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Infezioni ospedaliere

Posted by fidest press agency su domenica, 19 agosto 2018

Le infezioni urinarie sono le più frequenti, seguite da polmoniti e infezioni da ferite chirurgiche. L’80% di tutte le infezioni “in corsia” riguarda quattro sedi principali: il tratto urinario, le ferite chirurgiche, l’apparato respiratorio e le infezioni sistemiche. Quelle del tratto urinario, da sole, raggiungono il 35-40%. Negli ultimi quindici anni però si sta assistendo a un calo di questo tipo di infezioni, e a un aumento di quelle sistemiche, tra cui le polmoniti, a causa della presenza di ceppi batterici resistenti agli antibiotici, visto il largo uso di questi farmaci a scopo preventivo o terapeutico. Le infezioni della ferita chirurgica, rappresentano dal 20 al 30% delle infezioni ospedaliere e contribuiscono fino al 57% di giorni in più di ricovero e al 42% dei costi extra per il sistema sanitario. In questo panorama, particolare attenzione la meritano i pazienti oncologici che presentano un rischio maggiore d’infezione derivante principalmente dalle caratteristiche proprie della malattia tumorale e dalle terapie immunosoppressive necessarie.
Ogni anno in Europa sono circa 25.000 i decessi causati da infezioni provocate da batteri resistenti ai farmaci. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) indica che in Europa la resistenza agli antibiotici “di ultima linea” è in aumento. E’ ormai una realtà accertata in diversi paesi che la resistenza agli agenti patogeni che sono spesso all’origine di polmoniti e di infezioni delle vie urinarie in ambiente ospedaliero si va accentuando in tutta l’UE. In Italia, ad esempio, emerge come sia in preoccupante aumento la resistenza ai carpabenemi in Klebsiella pneumoniae, passata dal 1,4% del 2009 al 16% del 2010. I carbapenemi sono farmaci utilizzati per infezioni gravi, si comprende pertanto come l’antibiotico-resistenza sia un vero rischio per la salute pubblica che necessita di sistemi di sorveglianza sempre più organizzati tra ospedali e governi regionali e nazionali. Esperti in malattie infettive, oncologia clinica, dermatologia e oncologia chirurgica si confrontano sulla difficoltà dell’utilizzo, in ambito oncologico, delle linee-guida per prevenire le infezioni ospedaliere, per la complessità della patologia e delle terapie. “Nonostante siano attuate tutte le procedure necessarie per ridurre il rischio infettivologico nei malati oncologici questi ultimi sono tra i pazienti a maggior rischio.” “Ciò si determina non solo per la patologia tumorale ma anche per altri fattori quali l’immunodeficienza secondaria alla malattia e ai relativi trattamenti e l’età avanzata che spesso si accompagna anche ad altre patologie come il diabete, l’anemia, l’insufficienza renale e le cardiopatie.” Secondo gli esperti è fondamentale l’organizzazione di sistemi di sorveglianza che permettano di definire le caratteristiche epidemiologiche delle diverse strutture ospedaliere e dei diversi reparti. Solo con l’analisi dei dati locali si potranno valutare le necessità specifiche dei singoli centri e l’efficacia degli interventi. (Servizio Fidest)

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