Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 124

Posts Tagged ‘incognita’

T. Rowe Price – Incognita prezzi: la battaglia dell’inflazione non è ancora finita

Posted by fidest press agency su martedì, 24 ottobre 2023

A cura di Tim Murray, Capital Markets Analyst, T. Rowe Price. L’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti ha registrato una tendenza al ribasso costante dal picco dell’8,93% registrato a giugno 2022. Nonostante i dati più elevati di luglio e agosto 2023, il Cpi core, che esclude le categorie volatili di beni alimentari ed energia, ha continuato a diminuire. Ciò ha portato a speculare sul fatto che la Federal Reserve potrebbe presto passare dall’aumento dei tassi di interesse alla loro riduzione. Sebbene si tratti di dati incoraggianti, le tendenze a più breve termine, che di solito offrono maggiori informazioni sullo stato attuale dell’inflazione, sono preoccupanti. La media mobile dell’indice dei prezzi al consumo a tre mesi è salita dall’1,9% di luglio al 3,98% ad agosto. In particolare, è diminuita l’inflazione “shelter” (ovvero la componente legata ai servizi abitativi), che costituiva il 34% del paniere Cpi statunitense ad agosto 2023, e gli indicatori prospettici indicano una continua tendenza al ribasso. Tuttavia, altre categorie sono soggette a pressioni al rialzo nel breve e medio termine. In particolare, l’energia, dopo una serie di contributi negativi che durava da 12 mesi, ha subito una brusca virata al rialzo in agosto, dopo l’impennata dei prezzi del petrolio. I fondamentali del settore energetico indicano un aumento dei prezzi del petrolio. La risposta dell’offerta globale all’aumento dei prezzi del petrolio è stata modesta. Nel frattempo, il numero di piattaforme petrolifere e di gas attive negli Stati Uniti, un utile indicatore delle tendenze dell’offerta energetica, è diminuito. Anche le scorte di petrolio si sono ridotte rapidamente e ci sono prime indicazioni che gli aumenti di produttività nel settore petrolifero statunitense potrebbero aver raggiunto il picco dopo essere cresciuti per oltre un decennio. In futuro, riteniamo che il braccio di ferro tra l’allentamento dei prezzi “shelter” e l’aumento dei costi in altre categorie, come l’energia, potrebbe spingere la Fed a mantenere i tassi più alti più a lungo di quanto molti investitori si aspettino. Di conseguenza, il nostro Asset Allocation Committee ha recentemente aumentato l’esposizione agli asset reali, compresa un’ampia allocazione in titoli legati al settore energetico, e ha ridotto la posizione in Treasury a lungo termine, che potrebbero subire venti sfavorevoli se i tassi d’interesse rimanessero elevati per un periodo prolungato.

