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Posts Tagged ‘obbligazionari’

Rendimenti obbligazionari in aumento in presenza di inflazione

Posted by fidest press agency su giovedì, 2 Maggio 2024

A cura di Dan Ivascyn, Group CIO di PIMCO.Rendimenti obbligazionari in aumento in presenza di inflazione – Come navigare tra le opportunità di investimento. Da una prospettiva a lungo termine, i rendimenti appaiono molto interessanti. I rendimenti nominali, ora tornati nell’area del 5%, nella parte intermedia della curva, o i rendimenti reali, che sono tranquillamente al di sopra del 2%, appaiono molto interessanti da una prospettiva storica. Se si fa un passo indietro e si guarda alle valutazioni del reddito fisso da una prospettiva di lungo termine, i rendimenti delle obbligazioni di alta qualità dal 7 all’8% appaiono molto interessanti rispetto alle azioni. In effetti, si ottiene un rendimento simile a quello azionario con un profilo complessivo molto più vincolato, e i rendimenti del 7-8% in un portafoglio di obbligazioni di alta qualità sono storicamente molto interessanti rispetto alla liquidità.Quindi questo è un momento in cui non pensiamo che si possa essere sicuri che i tassi di liquidità rimarranno al 5 o al 5,5% ancora a lungo. Credo che questo sia il momento in cui di solito ci spostiamo verso l’esterno della curva, bloccando questi rendimenti molto interessanti.Nel breve periodo pensiamo che, dopo il sell off a cui abbiamo assistito di recente, sia giunto il momento di tornare a una posizione neutrale o addirittura leggermente sovrappesata rispetto al rischio di tasso d’interesse nella maggior parte dei portafogli che gestiamo. E lo stiamo facendo non solo sul mercato statunitense, ma anche attraverso acquisti diversificati di altri titoli di Stato di qualità superiore in aree come l’Australia, il Canada e persino il Regno Unito. Quindi, da un punto di vista tattico, dopo il recente sell off, pensiamo che forse sia un po’ esagerato e che le prospettive di rendimenti più stabili intorno a questi livelli o addirittura di un calo dei rendimenti nel corso dell’anno siano sempre più rosee. Quindi un income interessante con un potenziale di rendimento totale altrettanto rilevante.

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PIMCO: i mercati obbligazionari non tengono conto della traiettoria del debito USA, per ora

Posted by fidest press agency su sabato, 9 marzo 2024

A cura di Libby Cantrill, Head of Public Policy, e Rich Clarida, Global Economic Advisor di PIMCO. Con i rendimenti obbligazionari in calo negli ultimi mesi, sembra che l’aumento del debito pubblico USA non sia in cima ai pensieri degli investitori. Tuttavia, molti investitori si sono chiesti se il percorso del debito americano sia sostenibile, se i politici abbiano intenzione di fare qualcosa al riguardo e se i ” bond vigilantes” finiranno per far aumentare i costi di finanziamento. Sebbene alcuni dei fattori che determinano l’aumento del deficit nel 2023 si ridurranno, nel lungo periodo saranno probabilmente sostituiti da driver sempre più ampi e persistenti, in particolare la crescente quota di spesa per l’assistenza sanitaria e per la previdenza sociale. In assenza di modifiche alla spesa obbligatoria o alle imposte, che non riteniamo probabili nei prossimi anni, pensiamo che il mercato finirà per richiedere – e ottenere – un premio per la detenzione di Treasury a più lunga scadenza e che questo porterà a una curva dei rendimenti statunitensi più ripida nel tempo. Per chiarezza, sebbene la traiettoria del debito a lungo termine sia problematica, non crediamo che ci sarà presto una crisi fiscale negli Stati Uniti e continuiamo a ritenere che i Treasury rappresentino una componente importante di una strategia di asset allocation.A lungo termine, il CBO si aspetta che il debito federale in essere cresca al 172% del PIL entro il 2054, dal 98% del 2023, mentre la spesa per interessi potrebbe raggiungere il 6,5% del PIL. Naturalmente, queste cifre si basano su ipotesi che potrebbero non concretizzarsi, ma la direzione di marcia è chiara e sconcertante, in assenza di cambiamenti delle politiche. Ancora più preoccupante, il CBO prevede che, con l’invecchiamento della popolazione statunitense, l’assistenza sanitaria e la previdenza sociale e gli altri obblighi sanitari cresceranno fino a oltre i due terzi di tutta la spesa non legata agli interessi entro il 2053, rispetto alla metà di oggi.[3] Se l’Inflation Reduction Act del 2022 ha apportato modifiche incrementali al costo dei farmaci per assistenza sanitaria, la curva dei costi per altre aree di assistenza sanitaria continuerà a salire in assenza di riforme.Allo stesso tempo, i candidati presidenziali lle elezioni Usa di entrambi i partiti hanno giurato di non toccare né l’assistenza sanitaria né la previdenza sociale, nemmeno per i futuri beneficiari. Entrambi hanno dichiarato che probabilmente estenderanno, almeno in parte, le disposizioni fiscali in scadenza previste dal Tax Cuts and Jobs Act del 2017 alla fine del 2025. A seconda dei dettagli, ciò potrebbe aggiungere altri 3 o 4 mila miliardi di dollari al debito degli Stati Uniti in 10 anni. Considerando quanto indicato da entrambi i candidati alla presidenza, è improbabile che si verifichino cambiamenti significativi sul fronte delle entrate o delle spese almeno fino al 2029. In occasione del nostro ultimo forum secolare di maggio 2023, abbiamo concluso che “con l’aumento del debito pubblico … ci aspettiamo che la curva dei rendimenti si inasprisca, in quanto gli investitori chiedono una maggiore compensazione sulle obbligazioni a più lungo termine” nei prossimi anni. Allo stesso tempo, come abbiamo concluso in occasione del nostro forum secolare, il dollaro americano manterrà probabilmente il suo status di valuta globale dominante, nonostante l’aumento del divario fiscale degli Stati Uniti e il crescente indebitamento. Riteniamo quindi che ci sarà un limite all’aumento dei rendimenti, finché il dollaro e i Treasury statunitensi rimarranno la “camicia sporca più pulita” nell’armadio del mercato obbligazionario sovrano globale. (abstract by http://www.verinieassociati.com)

