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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 136

Posts Tagged ‘pensioni’

Pensioni: Sempre peggio, addio a Opzione Donna

Posted by fidest press agency su martedì, 30 aprile 2024

Continua l’esame del Governo Meloni per introdurre una nuova previdenza e rimane lontano mille miglia da quello prospettato un anno e mezzo fa in campagna elettorale: anziché allargare l’anticipo alle categorie lavorative che svolgono professioni usuranti e sono facili vittime del burnout, come accade per chi opera nella scuola, sono allo studio delle nuove regole che innalzano i requisiti d’accesso. Addirittura si dice addio alla già poco conveniente Opzione Donna e si introducono penalizzazioni: è in arrivo, ad esempio. Quota 104, riservata a chi ha almeno 64 anni età e 40 di contributi, con tagli pure consistenti all’assegno pensionistico.“Reputiamo queste proposte irricevibili – commenta con amarezza Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – , mentre riteniamo che basterebbe dare applicazione nella scuola alle medesime regole in vigore oggi per i lavoratori delle forze armate, dando inoltre la possibilità ad insegnanti e personale Ata di realizzare il riscatto gratuito degli anni di studio universitario più l’eventuale integrazione dei fondi bancari. Riteniamo che non si può obbligare la maggior parte dei dipendenti a lasciare il lavoro alle soglie dei 70 anni. E poi ci dicono che la spesa continua a crescere: negli ultimi sei anni l’incremento è stato di 70 miliardi. C’è qualcosa che non va, perché i requisiti per lasciare il servizio e le somme percepite una volta pensionati stanno diventano sempre più sfavorevoli ai lavoratori”, conclude Pacifico.Anief ricorda che l’aumento della spesa sociale legata all’Inps potrebbe essere contrastato: lo Stato, a nostro avviso, dovrebbe pagare mensilmente sia i contributi ai 3,5 milioni di dipendenti pubblici (si tratta di tre volte la quota oggi trattenuta nello stipendio) sia la sua parte di TFR/TFS. In questo modo potremmo risanare i conti e lasciare prima il lavoro.

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Pensioni “rosa”: come affrontare il gender pension gap

Posted by fidest press agency su domenica, 10 marzo 2024

A cura di Patrizia Franchi, Investment Consultant Manager di Moneyfarm. Il gender pay gap, ossia la differenza di retribuzione tra donne e uomini a parità di mansioni ed esperienza, non incide solo sugli stipendi delle lavoratrici, ma proietta la sua ombra fino alla pensione, creando un gender pension gap difficile da colmare. Secondo un recente report dell’INPS, le donne ricevono pensioni notevolmente inferiori rispetto agli uomini, un divario alimentato da differenze salariali, minori anni di contributi versati e un’alta incidenza di lavoro part-time al femminile. Dallo studio dell’INPS emergono dati allarmanti: il vantaggio retributivo maschile in termini di reddito annuale è di circa il 40%, una percentuale che si riduce al 30% circa per le retribuzioni giornaliere, senza grandi variazioni negli ultimi 10 anni. Tale divario è, almeno in parte, frutto di disparità a livello individuale, contrattuale e settoriale. In effetti, le donne sono sovra-rappresentate in settori dove i salari sono mediamente più bassi e sono poco presenti nelle posizioni di vertice. A livello contrattuale, soprattutto nel settore privato, le lavoratrici sono spesso assunte con contratti part-time oppure si sono viste costrette a ridurre gli orari lavorativi per dedicarsi alla cura della famiglia, con un’incidenza che sfiora il 50% e in molte regioni del Sud supera il 60%. Tutto questo fa sì che, se si confrontano colleghi di una stessa azienda con caratteristiche individuali e occupazionali sovrapponibili, il gap retributivo tra uomini e donne è pari al 12% circa e scende al 10% per le retribuzioni giornaliere. Il divario salariale si traduce in minori contributi versati dalle donne e, in definitiva, in un ulteriore divario al momento della pensione. Le donne sono soprattutto presenti nelle classi di reddito pensionistico più basso (fino a €1.500 mensili), mentre oltre il 70% dei percettori appartenenti alla classe più alta (oltre i €3.000 mensili) è di genere maschile. Questo deriva da una differenza nella tipologia di prestazione pensionistica percepita: nel 2022, il 50% degli uomini ha ricevuto una pensione anticipata, vale a dire quella di importo in media più elevato, contro il 20% delle donne, che sono invece prevalenti nelle pensioni ai superstiti. Il divario si riflette anche negli importi medi delle prestazioni, con un vantaggio maschile medio di oltre il 60% (€1.430 contro €884, nel 2022), e nel numero di prestazioni pro-capite (mediamente maggiore per le donne).

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Sanità: Pensioni, burocrazia e convenzione in ritardo

Posted by fidest press agency su domenica, 7 gennaio 2024

La Manovra approvata a fine anno ritocca al basso le pensioni anticipate di alcuni dipendenti pubblici, medici inclusi, e incrementa le tariffe degli straordinari dei professionisti in ospedale per combattere le liste d’attesa nel Servizio sanitario: due aspetti che non sono piaciuti alla dirigenza medica. In particolare, il primo ha rivestito un ruolo chiave negli scioperi indetti dai sindacati confederali e autonomi fra novembre e dicembre. A gennaio c’è il rischio che si replichi, e che si fermino le prestazioni nel Servizio sanitario. Addio recupero delle visite ambulatoriali dei pazienti? In realtà, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha detto che nei 2,4 miliardi di euro cui lo stato attingerà per pagare i dipendenti pubblici e quelli Ssn sono inclusi aumenti dell’indennità di specificità – cioè una voce dello stipendio legata all’attività istituzionale – sia per i medici sia per gli infermieri. Bisognerà vedere se detti aumenti saranno tali da impattare sul quotidiano delle corsie. Un altro capitolo che ancora sembra tutto da maturare riguarda la trattativa per la convenzione di medicina generale. Alla Sisac, struttura interregionale che fa da controparte ai sindacati, si tratta ancora sul triennio 2019-21 per una convenzione che, quando nascerà, sarà già scaduta da tre anni. Case ed ospedali di comunità e riforma dell’assistenza domiciliare e della medicina territoriale, essendo finanziati dai fondi del Piano di Ripresa e Resilienza a partire dal 2022, entreranno in scena nell’accordo successivo, il 2022-24. I sindacati principali non disdegnerebbero un accordo ponte per il triennio scaduto. Le risorse per finanziarlo in teoria sono state “fermate”: nella Finanziaria in fase di approvazione al (medicina generale, pediatria di libera scelta, specialisti ambulatoriali, hanno ottenuto l’accesso ai fondi, già citati, da utilizzare per tutti i contratti. Bisogna inoltre usare i circa 200 milioni rimasti dello stanziamento del 2019: 235 milioni, per dotare gli studi dei medici di famiglia di mezzi diagnostici acquistati dalle Asl. Al momento i tavoli sembrano andare a rilento. In Sisac le delegazioni dei medici di famiglia continuano ad essere ricevute separatamente. Il 9 gennaio è programmato un giro con i pediatri. Ogni delegazione fa proprie proposte: FMT pone un accento particolare sul Welfare dei liberi professionisti convenzionati, chiedendo interventi a garanzia del diritto a maternità e gravidanza delle donne medico; il sindacato Medici Italiani, che ha appena aderito a Confsal, richiama l’attenzione sulla continuità assistenziale, attività sempre più complementare all’assistenza primaria (crescono i medici a ruolo misto, retribuiti a scelte ed ore) e sempre meno vista come “medicina della notte”, in un contesto in cui i presìdi notturni vengono chiusi. Per la medicina territoriale le misure più sostanziali sono forse altre. In parallelo alla legge delega sulla semplificazione amministrativa il governo ha approvato un decreto attuativo che prevede per sempre da gennaio la ricetta dematerializzata per tutti i farmaci sia di fascia A sia di fascia C. Il medico di famiglia non dovrà mai più stampare i promemoria per il paziente che va in farmacia con la prescrizione. Inoltre, si conferma la ripetibilità delle ricette per i malati cronici: in prospettiva illimitata, anche per esami e visite all’interno del disease management di una specifica cronicità, ma al momento fino ad un anno. Nel curare patologie croniche, il medico ora può indicare nella ricetta “dem” ripetibile, sulla base del protocollo terapeutico individuale, la posologia e il numero di confezioni dispensabili nell’arco massimo di 12 mesi. Dovrebbero iniziare a produrre effetti negli studi dei Mmg semplificazioni per iter come quelli per le agevolazioni a invalidi, disabili, ciechi, sordi. Fra tante buone idee, un’incombenza che parte da gennaio 2024 e viene da lontano, dal Milleproroghe dello scorso febbraio: l’obbligo per i sanitari liberi professionisti contribuenti forfettari, con reddito entro 25 mila euro, di fare fattura elettronica e spedire i dati delle prestazioni ai pazienti non più sul sistema Tessera Sanitaria ma sul Sistema d’interscambio-SdI. Quest’ultimo sistema di accoglienza dati adesso risulta idoneo alla tutela dei dati sensibili e tra un anno il divieto di fattura elettronica potrebbe saltare per medici, infermieri, dentisti & co. (Fonte Doctor33)