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

Il “conurbano” di Buenos Aires: l’incognita elettorale

Posted by fidest press agency su lunedì, 4 settembre 2023

di Agostino Spataro. Alla vigilia di alcuni decisivi passaggi in vista delle elezioni del Presidente della repubblica, il popolo argentino, soprattutto le fasce meno abbienti, stanno vivendo una fase assai difficile, per non dire drammatica, a causa dell’iperinflazione e del conseguente rincaro dei prezzi al consumo e all’abbattimento del potere d’acquisto degli stipendi, dei salari e delle pensioni. Di particolare gravità è l’inasprimento delle condizioni di vita dei ceti non protetti dal sistema sociale. “Nel 2022, la povertà ha raggiunto il 39,2% della popolazione, nonostante il calo della disoccupazione e la ripresa economica registrati in corso d’anno. L’8,1% della popolazione è indigente. Secondo gli ultimi dati ufficiali il numero di poveri in Argentina è salito a 18 milioni, un dato che rappresenta una regressione ai livelli della metà del 2021, quando l’Argentina stava iniziando a riprendersi dopo la pandemia da Covid-19 (al culmine della crisi economica causata dalle restrizioni sanitarie, la povertà era salita al 42%). L’attuale crescita dei prezzi al consumo lascia presagire che, nel 2023, la situazione andrà peggiorando.” (fonte: mercatiesteri.it)A complicare le cose, sul piano politico, è intervento il risultato del Paso (primarie presidenziali cui hanno partecipato diversi pre-candidati) da cui, a sorpresa, è uscito primo, con il 30% dei suffragi, l’ultraliberista Javier Milei di “Liberta avanza”, seguito col 28% da Patricia Bullrich “Junto por el cambio” e da Sergio Massa, “Unione per la Patria”, concentrazione peronista, con il 27%.L’on. Milei è apparso come una meteora nel cielo argentino e ne ha per tutti: per la “casta” dei politici, per gli impiegati pubblici, per i poveracci che non riescono a sbarcare il lunario. Perfino per Papa Francesco definito “rappresentante di Satana che occupa il soglio di Dio”.Ma che strano! Di fronte alla candidatura di Massa, che ambisce a portare l’Argentina fuori della crisi in cui è stata gettata dall’irresponsabile prestito di 45 miliardi di dollari concesso al presidente Maurizio Macri dal Fondo monetario internazionale, ecco spuntare, dal cilindro dell’ultra destra nazionale e internazionale, questo candidato troppo sicuro di sé che vorrebbe rifondare di sana pianta la società e l’assetto economico e istituzionale della repubblica argentina. A favore, naturalmente, dei grandi investitori esteri e di quelle 300 famiglie che costituiscono, da sempre, l’oligarchia economica e finanziaria dell’Argentina.Davvero una strana coincidenza! Quando l’Argentina si appresta a entrare a far parte dei Brics, i quali nei loro programmi prevedono una significativa de-dollarizzazione delle loro relazioni commerciali, spunta in Argentina (Paese del G20) un certo Milei che promette (o minaccia?) la dollarizzazione totale dell’economia argentina ossia l’abolizione della moneta nazionale e della Banca centrale. Diversi osservatori hanno sentenziato che l’esito di queste primarie ha segnato la fine del peronismo. Conti alla mano la sentenza un fondamento ce l’ha: 30% +28% fa 58% attribuito a un centro- destra composito, diviso, ma in sintonia soprattutto per quel che riguarda la lotta al peronismo residuo, anch’esso diviso al suo interno, che solo la legge elettorale induce a unire le forze.Nel caso di un crollo del “peronismo” in piedi resterebbe una sinistra minoritaria, divisa e, talvolta, anche confusa, che certo, al momento, non ha i numeri per rappresentare una concentrazione alternativa al centro destra. Molte belle bandiere al vento, ma pochi voti nelle urne. Quanto basta per far eleggere un pugno di leader. In vista dell’appuntamento elettorale del 22 ottobre (che potrebbe risultare dirimente), si fa più aspro il confronto fra i tre. All’eventuale ballottaggio di novembre andranno i primi due. Chi saranno? E’ prevedibile che nell’ambito del centro-destra si possano verificare spostamenti di pacchetti di voti da un candidato all’altro. I due rimasti in gara potrebbero essere Milei e Massa, entrambi di origini italiane. La lotta è senza esclusione di colpi, anche al di sotto della cintura. Si prevede un crescendo delle ostilità, di provocazioni e una serie di proposte allettanti, diciamo altamente demagogiche, mirate a conquistare quote importanti di quei 10 milioni (su 35 milioni) di cittadini che non si sono recati alle urne. 10 milioni quanti sono gli elettori di Buenos Aires, la grande, e bella, metropoli (con circa 13 milioni di abitanti) che si affaccia sul mar de la Plata che non è un mare, ma un fiume d’acqua dolce. Perciò, in tale contesto, qui semplicemente accennato, un ruolo importante acquista la capitale argentina divisa in due grandi entità: la città autonoma (con circa 2,7 milioni di abitanti) e il “conurbano” ossia la grande fascia semicircolare che l’avvolge (un po’ anche l’assedia) con oltre 9 milioni di residenti, dei quali la gran parte a forte disagio sociale. Si calcola che qui si concentri il 10/15 % del voto popolare argentino. Ragion per cui lo schieramento che riesce a mobilitare e a orientare (spesso a “comprare”, in tutto o in parte) questa massa elettorale si assicura la vittoria sui tre livelli: comunale, provinciale e nazionale. Di solito sono i partiti di governo che controllano il voto del “conurbano”. I peronisti sono più favoriti, ma anche la concorrenza non scherza in fatto di clientelismo. È un’ottima rendita elettorale. Finché ci sarà una questa gran massa di disperati, la vittoria arriderà a chi riesce ad attirarla nella propria sfera d’influenza elettorale. È una grande riserva di voti che fa comodo a tutti! Perciò, nessuno si decide a intervenire per risanarlo e così rendere la dignità ai suoi abitanti più sfortunati e liberare la metropoli dall’assedio di questa fetta d’umanità costituita da indigenti, disoccupati, pusher, pregiudicati, ecc. Una realtà degradata che un po’ richiama certe favelas brasiliane! Gli abitanti del centro di Buenos Aires evitano questi luoghi. Anche la polizia li evita, poiché all’interno la circolazione è davvero disagevole: molte stradine sono state ristrette con paratie in cemento che impediscono il traffico automobilistico, compresi i mezzi delle forze dell’ordine. Per un lungo tratto, il “conurbano” vive appartato, quasi separato dalla città del tango da un anello autostradale che ne designa il confine. In genere, chi nasce qui è destinato a restarci. Si pensa che le autorità, di qualsiasi colore politico, non desiderino risanare, modificare l’assetto sociale ed economico di tale realtà sub-urbana poiché -come detto- costituisce un serbatoio decisivo di voti. Il risanamento modificherebbe l’equilibrio del potere in Argentina che, pure è un Paese del G20 ossia del “gruppo dei primi 20 Paesi più ricchi del mondo”. Un Paese vasto sette volte l’Italia, ricco di risorse naturali e minerarie, di luoghi incantevoli. Eppure l’Argentina (come altri Paesi sudamericani) continua a far convivere scandalose ric­chezze a fianco di miserabili esistenze. Joppolo Giancaxio