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“Outlook mercati obbligazionari: il 2024 sarà l’anno dei corporate bond?”

Posted by fidest press agency su mercoledì, 20 dicembre 2023

A cura di Natalie N. Trevithick, responsabile delle strategie US Investment Grade Corporate di Payden & Rygel. Come superare l’incertezza del mercato e trovare opportunità di investimento nel 2024? Il 2023 è stato un anno interessante per i titoli societari, le previsioni iniziali ipotizzavano un importante cash flow, con cedole molto proficue e rendimenti al 5%. Sebbene quel livello sia stato raggiunto rapidamente già alla fine del secondo trimestre, successivamente abbiamo assistito a un’inversione di rotta, a causa dell’aumento dei tassi d’interesse. Tuttavia, non mancano le buone notizie: l’indice societario da 1 a 30 anni è in rialzo del 3,3%. In termini di spread, a inizio anno le società investment grade staccavano di 130 punti base i Treasury, mentre attualmente, si attestano a 21 punti base in meno. L’aspetto interessante è che, nonostante i tassi siano scesi drasticamente, la domanda di titoli societari negli ultimi due mesi ha subito un’accelerazione, probabilmente dovuta al fatto che il mercato ritiene che il ciclo di rialzi della Federal Reserve sia ormai giunto al termine.Quali sono le prospettive per il 2024? Le nostre previsioni macroeconomiche sono positive: la Fed dovrebbe avere effettivamente terminato le manovre di rialzo e, guardando ai dati macroeconomici ancora solidi, riteniamo che non ci saranno tagli dei tassi nel 2024. Il mercato del lavoro, infatti, è ancora in buona salute, così come la crescita costante del PIL avvenuta nel terzo trimestre, sebbene le previsioni per il quarto trimestre potrebbero essere molto più modeste.Si tratta di uno scenario piuttosto favorevole per le società investment grade e il 2024 potrebbe rivelarsi un anno davvero fruttuoso. Attualmente i fondamentali societari rimangono solidi e il forte rialzo dei tassi di interesse non ha avuto un impatto rilevante sui costi complessivi. Per quanto riguarda le società investment grade, non sono previsti grandi cambiamenti nelle loro previsioni di offerta per il 2024.Nel complesso, dunque, il 2023 si è rivelato un anno positivo per le imprese. Forse entro la fine dell’anno non raggiungeremo quei rendimenti del 5% inizialmente previsti e ci avvicineremo piuttosto al 4%, ma pensiamo che nel 2024 ci sarà una spinta in più, che dovrebbe avvicinarci al 6%. Considerando lo storico, questo sembra essere un rendimento significativamente positivo per una classe d’investimento molto sicura.Dal punto di vista dei rendimenti complessivi, il 2023 è stato un anno solido anche per il mercato delle obbligazioni high yield. Alla forte performance hanno contribuito diversi fattori macro, primo tra tutti la tenuta degli utili societari, che hanno battuto le aspettative. Ad oggi, il mercato high yield è in rialzo di circa l’8,5%, rendimenti che in pochi prevedevano all’inizio di quest’anno e che si dimostrano attraenti e competitivi rispetto ai potenziali rendimenti a lungo termine delle azioni.Quando si parla di prospettive, inoltre, è utile fare riferimento al contesto storico. Gli investitori pensano che il rischio principale per gli high yield sia un picco di default e un’erosione materiale del capitale, ma la storia ci insegna che in assenza di uno shock esogeno rilevante o di una palese cattiva gestione delle strutture di capitale, è piuttosto raro assistere a grandi picchi di default, e non ci sono prove che si stiano verificando in questo momento.Ovviamente è difficile fare una valutazione sugli shock esogeni, ma la previsione di base per il 2024 è che un’impennata sostanziale del tasso di default sia molto improbabile. Si pensa che nel 2024 si manterrà un livello di base di inadempienze in graduale aumento, e che continuerà a verificarsi una modesta erosione dei rating e dei fondamentali, ma tale erosione avverrà a partire dai massimi storici, tornando semplicemente verso le medie storiche.Gli investitori non devono considerare questo dato come perdita di appetibilità dell’asset class, ma solo come una naturale inversione di tendenza dopo un contesto di tassi d’interesse estremamente bassi. Tuttavia, non si prevede che l’aumento dei costi di capitale abbia un impatto significativo sui flussi di cassa per la maggior parte degli emittenti, data la salute dei bilanci. Si ritiene, quindi, che ci saranno buone opportunità per i gestori attivi di individuare obbligazioni dal valore interessante per i loro investitori (Abstract by bc-communication.it)