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Fine lavoro mai! Il Governo fa cassa sulle pensioni dei dipendenti pubblici

Posted by fidest press agency su giovedì, 21 dicembre 2023

Alla fine il tanto atteso emendamento sul blocco del taglio delle pensioni di oltre 700 mila dipendenti pubblici è arrivato, ma la toppa è peggiore del buco. Medici, infermieri e personale sanitario, maestre/i, ufficiali giudiziari e personale degli Enti Locali, per non incorrere in tagli drastici dell’assegno pensionistico, legato alla quota di retributivo per chi ha lavorato tra il 1981 e il 1995, dovranno rimanere al lavoro fino al raggiungimento del requisito di vecchiaia ovvero 67 anni, per ora. Perché nessuno può garantire che i requisiti per la pensione di vecchiaia non vengano ulteriormente peggiorati nel tempo, che è poi tra i principali motivi per i quali, appena si può, si scappa dal lavoro. Per i sanitari è prevista la possibilità di ridurre la penalizzazione per ogni mese in più che si rimane al lavoro dopo aver raggiunto i requisiti minimi per la pensione. Fino a 70 anni, tanta è la possibilità concessa ai sanitari per il pensionamento. E meno male che la fretta, non di certo il pudore, di concludere l’iter della legge di bilancio ha impedito di portarla a quei 72 anni, invocati dal governo per la categoria, utili per continuare a non assumere ma, al contempo, non svuotare gli Ospedali. L’entità del danno aumenta se si considera che, dilatando fino al limite massimo dei 67 anni (attuali) la possibilità di andare in pensione per tutte queste lavoratrici e lavoratori, aumenta anche il tempo d’attesa del TFS/TFR che, attualmente, si attesta su 2 anni circa, riducendo la possibilità di una qualità della vita degna del tanto tempo messo a disposizione del lavoro.Va anche peggio per le lavoratrici costrette ad accedere ad Opzione donna, che viene ulteriormente peggiorata sia nei requisiti di accesso che nella decurtazione economica. Se quindi, ad esempio, sei una lavoratrice del PI, appartenente alle categorie oggetto di taglio della parte retributiva dell’assegno e vai, avendo acquisito il diritto, in pensione anticipata avrai un taglio consistente (parliamo di migliaia di euro, non bruscolini) ma se vai in pensione con Opzione donna si aggiunge un ulteriore taglio del 30/40% sull’assegno finale. Un capolavoro, considerando che la percentuale di donne nel PI supera il 60% e che molte tra loro sono costrette alla pensione anticipata, in qualunque forma si presenti, per assolvere al lavoro di cura in un Paese in cui il welfare viene di continuo ridotto e reso inaccessibile ai più.Fare cassa sulle pensioni e rendere continuamente precaria la qualità della vita in vecchiaia non è solo profondamente ingiusto ma anche il segno del disprezzo che questo Governo, e tutti quelli che l’hanno preceduto, nutre nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti di questo Paese.Non mancano i soldi, come dimostrano i continui e miliardari finanziamenti alle guerre o a inutili infrastrutture come il Ponte sullo Stretto, manca la volontà di difendere il lavoro pubblico e i servizi pubblici. A tanto disprezzo non resta che rispondere nelle piazze!

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Legge di Bilancio: Anp-Cia, deludente su pensioni e preoccupante su sanità

Posted by fidest press agency su sabato, 16 dicembre 2023

Una Legge di Bilancio modesta e senza ambizioni, deludente sul versante delle pensioni, ancora una volta senza aumenti e con un’indicizzazione che non recupera nemmeno l’inflazione, e che preoccupa lato sanità con lo spettro di una riduzione del finanziamento al Sistema sanitario nazionale prossimo al 6,2% di Pil nel 2024, il più basso d’Europa. Ѐ questa la severa analisi di Anp, l’Associazione nazionale pensionati di Cia-Agricoltori Italiani, che esprime anche rabbia visti i mesi trascorsi tra decine di incontri parlamentari, con ogni gruppo politico, sottoponendo la sua piattaforma di rivendicazioni urgenti, prima tra tutte la richiesta di portare le pensioni minime a 800 euro, poco sopra la soglia di povertà.Inoltre, secondo Anp-Cia, la manovra peggiora Opzione Donna che vede ristretti tempi, modalità di accesso e valore della pensione, così come la riformulazione dell’Ape Sociale che cancella il riconoscimento dei lavori gravosi e usuranti, tra i quali quello degli agricoltori. Inoltre, nulla si prevede per la pensione di garanzia dedicate ai giovani, mentre si complicano le regole e si allungano i tempi per chi deve andare in pensione. Positiva, invece, la riconferma dei bonus per gas e luce, anche se fino a marzo 2024, e per i soggetti già titolari di bonus sociali.Capitolo a parte, quello sanitario. Il modesto incremento delle risorse, sottolinea Anp-Cia, copre appena l’aumento dei costi ordinari, per cui la crisi del sistema precipita quotidianamente, mentre riforme e innovazione, oggi necessarie, escono dalla programmazione. Infine, nella Legge di Bilancio, non trova applicazione la riforma della non autosufficienza perché mancano fondi e decreti attuativi. “Di fronte a questo scenario, Anp-Cia non intende rinunciare al suo ruolo di tutela dei pensionati e degli anziani e ribadisce, quindi, l’impegno -commenta il suo presidente nazionale, Alessandro Del Carlo- per la conquista di assegni dignitosi, sanità pubblica e universalista, servizi sociosanitari efficienti che valorizzino il ruolo degli anziani nella società”.

