A cura di Julian Howard, Lead Investment Director delle soluzioni Multi Asset di GAM. Nella sua ultima lettera annuale, Warren Buffett, presidente di Berkshire Hathaway, si è lamentato del fatto che le enormi dimensioni della sua azienda fanno sì che “in questo Paese rimangano solo poche aziende in grado di spostare veramente l’ago della bilancia di Berkshire”. Mentre fatica a trovare acquirenti a valutazioni interessanti, la liquidità dell’azienda è salita alla cifra record di 167,6 miliardi di dollari. Anche in America, le grandi società quotate in borsa sono diventate relativamente costose e i vincitori relativamente poco diversificati. Le grandi aziende americane sono state tendenzialmente al riparo dall’aumento dei tassi grazie al ruolo unico che i mercati delle obbligazioni societarie (credito) svolgono nel fornire finanziamenti convenienti per lunghi periodi di tempo. In particolare, durante la pandemia è stato contratto molto debito a basso costo, il che ha indotto molti analisti a parlare di un imminente “maturity cliff”, quando il debito giungerà a scadenza e saranno disponibili solo tassi più elevati per le grandi imprese. Le società più grandi stanno godendo di un altro privilegio, questa volta in funzione delle loro enormi riserve di liquidità. Con i buoni del Tesoro USA a sei mesi che guadagnano un bel 5,2, le megacap con grandi riserve di liquidità stanno accumulando enormi guadagni. Tra queste c’è Berkshire Hathaway. Se la sua intera liquidità fosse investita in questi buoni, crescerebbe di ben 8,7 miliardi di dollari all’anno. Se si considerano i cosiddetti Magnifici Sette (Alphabet, Microsoft, Amazon, Apple, Meta, Tesla, Nvidia), il loro saldo medio di liquidità è stato superiore di ben 48 miliardi di dollari rispetto al saldo medio di liquidità dell’S&P 500 nel suo complesso. Alphabet da sola può contare su un’enorme liquidità di 110,9 miliardi di dollari entro la fine del 2023. Se fosse interamente investita in tassi di deposito a breve termine o buoni del Tesoro, dopo 12 mesi sarebbe ricompensata con non meno di 5,8 miliardi di dollari, nell’ipotesi che i tassi di interesse non subiscano variazioni. Non sorprende quindi che il mercato penalizzi meno queste aziende in presenza di ” fattori negativi” tradizionali, come l’inflazione vischiosa e le guerre.Per le imprese più piccole, purtroppo, vale il contrario. Affidate alle banche tradizionali per la concessione di prestiti (proprio come in Europa) e a cui viene generalmente offerto un prestito a tasso variabile, anziché fisso, le imprese più piccole sono più vulnerabili ai tassi elevati in generale, ma hanno anche sofferto in modo sproporzionato quando le aspettative di riduzione dei tassi di interesse si sono attenuate nel corso degli ultimi mesi. All’inizio dell’anno il mercato degli swap prevedeva ben tre tagli da parte della Federal Reserve entro la fine del 2024. Ora tale previsione si attesta ad appena un taglio.L’inflazione headline sembra essersi bloccata intorno al livello del 3,5%. La redditività delle small cap appare ancora più vulnerabile, conferendo loro uno status di bassa qualità che gli investitori stanno evitando in un contesto di guerre simultanee in Ucraina e in Medio Oriente e di elezioni americane imminenti molto controverse. Questa situazione si discosta nettamente dalla storia delle small cap dal 1982 al 2020. In quel periodo, le small cap erano positivamente correlate agli alti e bassi dell’economia, come risultava dai tassi di mercato a lungo termine (cioè i rendimenti obbligazionari). Poiché in questo periodo i rendimenti sono generalmente scesi in un contesto di stagnazione dell’economia statunitense e di altre pressioni esterne, la sottoperformance delle small cap ha avuto un certo senso. Ma all’indomani della pandemia, con la ripresa dell’economia statunitense e il conseguente aumento dei rendimenti obbligazionari, le small cap avrebbero dovuto avere il loro momento di gloria. Invece, a causa della particolare situazione di finanziamento descritta, le small cap sono rimaste all’ombra.Non è irragionevole che gli analisti finanziari oggi mettano in discussione l’esposizione nelle large cap, soprattutto se si considera che l’S&P 500 è salito di quasi il 50% dal 10 ottobre 2022 al 6 maggio 2024. Ma anche in presenza di statistiche così sorprendenti, il posizionamento del portafoglio deve sempre tenere conto dell’evoluzione delle dinamiche di fondo di un determinato mercato. Nel caso delle large cap rispetto alle small cap, sembra che i fondamentali si siano spostati ulteriormente a favore delle prime, anche dopo oltre quarant’anni di sovraperformance e valutazioni ormai tirate, mentre le prospettive per le small cap sembrano essersi solo affievolite. A questo punto, solo una significativa riduzione dei tassi di interesse e dei tassi a lungo termine potrebbe equilibrare le condizioni. Ma con l’economia statunitense praticamente in pieno boom e l’inflazione apparentemente bloccata, questo scenario sembra molto lontano.

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