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T. Rowe Price – Un nuovo regime per i mercati obbligazionari: i tre temi da considerare

Posted by fidest press agency su giovedì, 10 agosto 2023

A cura di Scott Solomon e Quentin Fitzsimmons, co‑gestori del fondo T. Rowe Price Funds SICAV – Dynamic Global Bond, T. Rowe Price. Il periodo di inasprimento aggressivo della politica monetaria si sta avvicinando al traguardo, con l’inizio di un nuovo regime nei mercati obbligazionari. Queste transizioni possono spesso essere difficili per gli investitori, pertanto abbiamo identificato tre temi chiave da considerare. 1) È improbabile che il passaggio verso una pausa dal ciclo di rialzi avvenga senza problemi. Ci aspettiamo una maggiore volatilità sui mercati obbligazionari prima che le banche centrali mettano in pausa i rialzi dei tassi, soprattutto perché il mercato continua a passare dalle preoccupazioni per un’inflazione vischiosa a quelle per una recessione. L’incertezza rimane alta e basta un solo dato o una sorpresa da parte di una banca centrale per cambiare il sentiment del mercato riguardo al prezzo dei rialzi dei tassi o al momento in cui potrebbero iniziare i tagli. Può anche essere utile considerare il posizionamento della curva. È importante anche sfruttare l’ampio universo d’investimento. Le banche centrali si stanno avvicinando alla fine del ciclo a velocità diverse: i mercati emergenti sono i più avanti e i rendimenti obbligazionari stanno iniziando a scendere, soprattutto in America Latina. Nei mercati sviluppati, c’è una notevole disparità tra i vari Paesi. 2) Prepararsi a tassi di interesse strutturalmente più elevati e a una potenziale volatilità del rischio. Tuttavia, ciò avviene in un momento in cui le banche centrali non sostengono più i mercati con il quantitative easing, il che significa che non assorbiranno l’aumento dell’offerta come hanno fatto in precedenza. La domanda dovrà essere soddisfatta interamente dal settore privato, il che potrebbe ancorare i tassi a livelli più elevati rispetto ai cicli passati. È importante notare che questa situazione si verifica a livello di singoli Paesi, alcuni dei quali sono più colpiti di altri. Negli Stati Uniti l’emissione di debito deve aumentare. Di conseguenza, nel secondo e terzo trimestre di quest’anno si prevede un’emissione netta di buoni del Tesoro superiore a 1.030 miliardi di dollari, che a nostro avviso drenerà liquidità dai mercati finanziari e accenderà la volatilità nei mercati del rischio, come quello del credito e delle azioni. Questo scenario si aggiunge alla nostra visione già cauta sulle prospettive dei mercati del rischio, dove riteniamo che i fondamentali delle imprese possano potenzialmente deteriorarsi a causa del rallentamento della crescita e dell’aumento dei costi del servizio del debito.Un approccio attivo alla selezione dei Paesi è importante in questo contesto, così come il posizionamento della curva, soprattutto perché i Paesi che hanno bisogno di raccogliere più debito possono puntare a scadenze diverse. Ad esempio, gli Stati Uniti stanno vendendo scadenze più brevi, un fattore importante da considerare quando si guarda a questa parte della curva dei Treasury. Nel Regno Unito, invece, la parte lunga sarà probabilmente più influenzata da una maggiore emissione di Gilt. Date le preoccupazioni relative al contesto di rischio, potrebbe essere giustificato anche un approccio difensivo, in quanto le strategie di copertura possono aiutare a gestire la volatilità. 3) Potenziale di correlazione azioni/obbligazioni sul rendimento. Un punto di pressione fondamentale per gli investitori lo scorso anno è stato il fatto che i rendimenti obbligazionari sono aumentati mentre i mercati azionari erano in sell-off. Ciò è in contrasto con la tradizionale tendenza del fixed income a essere un’asset class diversificante che dovrebbe ottenere buoni risultati in caso di ribasso dei mercati azionari. L’inflazione unitamente all’elevato numero di rialzi mirati a contenere l’inflazione sono stati i principali fattori che hanno determinato questa correlazione positiva. Tuttavia, con l’inflazione in calo, anche se da una base elevata, e con la fine della stretta delle banche centrali, riteniamo che la correlazione negativa tra azioni e obbligazioni tornerà a farsi sentire. Tuttavia, è improbabile che sia stabile come nell’era post-crisi finanziaria, dato che le banche centrali non sostengono più i mercati con politiche monetarie accomodanti. Riteniamo che sia importante sapersi adattare al contesto di rischio e non dare per scontato che la correlazione azioni/obbligazioni funzioni sempre. In alcuni casi, può essere necessario utilizzare i mercati valutari e dei derivati invece della duration per contribuire a bilanciare e mitigare il rischio. In definitiva, i prossimi mesi si preannunciano ricchi di volatilità sui mercati obbligazionari, in quanto ci avviciniamo ai punti di svolta dei cicli dei tassi d’interesse in tutto il mondo. Sebbene ciò possa rappresentare una sfida, riteniamo che le condizioni creeranno grandi opportunità per la gestione attiva dei portafogli fixed income.