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Scuola: Pensioni basse?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 22 novembre 2023

L’amministrazione induce 1,3 milioni di docenti e Ata ad aderire al Fondo Espero integrativo col silenzio-assenso.Nessun dubbio: introdurre il silenzio-assenso sull’adesione di una pensione integrativa, attraverso una trattenuta automatica, che durerà tutta la vita lavorativa è un’imposizione che non può passare. A pensarla così è il sindacato Anief, dopo l’accordo sottoscritto questa settimana tra l’Aran e i sindacati istitutori del fondo (tutti quelli rappresentativi del comparto, tranne Anief) che introduce l’iscrizione automatica al Fondo Espero del personale docente, Ata ed educativo assunto dal 1° settembre 2019, con questi ultimi che dovranno anche pagare 1.000 di arretrati. “La verità – commenta oggi Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che entro nove mesi dalla firma dell’accordo sottoscritto dell’accordo del 16 novembre arriverà una comunicazione ufficiale sull’attivazione della trattenuta mensile nello stipendio della quota minima di adesione (20 euro mensili medi, più 1.000 euro di arretrati dal 2019). Oltre 1,3 milioni di lavoratori della scuola finora non iscritti al fondo, coinvolti in questo meccanismo, avranno un mese di tempo per esercitare il recesso”. “La nostra organizzazione sindacale – continua Pacifico – ritiene illegittima questa modalità di accesso alla pensione integrativa, il silenzio-assenso, peraltro anche retroattiva. Pertanto, in attesa dell’esito del ricorso che Anief avanzerà, il nostro sindacato fornirà consulenza e assistenza gratuita a tutto il personale che vorrà rifiutare l’adesione semi-imposta”. Il sindacato ricorda che l’adesione al Fondo Espero prevede che il lavoratore versi mensilmente una quota pari almeno all’1% della propria retribuzione e l’intero TFR (per gli assunti in ruolo dopo l’anno 2000 e per il personale a tempo determinato); dal canto suo, il datore di lavoro – lo Stato – versa una quota aggiuntiva pari all’1% della retribuzione del lavoratore. Le quote versate vengono investite dal Fondo, al fine di costituire un trattamento previdenziale complementare che andrà a sommarsi, al momento del pensionamento, a quello obbligatorio del personale scolastico.L’accordo è immediatamente operativo per il personale a tempo indeterminato, ma nel testo è presente una dichiarazione congiunta per l’estensione del meccanismo di adesione al Fondo tramite silenzio-assenso anche al personale a tempo determinato.

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Cuzzupi: Scuola-pensioni, non si tocchino i diritti maturati!

Posted by fidest press agency su lunedì, 20 novembre 2023

Le paventate modifiche al sistema di calcolo pensionistico per i dipendenti pubblici stanno suscitando, tra le categorie interessate, sgomento e incredulità. “Una norma – afferma il Segretario Nazionale UGL Scuola, Ornella Cuzzupi – che colpisce i lavoratori che più di ogni altro hanno legato la propria vita al funzionamento dello Stato e, nel caso specifico del personale scolastico, alla crescita del Paese. Non dimentichiamo che proprio negli anni che vanno dal 1981 al 1995 tutto il comparto scolastico è stato in prima fila per sostenere, in anni difficilissimi, il sistema dell’istruzione e quindi il sistema Stato. Se solo si vuol pensare a questo, la norma prevista dalla bozza di Legge di Bilancio 2024 risulta da rivedere, nella piena considerazione di chi ha donato gran parte della propria vita per costruire il Paese di oggi e quello di domani.” “Ci rivolgiamo direttamente al Presidente Meloni, al Ministro Valditara e al Sottosegretario Durigon – continua Cuzzupi – affinché siano individuate altre soluzioni che non intacchino i diritti maturati dai lavoratori interessati. Si afferma che la norma sia stata impostata per andare a recuperare fondi necessari per altri aspetti legati alla Legge, noi però ci rendiamo conto che esistono diverse possibilità per reperire risorse senza toccare in modo così doloroso e inatteso il quotidiano delle persone. Si perseguano quindi altre strade, si identifichino interventi strutturali che puntino alla limitazione di spese eccessive, si valuti – laddove possibile – sinergie con i privati tese a produrre benefici e a ridurre costi”. Il Segretario Nazionale ritorna quindi sulla prospettiva che la citata ipotesi determinerebbe: “Ci sono lavoratori che sulla prospettiva delle loro pensioni hanno ipotizzato il resto della loro vita, e dopo tanti anni passati al servizio dello Stato li si vuole privare di questo? Essere donne e uomini di scuola è sempre più complesso. Occorre stare al passo con i tempi, strutturare le proprie strategie didattiche come risposta concreta ad una realtà che corre e, in tutto ciò, siamo al cospetto di una classe docente italiana tra le più anziane in Europa e peggio retribuite. Occorrerebbe invece parlare di rinnovamento del personale scolastico, di aprirsi ad altri modelli, di diminuire la differenza d’età tra docenti e alunni incentivando soluzioni d’uscita agevoli, di verificare nuove strade per una scuola diversa e più complementare alla realtà. Per fare tutto ciò, per fa sì che l’istituzione goda della necessaria credibilità non si possono cancellare con un colpo di spugna i diritti maturati sul campo e poi chiedere allo stesso comparto di continuare a costruire un Paese migliore”.

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Manovra 2024, da liste d’attesa a pensioni ecco tutte le novità per la sanità

