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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 177

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La tela del ragno

Posted by fidest press agency su sabato, 31 dicembre 2011

English: PRATICA-DI-MARE (Italian Air Force ba...

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Editoriale Fidest. La ricostruzione giornalistica resa pubblica dal Wall Street Journal ha avuto in Italia una inevitabile risonanza tanto da provocare, da subito, la reazione del diretto interessato, il Presidente della Repubblica, in quanto chiamato in causa sul contenuto della telefonata ricevuta della Merkel e che per i giornalisti del prestigioso quotidiano economico mondiale non era soltanto informativa sullo stato di salute dell’Unione, ma riguardava una esplicita richiesta di un cambio di rotta nella guida dell’esecutivo, all’epoca presieduto da Berlusconi. A questo punto lo scenario, giornalisticamente prospettato, indicava una interferenza della Germania nella conduzione della politica italiana ed era motivata dal fatto che se non si provvedeva per tempo l’intera impalcatura dell’eurozona sarebbe crollata. Questo scenario implica due doverose riflessioni di là delle lacrime di coccodrillo dei nostri politici che hanno gridato, credendo al Wall Street Journal, alla violazione della nostra sovranità nazionale.
Se è vero ciò che il giornale ha scritto dovremmo anche rivedere l’idea che ci siamo fatta del nostro presidente della repubblica e ciò ci mette in grave imbarazzo in quanto lo conosciamo come un politico che decide non certo per imbeccate altrui, sia pure autorevoli e motivate da interessi generali.
La seconda riflessione mi fa pensare alla tattica già in passato sperimentata e di antica coniatura che vuole colpire un incolpevole per poi riconoscerne l’inconsistenza per nascondere il vero artefice della manovra e che se rivelato ci farebbe dire: naturale. Ora che hanno riconosciuto l’innocenza di uno se la prendono con un altro. Non ci crediamo. E questa volta il vero protagonista la fa franca. Noi, ovviamente, lo sappiamo chi è ma non lo diciamo proprio per il motivo anzidetto: nessuno ci crederebbe e si trasformerebbe, al massimo, nel solito polverone giornalistico.
Ma fatte queste premesse resta il problema non tanto di chi ha mandato a casa Berlusconi ma del perché ai poteri forti, o occulti se vogliamo, ha fatto comodo tenerselo sia pure lasciandolo cuocere a fuoco lento sulla brace della giustizia e degli intrighi di palazzo, per tanti anni per poi dargli improvvisamente l’alto là disfacendosene senza tanti complimenti.
E’ forse una questione di politica internazionale come più volte mi ha ripetuto un amico giornalista russo? Riguarda il sospetto di una triangolare Putin, Cinesi e Gheddafi gestita dal plenipotenziario Berlusconi in chiave anti comunità europea e statunitense e per un nuovo assetto politico, economico dell’Europa con un epicentro che dalla Germania si sarebbe spostato in Russia?
Oppure si tratta del sospetto da parte di alcuni politologi italiani che l’Italia stava scegliendo una strada autonoma di penetrazione nel mondo arabo e che come era accaduto a Mattei con l’Eni aveva postato dei calli di troppo e sempre tramite l’Eni? A questo punto che dire di più e di diverso? Come sempre ai posteri l’ardua sentenza, se pure ci riescono. (Riccardo Alfonso)

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La rete del ragno: dalla fantascienza all’attualità

Posted by fidest press agency su mercoledì, 1 dicembre 2010

Editoriale. Se si soffermiamo a quanto, è stato scritto su Berlusconi attraverso le note diplomatiche riservate pubblicate da Wikileaks, dobbiamo dire che il tutto si intreccia tra la politica internazionale e i fatti di casa nostra. L’U.R.S.S., se teniamo fede ad altre “rivelazioni” oggi passate nel dimenticatoio, non si è dissolta con il muro di Berlino ma ha cambiato semplicemente pelle. Invece di combattere vis a vis il suo nemico capitalista ha preferito la “guerriglia”, meno distruttiva ma ritenuta più efficace e adeguata alle circostanze. In pratica il comunismo ha smesso di diventare una ideologia e ha scelto la via della penetrazione intelligente cercando di smantellare dall’interno il sistema capitalista. In questa logica anche le risorse umane sono state scelte secondo un metro di giudizio più legate alle debolezze che non ai meriti. In questo frangente Berlusconi era e resta un soggetto ideale. Patron di televisioni e, quindi, con una capacità di comunicare ragguardevole. Esposto al ricatto con le sue amicizie in odore di mafia, con i suoi traffici che hanno risvegliato le attenzioni della magistratura e con le sue doti di affabulatore e di indubbie capacità aggregative. Il terreno su cui operava era altrettanto fertile. Si usciva, in Italia, da una crisi politica profonda con una Dc allo sbando, i socialisti resi acefali e un Pci che, pur ponendo mano ad un rinnovamento, restava non bene accetto alla maggioranza degli italiani, ma con una dirigenza disponibile a seguire i suggerimenti del Cremlino, o, meglio, quelli di un capo che, guarda caso era stato un alto dirigente del Kgb e, quindi, in possesso di segreti imbarazzanti anche per certi italiani. D’altra parte Berlusconi per i suoi trascorsi ben incarnava l’anticomunismo. Ben incarnava una destra che era uscita sconfitta dal fascismo e che non intendeva rinunciare al suo primato storico. Ma Berlusconi doveva servire anche ad altro nello scacchiere internazionale. Doveva diventare la punta di diamante di una strategia del Cremlino volta a saldare un’alleanza anti americana partendo da est con la Cina, attraversando gli Urali, la Russia ed approdando in Africa dove un Gheddafi lo avrebbe accolto a braccia aperte. Il futuro si traduce con la sconfitta del capitalismo di marca statunitense e l’avvento di un nuovo ordine mondiale. E una Europa privata dal servaggio americano si sarebbe naturalmente spostata ad est ed entrata nell’orbita del continente asiatico dove molte sono le eccellenze e anche le risorse energetiche. Questa consapevolezza oggi è nelle carte “riservate” e anche “top secret” della diplomazia americana ma per noi non costituiscono una novità. Lo avevamo scritto in una nostra intervista di sette anni fa ad un giornalista russo. (Riccardo Alfonso http://www.fidest.it)

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