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il tetto del debito USA potrebbe impattare sui mercati obbligazionari

Posted by fidest press agency su domenica, 14 Maggio 2023

A cura di Paul Grainger, Head of Global Fixed Income & Currency, Schroders. La questione del tetto del debito statunitense non è di certo nuova, avendo già assistito a questa situazione numerose volte in passato: un atteggiamento politico che tende al punto di rottura prima che venga trovato un compromesso dell’ultimo minuto. Lo scenario politico dell’attuale negoziato sul tetto del debito è a dir poco traballante e un default accidentale rimane un rischio chiave (anche se non è il nostro scenario di base) data l’incertezza sulla “data X”, ovvero il giorno in cui il governo statunitense esaurirà la propria capacità di prestito.Questa volta, ci stiamo avvicinando alla fine del ciclo di rialzo più aggressivo degli ultimi 40 anni e i tassi di interesse sono già molto più alti. Allo stesso modo, anche i dati sull’attività degli Stati Uniti si stavano deteriorando bruscamente, rendendo più difficile distinguere alcuni dei fattori di mercato in quel momento.Inoltre, in questa occasione, esiste anche un ulteriore vento contrario per la crescita che deriva dall’inasprimento delle condizioni di credito, a seguito delle recenti turbolenze nel settore bancario regionale statunitense.Finora il mercato si è dimostrato piuttosto ottimista nei confronti dei rischi attuali. I T-Bill con scadenza intorno alla data X prevista si sono notevolmente svalutati e i Credit Default Swap sovrani statunitensi sono scambiati con uno spread più ampio rispetto al 2011, anche se non si tratta di un confronto utile in termini di probabilità di default, dato il contesto molto diverso dei tassi di interesse. Tuttavia, la volatilità degli asset di rischio e delle valute rimane per ora contenuta, in linea con l’opinione che alcuni mercati stiano sottovalutando questi rischi. La storia mostra che la volatilità aumenta più ci si avvicina alla data X. Sebbene il mercato sia consapevole della situazione in corso, è possibile che questa volta la volatilità aumenti prima. In base alla nostra analisi, vedremmo i mercati prezzare un rallentamento ciclico più intenso, che porterebbe a un allargamento del credito. In altre parole, l’high yield sottoperformerà l’investment grade, i titoli di Stato entreranno in rally e il dollaro USA si indebolirà, soprattutto nei confronti di valute difensive come lo yen giapponese.È probabile che venga concesso un periodo di proroga per consentire una negoziazione più significativa. Anche se questo potrebbe fornire un periodo di sollievo ai mercati, non segnerà la fine di questa situazione e l’incertezza è destinata a persistere. Un colpo alla fiducia che contribuisce al rallentamento della crescita globale e a un periodo di disinflazione, che probabilmente eserciterà una pressione al ribasso sui rendimenti dei titoli di Stato. Tuttavia, uno scenario di mercato più volatile si presta a un posizionamento più agile e a un attento dimensionamento delle posizioni. (abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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Schroders – Timori e opportunità nei mercati obbligazionari

