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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 172

Archive for 30 Maggio 2024

Carboidrati nel piatto: scopri dove si nascondono

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 Maggio 2024

Per sapere se si tratta di una decisione corretta, interviene Paolo Bianchini consulente nutrizionale e nutraceutico di Salò e autore del Metodo Bianchini, rispondendo ad alcune domande sul mondo dei carboidrati. 1. A che cosa servono i carboidrati? Bianchini: “I carboidrati fanno parte dei 3 macronutrienti fondamentali insieme a proteine e grassi. Con questi ultimi, rappresentano la principale fonte energetica dell’organismo. I carboidrati sono contenuti principalmente negli alimenti di origine vegetale in primis cereali, frutta e verdura”. 2. Quali sono le differenze tra carboidrati semplici e complessi? Bianchini: “Dipende dalla loro struttura chimica. I carboidrati semplici, comunemente chiamati zuccheri, comprendono monosaccaridi (dalla struttura chimica molto semplice, come glucosio, fruttosio e galattosio), disaccaridi (formati dall’unione di due monosaccaridi, come saccarosio=glucosio + fruttosio), lattosio= glucosio + galattosio e maltosio=glucosio + glucosio), oligosaccaridi (formati da due a dieci molecole di monosaccaridi, come le maltodestrine solitamente utilizzate come integratori energetici). Quello di maggiore interesse è il glucosio, che costituisce la forma nella quale devono essere trasformati gli altri zuccheri per poter essere utilizzati dal nostro organismo. Insomma, tutti alla fine diventano glucosio, per questo la distinzione tra semplici e complessi in fondo è superflua. I carboidrati complessi possono essere anche definiti polisaccaridi, poiché formati dall’unione di numerose molecole di monosaccaridi. Si dividono in polisaccaridi di origine vegetale (amidi e fibre) e polisaccaridi di origine animale (glicogeno, riserva di carboidrati nel muscolo)”. 3. Perchè molti pensano che se sono troppi i carboidrati, diventano dannosi? Bianchini: “Un consumo eccessivo (anche di poco) di carboidrati può comportare diversi rischi per la salute: infiammazione, aumento di peso, sbalzi di umore e aumento del rischio cardiovascolare. La spiegazione è molto semplice. Cominciamo dall’aumento dell’infiammazione che è considerata lo start di moltissime patologie (diabete, artrosi, infarti, ictus, allergie, malattie autoimmuni etc). Assumere troppi carboidrati può portare anche a un aumento di peso poiché il nostro corpo tende ad accumulare l’eccesso di carboidrati sotto forma di grasso. Non dimentichiamoci che un’elevata assunzione di carboidrati può causare picchi di zucchero nel sangue, portando a un aumento della glicemia. Questo può portare all’insorgenza di diabete tipo 2. Eccedere nei carboidrati può causare sbalzi glicemici che influiscono sugli ormoni e sull’umore. Infine, una dieta carica di carboidrati contribuisce all’aumento dei livelli di trigliceridi nel sangue aumentando il rischio di malattie cardiovascolari”. 4. E’ vero che il nostro organismo estrapola zucchero anche dalle proteine e dai grassi? Bianchini: “Questo processo si chiama glucogenesi e per semplificare, potremmo definirla come una sorta di magazzino di emergenza del nostro corpo. Quando non abbiamo abbastanza zucchero (glucosio) nel sangue, il corpo prende aminoacidi dalle proteine e glicerolo dai grassi e li trasforma in zucchero. Questo zucchero viene poi usato per fare riserve di energia chiamate glicogeno. È come mettere soldi in un salvadanaio per usarli quando servono. Il processo avviene principalmente nel fegato e nei muscoli. È importante perché mantiene stabili i livelli di zucchero nel sangue quando non mangiamo abbastanza carboidrati. Il nostro corpo ha dei “costruttori” chiamati enzimi che gestiscono questo processo, assicurandosi che tutto funzioni correttamente”. 