Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 132

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Anief in Europa con Cesi

Posted by fidest press agency su lunedì, 27 settembre 2021

Ettore Michelazzi ha partecipato all’ incontro organizzato dalla CESI, introduttivo di tematiche attuali e urgenti causate dalla pandemia di COVID-19. Ha introdotto l’incontro il Segretario Generale CESI Klaus Heeger, ma il punto focale è stato dato dalla presenza di Maria Teresa Fabregas, direttrice del segretariato generale per il Recovery Plans della Commissione Europea. Fabregas ha chiarito che ormai quasi tutti i piani dei diversi stati membri della UE sono stati approvati o sono in fase di approvazione, con l’eccezione dei Paesi Bassi e della Bulgaria causa alcuni loro problemi interni che hanno causato ritardi; la direttrice ha inoltre confermato la garanzia degli organismi di controllo, secondo i quali senza un’effettiva rilevazione di quanto presentato nel piano nazionale i pagamenti per le fasi successive non saranno erogati, anche se ci potranno essere eccezioni, adeguatamente motivate, nel caso non sia stato possibile raggiungere gli obiettivi previsti in origine.Il piano italiano, essendo il più corposo e rilevante della comunità europea, è stato presentato dal vice-presidente CESI Roberto Di Maulo, che ha spiegato chiaramente il piano, molto valido nelle sue idee, ma parlando anche delle possibili difficoltà dell’Italia nel gestire fondi così importanti e in così breve tempo della UE, dicendosi comunque fiducioso rispetto alle azioni del governo Draghi. Altri aspetti importanti sono stati segnalati dalla Spagna e non solo, rispetto all’abbondanza di contratti iterinali e a tempo determinato, e la difficoltà nei rapporti tra sindacati ed istituzioni, non sempre adeguati; ad esempio, sempre in Spagna, lo smart working non è ancora stato compiutamente legiferato. La dott.ssa Fabregas ha recepito con attenzione la mancanza di inclusività nel rapporto tra istituzioni e sindacati, specie quelli cosiddetti minori, in queste trattative, ed ha espresso l’auspicio che queste problematiche siano risolte nell’immediato futuro. L’Anief è pronta a dare il suo contributo, in Italia come in Europa, e condivide le preoccupazioni sulla mancanza di inclusività dei sindacati, specialmente in Italia; appare evidente che in questo momento il governo Draghi sta agendo in totale autonomia e senza interpellare le parti sociali, vedi ad esempio l’uso del Green Pass sui luoghi di lavoro, e sembra che non ci siano molti margini di azione per i sindacati nemmeno sullo stesso piano nazionale per la ripresa e la resilienza, nonostante le molte proposte presentate.

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Scuola: Congresso Cesi, passa mozione per regolamentare lo smart working

Posted by fidest press agency su lunedì, 14 dicembre 2020

Rivedere le norme che regolano il lavoro in Europa. A partire da quelle sul lavoro agile, ma anche per rispondere alle esigenze in tempo di Covid19. Lo ha detto Marcello Pacifico, presentando la mozione della Cesi. La direttiva sull’orario di lavoro 88/2003 garantisce infatti a tutti i lavoratori il diritto alla limitazione della durata del lavoro e alla tutela contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti da orari lunghi ed irregolari. Tuttavia, questa disposizione, assieme alla risoluzione del Parlamento Europeo 2018/2600, risulta ad oggi incompleta. Perché lo smart working non è supportato normativamente, per esempio non è previsto che il lavoratore operi in altra sede, né vi sono indicazioni chiare sugli orari o sui permessi.“Nella mozione – dice Pacifico – si chiede anche di aggiornare l’elenco delle professioni che sono a rischio rispetto al Covid-19: nella scuola, ad esempio, sappiamo benissimo che c’è quasi l’obbligo di svolgere le attività in presenza, come nella sanità, esponendosi quindi ad un maggiore rischio biologico. Bisogna quindi intervenire presso la Commissione europea per rivedere l’elenco delle professioni”.C’è poi il grande tema del licenziamento, del ricollocamento nel lavoro, della ricerca del lavoro, dei contratti a tempo determinato, della precarietà: degli argomenti che, dopo la risoluzione del Parlamento europeo, devono essere anch’essi rivisti non solo dalla Commissione Ue ma anche dagli Stati membri, per fare in modo di applicare negli stessi Stati le regole che impediscono l’abuso dei contratti a termine. A questi si aggiungono due ulteriori temi: il salario minimo, che sempre la Commissione europea sta valutando attraverso l’esame di un’altra specifica risoluzione. Un salario che, secondo Cisal-Confedir, deve essere per forza di cose legato alla copertura del costo dell’inflazione, ma anche alla parità salariale di genere. È un argomento molto importante. Come lo è quello dell’informazione e della consultazione dei lavoratori”.

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Istruzione: Docenti, ecco il Manifesto Europeo della Cesi

Posted by fidest press agency su domenica, 7 luglio 2019

Pubblicata e disponibile in cinque lingue la Carta che ha l’obiettivo di armonizzare diritti e doveri dei professionisti dell’istruzione, uniformando, a livello continentale, anche reclutamento, stipendi e pensioni. «Così – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale di Anief e vicepresidente dell’Accademia Europa della Cesi – si alimenta la costruzione di un’identità e un’idea di cittadinanza europea, che ha come veicolo principale l’attività pedagogica dell’insegnamento». È realtà il Manifesto europeo della professione insegnante, nato sotto l’egida della Cesi (la Confederazione Europea dei Sindacati Indipendenti), col dichiarato intento di armonizzare diritti e doveri dei professionisti dall’istruzione e della formazione in tutto il continente. Annunciato già lo scorso novembre, nel corso della due giorni di confronto a Lisbona su “Professionisti e sindacati dell’istruzione: Horizon 2025”, il Manifesto è adesso disponibile in cinque lingue, oltre che in formato cartaceo, anche in quello elettronico sul sito web della Cesi. Le autorità nazionali ed europee devono restituire valore alla professione dell’insegnante, creando un ampio sostegno all’istruzione e ai suoi lavoratori, da considerare come protagonisti del cambiamento sociale, attori di una professione nobile ma non sufficientemente apprezzata. Con questo spirito, tra le sfide del Manifesto ci sono quelle di uniformare reclutamento, stipendi, progressione di carriera e pensioni, oltre che diffondere i valori della cittadinanza dell’Unione improntati al rispetto del diritto e del lavoro e alla giustizia sociale.
Tra i primi punti del Manifesto c’è il pieno riconoscimento dello status degli insegnanti, la loro stabilità professionale, un tenore di vita dignitoso e la complessiva promozione di un insieme minimo di condizioni per esercitare la professione. Sono poi centrali l’idea dell’autonomia pedagogica, quella che l’istruzione non sia accessibile solo a classi sociali privilegiate e che sia importante, per i docenti, una formazione professionale che abbracci pedagogia e psicologia giovanile, ma anche nuove tecnologie e social media.
Previste dal Manifesto, fra le missioni degli insegnanti c’è non solo la trasmissione di conoscenze, ma anche quella di valori condivisi, quelli dell’Europa unita (solidarietà, cittadinanza, rispetto degli individui, libertà di pensiero, azione e movimento, tolleranza e bene della comunità). Le organizzazioni sindacali del comparto Istruzione possono e devono sensibilizzare l’opinione pubblica affinché investano sul personale e sul loro benessere, a dispetto di una situazione economica e sociale estremamente eterogenea. L’Unione Europea, stimolata anche dai sindacati, deve promuovere politiche educative ambiziose e di qualità, attuate da professionisti debitamente formati, riconosciuti, valorizzati e retribuiti. «È estremamente significativo e positivo che esista adesso una carta europea che fissi norme comuni per riconoscere la professione dell’insegnamento», sottolinea Marcello Pacifico, presidente di Anief e vice presidente dell’Accademia Europa della Cesi, che punta anche su una retribuzione equa e uniforme in tutto il territorio dell’Ue e sulla lotta al precariato. «C’è ancora tanto da fare – aggiunge Pacifico – se si pensa che lo stipendio di un insegnante italiano non supera 32 mila euro in media, con assegno ridotto al 70% nel momento in cui va in pensione a 67 anni o dopo 43 anni di servizio. Non vi è nessun riconoscimento economico della funzione sociale del ruolo rivestito né dei pericoli legati al burnout. E poi, in Italia e in altri Paesi, come la Spagna, s’assiste tuttora all’abuso dei contratti a termine e alla discriminazione tra personale a tempo determinato e indeterminato. Non si contano più le sentenze della Corte di Giustizia europea su ripetute violazioni in quest’ambito. Non è ancora chiaro che i lavori si classificano per le mansioni e non per la durata dei contratti».

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Alternanza scuola-lavoro: il modello italiano incassa critiche anche a Berlino

Posted by fidest press agency su domenica, 22 ottobre 2017

berlinoBerlino. Alla presenza dei sindacati indipendenti europei, di rappresentanti della Commissione europea e del Governo tedesco, nel corso del Convegno dell’Accademia Europa della Cesi sulla Formazione professionale, il modello adottato nel nostro Paese con la Legge 107/2015 incassa pesanti osservazioni: a pesare come un macigno è aver portato le esperienze in azienda forzatamente a regime senza presupposti normativi alle spalle e regole certe di stampo nazionale, indispensabili per tutelare gli studenti impegnati negli stage aziendali.Dopo aver rilevato la minore ricettività delle aziende nell’accogliere gli studenti in formazione, nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro, passato dal 25% al 20%, diversi relatori si sono detti concordi nel rivendicare una direttiva UE sui diritti e doveri degli studenti lavoratori, sul rapporto tra aziende e apprendisti alla fine del tirocinio per agevolarne l’assunzione sui disabili e le possibili occupazioni. Durante gli interventi, è stato denunciato l’alto tasso di abbandono scolastico italiano e gli ultimi abusi delle aziende, che dovrebbero essere puniti dalla procura piuttosto che identificati come innocente sfruttamento.Marcello Pacifico (Anief-Confedir-Cisal): Per rimediare a questi limiti, occorrerebbe incentivare le aziende, attraverso regole certe e finanziamenti chiari. Solo responsabilizzando e coinvolgendo le aziende in modo attivo si potrà parlare finalmente di progetti di alternanza scuola-lavoro di ‘nobiltà’. Serve un programma di formazione non improvvisato e piegato al volere delle aziende, come avviene oggi, ma ben definito sia a livello di amministrazione centrale che di singolo istituto scolastico superiore.

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