Posted by fidest press agency su venerdì, 14 ottobre 2022

A cura di Andrew Chorlton, Head of Fixed Income, Schroders. Due settimane fa il governo britannico ha presentato il cosiddetto “mini-budget”, cercando di aumentare il deficit del Regno Unito ma offrendo pochi dettagli a sostegno del suo piano. Si tratta di una serie di pacchetti, principalmente a sostegno della crisi energetica, che pone un price cap per l’energia per i consumatori e una serie di tagli alle tasse, misure che hanno portato a un aumento del deficit. Tra gli investitori obbligazionari serpeggiava il timore che il taglio delle tasse non finanziato e l’intervento sull’energia comportassero un aumento del prezzo che il mercato obbligazionario avrebbe richiesto per prestare denaro al governo britannico – che è essenzialmente ciò che un’obbligazione rappresenta. Ritengo che l’entità di questo aumento – visto che il governo non aveva prodotto ulteriori previsioni a sostegno del suo piano – sia stata molto più forte di quanto ci si aspettasse.Acquistando titoli di Stato britannici, la Bank of England, in questo caso, ha reagito a un pericolo molto chiaro e attuale che riguardava una particolare parte del mercato per un motivo molto specifico. È possibile che l’intervento della scorsa settimana sia stato sufficiente, anche perché un rialzo d’emergenza dei tassi avrebbe probabilmente dato un segnale sbagliato. Il mercato, tuttavia, ritiene che la BoE continuerà ad aumentare i tassi perché non credo sia cambiata la determinazione della Banca Centrale a battere l’inflazione.Sebbene la sterlina e i mercati obbligazionari britannici si siano per ora stabilizzati, i movimenti della scorsa settimana sono avvenuti in concomitanza con un nuovo calo dei mercati azionari di tutto il mondo e un ulteriore rafforzamento del dollaro. Più in generale, il mercato è alle prese con la lotta tra l’idea che l’inflazione sia radicata e destinata a perdurare, e quella di un suo rallentamento imminente. Gli investitori sono alla ricerca di segnali che indichino che l’inflazione non è consolidata: si buttano su qualsiasi indicatore che vada in questa direzione e poi, quando rimangono delusi, si verificano brusche inversioni di tendenza. È un mercato volatile, perché siamo in una zona in cui il punto di flesso è vicino, ma non sappiamo quanto vicino sia.Andando oltreoceano, i mercati hanno bisogno di un dollaro stabile per poter ottenere un’apertura, in particolare nei mercati emergenti, sia per l’azionario sia per il fixed income. Entrambi gli asset trarrebbero beneficio da un dollaro stabile, piuttosto che da un dollaro che sembra aumentare sempre di più. I differenziali dei tassi d’interesse tra i Paesi si stanno riducendo, e questo dovrebbe sostenere l’euro e la sterlina, ma la forza del dollaro è una tendenza che va avanti da molto tempo e non sembra destinata a esaurirsi.Gli Stati Uniti, ovviamente, sono il mercato più liquido e con la più ampia gamma di opportunità, e l’unica cosa che si nota in casi come questo è una maggiore dispersione tra i crediti. Dal punto di vista del credito, c’è molto interesse per il mercato americano, in particolare quello investment grade. Sarà necessario vedere un’ulteriore revisione degli utili prima di passare all’high yield.In Europa, probabilmente la BCE è in ritardo rispetto alla BoE e alla Fed in termini di rialzo dei tassi, ma anche in questo caso la cosa è ben nota. I mercati del credito stanno già valutando una lieve recessione. Penso che il problema sia la probabilità di una lieve recessione rispetto a una più grave, insieme a quanto si viene compensati in termini di rendimento per questa incertezza. Anche in questo caso, stiamo trovando interessanti opportunità nel credito a causa di tale dispersione.Non si tratta di comprare alla cieca l’intero indice, ma di iniziare a valutare la propria esposizione al credito e potenzialmente aumentarla, sia negli Stati Uniti sia in Europa.

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Obbligazionario: come posizionarsi nel contesto attuale