Posted by fidest press agency su domenica, 5 novembre 2023

È uscito il testo definitivo del consiglio dei ministri, bollinato, della manovra Finanziaria per il 2024 e ora va alla commissione Bilancio del Senato: il voto finale è previsto a metà dicembre. Il Fondo sanitario si arricchisce di 3 miliardi in più di finanziamento per l’anno prossimo e 5 per il 2025 che vanno ad aggiungersi a 2 miliardi di incremento già confermati dal decreto-legge 145 sugli enti locali. Da questo tesoretto dovrebbero venire fuori gli aumenti per i contratti 2022-24 di comparto e dirigenza sanitaria e per le convenzioni. Ma dovranno starci dentro pure gli aumenti delle ore extra lavorate in più da medici ed altro personale per far fronte alle liste d’attesa (100 euro/ora ai medici e 60 a tecnici ed infermieri); i 50 milioni di euro promessi per il ’24 e i 200 per il ’25 per includere più prestazioni nei livelli essenziali di assistenza; la possibilità per le regioni di incrementare dello 0,4% la spesa per abbattere le liste d’attesa; l’aumento del tetto per le prestazioni delle strutture private convenzionate dell’1% nel 2024 e del 3% nel 2025. C’è anche il nuovo meccanismo di remunerazione delle farmacie in cui lo stato rinuncia a una serie di sconti già chiesti in tempo recente, rivedendo nel contempo le percentuali della spesa convenzionata. Cambiano, inoltre, i tetti per la spesa farmaceutica. Sale la spesa per acquisti diretti di Asl e centrali dall’8,15% all’8,5% del fondo sanitario. Scende la spesa del servizio sanitario nelle farmacie convenzionate dal 7 al 6,8%. Entro marzo di ogni anno l’Aifa aggiornerà il Prontuario dei farmaci in distribuzione diretta PH/T individuando quelli che possono transitare a forme di distribuzione territoriale: ad esempio quelli con piano terapeutico specialistico o i PHT non coperti da brevetto che distribuibili nelle farmacie aperte al pubblico. Sale dallo 0,4 allo 0,5% del fabbisogno il premio assegnato ad ogni regione che tiene i conti in equilibrio.Sempre dagli aumenti del Fondo sanitario dei prossimi anni si dovrà pescare per aumentare, obbligatoriamente, nelle regioni il personale medico e sanitario di case ed ospedali di comunità. Per dotare di altro personale e mezzi queste strutture previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la spesa massima, che nel 2024 è di 328 milioni, salirà da 591 a 841 milioni nel 2025 e da 1015 a 1445 milioni dal 2026. Sempre dal 2024, per garantire l’accesso a cure palliative e terapia del dolore (legge 38/2010) il fondo è incrementato di 10 milioni di euro annui. Una quota di Rifinanziamento Ssn pari a 240 milioni di euro per il 2025 e a 340 dal 2026 è destinata all’incremento delle disponibilità per cronicità, terapia del dolore e cure palliative anche in pediatria, vaccinazioni, prevenzione a tutte le età, tecnologia sanitaria innovativa: tutti obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale fissati in base alle Finanziarie a partire dal 1996. Nell’ambito dei piani triennali degli investimenti immobiliari, l’Inail può destinare parte delle risorse a realizzare o acquistare immobili anche per ampliamento della rete sanitaria territoriale. Si prevedono infine per il Ministero della salute risparmi di spesa di 13,8 milioni nel 2024, 19,7 nel 2025 e 21 nel 2026. La manovra non è solo questo ma è anche taglio del cuneo fiscale, inasprimento della normativa sulle pensioni, fine del superbonus casa, innalzamento dal 21 al 26% della cedolare secca sugli affitti della casa di proprietà, canone Rai ridotto a 70 euro. Per le pensioni ci sono notizie non buone. Intanto si va via ancora a quota 103, cioè a partire da 62 anni di età e 41 di contributi. Per rastrellare fino a 2,3 miliardi, vengono tagliati gli assegni di alcuni dipendenti pubblici, tra cui quelli della sanità (oltre agli insegnanti ed ai lavoratori degli enti locali); saranno infatti ricalcolati con coefficienti di trasformazione diversi da quelli prima previsti per gli anni lavorati fino al 1996, in cui vigeva il calcolo retributivo più vantaggioso. Passa inoltre da 3 a 7 mesi il tempo che i dipendenti privati devono attendere per veder accreditato il primo assegno, e da 6 mesi a 9 la finestra per i dipendenti pubblici: nel 2024 potranno lasciare il lavoro i nati entro aprile. Parziale anche il recupero dell’inflazione per i pensionati, tra 4 e 5 volte il minimo Inps (circa 2300 euro lordi) si recupera l’85%, che scende al 53% fra 5 e 6 volte, al 47 fra 6 e 8, al 36 fra 8 e 10 e al 22% (contro il precedente 32%) oltre 10 volte il minimo Inps. Norme anche per migliorare la fotografia dei contribuenti: fino all’importo di 50 mila euro, i titoli di Stato italiani e i libretti e buoni postali non rientreranno più nel calcolo dell’Isee, l’Indicatore della situazione economica familiare. (fonte Sanità33)

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Istruzione: Pensioni, rivalutazione 2024

Posted by fidest press agency su sabato, 4 novembre 2023

Da gennaio 2024 cambieranno le regole sulla rivalutazione pensioni grazie a nuovo sistema di calcolo a sei fasce, rivisto con la Legge di Bilancio, in via di definizione, rispetto a quello già attuato nel 2023. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ha commentato affermando che “a questo punto, però, chiediamo di non indugiare più: il lavoro a scuola va considerato usurante e la formazione universitaria, come altri tipi di contributi accumulati negli anni, devono essere riscattati gratuitamente. Come pure occorre introdurre agevolazioni fiscali e investimenti appropriati per le pensioni complementari, per rivalutare quello che ad oggi rimane un contributo figurativo da parte dello Stato”. Pacifico ricorda che “che chi governa la scuola deve ricordare che il personale che vi lavora è il più vecchio al mondo, con una percentuale altissima di malattie invalidanti dopo i 60 anni e una percentuale di dipendenti infinitesimale sotto i 30 anni”. La logica alla base del sistema è semplice: più corrono i prezzi, più i cedolini salgono. Ma non per tutti allo stesso modo. I maggiori incrementi saranno per i trattamenti più bassi e per le minime, mentre per quelli più alti sarà confermata la stretta con una diminuzione del “bonus” al crescere dell’importo lordo dell’assegno. Con l’indicizzazione all’inflazione 2022, un assegno che prima dell’inizio di quest’anno era di mille euro mensili è prima salito di 73 euro per effetto della rivalutazione iniziale del 7,3% e ora con il conguaglio dello 0,8% (circa 8 euro) dovrebbe arrivare a quota 1.081 euro.Complessivamente il ritocco dovrebbe quindi essere di 81 euro. Con il conguaglio dovrebbero anche arrivare gli arretrati (8 euro al mese per le mensilità precedenti a partire da gennaio 2023). Per effetto della stretta introdotta con la Legge di bilancio approvata a fine 2022, la rivalutazione piena al 100% (e annesso conguaglio) è garantita solo per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo Inps (2.101,52 euro lordi mensili). Per il 2024 questo meccanismo sarà rivisto. Secondo quanto emerge, la rivalutazione per la fascia tra 4 e 5 volte il minimo dovrebbe lievitare dall’85 al 90%. Gli aumenti, in forza della rivalutazione pensioni stabiliti dalla Legge di Bilancio 2024, seguiranno queste percentuali: 100% rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione fino a 4 volte il trattamento minimo INPS, ossia fino a 2.254,96 euro. Tra queste ovviamente vi sono anche le pensioni minime. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento pari a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT; 85% (inizialmente si prevedeva il rialzo al 90%, poi annullato) rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione pari o inferiore a 5 volte il minimo, ossia da 2.254,97 euro e fino a 2818,7 euro al mese. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento dell’85% rispetto a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT; 53% rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione pari o inferiore a 6 volte il minimo, ovvero tra 2.818,8 e 3.382,44 euro. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento del 53% rispetto a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT; 47% rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione da 6 a 8 volte il minimo, ovvero tra i 3.382,45 euro e 4.509,92 euro. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento del 47% rispetto a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT; 37% rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione da 8 a 10 volte il minimo, ovvero tra 4.509,9 e 5.637,4 euro. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento del 37% rispetto a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT; 22% (invece del 32% valido nel 2023) rispetto alla rivalutazione ISTAT per chi percepisce una pensione superiore a 10 volte il minimo, ovvero oltre a 5.637,4 euro. Determinato per questa fascia, cioè, un aumento del 22% rispetto a quella che sarà la percentuale di aumento da definire in base ai dati ISTAT. Il Governo ha previsto anche una supervalutazione ed incrementi per i pensionati di età superiore ai 75 anni. Si tratta di incrementi pari al:1,5% per i pensionati sotto i 75 anni ;6,4% per quelli sopra i 75 anni.Si tratta, come accennato, di importi netti. Ovviamente, bisognerà attendere la vera percentuale ISTAT e le tabelle ufficiali dell’INPS per avere contezza degli aumenti reali.

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Pensioni: Con la Legge di Bilancio arrivano Quota 104 e disincentivi

Posted by fidest press agency su martedì, 31 ottobre 2023

Dalla bozza del disegno di legge che contiene la manovra di bilancio 2023/2024 spuntano dettagli ulteriori sui requisiti per lasciare il lavoro in anticipo rispetto ai parametri assurdi imposti dalla Legge Fornero, la n. 92 del giugno 2012: dal 2024 Quota 103 diventa Quota 104, con l’uscita anticipata che passa da almeno 62 a 63 anni, sempre avendo 41 anni di contributi, con l’introduzione pure di meccanismi che disincentivano sempre più economicamente a lasciare il servizio. Inoltre, Ape Sociale e Opzione Donna confluiscono in un unico fondo per la flessibilità in uscita: questo permetterà di lasciare il lavoro a 63 anni di età e 36 di contributi però solo a caregiver, disoccupati e a chi rientra nei lavori gravosi, ai disabili e alle donne.Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “il passo indietro del Governo su Opzione donna e Ape sociale ha inaccettabile in assoluto, ma in particolare per i dipendenti della scuola. Rimane sempre più importante introdurre una deroga per tutti i docenti e il personale Ata, perché svolgono mansioni che comportano alla lunga una percentuale di burnout altissima: riteniamo di pensare che i dati ufficiali non vengono resi pubblici dai ministeri preposti, proprio perché si evidenzierebbe il problema”.“A questo punto, però, chiediamo di non indugiare più: il lavoro a scuola va considerato usurante e la formazione universitaria, come altri tipi di contributi accumulati negli anni, devono essere riscattati gratuitamente. Come pure occorre introdurre agevolazioni fiscali e investimenti appropriati per le pensioni complementari, per rivalutare quello che ad oggi rimane un contributo figurativo da parte dello Stato”. Pacifico ricorda “che chi governa la scuola deve ricordare che il personale che vi lavora è il più vecchio al mondo, con una percentuale altissima di malattie invalidanti dopo i 60 anni e una percentuale di dipendenti infinitesimale sotto i 30 anni”.Anief consiglia nel frattempo i lavoratori della scuola a chiedere il riscatto degli anni di formazione e universitaria già da precari e di procedere con l’adesione alla pensione complementare Espero, oltre che avviarne una parallela bancaria: per la pensione complementare bancaria il sindacato ha attivato la convenzione con Banca Mediolanum al cui consulente si può chiedere una simulazione gratuita appropriata.

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Pensioni medici, la Manovra le penalizza

Posted by fidest press agency su lunedì, 30 ottobre 2023

Anaao Assomed esprime “forte preoccupazione e sdegno” per la norma di adeguamento al ribasso delle aliquote di rendimento delle gestioni previdenziali dei medici e dirigenti sanitari previste nella bozza di legge Finanziaria per il 2024. Stiamo parlando della previdenza Inps del medico dipendente. Quest’anno i medici ospedalieri sono andati in pensione con quota 103, cioè a minimo 62 anni di età e 41 di contributi, fruendo di due finestre, una ogni 6 mesi (nel privato una ogni 3 mesi). Dal 2024 quota 103 verrà sostituita con quota 104: almeno 63 anni d’età e 41 di contributi. Ma c’è di più e di peggio, al momento. E cioè: la quota di pensione calcolata con il criterio retributivo, più vantaggioso, per i contributi versati prima del 1996 verrà ridotta e sostituita con quote crescenti di calcolo contributivo quanto più cresce la distanza tra età del lavoratore ed età della pensione di vecchiaia, ovvero 67 anni. Non basta. La distanza tra le «finestre» da sfruttare per mettersi in pensione aumenta a 9 mesi per il pubblico (di norma ce ne sarà solo una in un anno) e a 6 per il privato. Gli esperti di Anaao Assomed sono andati a leggere le entità delle penalizzazioni per chi va via a 66, 65, 64 e 63 anni e hanno concluso che “la quota retributiva della pensione, quella riguardante i contributi versati prima del 1996, subisce un gravissimo ridimensionamento, di fatto sottraendo migliaia di euro annui al futuro assegno previdenziale dei camici bianchi”. Del che, “la perdita che questa disposizione causerebbe alle pensioni, è stimabile tra il 5% fino al 25% di tutto l’assegno pensionistico, a seconda degli anni di contribuzione pre-96. Fino a un quarto di pensione!” «Un attacco così feroce alle pensioni non ha precedenti nella storia di questo Paese –recita il comunicato del sindacato medico guidato da Pierino Di Silverio – tra l’altro commesso contro il personale sanitario, già martoriato prima da una devastante pandemia e poi dalla dilagante crisi del pubblico impiego. Il vergognoso cambio di regole in corso, promosso contro servitori dello Stato, mina il reciproco rapporto di fiducia, favorendo ancor di più la fuga dal SSN verso lidi più floridi come il privato o l’estero. È come se Stato e lavoratori giocassero a dama e lo Stato improvvisamente decidesse, unilateralmente e senza condividere la scelta, di rimuovere dalla scacchiera tre pedine dei lavoratori». Si dirà che sono in arrivo per il triennio 2022-24 degli aumenti sul contratto della dirigenza medica, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha fatto mettere sul piatto 2 miliardi. Ma non basteranno certo, sottolinea Anaao Assomed. «Se da una parte lo Stato dà (poco), dall’altra toglie (tanto) ai medici e dirigenti sanitari». Per di più, «chi ha riscattato la laurea ante-96 pagando decine di migliaia di euro per accrescere economicamente la propria pensione contando sulle regole attuali, si ritroverà con un pugno di mosche. Che lo Stato si prepari a un contenzioso-monstre». Come se non bastasse, «nella manovra è presente anche un anticipo di due anni dell’adeguamento della speranza di vita, che innalzerà inevitabilmente i requisiti per poter andare in pensione a partire dal 2025. Oltre a questo, la rivalutazione delle pensioni in essere non seguirà l’andamento inflattivo ma sarà notevolmente ridotta: anche questo significa cambiare unilateralmente le regole del patto tra Stato e lavoratori. Infine, l’ultima mazzata: per i lavoratori che fanno parte del contributivo puro e dunque non hanno contributi ante-1996, viene rivista al rialzo la soglia economica per accedere alla pensione anticipata contributiva (che permette di andare in pensione 3 anni prima rispetto all’età prevista per la vecchiaia): sarà necessario un assegno pensionistico di almeno 1.661 euro (prima era 1409 euro)». (fonte: dotor33)

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Previdenza, Cavallaro (Cisal): integrazione di garanzia per pensioni adeguate

Posted by fidest press agency su giovedì, 10 agosto 2023

Roma, “L’attuale sistema pensionistico italiano poggia le sue basi su una contraddizione di fondo data da un anomalo innesto del metodo di calcolo contributivo, su un sistema a ripartizione, che abbasserà sempre di più l’importo degli assegni. In questo scenario concentrarsi solo sull’età pensionabile, e magari prodigarsi per l’uscita anticipata di qualche decina di migliaia di lavoratori in più nel prossimo biennio, rischia di tradursi in una battaglia di retroguardia. Anche la previdenza complementare, da molti, indicata come una panacea, rappresenta un puro palliativo”. Lo ha detto il Segretario Generale della Cisal, Francesco Cavallaro. “Noi crediamo sia necessaria una riforma radicale cercando di garantire una pensione dignitosa secondo uno schema univoco, basato su un nuovo coefficiente per la rivalutazione dei montanti contributivi, che, per coerenza, dovrebbe corrispondere al tasso di rivalutazione del Tfr e su una valutazione di congruità dell’assegno pensionistico effettuata all’atto del collocamento in quiescenza, richiedendo correttivi nel caso in cui esso risultasse inadeguato, in primis attraverso una progressiva detassazione dell’assegno percepito”.

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Pensioni: Al governo piace Opzione 41 col taglio del 16% dell’assegno

Posted by fidest press agency su mercoledì, 12 luglio 2023

Novità in vista per i lavoratori interessati all’uscita anticipata dal lavoro, altrimenti costretti ad incassare il ritorno alla legge Fornero in modo secco già dal primo gennaio 2024: il governo, scrive oggi La Repubblica, avrebbe intenzione di “sostituire l’attuale Quota 103, l’uscita anticipata a 62 anni con 41 di contributi valida solo per il 2023, con “Opzione 41”. Ovvero Quota 41 – l’uscita con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età – ma con il ricalcolo tutto contributivo dell’assegno, come oggi avviene per Opzione Donna. Un’ipotesi di questo tipo sarebbe più leggera per i conti dello Stato, ma comporterebbe per il pensionato un taglio dell’assegno fino a quasi un quinto, dalle prime simulazioni”.Il sindacato ritiene che il cuore dalla questione non sono le soglie d’accesso al pensionamento da ridurre e abbassare, ma l’entità dell’assegno di quiescenza che si andrà a prendere: basta pensare a come stando andando (male) “Quota 103”, per la quale sono state presentate appena 17 mila domande di cui 3 mila pure respinte. “Quello che abbiamo denunciato, come Anief e Cisal, anche due settimane fa al ministero del Lavoro davanti al ministro del Lavoro Marina Calderone e il sottosegretario Claudio Durigon, è che si parla tanto di quote ma non del valore degli assegni – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – , perché non è accettabile andare in pensione con Quota 41 e perdere in media 300 euro mensili, ancora di più dopo avere versato contributi previdenziali per una vita”.In occasione del confronto sulle pensioni tra Governo e parti sociali dopo quattro mesi di stop, il 26 giugno scorso Cisal ha predentato al ministero del Lavoro un documento con misure specifiche per garantire la dignità degli assegni pensionistici in particolare modo per chi oggi è legato al sistema previdenziale “puro” contributivo: “La verità – conclude Pacifico – è che occorre garantire di andare in pensione con il massimo dei contributi che non possono essere inferiori all’80% dell’ultimo stipendio: qualsiasi riforma pensionistica deve partire da questo punto-base, oltre che incentivare l’anticipo pensionistico per tutte le professioni logoranti, come quelle che si svolgono a scuola, senza più penalizzazioni nell’assegno di pensione”.“Tra il personale scolastico – continua Pacifico – c’è un alto rischio di burnout e servono soluzioni concrete per evitare di lasciare il lavoro con patologie che gravano sulle persone e sullo stato sociale: iniziamo a riconoscere il riscatto gratuito degli anni di formazione universitaria, ad estendere il carattere gravoso del lavoro a tutto il personale, ad introdurre agevolazioni fiscali e investimenti appropriati per le pensioni complementari per rivalutare anche quello che ad oggi è soltanto un contributo figurativo da parte dello Stato”, conclude il sindacalista autonomo.

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Pensioni: Anp-Cia, a luglio quattordicesima e aumento delle minime

Posted by fidest press agency su venerdì, 30 giugno 2023

A luglio torna la quattordicesima mensilità per 3 milioni di pensionati dai 64 anni in su e con assegni sotto i 1.100 euro e poi arriva, finalmente, l’aumento delle pensioni minime, in particolare per gli over 75 con lo scatto a 600 euro, come previsto dalla legge di Bilancio. Lo ricorda Anp, l’Associazione nazionale pensionati di Cia-Agricoltori Italiani, aggiungendo che, con la mensilità in più, giungeranno anche tutti gli arretrati dovuti a partire da gennaio, non ancora erogati. Difficoltà certificate anche dall’Istat nell’ultimo report su reddito e condizioni di vita, dove si rileva che 1 persona su 4 è a rischio povertà, con gli aumenti dei costi fissi che colpiscono pesantemente i redditi più bassi, mentre i diritti sociali, come il diritto a cure tempestive assicurate dal Servizio sanitario nazionale, si ridimensionano di anno in anno.Per questo, evidenzia Del Carlo, “la quattordicesima, coì come i primi incrementi degli assegni, non sono sufficienti in questa fase, ma restano misure tampone a cui vanno necessariamente affiancati provvedimenti strutturali”. In questo senso, prioritario per Anp-Cia è: aumentare le pensioni al minimo almeno a 780 euro; adeguare le modalità di indicizzazione delle pensioni per difenderne il potere d’acquisto, che è calato già dell’11%; istituire una pensione di garanzia per i giovani. Ecco perché, conclude il presidente di Anp-Cia, “nonostante alcuni miglioramenti, che apprezziamo, il nodo delle pensioni basse resta aperto. Manca ancora il riconoscimento pieno del diritto a una pensione dignitosa, capace di garantire l’autonomia economica delle famiglie”. Proprio “i diritti e la dignità per i pensionati sono gli obiettivi che Anp intende perseguire -conclude Del Carlo- anche attraverso una nuova stagione di mobilitazione per sensibilizzare parlamentari e governo in vista della nuova legge di Bilancio”.