5. Qual è la percentuale di zuccheri che dovremmo garantire ogni giorno? Bianchini: “La percentuale di zuccheri consigliata varia in base al livello di attività fisica e al metabolismo individuale. Per una persona sedentaria, che svolge poco o nessun esercizio fisico, si consiglia generalmente di limitare l’assunzione di zuccheri al 20% delle calorie totali giornaliere. Questo perché un’elevata assunzione di zuccheri senza un adeguato livello di attività fisica può contribuire al sovrappeso, all’aumento del rischio di diabete e a tutte le patologie cronico-degenerative. Per una persona attiva o sportiva che svolge regolarmente esercizio fisico, il fabbisogno energetico è maggiore e quindi è raccomandato un aumento della percentuale di zuccheri fino al 30% delle calorie totali giornaliere. Gli zuccheri sono una fonte di energia rapida durante l’esercizio fisico e possono contribuire a mantenere elevati livelli di prestazioni. Tuttavia, è importante scegliere fonti di zuccheri corrette come frutta (in primis frutti rossi) e verdure, anziché alimenti ad alto contenuto di zuccheri aggiunti come dolci e bibite zuccherate, per garantire un apporto equilibrato di nutrienti”. 6. Cosa succede se si assumono carboidrati carichi di zuccheri? Bianchini: “Questo è un altro aspetto da considerare quando si valutano le fonti di carboidrati nella nostra dieta quotidiana. Se si assumono carboidrati carichi di zuccheri, dimagrire diventa praticamente impossibile e, anzi, si aumenta il grasso viscerale che si accumula intorno agli organi interni, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari e diabete. Questo tipo di grasso rappresenta un vero e proprio nemico per la nostra salute e non si riesce a perdere nemmeno praticando attività fisica. L’unica strategia vincente e’ rappresentata da una corretta alimentazione”. 7. Facciamo un esempio: quanti carboidrati ci sono in 80gr di pasta o 100gr di pane/ riso? Bianchini: “E’ una domanda cruciale per la nostra salute. Prendiamo ad esempio 80 grammi di pasta cotta: qui ci sono circa 60 grammi di carboidrati, mentre in 100 grammi di pane ci portano a quasi 65 grammi di carboidrati e il riso parboiled cotto raggiunge circa 25 grammi per 100 grammi. E se pensiamo a una pizza margherita di circa 160 grammi, ci troviamo di fronte a un carico considerevole. Ciò che rende questa discussione ancora più rilevante è il contesto del nostro corpo e del suo metabolismo. Il nostro sangue contiene normalmente circa 5 grammi di zucchero e quando questo livello aumenta, diventa potenzialmente tossico e il nostro corpo deve intervenire per abbassarlo. Qui entra in gioco l’insulina, un ormone cruciale che aiuta a trasformare e immagazzinare lo zucchero nelle cellule adipose. Senza questa regolazione, rischieremmo gravi conseguenze per la nostra salute”. 8. E in una mela, quanti carboidrati ci sono? Bianchini: “La mela è un alimento che potremmo percepire come “innocuo”. Tuttavia, contiene circa 20 grammi di zucchero, circa 4 volte la quantità presente nel nostro sangue. Il nostro corpo è progettato per gestire questi picchi di zucchero nel sangue grazie alla secrezione di insulina, che riduce il livello di zucchero a valori fisiologici. Il vero rischio si presenta quando questo stimolo è costante e ripetuto nel tempo, soprattutto se si manifesta tra pasti e snack che contengono carboidrati. In questo scenario, il sistema di regolazione del glucosio potrebbe essere sovraccaricato e andare in tilt. Questo può portare a una serie di problemi di salute, tra cui l’insulino-resistenza, il diabete di tipo 2 e l’accumulo di grasso corporeo. Mentre la quantità di carboidrati in cibi come la pasta, il pane o il riso è importante, è altrettanto cruciale considerare la frequenza e la distribuzione dei nostri pasti e spuntini. Bilanciare l’apporto di carboidrati con altri nutrienti e mantenere una dieta equilibrata può aiutarci a prevenire problemi metabolici e a promuovere una salute ottimale a lungo termine. 9. Ma è risaputo che frutta e verdura sono fonti di carboidrati: quali sono quelli che ne contengono di più? Bianchini: “Il nostro metabolismo si è evoluto nel corso dei secoli adattandosi alle variazioni stagionali e alle sfide ambientali. In passato il fruttosio contenuto nella frutta fungeva da segnale per il corpo, indicando la necessità di accumulare riserve di grasso in previsione dei periodi di scarsità alimentare, come l’inverno. Tuttavia, con l’avvento della modernità, la disponibilità costante di frutta durante tutto l’anno ha modificato questo equilibrio. Tra le varietà di frutta considerando un peso di 100 grammi cadauno, quella che ne contiene maggiormente è la mela (20 grammi), seguita da mango (14 grammi), ciliegie (13 grammi) e banane (12 grammi). Tra le verdure invece, patate, zucca, carote, pomodori, peperoni e melanzane sono quelle più ricche di amido e zuccheri solubili (circa 15 gr come media) che si trasforma in glucosio una volta ingerito. (By Rita Tosi)

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Nuovi dettagli sulla crisi di salinità nel Mediterraneo

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 Maggio 2024

Un nuovo studio condotto da un team di ricercatori internazionali, con la partecipazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha portato alla luce importanti scoperte riguardanti la crisi di salinità avvenuta nel Mediterraneo circa 6 milioni di anni fa, che ha provocato il progressivo disseccamento del bacino. Secondo la ricerca “Causes and consequences of the Messinian salinity crisis” recentemente pubblicata su Nature, l’apertura e la chiusura degli oceani e dei mari, correlate ai movimenti delle placche litosferiche, spesso conducono alla formazione di bacini marginali con un limitato scambio d’acqua con l’oceano aperto. Questi periodi di limitato scambio possono portare all’accumulo di enormi depositi evaporitici, noti come “giganti di sale”, come quello riscontrato nel Mediterraneo durante la crisi di salinità Messiniana.Fabio Florindo, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio, ha sottolineato l’importanza di queste scoperte: “Questi enormi depositi evaporitici si sono formati episodicamente nella storia della Terra e hanno avuto un impatto significativo sul ciclo del carbonio e sul clima globale”. Durante la crisi Messiniana, il Mediterraneo subì un’importante trasformazione a causa della chiusura progressiva del collegamento con l’Oceano Atlantico. “Questo evento”, prosegue Florindo, “ha portato a una diminuzione significativa del livello dell’acqua nel Mediterraneo e alla deposizione di oltre 1 milione di chilometri cubi di sale, sotto forma di depositi di gesso e di halite, nei suoi bacini”. Le implicazioni di tali depositi evaporitici sulla composizione chimica degli oceani e sull’equilibrio climatico globale sono state approfondite dagli studiosi. La rimozione di calcio dagli oceani attraverso la deposizione di solfato di calcio ha causato una serie di cambiamenti, tra cui un aumento del pH oceanico, una diminuzione della pressione parziale dell’anidride carbonica atmosferica e un raffreddamento globale. Circa 5.3 milioni di anni fa, questo periodo di isolamento giunse a una conclusione epica con un’imponente inondazione dall’Atlantico, nota come evento Zancleano, che ha riportato condizioni marine nel Mediterraneo. Questo studio offre un’importante finestra sul passato geologico del Mediterraneo e sull’evoluzione del nostro pianeta, offrendo spunti preziosi per comprendere meglio i processi climatici e ambientali che hanno plasmato la Terra nel corso dei millenni. Link allo studio: https://www.nature.com/articles/s43017-024-00533-1

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Le lenti ICL sono una soluzione affidabile e veloce per correggere ipermetropia, astigmatismo e miopia

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 Maggio 2024

La miopia, il difetto visivo più diffuso al mondo, colpisce quasi 15 milioni di persone solo in Italia. Proiezioni dell’OMS indicano che, entro il 2050, la miopia coinvolgerà metà della popolazione mondiale. Fortunatamente, nella maggior parte dei casi la miopia può essere corretta; oltre alla tecnologia laser, le lenti intraoculari ICL costituiscono un’efficace alternativa non solo per la correzione della miopia, ma anche di difetti visivi come ipermetropia e astigmatismo.Le ICL presentano vantaggi rispetto al trattamento laser, tra cui un ridotto rischio di indurre la sindrome da ‘occhio secco’ e la capacità di correggere sia miopie lievi che gravi, preservando l’anatomia dell’occhio. Inoltre, garantiscono una qualità visiva elevata e stabile nel tempo, senza alcuna regressione.“Si tratta di lenti fachiche – spiega Alberto Bellone, oculista della Clinica Sedes Sapientiae di Torino – che vengono impiantate all’interno dell’occhio senza dover togliere il cristallino. La procedura viene eseguita attraverso un unico passaggio e non sono quindi previsti trattamenti pre-operatori. Il paziente, dopo aver effettuato tutti gli esami del caso, viene condotto in sala operatoria dove gli vengono impiantate le ICL, efficaci per la correzione di tutti i difetti visivi, ipermetropia, astigmatismo e miopia fino a -18 diottrie. La procedura è molto facile e veloce” Prodotte negli Stati Uniti, le lenti ICL sono riconosciute e approvate dalla Food and Drug Administration (FDA), il principale istituto regolatorio mondiale. L’impianto di queste lenti richiede un breve intervento di pochi minuti in anestesia locale, consentendo un recupero della vista tra i 9 e i 12 decimi quasi immediato. Diversamente dalla chirurgia laser che rimuove tessuto, la procedura con le ICL è ‘additiva’. “Il paziente viene sbendato già il giorno successivo all’operazione, poi ci vogliono 24-48 ore per un certo assestamento. Il grosso vantaggio di questa chirurgia è che è reversibile; dunque, può essere annullata con l’atto chirurgico dell’espianto della lente; inoltre, l’anatomia della cornea non viene toccata e non si crea il cosiddetto “occhio secco”, uno degli effetti collaterali della tecnologia laser” prosegue Alberto Bellone. la vita. Queste lenti sono particolarmente indicate per adulti e giovani adulti con difetti visivi stabili e offrono la possibilità di eliminare completamente l’uso di occhiali e lenti a contatto, migliorando significativamente la qualità della vita. Con oltre tre milioni di interventi eseguiti in tutto il mondo, il tasso di soddisfazione del paziente è superiore al 99%.

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Medici insoddisfatti vanno all’estero per stare meglio

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 Maggio 2024

Chiedono all’Ordine il good standing– il certificato di buona condotta– e vanno a lavorare all’estero per stare meglio, soprattutto in Francia e Germania che, dopo gli anni difficilissimi della pandemia, offrono di più a fronte di turni di lavoro più umani. Ma i medici italiani migrano anche verso Israele, Emirati Arabi, Stati Uniti, e gli immortali Svizzera Belgio e Canada. Tra 2019 e 2021 dati Sumai ne sono andati via oltre 21 mila, desiderosi di far valere la specialità, o l’esperienza in cambio di stipendi da 200 mila euro annui. Ma attenzione, emigrano anche i medici spagnoli, portoghesi, greci (e si sapeva) i bielorussi e gli ucraini (che nei paesi Ue vengono demansionati), ingaggiati come generici se sono specialisti, eppure sono contenti perché prendono 3-4 volte di più. Ed emigrano persino i medici tedeschi, svizzeri, olandesi. Anche i ricchi dicono addio, emerge dall’Assemblea generale congiunta della Federation Europeenne des Medecines salariees (FEMS) e della Association Europèenne des Medecins des Hopitaux (AEMH), svolta nei giorni scorsi a Berlino. L’incontro conferma la percezione di peggioramento delle condizioni di lavoro percepite in tutta Europa dopo il Covid. «Tutti i medici europei tendono a spostarsi, i più poveri per trovare di meglio, i più ricchi perché rispetto ad una media in condizioni migliori rispetto ai paesi del Sud Europa ci sono pur sempre delle situazioni di scostamento, e la soglia di sopportazione di chi sta meno bene si è abbassata», spiega Alessandra Spedicato, Capo delegazione Anaao Assomed in FEMS che due anni fa coordinò un sondaggio sui medici dipendenti di 12 paesi membri. Il sondaggio scopriva che fra tanti professionisti insoddisfatti, ad esempio in Italia Francia e Spagna, ce n’erano altri meno preoccupati: in Germania Austria e Svezia più camici ammettevano che la loro professione era ben retribuita, e gli ospedali premiavano la loro professionalità con un compenso adeguato e più chance di carriera. Ma anche questi paesi soffrono di carenze, perché fare il medico non piace più. Tra i motivi di insoddisfazione l’indagine citava nell’ordine: carichi di lavoro molto elevati per carenza di personale (83%), scarsi investimenti delle strutture (41%) e stipendi inadeguati (33%). Nei paesi di forte emigrazione, tutti e tre gli indici erano in sofferenza. E adesso? «A Berlino stavolta non si è approfondito l’identikit di chi emigra, non ci sono dati su genere o specialità posseduta, sull’estrazione “privata” o “pubblica” del medico povero che emigra», afferma Spedicato. «In compenso è stato presentato un sondaggio olandese su quattro fasce di “anzianità” (specializzandi, cioè, junior doctors, early practitioners, medici “mid carreer” e “senior”) che testimonia il crollo della soddisfazione a seconda delle generazioni. Se i senior si assegnano un alto punteggio gli junior notano la mancata conciliazione dei tempi casa-lavoro e i carichi gravosi e molti lasciano durante il corso post-laurea o appena conseguito il diploma. Molti lasciano la professione finita la specialità. E comunque anche i senior vanno in pensione prima, il burnout si fa sentire in un paese che a livello di salari, orari ed organizzazione è sempre stato esemplare». Ma per quale motivo fare il medico sta stretto a molti giovani (e meno giovani) della “ricca” Europa Occidentale? «Il problema non è “essere medico”, e non è neanche il rapporto con il paziente, anzi, le indagini FEMS confermano come la relazione fiduciaria resti uno dei punti di soddisfazione, ma accanto collassa l’altro pilastro, il riconoscimento sociale del ruolo del medico, la deontologia sente di non avere voce. C’è una crisi di tutte le forme di associazionismo, sindacale, partitico o ordinistico. (Abstract by Fonte Doctor33)

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Pnrr, Schillaci: case comunità e medicina territoriale per decongestionare i Pronto soccorso

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 Maggio 2024

“Il problema dei pronto soccorso è dovuto essenzialmente al fatto che in Italia non esiste ancora oggi una efficiente medicina territoriale, il Covid l’ha dimostrato. Noi stiamo lavorando su questo, ci sono i fondi del Pnrr e credo che sia fondamentale attuare nei tempi, come stiamo facendo, il Pnrr. Quando avremo finalmente a disposizione le Case di comunità e la medicina territoriale sarà più sviluppata, io credo che i cittadini andranno di meno al pronto soccorso”. A sottolinearlo il ministro della Salute Orazio Schillaci, nel suo intervento all’ottava edizione del talk ‘Healthcare Talk Rinnovare il Sistema Salute’ di Rcs Academy, in collaborazione con ‘Corriere della Sera’ e ‘Corriere Salute’. “Oggettivamente in alcune realtà il pronto soccorso è l’unico luogo dove rivolgersi per essere presi in carico. La medicina territoriale può decongestionare i pronto soccorso, stiamo lavorando per far si che ci sia anche personale nelle strutture e abbiamo stanziato fondi per il 2025 e 2026 per il personale all’interno delle Case di comunità” ha aggiunto il ministro della Salute annunciando l’intenzione di “riqualificare il percorso formativo dei medici di medicina generale, che diventarlo voglia dire avere una specializzazione come avviene per altre specialità. Dopo di che stiamo da sempre dialogando con i medici di famiglia e il loro contributo è fondamentale, abbiamo bisogno di loro sul territorio e che passino del tempo nelle Case di comunità” ha sottolineato Schillaci.Sul fronte università il ministro ha parlato di “programmazione non efficace in passato”. Il numero programmato “è stato ampliato e ci sono nuove norme per l’accesso a Medicina questo farà sì che per i prossimi anni non avremo più la carenza dei medici” ha detto il ministro della Salute. “Se vediamo i dati Ocse non siamo distanti dagli altri paesi in termini di medici precisa il ministro però abbiamo un problema per alcune specializzazioni che non sono solo quelle del pronto soccorso ma cito anche anatomia patologia o radioterapia. È un problema che affligge anche altri paesi com Usa e Giappone, noi vogliamo intervenire rendendo più appetibile iscriversi ad alcune scuole di specializzazione” ha concluso. (Fonte Doctor33)

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Pronto soccorso in crisi, mancano medici e infermieri

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 Maggio 2024

Dalla medicina del territorio ai posti letto fino alle liste d’attesa. Sono molti i punti su cui intervenire per far fronte all’attuale emergenza dei pronto soccorso in Italia. Dall’indagine emerge “l’elevato numero di accessi impropri: numerosi sono gli assistiti che si auto-presentano al pronto soccorso; il numero di ‘codici verdi’ e di ‘codici bianchi’ supera abbondantemente il 50% degli accessi totali”. Le soluzioni individuate sono: 1) Potenziamento della medicina del territorio. A conclusione dell’indagine, “sembra non esserci dubbio sul fatto che, se si vuole provare a risolvere la situazione problematica in cui versa attualmente la medicina di emergenza-urgenza, sia fondamentale realizzare una vera e propria riforma del sistema nel suo complesso, potenziando la medicina territoriale”. 2) Maggiore disponibilità di posti letto. “Dalla riorganizzazione della medicina del territorio, dallo sviluppo delle strutture intermedie per le cure a bassa intensità, dalla maggiore integrazione ospedale-territorio, dovrebbe derivare una maggiore disponibilità di posti letto ospedalieri e il turnover di questi ultimi. Occorre, infatti, decongestionare il pronto soccorso sia in entrata che in uscita, attraverso l’allocazione appropriata delle basse priorità, da un lato, e assicurando le cure a elevata intensità ai pazienti che ne necessitano, dall’altro”; 3) Riduzione delle liste di attesa. “Il problema delle liste d’attesa rappresenta una delle cause principali del sovraffollamento dei pronto soccorso. Al quarto punto si parla di riorganizzazione del sistema dell’emergenza-urgenza. Occorre agire anche sul piano dei modelli organizzativi, in modo da rendere più efficiente il sistema dell’emergenza. “Da più parti è stata sollevata, inoltre, l’esigenza di procedere alla revisione del decreto ministeriale n. 70 del 2015, in modo da realizzare compiutamente l’integrazione della rete dell’emergenza-urgenza nella rete ospedaliera. Tra le misure non procrastinabili, è stata individuata l’implementazione di percorsi alternativi per la presa in carico e la cura di situazioni classificabili come ‘urgenze minori’, quali i percorsi a gestione infermieristica ‘see and treat’ e i percorsi di presa in carico precoce ‘fast track’, attivabili per codici a bassa e media complessità assistenziale. Di primaria importanza appare anche l’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale del Numero unico per le emergenze 112, nel quale viene convogliato, tra gli altri, il numero 118”. 5) Potenziamento del personale. “Non c’è soluzione indicata che non passi dal superamento dei tetti di spesa per consentire il reclutamento di nuovo personale sanitario. Per quanto concerne specificamente la medicina di emergenza-urgenza, il problema sembra essere legato anche alla scarsa attrattività del settore, per le ragioni che sono state più volte evidenziate. Uno degli strumenti ritenuti idonei ad attrarre il personale sanitario verso questo settore è la previsione di incentivi, non solo economici”; 6) Tutela del personale sanitario. (Abstract by Fonte Doctor33)

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Morbillo, aumentano i casi

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 Maggio 2024

Nel mese di aprile 2024 sono stati notificati 145 casi, un numero in aumento sia rispetto ai casi registrati a marzo (127), sia a quelli di aprile 2023. Lo afferma l’ultimo bollettino del sistema di sorveglianza epidemiologica nazionale dell’Istituto superiore di sanità, secondo cui dall’inizio dell’anno sono 399 i casi confermati. L’incidenza più elevata è stata osservata nella fascia di età 0-4 anni (83,4 casi per milione). “Preoccupano i casi segnalati nei bambini sotto l’anno di età, troppo piccoli per essere vaccinati che dipendono quindi dalla copertura vaccinale nella popolazione per essere protetti dal morbillo, e i casi tra gli operatori sanitari”, affermano gli esperti del Dipartimento Malattie Infettive dell’Iss. “Dal 2023 sono in corso aumenti significativi nel numero di casi e di epidemie di morbillo a livello globale, incluso in diversi Paesi europei. Anche in Italia, si osserva un notevole aumento dei casi di morbillo nel 2024, in particolare nei mesi di marzo e aprile, la maggior parte dei quali si è verificata in persone non vaccinate. Circa tre quarti dei casi segnalati nei primi quattro mesi dell’anno sono adolescenti e adulti: questi dati suggeriscono che sono presenti ampie quote di persone suscettibili in queste fasce di età”, spiegano gli esperti. L’età mediana dei casi segnalati è pari a 31 anni. Oltre la metà dei casi (50,9%) ha un’età compresa tra 15 e 39 anni e un ulteriore 25% ha più di 40 anni di età. Tuttavia, l’incidenza più elevata è stata osservata nella fascia di età 0-4 anni (83,4 casi per milione). Sono stati segnalati 17 casi in bambini con meno di un anno di età. Lo stato vaccinale è noto per 363 casi dei 399 segnalati (91%), di cui 323 casi (89%) erano non vaccinati al momento del contagio, 22 casi (6,1%) erano vaccinati con una sola dose e 14 casi (3,8%) erano vaccinati con due dosi. Per i rimanenti quattro casi (1,1%) non era noto il numero di dosi effettuate. Inoltre, 127 casi (31,8%) hanno riportato almeno una complicanza. Le complicanze più frequentemente riportate sono state epatite/aumento delle transaminasi e polmonite. È stato segnalato un caso di encefalite in un giovane adulto, non vaccinato. Per il 50,1% dei casi (200 su 399) viene riportato un ricovero e per ulteriori 64 casi una visita in Pronto Soccorso.I contagi sono stati riferiti da 16 Regioni/Province autonome, con Lazio, Sicilia, Emilia-Romagna e Toscana che hanno riportato complessivamente il 68,7% dei casi (274 su 399). A livello nazionale l’incidenza è stata di 20,3 casi per milione di abitanti. La più alta è stata osservata in Abruzzo (59,1/milione), seguito da Lazio (58,9/milione) e Sicilia (46,9/milione). La sorveglianza Iss monitora anche i casi di rosolia: dal 1 gennaio a fine aprile in Italia stato segnalato un caso di rosolia, classificato come possibile. La sorveglianza epidemiologica nazionale su morbillo e rosolia è coordinata dal Dipartimento di Malattie infettive dell’Iss (Reparto Epidemiologia, biostatistica e modelli matematici e Laboratorio nazionale di riferimento per il morbillo e la rosolia), con il contributo della rete nazionale di laboratori regionali di riferimento (MoRoNet). (Fonte Pediatria33)

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Ruolo Cruciale dei Farmaci nell’Androgeno e Nella Prevenzione del Carcinoma Prostatico

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 Maggio 2024

Confrontare le esperienze vissute nella pratica clinica da un gruppo di specialisti, sulle principali patologie urologiche ed uro-oncologiche del maschio, con focus sull’Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB), sulla Terapia Androgeno Deprivativa (ADT) e la Disfunzione Erettile. Questo l’obiettivo del Progetto ‘HIM: la qualità della vita dell’Uomo non ha età’, realizzato da OVER Group, grazie alla sponsorizzazione non condizionante di RECORDATI. L’età dell’insorgenza della patologia e le nuove cure chirurgiche e farmacologiche fanno sì che il paziente possa sviluppare durante il percorso di cura, comorbilità di vario tipo. Diventa così molto importante che il paziente con carcinoma prostatico sia seguito da un team multidisciplinare che tenga sotto controllo tutti i fattori di rischio e predisponga un percorso terapeutico assistenziale adeguato.“L’Iperplasia Benigna della Prostata può essere considerata, insieme alle patologie cardiovascolari, fra i problemi di salute che maggiormente interessano il maschio che invecchia, sia per la diffusione epidemiologica che per l’impatto sulla qualità di vita. Questo perché di pari passo con il vivere di più, resta il nodo del vivere meglio. Oggi abbiamo la possibilità di proporre una gestione ottimale al paziente con IPB, arrivando ad una vera personalizzazione della cura. Le soluzioni farmacologiche sono numerose e adattabili alle caratteristiche del paziente, come terapie singole o di combinazione nei pazienti più complessi. E laddove la terapia farmacologica non sia più in grado di controllare i sintomi, si può passare alla terapia chirurgica, anche questa personalizzabile caso per caso, grazie ad un ventaglio molto ampio di tecniche e di indicazioni”, ha detto Paolo Verze, Professore Associato di Urologia presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia ‘Scuola Medica Salernitana’ dell’Università degli Studi di Salerno e Responsabile della U.O.C. Clinica Urologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona di Salerno. “Il tumore della prostata ha quale driver principale il recettore degli androgeni nella gran parte delle fasi di malattia, dalle più precoci fino agli stadi più avanzati. Per questa ragione la prima vera ‘target therapy’ per queste neoplasie è stata ed è tuttora costituita da farmaci che bloccano la produzione di testosterone. Il testosterone ha un ruolo sia nell’induzione sia nella progressione del carcinoma prostatico e pertanto la sua inibizione riveste un ruolo cruciale. I farmaci ormonali quali LhRh analoghi hanno una comprovata efficacia in tal senso; importante compito del medico prescrittore e’ avere cura della prevenzione dei possibili eventi avversi, soprattutto quelli a lungo termine”, ha sostenuto Elena Verzoni, Dirigente S.S. Oncologia Medica Genitourinaria Fondazione IRCCS Istituto Tumori di Milano.