Posted by fidest press agency su giovedì, 25 agosto 2022

A cura di Antonella Manganelli, AD e Responsabile Investimenti di Payden & Rygel Italia. In uno scenario economico complesso come quello attuale, caratterizzato dall’incertezza geopolitica e dalle conseguenze di una crisi pandemica durata oltre due anni, le banche centrali sembrano disposte a tollerare un rischio di rallentamento dell’economia pur di reagire in modo deciso alle pressioni inflazionistiche, a lungo considerate transitorie, valutazione che ha contribuito all’innegabile ritardo nelle azioni di politica monetaria. Segnali di un rallentamento della crescita stanno arrivando sia dalle economie avanzate che da quelle emergenti e a livello globale si sta iniziando a percepire il peso dell’inasprimento delle condizioni finanziarie, in particolare nei settori dei beni durevoli (ad esempio, abitazioni ed automobili). Un “atterraggio morbido” sembra ormai purtroppo improbabile e la combinazione di un’inflazione persistentemente elevata e una crescita in decelerazione potrebbe condurre a una contrazione economica in termini reali nei prossimi 12-18 mesi, con conseguente recessione tecnica sia negli Stati Uniti che in Europa.Dato il contesto, a livello di aree del mercato obbligazionario, attualmente sembra opportuno posizionarsi in modo conservativo. Data la crescente volatilità dei tassi di interesse e degli spread creditizi, il desiderio di flessibilità spesso spinge l’interesse degli investitori verso strategie unconstrained, che consentono una maggiore flessibilità rispetto alle strategie tradizionali, poichè non essendo vincolate ad un benchmark, i rischi di tasso e di credito possono essere gestiti in modo più flessibile. Inoltre, queste strategie possono concentrarsi maggiormente sulla selezione dei titoli “bottom up” e sulla protezione dalle inversioni di tendenza rispetto alle strategie tradizionali, il che è particolarmente importante in periodi di volatilità come quello che stiamo vivendo.È preferibile collocare titoli cartolarizzati di alta qualità all’interno di portafogli non vincolati perché rappresentano una fonte stabile di rendimento e possono beneficiare dell’inflazione elevata, dell’aumento dei tassi e della stabilità dei consumi negli Stati Uniti.Entrambe le strategie unconstrained di Payden & Rygel (Payden Absolute Return e Payden Multi Asset Credit) si muovono dinamicamente tra i vari settori ed investono in un’ampia gamma di titoli di Stato, societari, cartolarizzati e dei mercati emergenti a tasso fisso e variabile, appartenenti sia ai mercati sviluppati che a quelli emergenti. Considerando il fatto che la rara combinazione dell’aumento dei tassi e dell’ampliamento degli spread creditizi ha determinato il peggior semestre della storia dal punto di vista del rendimento complessivo nel reddito fisso, la strategia Payden Absolute Return ha comunque sovraperformato quasi tutte le strategie tradizionali a reddito fisso, compresa la maggior parte delle strategie governative non soggette al rischio di credito, registrando una performance in linea con i suoi rendimenti storici durante i periodi di ribasso. Questi motivi spingono a rimanere ottimisti sulle prospettive di rendimento future.

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Tassi Treasury in ripresa: come si posizionano i portafogli obbligazionari

Posted by fidest press agency su venerdì, 26 febbraio 2021

A cura di Vittorio Fontanesi, Portfolio Manager mercati obbligazionari AcomeA SGR Il 2021 è iniziato con un movimento al rialzo dei tassi decennali statunitensi sulla scia di aspettative positive di ripresa economica grazie all’adozione dei vaccini e allo stimolo fiscale da 1.9 trilioni di dollari (in aggiunta ai 900 miliardi di fine 2020) promesso dalla nuova amministrazione americana. Per quanto riguarda però gli impatti sui mercati obbligazionari, in particolare sull’universo degli asset emergenti, che è quello dove siamo maggiormente esposti, è fondamentale in questa fase monitorare i movimenti dei tassi nominali e reali. I primi, che oggi viaggiano intorno al 1.35% se si guarda al decennale, solitamente si muovono al rialzo nelle prime fasi di ripresa del ciclo economico e delle aspettative di inflazione, seguendo il cosiddetto reflation trade. Questo è uno scenario negativo per i detentori di titoli del Tesoro americano, ma non lo è necessariamente per chi è esposto verso asset di rischio, tra cui anche i bond e le valute emergenti. Tuttavia, è il movimento dei tassi reali a governare molto da vicino l’andamento dei mercati obbligazionari globali e, in generale, degli asset di rischio. I tassi reali americani, che si trovano in territorio negativo da marzo, sono il risultato della differenza tra tassi nominali e aspettative di inflazione e riflettono in buona sostanza la percezione del mercato sulla stance di politica monetaria della Fed. Quando i tassi reali salgono, specialmente se lo fanno in maniera repentina, il mercato teme un cambio di politica economica da parte della Fed verso una direzione più restrittiva. Uno scenario di ripresa violenta dei tassi reali è chiaramente un incubo per gli investitori e riporta alla memoria il Taper Tantrum del 2013 quando, un po’ a sorpresa, la Fed annunciò che avrebbe ridotto gli acquisti di asset. Se, invece, i tassi reali scendono o rimangono in area negativa, anche in una fase di ripresa del ciclo, è un segnale di una politica espansionistica della Fed. Questo sfondo è chiaramente positivo per i risky assets e provoca un deprezzamento del dollaro, come abbiamo visto dalla seconda metà del 2020.
Per buona parte della seconda metà del 2020 (evidenziata in verde) abbiamo assistito a una crescita dei tassi “breakeven” (linea verde), cioè delle aspettative di inflazione da parte del mercato, più rapida rispetto alla crescita dei tassi nominali (linea blu). Questo ha determinato la discesa dei tassi reali (linea rossa) verso livelli ancor più negativi. Nelle ultime sessioni di mercato, i breakeven si sono stabilizzati attorno a 2.15%, mentre i tassi nominali hanno continuato la loro ascesa, provocando il movimento al rialzo dei tassi reali, da -1% a -0.8%. Questi ultimi rimangono però ancora in area negativa e a livelli storicamente molto bassi. L’ampio stimolo fiscale pro-ciclico, il ritmo sostenuto delle vaccinazioni, la domanda repressa, sono i fattori che hanno fatto crescere le aspettative di una ripresa economica più rapida del previsto negli Stati Uniti e fatto presagire un possibile cambio di passo da parte della Fed.
Nei nostri portafogli obbligazionari continuiamo a mantenere un’esposizione rilevante all’universo emergente e al debito dei finanziari italiani. Nel corso degli ultimi mesi, abbiamo preferito aumentare l’esposizione ai titoli di paesi emergenti in valuta locale, in particolare la parte lunga delle curve di rublo russo e real brasiliano. Valute che, per una serie di fattori idiosincratici, sono rimaste più indietro rispetto al complesso delle divise emergenti e le cui curve mostrano una steepness rilevante. Sorprese positive potrebbero giungere dalle banche centrali di questi paesi che hanno già assunto un tono più hawkish e nei prossimi mesi potrebbero essere tra le prime a iniziare il ciclo di rialzo dei tassi, conferendo così supporto alle rispettive divise. Inoltre, tendenzialmente queste due valute beneficiano della ripresa dei prezzi delle commodities.Sempre sulla componente emergente, abbiamo ridotto alcune posizioni in spread in hard currency, specialmente nella parte lunga della curva. Abbiamo preferito ridurre il Messico in dollari, che potrebbe soffrire particolarmente in caso di ulteriore ripresa dei tassi americani, e abbiamo venduto una serie di posizioni nella parte della duration di alcuni paesi emergenti di frontiera che avevano performato molto bene nella seconda metà del 2020. Anche sulla parte finanziaria, recentemente abbiamo alleggerito il rischio in maniera prudenziale, considerando i rischi domestici di qualche settimana fa, vendendo i Tier1 di Unicredit e Bankia, poiché aveva sovraperformato rispetto al mercato, rimpiazzandole con una esposizione al corporate ciclico legato in settori infrastrutturali (Webuild) e travel (Air France). Sulla componente cambi, stiamo gradualmente aumentando l’esposizione al dollaro sui nostri fondi, attraverso la riduzione delle coperture delle nostre posizioni, come strategia difensiva sul rialzo dei tassi americani. In generale, siamo consapevoli dei possibili shock derivanti dal fronte dei tassi e di una volatilità di breve periodo inevitabile: in particolare del tasso reale americano, anche se riteniamo che l’aggiustamento, questa volta, sarà molto graduale per evitare gli errori commessi in passato. All’interno dei nostri portafogli, in questa fase, preferiamo dunque esporci su storie con caratteristiche più idiosincratiche (Brasile, Russia, ma anche Ucraina), che offrono rendimenti locali attraenti, valute a sconto rispetto agli altri mercati emergenti e minore sensibilità agli eventuali movimenti al rialzo dei tassi americani.

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Mercati obbligazionari: dove troviamo valore in questa fase?

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 luglio 2020

A cura di Vittorio Fontanesi, Portfolio Manager mercati obbligazionari AcomeA SGR. Sostenuti dall’intervento delle banche centrali senza precedenti, i mercati obbligazionari registrato una robusta performance dopo la crisi di marzo, eccetto per alcune storie idiosincratiche.In Europa, l’annuncio del programma PEPP da 750 miliardi di euro, avvenuto il 18 marzo, poi ampliato di altri 600 miliardi, ha contribuito a ridurre l’ampliamento degli spread periferici. Ha inoltre influito positivamente la maggior flessibilità della BCE, in termini di deviazione rispetto alla capital key, per quanto riguarda gli acquisti di obbligazioni sovrane attraverso il PEPP. Fino ad ora, i nostri BTp sono stati il mercato che ha maggiormente beneficiato della deviazione rispetto alla capital key. Infine, è stata sicuramente la proposta franco-tedesca di un Recovery Fund da 750 miliardi ad aver giocato un ruolo decisivo nella compressione degli spread in Europa.Dopo l’importante rally degli ultimi tre mesi, gli attuali livelli di rendimento sul mercato sovrano europeo non ci sembrano particolarmente attraenti.Rimanendo geograficamente vicini, ma cambiando categoria, è nelle obbligazioni bancarie che continuiamo ad intravedere ancora valore. Nei mesi scorsi, sui nostri fondi obbligazionari abbiamo acquistato obbligazioni senior preferred di banche medio-piccole ed emissioni subordinate di realtà bancarie più grandi, che offrono maggiori solidità patrimoniali.Il comparto del debito bancario ha sicuramente performato molto bene, grazie ai supporti positivi provenienti dagli annunci monetari e fiscali. Chiaramente, il contesto macro rimane difficile, ma le banche oggi, rispetto alla crisi del 2008, rappresentano la soluzione per la ripresa e non il problema stesso della crisi.
Spostandoci sui mercati emergenti, rimanere selettivi a nostro avviso è la parola d’ordine. Molti paesi non hanno ancora del tutto arginato la diffusione del virus e le prospettive macro sono complessivamente peggiori rispetto ad aprile.Tuttavia, i mercati obbligazionari emergenti hanno reagito bene in questa fase, spinti soprattutto dalle politiche monetarie accomodanti e, in alcuni casi, dal supporto di programmi di QE.Le valutazioni oggi non sono eccessivamente vantaggiose rispetto ai fondamentali. L’indice globale dei governativi in dollari mostra 464bp di spread medio rispetto alla curva dollari americana e da inizio anno si è allargato di 175bp. L’indice globale dei governativi emergenti in valuta locale mostra un rendimento del 4,5% e si è addirittura contratto di 70bp da inizio anno.Sul mercato del debito in dollari, stiamo valutando e inserendo in portafoglio alcune storie di paesi, anche di frontiera, che non hanno del tutto recuperato dai massimi pre-Covid e che mostrano prospettive di finanziamento comunque solide da qui a fine anno.Sul mercato del debito in valuta locale, mostriamo interesse verso quei paesi che presentano curve dei rendimenti più ripide (Perù, Indonesia, Sud Africa, Messico) per beneficiare dell’extra yield tra la parte breve e la parte lunga.

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Un elicottero all’orizzonte: cosa accade sui mercati obbligazionari?

Posted by fidest press agency su domenica, 22 marzo 2020

A cura di Vittorio Fontanesi, Portoflio Manager mercati obbligazionari AcomeA SGR. Per far fronte all’emergenza economica del coronavirus, le banche centrali e i governi stanno scendendo in campo con un arsenale monetario e fiscale senza precedenti. Un vero e proprio “Helicopter Money” come impegno di ultima istanza per le sorti dell’economia mondiale.Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha adottato una serie di misure significative volte a fornire stimoli monetari e migliorare la liquidità del sistema finanziario. Nell’arco delle ultime due settimane, ha ridotto di 150 punti base i tassi di interesse, introdotto un programma di allentamento quantitativo (QE) da $ 700 miliardi e ampliato le operazioni di Repo per $1,5 trilioni. Anche sul fronte fiscale, il Tesoro americano è ormai dichiaratamente in modalità “Whatever it takes”. Si sta discutendo infatti la possibilità di introdurre un pacchetto potenziale di stimoli fiscali pari a 1200 miliardi di dollari, il 6% dell’economia americana.In Europa, sul fronte monetario, nonostante non abbia tagliato i tassi, la BCE ha fornito una potente risposta alla crisi del Covid-19. Nella riunione del 13 marzo aveva dapprima annunciato misure per sostenere il prestito bancario e ampliato il suo programma di acquisto di attività da 120 miliardi di euro.In seguito, il 18 marzo, ha annunciato l’inizio di un nuovo programma – Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) – di acquisto di attività da 750 miliardi di euro. La governatrice Lagarde ha inoltre esortato i Paesi Membri di adottare politiche fiscali molto aggressive per combattere gli effetti economici dell’epidemia.Dal punto di vista fiscale, il governo italiano ha approvato un pacchetto di salvataggio pari a € 25 miliardi. In Francia sono stati approvati 45 miliardi di sostegni finanziari per aziende e lavoratori colpiti dalla pandemia di coronavirus e sono stati previsti circa 300 miliardi di garanzie statali per prestiti bancari alle imprese. Sulla stessa linea della Francia, anche la Gran Bretagna. L’impressione è quella che si possa fare ancora molto di più.Il grande player che può cambiare le carte in tavola della politica fiscale è ovviamente la Germania. Fino ad oggi, le misure adottate da Berlino per fronteggiare il coronavirus riguardano l’attivazione di garanzie statali, fino a circa 600 miliardi di euro. È assolutamente necessario però che la Germania si discosti ampiamente dalla sua tradizionale posizione fiscale restrittiva (regola del “Deficit 0”) degli ultimi anni mettendo in atto misure fiscali dirette che possano supportare l’economia reale dell’area euro nei prossimi mesi.Il mercato si augura inoltre passi in avanti in termini di condivisione dei rischi tra paesi attraverso l’avvio dell’atteso programma congiunto di emissioni di titoli di stato dell’Eurozona.Cosa sta accadendo sui mercati obbligazionari? Nonostante il supporto delle banche centrali, i mercati obbligazionari temono che gli effetti economici del coronavirus possano portare ad una nuova spirale di deficit e debito dei paesi.
Ricordiamo che, a novembre 2019, l’indebitamento globale aveva già raggiunto il valore record di 251 trilioni di dollari, equivalenti al 320% del PIL mondiale. Il peggioramento della liquidità e del sentiment hanno generato nelle ultime settimane la crescita dei rendimenti nei bond dei Paesi non-core.

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