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“Pensioni e fisco, le false promesse della Destra”

Posted by fidest press agency su domenica, 16 aprile 2023

A dirlo è Emiliano Fossi, deputato del Partito Democratico e membro della commissione Lavoro. “Nel Documento di economia e finanza varato dal Governo – sottolinea Fossi – non c’è traccia della riforma della legge Fornero come promesso dal duo Meloni-Salvini, perciò restano i 67 anni come età pensionabile. La ministra Calderone si è limitata ad annunciare che alle pensioni il Governo penserà più avanti. La realtà è dura e la premier Meloni non sa dove trovare le necessarie coperture. La Lega spera di confermare quota 103 ma costa 2,2 miliardi, dove li vanno a trovare? Le uniche risorse disponibili sono state messe sulla revisione dell’Irpef ma ci aspetta un 2024 di tagli. Niente da fare anche per l’assegno unico. Senza dimenticare che i programmi elettorali di tutte le formazioni del centrodestra puntavano da subito a una flat tax per tutte le partite Iva fino a 100mila euro di ricavi o compensi, ed anche in questo caso promesse, solo promesse”. “Tra un mese, il 14-15 maggio, si voterà in molti Comuni italiani. Gli elettori si stanno rendendo conto che alle promesse da campagna elettorale non corrispondono poi fatti concreti. Un conto è pontificare dai banchi dell’opposizione come la Meloni ha fatto per anni, altra cosa è governare un Paese: servono competenze e professionalità ma anche serietà. Il Centrosinistra deve ripartire dalle priorità degli italiani quali tasse e pensioni. Dobbiamo rimettere al centro e lottare per un’equità retributiva, per un salario giusto, per una sanità universale”.

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USB con i francesi in lotta contro l’attacco alle pensioni

Posted by fidest press agency su giovedì, 23 marzo 2023

Giovedì 23 manifestazioni all’ambasciata di Francia a Roma e davanti ai consolati di tutta Italia. USB esprime sostegno e solidarietà alla lotta dei lavoratori francesi contro il nuovo attacco alle pensioni, chiede l’immediato rilascio di tutti gli arrestati durante le manifestazioni e chiama alla mobilitazione in Italia per il prossimo giovedì 23 marzo.USB invita le proprie strutture a fare presidi e manifestazioni davanti all’ambasciata e ai consolati di Francia in Italia giovedì 23, in occasione del prossimo grande sciopero francese. Siamo di fronte a uno degli esempi più importanti di lotta degli ultimi anni in Europa. La forza della lotta che stanno portando avanti i lavoratori francesi è un esempio per tutti, come sindacato di classe non possiamo che sostenerli e stare con loro. Dopo aver partecipato, con una delegazione, alla manifestazione e allo sciopero del 7 marzo scorso, oggi USB chiama a una mobilitazione italiana di solidarietà per il 23 marzo. Il silenzio della stampa italiana su quanto sta succedendo in Francia chiarisce perfettamente quanto siano importanti le mobilitazioni in corso e il timore che possano essere da esempio anche per i lavoratori di altri Paesi. I lavoratori, i giovani e il popolo francese, con i sindacati militanti in prima linea, si riversano ogni giorno nelle strade di tutte le città francesi facendo scioperi massicci per impedire l’imposizione della riforma pensionistica del governo Macron. Dichiarano chiaramente che non accettano di lavorare fino alla morte. La lotta ha costretto il governo Macron a mostrare il suo vero volto al servizio dei poteri forti, lo stesso dell’Unione Europea, dei governi italiani, quello della repressione contro i lavoratori. L’Unione Europea e i governi nazionali da anni attuano politiche finalizzate al sostegno del mercato e dell’impresa attraverso il peggioramento dei salari, delle pensioni, dei diritti e dei servizi per il cittadino.

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Scuola Pensioni: Quota 103, l’Inps fornisce le istruzioni sulla debole risposta del Governo alla Legge Fornero

Posted by fidest press agency su lunedì, 13 marzo 2023

Età anagrafica di almeno 62 anni e anzianità contributiva di almeno 41 anni, anche in caso di contributi cumulati tra diverse gestioni Inps: sono i requisiti, da realizzare entro il 31 dicembre 2023, richiesti dallo Stato per raggiungere la cosiddetta “Quota 103” e lasciare il lavoro anticipatamente. Ieri l’Inps ha pubblicato la circolare con le istruzioni che, sulla base di quanto stabilito con la Legge di bilancio 2023, permettono le modalità attuali, transitorie, per l’uscita anticipata dal lavoro che vanno a sostituire la “Quota 102” dell’anno precedente e la “Quota 100”, posticipando – scrive oggi la stampa specializzata – ancora l’adozione del regime previsto dalla legge Fornero, sempre in previsione di una riforma previdenziale integrale. Potrà usufruire dell’anticipo “Quota 103” solo il personale del comparto scuola ed Afam a tempo indeterminato che presentato domanda specifica entro lo scorso 28 febbraio, con effetto dall’inizio dell’anno scolastico o accademico. Entro la stessa data hanno potuto aderire ad “Opzione donna” (che comporta penalizzazioni anche del 30-40%) solo le lavoratrici della scuola che, sempre come previsto dalla Legge di bilancio 2023 con almeno 60 anni di età (58 con due figli) e 35 anni di contribuzione, però accessibile solo in presenza di requisiti soggettivi ovvero assistenza ex art. 3 comma 3 legge 5 febbraio 1992 n. 104 oppure riduzione della capacità lavorativa con invalidità civile pari o superiore al 74%. Il sindacato Anief reputa queste disposizioni utili ad uscire anticipatamente del lavoro del tutto insoddisfacenti e non certo una risposta efficace al ritorno alla Legge Fornero senza deroghe. Il sindacato ha tutte le ragioni per ritenere che per i dipendenti della scuola, docenti e Ata, deve essere prevista una ‘finestra’ con il riscatto gratuito della formazione universitaria: 40 anni di contributi (massimo 64 anni con 20 anni di contributi), con il massimo contributivo, senza tagli all’assegno pensionistico e tanto di ringraziamento da parte del Presidente della Repubblica con la nomina a Cavaliere del lavoro.

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Pensioni scuola – Domande di cessazione entro il 28 febbraio per Quota 103 e Opzione donna

Posted by fidest press agency su mercoledì, 1 febbraio 2023

Il Ministero dell’istruzione e del merito, facendo seguito a quanto annunciato alle organizzazioni sindacali la scorsa settimana, ha pubblicato la circolare 4814 del 30 gennaio 2023 per la riapertura dei termini di presentazione delle domande di pensionamento del personale scolastico dal prossimo 1° settembre, a seguito delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2023. In particolare, viene disposta la riapertura dei termini dal 1° ed il 28 febbraio per l’accesso del personale docente, educativo, IRC, ATA e per i dirigenti scolastici, con esclusione delle province di Trento e Bolzano, a: – Quota 103, con requisiti 62 anni di età e 41 anni di contribuzione entro il 31/12/2023; – Opzione donna, con requisiti 60 anni di età (ridotta di un anno per ogni figlio, nel limite massimo di due anni) e 35 anni di contribuzione entro il 31/12/2022, accessibile solo al ricorrere della condizione di assistenza ex art. 3 comma 3 legge 5 febbraio 1992 n. 104 oppure di riduzione della capacità lavorativa con invalidità civile pari o superiore al 74%.Va evidenziato che con Quota 103 la pensione sarà̀ liquidata in misura non superiore a cinque volte il trattamento minino per il 2023 sino al compimento dell’età̀ per la pensione di vecchiaia (67 anni per il biennio 2023/2024), raggiunta la quale verrà̀ messo in pagamento l’intero importo della pensione.Per la successiva presentazione delle domande di pensione all’Inps, la circolare rinvia alle modalità descritte nella nota n. 31924 del 8 settembre 2022.Infine, la circolare ricorda che la Legge di Bilancio 2023 ha posticipato al 31 dicembre 2023 il termine di scadenza della sperimentazione dell’APE sociale per i lavoratori dipendenti che svolgono attività gravose che, nel comparto istruzione, sono i “professori di scuola primaria, pre–primaria e professioni assimilate”, precisando che le insegnanti che hanno presentato domanda di cessazione Polis per opzione donna con esito positivo e che presenteranno anche la domanda di riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’APE sociale entro e non oltre il 31 marzo 2023 potranno comunicare tempestivamente alla competente struttura territoriale dell’Inps la rinuncia alla domanda di pensionamento opzione donna eventualmente già presentata. Anief riporta la propria idea: Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato, ha parlato del “congiunto effetto di basse retribuzioni in età lavorativa, con ritardo nell’accesso al lavoro per la mancanza di un canale permanente di reclutamento, nonché del mancato riconoscimento per intero della carriera, oltre che dei criteri di maturazione contributiva e giuridica degli anni lavorativi e di laurea: questi effetti sommano gli effetti negativi, portando il comparto scuola ad avere non solo gli stipendi più bassi di tutto il pubblico impiego, ma anche pensionati sempre più anziani e sempre più poveri. Né le soluzioni trovate in legge di bilancio, quota 103 e la nuova opzione donna, vanno nella direzione da noi prospettata: quella di un superamento definitivo delle previsioni della legge Fornero attraverso l’equiparazione di docenti e personale ATA ai lavoratori delle forze armate, permettendo così loro di lasciare in ogni caso il lavoro a 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza. Non è una concessione – ha concluso Pacifico – considerando l’alto numero di casi di insegnanti sottoposti a burnout e a patologie invalidanti dovute allo stress da lavoro prolungato e senza nemmeno il dovuto riconoscimento del rischio biologico, molto presente tra coloro che operano nei nostri istituti scolastici”.

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Manovra governo: aumenti progressivi sulle pensioni

Posted by fidest press agency su venerdì, 25 novembre 2022

La scelta di applicare una rivalutazione speciale del 120% alle pensioni minime, è da considerarsi giusta in quanto non solo incrementa maggiormente gli assegni pensionistici rispetto all’inflazione, ma in prospettiva, se confermata, potrebbe servire ad accorciare la forbice a favore dei redditi più bassi. A dirlo è Anp, l’Associazione nazionale pensionati di Cia-Agricoltori Italiani, commentando l’annuncio in conferenza stampa da parte della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e in attesa di consultare il testo bollinato della legge di Bilancio.Per Anp-Cia, dunque, si tratta di un passo importante e di apertura, anche alle ripetute sollecitazioni della stessa Associazione per interventi migliorativi sulle pensioni basse. La proposta del Governo è, quindi, condivisibile e, sicuramente, da integrare ulteriormente. Servono, infatti, sottolinea Anp-Cia, azioni ancora più importanti e incisive.Per effetto della rivalutazione, le pensioni minime potrebbero arrivare a 571 euro. Dunque -chiosa Anp-Cia- mancherebbe ancora l’intervento strutturale da noi sempre richiesto. Siamo sempre lontani, è evidente, dai 780 euro della pensione di cittadinanza, ritenute dall’Associazione di Cia il minimo per fare fronte alla crisi, particolarmente acuita dal caro energia e dall’aumento dei costi dei beni di prima necessità come gli alimentari.A tal riguardo, è apprezzabile secondo Anp-Cia, la conferma degli interventi a contenimento dei rincari sulle bollette di luce e gas. Adesso bisogna superare il metodo dei bonus, prevedendo interventi strutturali sia sulle pensioni che sull’inflazione, mettendo al riparo milioni di persone, in particolare anziani, che già vivono una condizione di forte disagio sociale.Resta, infatti, alta la preoccupazione di Anp-Cia per l’incertezza sulle misure in Manovra che riguardano la sfera sanitaria e sociale. Nel primo caso, non si percepiscono impegni adeguati rispetto alle criticità che emergono dopo l’epidemia Covid che ha messo sotto stress tutto il sistema, accumulando pesanti ritardi su visite specialistiche e interventi chirurgici, oltre che sulle azioni della prevenzione. Per quanto riguarda, poi, le politiche sociosanitarie, Anp-Cia ricorda che dovrebbero essere una componente essenziale dell’azione di Governo perché sono alla base della giustizia, della coesione sociale nonché del sistema dei diritti. Anp-Cia seguirà, dunque, con grande attenzione l’iter parlamentare di una Manovra che vale 35 miliardi, pronta al confronto per arrivare entro la fine dell’anno a una legge di Bilancio che sia davvero più giusta e inclusiva.

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Con rivalutazioni pensioni anziani avranno in un anno quasi una mensilità in più!

Posted by fidest press agency su mercoledì, 16 novembre 2022

Plauso della federazione delle associazioni della terza età Senior Italia FederAnziani al Governo, in particolar modo al Ministro Giorgetti, per aver firmato in tempi brevissimi il decreto che permetterà a tutti i pensionati di avere una boccata di ossigeno dal 1 gennaio del 2023. Infatti, le rivalutazioni delle pensioni a partire dal 2023 aumenteranno del 7,3% medio, una percentuale importante, che rispetto alle esigue pensioni rappresenterà nel totale dell’anno quasi una mensilità in più.La Federazione delle associazioni della terza età, analizzando il decreto, ha riscontrato anche che tali rivalutazioni saranno effettuate a seconda della pensione percepita netta, ad esempio; Le pensioni di € 525 passeranno a € 563, con un incremento mensile di 38 euro nel 2023 per un totale di 494 € in più Le pensioni di € 722, passeranno a € 761, con un incremento mensile di 39 euro nel 2023 per un totale di 507 € in più Le pensioni di € 898, passeranno a € 950, con un incremento mensile di 52 euro nel 2023 per un totale di 607 € in più Le pensioni di € 1.073, passeranno a € 1.136, con un incremento mensile di 63 euro nel 2023 per un totale di 819 € in più Le pensioni di € 1.244 passeranno a € 1.319 con un incremento mensile di 75 euro nel 2023 per un totale di 975 € in più Le pensioni di € 1.415 passeranno a € 1.503 con un incremento mensile di 88 euro nel 2023 per un totale di 1144 € in più. “Oltre che essere un buon inizio” dichiara Roberto Messina Presidente di Senior Italia FederAnziani, “è la dimostrazione che quando un Governo ci mette seriamente la testa oltre l’impegno, riesce in poco tempo a prendersi cura anche degli over 65. La parte della nostra popolazione più fragile che ha fatto grande questa Nazione” conclude Messina.

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