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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 172

Posts Tagged ‘redditività’

Solido inizio d’anno fissando un livello elevato di redditività

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 Maggio 2024

I risultati hanno superato ampiamente le previsioni (top line/EBITDA +€1mn sopra le nostre stime) e hanno mostrato una crescita a doppia cifra sia del fatturato (+11%) che dell’EBITDA (+32%), con un picco di redditività nel 1Q (27,7%, +4,3pp YoY) guidato dall’esecuzione di progetti ad alto margine iniziati nel 1Q. Questi numeri sono di buon auspicio per i prossimi trimestri e per le nostre stime sull’anno fiscale (attualmente mirando a una crescita del fatturato del 13% e a un margine del 26,3%), anche se non ci aspetteremmo alcun cambiamento significativo rispetto alle aspettative attuali. Risultati del primo trimestre del 24. Le vendite sono state pari a € 25,3 milioni (nostra previsione € 24,3 milioni), in aumento dell’11% su base annua (nostra previsione 6%) rispetto al dato pro-forma del 1trim23 (assumendo che TWT sia consolidata dal 1° gennaio 2023). All’interno del mix, i ricavi dei Servizi sono aumentati del 22% (sostanzialmente guidati dalla PA +3 milioni di euro) mentre i ricavi delle Infrastrutture sono diminuiti del 19% (l’IRU è stata contabilizzata come vendita diretta di infrastrutture). Agg. L’EBITDA si è attestato a €7,0 milioni (nostra previsione €5,8 milioni), in crescita del 32% YoY pro-forma, con un margine del 27,7% (+4,4pp YoY, nostra previsione 24,0%), trainato dall’esecuzione di progetti ad alto margine che è iniziato nel 1° trimestre. Agg. L’EBIT è stato pari a €4,4 milioni (nostra previsione € 3,2 milioni), in crescita del 29% su base annua, con un margine del 17,4% (nostra previsione 13%) e l’utile ante imposte è stato pari a € 3,3 milioni (nostra previsione € 2,4 milioni). 1Q23: €3,1mn), un margine del 12,9%. Il CapEx industriale di €2,2 milioni (nostra stima €3,5 milioni) e €1,4 milioni di investimenti finanziari (nostra stima €1,5 milioni) hanno portato ad un indebitamento netto di €53,1 milioni (nostra stima €54,1 milioni) in aumento su base trimestrale (€48 milioni alla fine del 2023). I clienti diretti sono aumentati del 6% a circa 24,58 mila (nostra previsione 24,3 mila, FY23: 23,1 mila), mentre la rete in fibra si è estesa a circa 7.150 km (nostra previsione 6.500 km, FY23: oltre 6.200 km). Unitirreno è quasi pronto a partire. La scorsa settimana Unidata ha annunciato che il nuovo cavo sottomarino in fibra Unitirreno che collegherà Mazara del Vallo a Genova, con un hub vicino alla Roma-Fiumicino, è prossimo a diventare disponibile dopo aver ottenuto il permesso di approdo. L’infrastruttura sottomarina è la prima nel suo genere a raggiungere il pieno utilizzo di ripetitori e cavi in ​​fibra. L’amministratore delegato Brunetti aveva già indicato che Unitirreno è il progetto Unidata più vicino al completamento. Con la conclusione della fase di progettazione e autorizzazione, Unitirreno dovrebbe essere pronta per iniziare la posa dei cavi e l’attivazione delle infrastrutture tra l’inizio e la metà del 2025. La JV con Azimut prevede un investimento di 90 milioni di euro (di cui 36 milioni finanziati con equity) e un IRR del ~11%. Nel settembre 2023 Unidata ha pagato 6,5 milioni di euro per la sua partecipazione in Unitirreno (33,3%). L’investimento potrebbe salire a 18 milioni di euro se Unidata salisse al 51%. ACQUISTO confermato; obiettivo ancora € 7,0. Nessun cambiamento nelle stime. I risultati del primo trimestre hanno rafforzato la visibilità sulle attuali stime di consenso per l’anno fiscale, soprattutto sui margini. Ciò ci spinge a rimanere positivi sul titolo e a confermare il nostro TP basato su DCF di € 7,0, il che implica ca. Rialzo del 95% rispetto al prezzo di mercato attuale. Il titolo viene scambiato a circa 5,3x EV/EBITDA’25E (in linea con il settore delle telecomunicazioni) e al nostro TP verrebbe scambiato a 8x (non lontano dal 7,8x offerto da Fastweb per Vodafone Italia). Il modello di business di UD offre un profilo di rischio-rendimento molto interessante grazie a: a) una rete proprietaria basata sulla tecnologia FTTH a prova di futuro (nessun rischio di cambiamenti dirompenti e CapEx limitato a lungo termine) e il vantaggio del first mover a Roma, un punto altamente strategico posizione; b) significative opportunità da parte di TWT (espansione in Lombardia, diversificazione e sinergie commerciali); c) grande visibilità sull’IRR (rendimento garantito sul CapEx); d) protezione dai ribassi (ricavi visibili e ricorrenti, basso abbandono); e) un quadro normativo di sostegno (NRRP boost).

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Assalzoo, Ferrari: “L’aumento dei costi di produzione ha eroso la redditività della zootecnia

Posted by fidest press agency su giovedì, 15 giugno 2023

La crescita incontrollata dei prezzi delle materie prime, dei costi dell’energia e di quelli dei trasporti hanno colpito duramente l’industria mangimistica che, nel 2022, dopo anni di crescita produttiva, ha visto invertire la tendenza e chiudere con un segno negativo. L’aumento del fatturato complessivo, pur consistente, non è riuscito in alcun modo a compensare l’aumento dei costi complessivi. Questo ha generato una riduzione al limite della sopravvivenza dei margini industriali del settore. Pur in questa situazione di estrema difficoltà i mangimisti italiani hanno dimostrato prove di tenuta, soprattutto nella qualità dei prodotti offerti e nella capacità di supportare l’intera filiera zootecnica. A dirlo è Silvio Ferrari, presidente di ASSALZOO – Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici (Confindustria-Federalimentare), nel coso dell’Assemblea annuale svoltati a Milano presso l’Università “Luigi Bocconi”. Nel corso dell’evento sono stati illustrati i risultati conseguiti dall’industria mangimistica del 2022. Il rafforzamento delle capacità manageriali degli associati è una priorità dell’Associazione. Alcune delle iniziative più importanti che rientrano in questo ambito di attività sono: l’Assalzoo Marketing&Sales Management Academy in collaborazione con la SDA Bocconi, il percorso di sostenibilità ESG, lo sviluppo del Gruppo Giovani e un percorso dedicato alla sostenibilità ambientale, soprattutto relativamente al Life Cycle Assessment e al Product Environmental Footprint. Sostenibilità – Il tema ambientale è prioritario nell’attività mangimistica. La capacità di utilizzare al meglio le materie prime agricole rappresenta infatti la prima sfida operativa per la produzione di mangimi. Negli anni, purtroppo, soprattutto per quanto riguarda il mais, la situazione italiana ha mostrato una problematicità crescente. Prima che questa crisi diventi irreversibile, e vada a impattare anche sulle produzioni di eccellenza, l’Associazione si è fatta promotrice di accordi specifici che incentivino l’uso del mais italiano con favorevoli ritorni sia a livello ambientale che di qualità. Il ruolo dell’alimentazione animale all’interno della filiera agro-zootecnica-alimentare è essenziale. Per questo l’Associazione sta mettendo in campo una serie di iniziative tese ad “accorciare” le distanze tra i vari passaggi di trasformazione che portano al prodotto finale per il consumatore. In tal senso si muove un importante accordo con il Consorzio del Grana Padano Dop per creare un albo dei mangimisti che sia in grado di garantire tutte le peculiarità nutrizionali e di qualità che servono alle vacche da latte dalle quali dipende poi il processo di produzione di un prodotto di eccellenza consumato nel mondo intero come, appunto, il Grana Padano. http://www.mangimiealimenti.it

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L’inclusione come driver di redditività, posizionamento e competitività

Posted by fidest press agency su domenica, 12 marzo 2023

Milano 14 marzo 2023 alle 16.30 presso Borsa Italiana a Palazzo Mezzanotte. Genere e identità di genere, ageing, orientamento sessuale e affettivo, disabilità, status socio-economico, etnia e religione/credo: queste sono alcune forme di diversità per le quali la vera sostanza dell’inclusione consiste nella creazione di un ambiente lavorativo e di una società che vedano le differenze personali come un valore e in cui tutte e tutti abbiano accesso equo a opportunità e risorse e siano trattate/i con uguale rispetto. L’ascolto di tutte queste componenti dell’ambiente interno ed esterno all’azienda fertilizza la strategia d’impresa e rende vincente la sua realizzazione. “La capacità di lavorare sinergicamente sull’inclusione sia internamente che esternamente rappresenta un vantaggio competitivo per le imprese” spiega Luigi Consiglio presidente di GEA Consulenti di direzione chiarendo che: “La comprensione delle singole forme di diversità, l’ascolto delle loro istanze e la capacità di trasformarle in azioni inclusive arricchisce in modo più che proporzionale la brand equity riflettendosi sul posizionamento e sui risultati in termini di market share, fatturato e redditività, a parità di altre condizioni”. Dopo i saluti di Enrico Sasson, Presidente di Eccellenze d’Impresa, Ugo Loeser, AD di Arca Fondi SGR e Fabrizio Testa, CEO di Borsa Italiana interverranno Patrizia Ghiazza, Partner di GC Governance Consulting, Barbara Falcomer, Direttrice Generale di Valore D e Francesca Vecchioni, Presidente di Fondazione Diversity. Veronica De Romanis, Docente di Politica economica di Stanford University e Luiss contribuirà al confronto con un keynote speech dal titolo “Senza distorsioni non si cresce”. A seguire racconteranno direttamente la loro esperienza in ordine d’intervento Paola Angeletti, COO di Intesa Sanpaolo, Marilù Capparelli, Legal Director EMEA di Google, Luciana De Laurentiis, Head of Corporate Culture & Inclusion di Fastweb, Nilufer Demirkol, Global Head of Diversity and Inclusion di Nestlé, Pietro Iurato HRD head EMEA, SAP Italia.A conclusione dell’incontro Emanuele Acconciamessa, COO di Focus Management e Gabriella Crafa, Vice President di Fondazione Diversity presenteranno la ricerca “Diversity Brand Index” e le relative best practice, riferite ai migliori 20 brand capaci di lavorare concretamente sull’inclusione e di comunicare questo impegno al mercato finale.L’evento, patrocinato da Borsa Italiana, ha quindi l’obiettivo di diffondere la cultura dell’inclusione tra le imprese italiane posizionando l’inclusione come driver di valore non solo etico, ma anche di performance dell’azienda. “È indispensabile che gli imprenditori capiscano che l’inclusività è il principale fattore competitivo nelle loro mani, oltre che un fattore critico di successo per l’internazionalizzazione dell’industria italiana. Dimostreremo inoltre come l’information technology possa essere un facilitatore dei percorsi di diversità e di inclusione” conclude Consiglio.

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Aumenta la redditività economica della decarbonizzazione

Posted by fidest press agency su martedì, 7 marzo 2023

«L’intero valore bloccato in Italia dal “modello fossile” e ridistribuibile tramite la finanza alternativa green è di circa 42,6 miliardi di euro l’anno, per un totale di 340 miliardi di euro da qui al 2030» sottolinea Giorgio Mottironi, CSO e co-fondatore della società benefit Ener2Crowd nonché Chief Analyst del GreenVestingForum, il forum della finanza alternativa verde. Intanto, sul mercato “obbligato” di scambio dei titoli della CO2 (ETS), una tonnellata vola ad oltre 100 euro di costo. Il che si traduce per le famiglie italiane in un potenziale aggravio delle spese —tra tasse e costi indiretti— in una forbice che va dai 1.600 ai 6.500 euro annui. «Ma anche i titoli di carbonio “volontari” si prevede possano aumentare il loro costo fino al 3.000%, arrivando ad oltre 30-100 euro per tonnellata, a seconda della tipologia» aggiunge Giorgio Mottironi. Eppure abbattere una tonnellata di emissioni climalteranti rende oggi molto di più: 184 euro annui. «Tale indicatore è noto come “redditività ecologica” e ci dice quanto può rendere l’abbattimento delle emissioni climalteranti tramite l’attività di investimento o risparmio promossa con strumenti di finanza alternativa sostenibile» puntualizza Niccolò Sovico, CEO, ideatore e co-fondatore della società benefit proprietaria di Ener2Crowd.com, la prima ed unica piattaforma ed APP italiana di lending crowdfunding ambientale ed energetico.Questo nuovo mondo della finanza aveva bisogno di dimostrare di essere in grado di muoversi a sostegno della necessaria transizione sostenibile che il settore industriale e quello produttivo devono oggi affrontare per continuare a fornire al sistema economico prodotti e servizi il cui utilizzo non rappresenti un fattore di minaccia per il futuro della nostra specie e degli altri esseri viventi: riduzione delle emissioni di gas climalteranti, equa redistribuzione di opportunità e risorse, riduzione delle disuguaglianze e dei fenomeni di sfruttamento dell’ambiente e delle persone, supporto alle comunità la cui sussistenza ed esistenza sia minacciata dai fenomeni collegati al cambiamento climatico, gestione trasparente delle organizzazioni e riequilibrio dei salari, queste dovrebbero essere le priorità. Insomma, gli analisti di Ener2Crowd e del GreenVesting Forum hanno codificato per la prima volta gli indicatori della sostenibilità della finanza alternativa green, per poter capire quando un investimento è davvero verde e quando si tratta invece di GreenWashing.Secondo il Chief Analyst del GreenVestingForum, per spiegare i rischi del concentramento di enormi risorse finanziare attraverso i canali tradizionali (vecchi, complessi, resistenti al cambiamento, poco efficienti e ben controllabili da pochi) rispetto a come è configurato un intero sistema produttivo di mercato, la migliore analogia è quella di un sistema di secchi impilati, collegati tra loro, in cui il riempimento degli ultimi è dovuto al riempimento dei precedenti e così via a risalire fino al primo: l’acqua che riempie i secchi sono i capitali che arrivano a sostenere la transizione energetica nelle varie aziende o comparti aziendali. «Ebbene, con il modello di finanza tradizionale il rischio è quello di fare traboccare e disperdere l’acqua all’inizio e di farne giungere poca, troppo poca agli ultimi: abbondanza, inefficienza, sprechi da una parte, scarsità ed inefficacia dall’altra» mette in guardia Giorgio Mottironi.Ed a ciò si aggiunge anche il rischio della rottura per rigonfiamento (analogia per la bolla speculativa) in grado di produrre un “effetto rebound” capace di arrestare la corsa agli investimenti green, per manifesto crollo della redditività globale relativa.A questo modello “oligarchico” oggi si contrappone quello della partecipazione diretta, democratica, dal basso di una quantità altrettanto importante di capitali nelle mani delle singole persone, dei consumatori finali: il GreenVesting che in Italia —ed anche in Europa— è rappresentato da Ener2Crowd.(abstract by MediaWeb)

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Boehringer Ingelheim registra un brillante 2016

Posted by fidest press agency su giovedì, 6 aprile 2017

Ingelheim. Nel 2016, Boehringer Ingelheim ha realizzato un fatturato di circa 15,9 miliardi di euro, che, al netto degliBoehringer Ingelheim effetti di cambio, corrisponde a un incremento del 7,3% (su base euro: +7,1 %). Con un risultato operativo cresciuto del 27 %, pari a circa 2,9 miliardi di euro, si è registrata una redditività delle vendite del 18,1%. Nel 2016, Boehringer Ingelheim contava, in media, quasi 45.700 collaboratori a livello mondiale. L’acquisizione di Merial, la divisione specializzata nel settore veterinario di Sanofi, avvenuta il 1° gennaio 2017, nel quadro di uno scambio di business, ha portato a circa 50.000 il numero dei collaboratori.
In futuro l’azienda continuerà a lavorare per sviluppare ulteriori innovazioni nelle aree terapeutiche in ambito respiratorio, cardiometabolico, oncologico, del sistema nervoso centrale e immunologico. Nel medio termine, Boehringer Ingelheim verificherà, per esempio, la possibilità di utilizzare empagliflozin, commercializzato da Boehringer Ingelheim in collaborazione con Eli Lilly and Company per la cura del diabete, anche per il trattamento dello scompenso cardiaco, con o senza diabete. Sono già in corso nuovi studi. Nel campo delle cure oncologiche, l’azienda sta valutando l’efficacia del farmaco nintedanib sul mesotelioma, l’ aggressivo tumore della pleura, causato dall’esposizione all’amianto. Nel lungo termine, Boehringer Ingelheim vuole puntare con maggiore enfasi a partnership con università, istituti di ricerca e aziende operanti nel settore delle biotecnologie. “Il settore della Ricerca e dello Sviluppo rappresenta un pilastro importante della nostra strategia”, sottolinea von Baumbach. Nel 2016, l’azienda ha incrementato di un ulteriore 4 % gli investimenti nella Ricerca e nello Sviluppo, per un valore complessivo di circa 3,1 miliardi di euro.
Lo scorso anno, Boehringer Ingelheim ha registrato una crescita in tutti i comparti. “La crescita del fatturato nel 2016 ha superato le nostre aspettative”, ha affermato Simone Menne, Membro Board of Managing Directors, Responsabile dell’area Finance. “Questo è il risultato dell’ottimo posizionamento dei nostri prodotti innovativi e del buon andamento di quelli già affermati”. Questo andamento positivo è stato determinato anche dalla ricezione del pagamento concordato nel quadro di una cooperazione con AbbVie nel campo delle malattie autoimmuni.
Il fatturato complessivo derivante dalle vendite di farmaci soggetti a prescrizione medica, che rappresenta l’attività principale di Boehringer Ingelheim, è aumentato del 7,4%, al netto degli effetti di cambio, raggiungendo i 12 miliardi di euro (su base euro: +7,5%). Con un fatturato di quasi tre miliardi di euro, tiotropio, impiegato in ambito respiratorio, si è nuovamente attestato al primo posto nelle vendite. Il fatturato complessivo di Boehringer Ingelheim per il 2016 non include le vendite derivanti dall’integrazione del business veterinario di Sanofi, avvenuta il 1° gennaio 2017. Solo con l’ offerta di prodotti del proprio portfolio, nell’ambito della medicina veterinaria, nel 2016, Boehringer Ingelheim ha realizzato un fatturato di circa 1,5 miliardi di euro, pari al 9 % dell’intero fatturato. Il prodotto più venduto è stato ancora una volta il vaccino per suini INGELVAC CIRCOFLEX®. Nel 2016 il segmento della produzione biofarmaceutica conto terzi ha raggiunto un fatturato di 613 milioni di euro, con un tasso di crescita del 6,4 %. Nel 2016 il comparto dell’automedicazione ha contribuito per l’ultima volta al fatturato aziendale, poiché dal 1° gennaio 2017 appartiene a Sanofi. In questo segmento, Boehringer Ingelheim ha realizzato nel 2016 un fatturato di circa 1,6 miliardi di euro, che corrispondono quasi al 10 % del fatturato complessivo.
Per l’anno d’esercizio in corso, Boehringer Ingelheim prevede una netta crescita del fatturato, al netto degli effetti di cambio, rispetto all’anno precedente. Il fattore determinante è l’integrazione del nuovo business veterinario.

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Aumento di reddittività media per il settore dei macchinari per l’industria ceramica e i colorifici

Posted by fidest press agency su giovedì, 28 Maggio 2015

ceramicaDopo l’ottimo gradimento registrato dalla prima edizione, torna lo studio “Analisi di bilancio dei produttori mondiali di macchinari per l’industria ceramica e del laterizio e colorifici”, realizzato dal Centro Studi Acimac.Il volume, parte della collana “Analisi di Bilancio”, esamina i dati economico-finanziari relativi al triennio 2011-2013 di 199 aziende: 139 aziende italiane e 31 operanti nel resto del mondo (Spagna, Francia, Gran Bretagna, Portogallo, Germania, Cina, Giappone, Belgio, Repubblica Ceca, Lussemburgo) produttrici di macchinari per la produzione di piastrelle, sanitari, stoviglieria e laterizi, e 22 imprese italiane e 17 estere (di cui 15 spagnole.) produttrici di colori e smalti per l’industria ceramica.L’analisi relativa al comparto dei macchinari per l’industria ceramica rivela che, per le imprese italiane, anche nel 2013 è proseguito il processo di risanamento del settore: il principale indice di redditività della gestione (ROI, rendimento del capitale investito) presenta una redditività media del 4%, superiore alla media del triennio 2011-2013 e in linea con il ROI medio delle imprese degli altri Paesi produttori.Ingenti investimenti in attrezzatura e tecnologia produttiva ad elevata intensità di capitale, nonché riorganizzazioni aziendali tese ad ottimizzare l’impiego del fattore lavoro hanno consentito alle imprese italiane del comparto di migliorare l’EBITDA rispetto al 2012, pur in presenza di un costo del lavoro per addetto molto alto e un CLUP (costo del lavoro per unità di prodotto) crescente: in altri termini, grazie all’investimento, le imprese hanno conseguito incrementi di produttività per addetto che più che compensano la crescita del costo del lavoro. Tuttavia, come per altri comparti italiani produttori di beni strumentali, molto meno soddisfacente risulta la struttura patrimoniale e finanziaria: la sottocapitalizzazione e l’indebitamento (soprattutto a breve) rendono più rischiosa l’attività delle imprese in quanto finanziariamente più vulnerabili.Negli altri Paesi, le aziende produttrici di macchinari per l’industria ceramica presentano un maggiore equilibrio della struttura patrimoniale e finanziaria e un’efficienza produttiva media maggiore rispetto all’Italia, a cui, però, fa da contraltare un onere del costo del lavoro in rapporto al fatturato più alto di quello italiano per l’uso meno intenso della manodopera. Più in dettaglio, si osserva una maggiore efficienza in termini di costi di materie prime, semilavorati, servizi e gestione delle scorte, a fronte di una minore efficienza (a valle del valore aggiunto) della gestione delle risorse umane: nella media del triennio 2011-13, il CLUP delle imprese straniere incide infatti per il 25,9% del fatturato, contro il 21,8% delle imprese italiane.
Molto interessanti sono le evidenze che emergono dallo studio in merito alle analisi di clustering e benchmarking che confrontano ciascuna impresa con quelle a lei più simili e che analizzano le caratteristiche delle aziende con i più alti livelli di performance. Le 13 migliori imprese del settore, tra cui la maggior parte italiane, presentano una redditività del capitale investito mediamente quadrupla (ROI 16,9%) rispetto alla media di tutte le imprese; il CLUP risulta di oltre 10 punti percentuali inferiore rispetto alla media del settore; e la struttura patrimoniale e finanziaria è equilibrata, pertanto stabile e poco rischiosa.
Anche nel comparto dei produttori mondiali di smalti e colori per ceramica, nel 2013 le aziende italiane hanno mostrato miglioramenti della produttività per addetto e crescita della redditività rispetto al 2012. È tornato a crescere anche il grado di copertura reddituale degli interessi passivi, che va ad attenuare, almeno in parte, il rischio di instabilità finanziaria per effetto dell’insufficiente capitalizzazione: il leverage medio 2013 (4,48%), per quanto in diminuzione dal 2011, è risultato ben al disopra della soglia d’attenzione.Per quanto riguarda i colorifici di altri Paesi (per lo più spagnoli), lo studio evidenzia una maggiore efficienza produttiva rispetto a quella osservata in Italia: sebbene l’onere del costo del lavoro non sia molto più leggero di quello italiano in termini di incidenza sul fatturato, l’EBITDA dei colorifici esteri è superiore di quasi quattro punti percentuali rispetto a quello delle imprese italiane. Anche l’analisi della struttura finanziaria e patrimoniale mostra una minore incidenza delle posizioni debitorie a breve termine e una maggiore capitalizzazione media rispetto alle imprese italiane.

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Investimenti e crescita

Posted by fidest press agency su domenica, 21 agosto 2011

L’importanza degli investimenti è notoria. Le attività che non generano reddito, ad esempio, possono determinare un eccessivo sbilanciamento degli stessi investimenti. Questi ultimi per dirsi tali devono comprendere la crescita in termini reali del Pil, il tasso di deprezzamento del capitale e considerare alcuni fattori produttivi quali la redditività attesa. Esiste, quindi, un rapporto diretto tra investimenti e Pil che nell’area dell’euro nel 2010 ha raggiunto il 19,4% denotando il suo livello più basso dal 1995. Questo tasso d’investimento varia, ovviamente, tra i diversi paesi europei dell’area dell’euro. Spagna, Estonia, Cipro e Slovenia nel decennio precedente la crisi finanziaria del 2008 hanno aumentato sensibilmente i tassi d’investimento riflettendo in parte processi di convergenza con ampi afflussi di investimenti diretti esteri. Gli stessi paesi durante la fase di rallentamento ciclico, nell’ultima recessione, hanno registrato un calo dei tassi di investimento, dal momento che la domanda complessiva è diminuita, il costo del capitale è aumentato e la redditività si è contratta. Le conseguenze sono state automatiche determinando considerevoli correzioni al ribasso pari ad almeno 5 punti percentuali rispetto ai precedenti massimi.
Se andiamo ad analizzare i due settori principali che forniscono beni d’investimento sono il comparto delle costruzioni e quello delle attrezzature e dei macchinari. Nel 2010 – è detto in una nota della B.I. – le costruzioni hanno concorso per circa il 50% agli investimenti complessivi dell’area dell’euro e le attrezzature ed i macchinari per circa il 30%. Negli ultimi 15 anni la quota di investimenti totali in costruzioni è diminuita, mentre quella in attrezzature e macchinari è aumentata lievemente.” E ancora la B.I. a darci una misura in prospettiva del livello del rapporto investimenti/pil nell’area dell’euro e in diversi paesi membri e che vanno oltre gli indicatori di breve periodo per segnalare “un incremento del grado di utilizzo della capacità produttiva, la crescente produzione di beni di investimento e delle costruzioni e l’aumento dei nuovi ordini per i beni d’investimento” e per concludere che “gli investimenti in costruzioni potrebbero ancora risentire dei processi di aggiustamento in atto in alcuni paesi, mentre gli investimenti non residenziali dovrebbero recuperare terreno anticipatamente con maggior forza”. (Riccardo Alfonso http://www.fidest.it)

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Alitalia: “amnistia” civilistica per il Ministero dell’Economia

Posted by fidest press agency su martedì, 14 luglio 2009

Benchè  il decreto fiscale abbia riconosciuto un diritto al rimborso (sia pur molto modesto) anche a tutti gli azionisti della ex compagnia di bandiera (dipendenti e non), non sono poche le perplessità che il contenuto dell’articolato pone. In prima battuta pare piuttosto evidente l’inopportunità in ordine all’interpretazione dell’art. 2497 del codice civile contenuta nel provvedimento. Come è noto si tratta della norma che dispone che le società o gli enti, che esercitando attività di direzione e coordinamento di società agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesima, siano responsabili nei confronti dei soci per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale anche nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società. Si legge, nel testo del decreto (art. 19), che l’art. 2497 codice civile si “interpreta nel senso che per Enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria”. Come dire che, con riferimento alla vicenda Alitalia, il Ministero dell’Economia non risponde nei confronti degli azionisti: a)per eventuali responsabilità che abbiano inciso sul diritto dei soci al mantenimento del valore di scambio della partecipazione; b) della legittima aspettativa di realizzare un valore in caso di vendita; c) del diritto ad un adeguato controvalore in denaro. Sono bastate poche battute per ridimensionare pretese risarcitorie (forse non troppo eventuali) attraverso un provvedimento di “amnistia” civilistica che annienta (laddove il decreto fosse convertito nell’attuale formulazione) qualsiasi possibilità di responsabilità dello Stato. Come afferma il prof. Fernando Greco, Docente di Diritto dei consumatori nell’Università del Salento, “i modelli comportamentali non possono tollerare differenze. Appare opportuno avanzare qualche dubbio sulla legittimità nel  nostro ordinamento giuridico ed in un’economia di mercato (quale è la nostra) di prevedere la sottrazione dello Stato alle regole di tutela delle esigenze dei risparmiatori e degli investitori.  Diversamente sfuggirebbe ad ogni controllo l’attività di qualsiasi società ed ente in cui lo Stato si trovi nella situazione contemplata all’art. 2497 codice civile”. Un’ultima notazione. Le misure di rimborso previste in favore degli azionisti nel decreto legge devono essere considerate solo un punto di partenza per una valutazione più adeguata in sede di conversione. Il limite di 50.000 euro non tiene conto neppure del parametro (legato al c.d. risparmio inconsapevole) del fondo interbancario di tutela dei depositi che stabilisce una misura di copertura massima fino a 103.291,38 euro per depositante e per istituto di credito. Senza considerare, poi, che la tutela del risparmio ed in particolare di coloro che non hanno competenze specifiche e che, comunque, hanno difficoltà ad entrare in possesso dell’informazione necessaria e sufficiente per valutare i rischi in investimenti finanziari, deve rappresentare una priorità in questa complessa vicenda, nella quale lo Stato – al di là di inopportune indicazioni interpretative – si è assunto importanti responsabilità. L’Italia dei valori e Giovanni D’Agata Componente dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore”si batteranno per questo!

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