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No-Tabacco Race – Io respiro”: Corriamo insieme contro il fumo!

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 Maggio 2024

Roma. 31 maggio 2024 ore 8.45 Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata Via Montpellier 1. per la “No-Tabacco Race – Io respiro”, corsa non competitiva ed evento di sensibilizzazione contro il fumo, nato dalla collaborazione tra l’Università di Roma Tor Vergata, il Policlinico Tor Vergata e il CUS Tor Vergata, coordinato dalla professoressa Paola Rogliani, ordinaria di Malattie Respiratorie presso il dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università di Roma Tor Vergata e direttrice dell’UOC Malattie dell’Apparato Respiratorio presso il PTV, e dal professor Vincenzo Ambrogi, ordinario di Chirurgia Toracica presso il dipartimento di Scienze Chirurgiche dell’Università di Roma Tor Vergata e direttore dell’UOC Chirurgia Toracica al PTV. L’iniziativa ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi legati al fumo, sia attivo sia passivo, e promuovere stili di vita sani. In Italia, il fumo rappresenta la principale causa di morte prevenibile, con oltre 90.000 decessi ogni anno. I danni da fumo hanno un impatto non solo sulla nostra salute ma anche su quella dell’ambiente. La “No-Tabacco Race” vuole essere un messaggio chiaro contro il consumo di tabacco, incentivando uno stile di vita sano e attivo. Secondo i dati diramati dal Ministero della Salute lo scorso anno (https://www.salute.gov.it/portale/fumo/dettaglioNotizieFumo.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=6258) fuma circa il 20% della popolazione italiana sopra i 15 anni, ovvero oltre 10 milioni di persone. Secondo i dati ministeriali, Il tabacco provoca più decessi di alcol, aids, droghe, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme. Il fumo di tabacco, in particolare, è una causa di almeno 25 malattie, tra le quali broncopneumopatie croniche ostruttive e altre patologie polmonari croniche, cancro del polmone e altre forme di cancro, cardiopatie, vasculopatie. E, come è noto, grande impatto ha anche il fumo passivo, soprattutto durante la gravidanza. La manifestazione “No-Tabacco Race – #Io respiro” coinvolge gli oltre 400 partecipanti iscritti in una corsa non competitiva di 4 km nel Campus dell’università di Roma Tor Vergata, grande polmone verde che si estende per oltre 600 ettari intorno alle sei facoltà dell’Ateneo. Alla corsa è associata la possibilità di visitare gli stand informativi con attività di prevenzione gratuita. Gli stand, aperti a tutti, saranno gestiti dal personale medico e infermieristico del Policlinico Tor Vergata, inclusi medici specializzandi e studenti della Facoltà di Medicina. Dopo un triage infermieristico, verranno svolte attività sanitarie di pneumologia, cardiologia, medicina dello sport, medicina interna e chirurgia toracica. Questi professionisti forniranno informazioni e saranno a disposizione per effettuare gratuitamente esami legati alla salute dei polmoni e del cuore, come spirometrie, elettrocardiogrammi ed ecografie. Verranno inoltre offerti consigli su stili di vita sani, come una corretta alimentazione, l’importanza dell’esercizio fisico e i benefici di una vita senza tabacco. Saranno presenti anche stand animati dai volontari e dalle associazioni di pazienti. Conclude il Direttore Sanitario del PTV, Andrea Magrini :” Salute e Sport, uniti per sensibilizzare sui pericoli del fumo di sigarette. Con questo evento facciamo sentire forte la voce a difesa della salute. Oggi ogni piccolo passo corre verso un futuro senza fumo. Vitale il contributo di ognuno di Noi !”

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