Posted in Estero/world news | Contrassegnato da tag: , , , | Leave a Comment »

Incognita Brexit: dal Regno Unito +47% le ricerche di immobili in Italia

Posted by fidest press agency su mercoledì, 30 gennaio 2019

Non è ancora chiaro quali esiti avrà la manovra della Brexit e soprattutto quali saranno le conseguenze sulle aziende e i lavoratori nel Regno Unito. Sta di fatto che i nostri connazionali impiegati Oltremanica hanno iniziato a temere gli scenari che li vedrebbero costretti ad abbandonare il Paese e cominciano a guardare al mercato immobiliare italiano per correre ai ripari. Lo dimostrano i risultati delle ricerche provenienti dal Regno Unito su Immobiliare.it (https://www.immobiliare.it) che, a gennaio 2019, hanno registrato un boom del 47% rispetto allo stesso mese del 2018. Chi comincia a cercare informazioni su quanto costerebbe eventualmente prendere casa in Italia parte dalle locazioni: l’80% delle ricerche provenienti da UK riguarda infatti immobili in affitto. Le ricerche iniziano con un budget medio di 1.800 euro al mese per un bilocale, per poi abbassarsi a 1.200 euro una volta constatato quanto i prezzi del mattone siano più bassi in Italia rispetto al Regno Unito. Ad esempio, affittare un bilocale nel quartiere Isola di Milano, uno dei più gettonati in città, costa circa il 30% in meno di un immobile di pari categoria nella zona di Camden a Londra, una di quelle residenziali più in voga al momento.
Milano è la città che attira maggiormente l’attenzione di chi teme di dover tornare in Italia (+70% le ricerche da UK in un anno). A seguire si trovano Torino (+55%) e Roma (+35%). Chi guarda al portale immobiliare per informarsi su un eventuale trasferimento, tiene d’occhio almeno due diverse città, non avendo ancora un’idea precisa su dove si troverà il nuovo posto di lavoro. Una curiosità riguarda Roma: la Capitale non è mai indicata come prima ricerca, ma viene sempre considerata un’alternativa a Milano e Torino.
Analizzando la provenienza geografica delle ricerche, Liverpool è in testa alle città britanniche da cui si registra il maggior incremento di traffico, raddoppiato rispetto allo scorso anno (+103%). La seconda città da cui si è rilevato un picco di traffico è Bristol (+95%), seguita da Edimburgo (+75%) e Londra (+45%). «Un’eventuale migrazione di ritorno dal Regno Unito al nostro Paese, concentrata in particolare nelle grandi città dove ci sono maggiori occasioni di lavoro, porterebbe a un’ulteriore accelerazione del mercato degli affitti e quindi ad altri aumenti dei canoni di locazione – dichiara Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it – Bisogna anche considerare che nel Nord Europa la cultura dell’affitto, come alternativa a lungo termine al possesso, è da sempre consolidata rispetto all’Italia: chi lavora da diversi anni nei Paesi britannici ha assimilato verosimilmente questa mentalità e preferirebbe, anche tornando in patria, la formula della locazione, che tra l’altro è meno vincolante se si è incerti su dove si dirigerà la propria carriera».

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »