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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 136

Posts Tagged ‘dipendenti pubblici’

Scuola e dipendenti pubblici: Riapertura a settembre, firmato il protocollo per la sicurezza negli uffici

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 luglio 2020

E’ stato firmato il protocollo per la sicurezza: la ministra per la pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali hanno trovato un punto d’incontro sulle regole per la prevenzione e la sicurezza dei dipendenti pubblici sui luoghi di lavoro rispetto all’emergenza Covid-19. I dirigenti scolastici del sindacato UDIR esprimono un fortissimo disagio che interessa al presente l’attività professionale della categoria e chiedono alle Istituzioni chiarezza nelle disposizioni di funzionamento delle scuole per l’auspicata riapertura in presenza di settembre. Il disagio acuto ed esplicito è dovuto ai contenuti, alla modalità e ai tempi di trasmissione degli adempimenti richiesti per l’adozione di misure di sicurezza volte a evitare il verificarsi di eventi infettivi presso le istituzioni scolastiche.Ai Dirigenti Scolastici, agli staff di dirigenza e alle segreterie scolastiche è stato chiesto di rispondere, in tempi eccessivamente stretti e perciò in affanno, a reiterate rilevazioni, formulate con criteri di volta in volta diversi. Tutto ciò ha creato stanchezza e incertezza per l’esplicito travaso improprio di competenze e compiti sanitari nelle istituzioni scolastiche che, attuate tutte le prescrizioni di legge e normative, tuttavia rimangono luoghi deputati esclusivamente alla didattica e alla formazione. Si registra una tendenza a delegare alle scuole la risoluzione improbabile di tutti i problemi sociali: familiari, relazionali, sanitari, delle devianze e delle dipendenze e molto altro ancora, si è consolidata nei corso degli ultimi decenni ed è diventata pratica complessa, spesso prevedibilmente inefficace, ed è alla base del rischio di svilire il nucleo fondante dell’attività delle istituzioni scolastiche. Riteniamo che in questa situazione possa farsi chiarezza delimitando i compiti della scuola a ciò che le appartiene propriamente e definire i contorni di una professione, quella del dirigente scolastico, che è volta esclusivamente all’organizzazione di eventi didattici e formativi, compito già di per se arduo e dai contorni molto ampi.Il dirigente scolastico Vito Lo Scrudato, presidente regionale per la Sicilia Udir, afferma che “in conseguenza di ciò i dd.ss. chiedono, con altrettanta forza, una esplicita tutela penale legislativa che li metta nelle condizioni di assicurare tutte le misure di sicurezza, potendo nel contempo operare con la serenità ed il consueto senso di responsabilità che ne ha sempre caratterizzato l’agire, in condizione cioè di rispetto per il loro ruolo e di attenzione da parte di tutte le componenti sociali, soprattutto da parte delle Istituzioni”. Il disagio dei presidi viene acuito dall’annuncio di inesistenti aumenti di stipendi propalati strumentalmente da mezzi di informazione farlocchi, laddove invece questa evenienza straordinaria dimostra ancora una volta che sono inaccettabili le disparità di trattamento con tutte le altre dirigenze del settore pubblico maggiormente remunerate e certamente non gravate dalle multiformi responsabilità cui hanno da sempre fatto fronte i dd.ss. e dovranno, con ogni evidenza, far fronte in futuro per la sopraggiunta ingovernabile pandemia.

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Dipendenti pubblici: anticipo del trattamento di fine rapporto

Posted by fidest press agency su lunedì, 27 luglio 2020

Dopo il via libera della Corte dei Conti, diviene attuativo il Decreto Ministeriale che consente ai dipendenti pubblici l’anticipo del trattamento di fine rapporto (o fine servizio, secondo l’inquadramento), incluso chi ha avuto accesso alla pensione alla data di entrata in vigore del Decreto Legge 4/2019, ossia il 29 gennaio 2019.La novità è importante perché il lavoratore pubblico riceve il Tfs/Tfr solo al momento della cessazione del rapporto e con tempi in alcuni casi superiori a due anni. Al pari dei dipendenti privati, inoltre, possono accadere eventi tali da necessitare di un anticipo delle somme accantonate.Il meccanismo è però molto diverso: mentre il dipendente privato fa richiesta al datore di lavoro, il pubblico dipendente dovrà prima rivolgersi all’Inps per ottenere la certificazione del diritto al Tfs/Tfr e del relativo ammontare complessivo. A quel punto, e qui arriva la grande differenza, dovrà chiedere un prestito bancario con a garanzia la cessione “pro solvendo” delle somme derivanti dal trattamento di fine rapporto (o servizio), presentando la certificazione dell’Inps e una dichiarazione sullo stato di famiglia. Il richiedente dovrà poi sottoscrivere la proposta di contratto di anticipo del Tfs/Tfr. L’importo massimo finanziabile è pari a 45.000 euro o, se minore, l’importo del Tfs/Tfr spettante. Due sono gli aspetti che colpiscono: come per l’Ape (Anticipo Pensionistico), si è costretti a passare per un prestito bancario. La cessione del credito, inoltre, è pro solvendo: se il Tfs/Tfr non venisse corrisposto (magari a seguito di un posticipo dei termini), il lavoratore si ritroverebbe debitore diretto della banca, e costretto quindi a negoziare un nuovo prestito in attesa di ricevere il pagamento.
Dicevamo anche dell’Enpam, prima Cassa Previdenziale a prevedere, per i propri iscritti con almeno 15 anni di anzianità e in regola con i versamenti e che a causa della crisi generata dal Covid-19 abbiano subìto una riduzione del fatturato di almeno il 33% rispetto all’ultimo trimestre del 2019, di chiedere un anticipo della pensione. L’importo massimo che si potrà chiedere è il 15% del montante accumulato, per la richiesta è previsto il termine ultimo del 31 marzo 2021.Una volta ricevuta la domanda verrà calcolato l’importo della pensione annua che spetterebbe all’iscritto e l’anticipo riguarderà il 15% del totale che spetterebbe. Nel caso dell’Enpam occorre il via libera dei Ministeri di Lavoro ed Economia ma soprattutto, come ammesso dagli stessi vertici, il differimento delle imposte fino al momento della pensione. Un punto, questo, che si scontra con la normativa in vigore e che necessiterà di uno specifico approfondimento. In caso contrario, richiedere l’anticipo non sarebbe conveniente.I due provvedimenti, se da un lato comportano benefici per chi ne necessita, assieme ad altre evidenze quali la sospensione dei versamenti alla previdenza integrativa da parte di un iscritto su quattro, evidenziano come i lavoratori stiano “spendendo” ora il proprio futuro, compromettendolo in maniera spesso difficilmente riparabile. (Anna D’Antuono, legale, consulente Aduc)

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Assurdo smartworking per dipendenti pubblici e Agenzie entrate

Posted by fidest press agency su sabato, 13 giugno 2020

“Ritengo assurdo il perpetuarsi nella Fase2 dello smartworking per la quasi totalità dei dipendenti pubblici. Mentre tanti lavoratori italiani hanno dovuto recarsi al posto di lavoro, addirittura in pieno lockdown vedi ad esempio gli addetti di supermercati e farmacie e per non parlare del personale sanitario e di tutti i dipendenti del settore privato che hanno ripreso ormai da settimane il loro abituale impegno, permane l’assenza degli impiegati negli uffici pubblici, che sembrano ormai quasi degli edifici abbandonati al loro decadente destino. È quindi inaccettabile che i Palazzi di Giustizia restino tristemente vuoti e pesantemente deficitari nell’operatività, aggravando peraltro la storica lentezza della Giustizia, per l’assenza della benché minima ordinarietà. E lo stesso accade all’Agenzia delle Entrate, dove addirittura l’importantissima attività di adesione e conciliazione sta avvenendo esclusivamente per via telefonica. Esprimo così solidarietà a tutti i dipendenti che si recano al posto di lavoro, contribuendo al ritorno a una normalità quanto mai necessaria, agli avvocati, impossibilitati ad esercitare efficacemente il proprio ruolo professionale nelle aule di giustizia, come ben significato dal presidente Aiga Antonio De Angelis, ed ai miei colleghi commercialisti, ai quali è pure impedito di confrontarsi -de visu- con gli impiegati dell’Agenzia delle Entrate per risolvere i problemi dei propri clienti. È l’ennesima dimostrazione di inefficienza di questo governo e della discriminazione tra cittadini lavoratori, che penalizza alcuni a vantaggio di pochi altri, ma soprattutto che rallenta il ritorno alla normalità, che è presupposto basilare per la ripresa del Paese”. Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia, Andrea de Bertoldi, segretario della Commissione Finanze.

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Dipendenti pubblici sempre più anziani: record nella scuola

Posted by fidest press agency su mercoledì, 8 gennaio 2020

In Italia i lavoratori statali sono sempre più avanti con l’età. A partire da quelli che operano nei nostri istituti scolastici: ben il 58% dei docenti italiani, tra elementari e superiori, ha più di 50 anni, contro una media OCSE del 34%. Gli ultimi dati internazionali confermano questo andamento: il nostro e l’unico Paese europeo dove in tutti cicli scolastici l’età media degli insegnanti supera il mezzo secolo. Marcello Pacifico (Anief): “Siamo di fronte sempre più a una vera emergenza da affrontare: occorre innanzitutto sganciare la scuola dalle altre professioni, prevedendo anticipi pensionistici importanti; bisogna poi il rivedere il sistema di reclutamento evitando d’ora in poi di far invecchiare insegnanti nello stato di precarietà; come è necessario stabilizzare da subito tutti coloro che hanno svolto oltre 36 mesi di servizio, come indicato dalla direttiva 70/99 dell’Ue” Il dipendente pubblico Italiano si sta sempre più invecchiando. E non è un caso generalizzato che riguarda tutti i Paesi avanzati.
Da un dossier pubblicato da Linkiesta, Risulta che “mediamente l’età dei dipendenti pubblici è molto maggiore di quella di chi lavora altrove”. Nell’ambito europeo, “un chiarissimo esempio viene dal segmento della scuola, quello più popoloso nell’ambito pubblico: siamo il Paese con gli insegnanti più vecchi in assoluto, sia alle elementari che alle superiori. L’unico in cui, per entrambi i casi, oltre metà dei docenti ha più di 50 anni”.Dallo studio transnazionale risulta che vi sono Paesi del vecchio Continente, come la Francia, dove gli over 50 sono appena il 30 per cento dei docenti delle superiori e appena sopra al 20 per cento alla primaria. Sempre nel territorio transalpino, è tutto dire che quasi il 45 per cento dei maestri della scuola primaria a meno di 35 anni. È altrettanto emblematico che mentre in Italia i docenti delle elementari che hanno fino a 29 anni si contano sulla punta delle dita, mentre sempre in Francia raggiungono il 12 per cento del corpo insegnante.Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, torna a ricordare che “negli altri Paesi, ad iniziare dalla Francia, i docenti vengono mandati in pensione attorno ai 60 anni di età o con meno di 30 anni di contributi e senza particolari decurtazioni sull’assegno di quiescenza. In Italia invece quella dell’insegnante, pur risultando tra le professioni più stressanti e gravose, ad alto rischio burnout, come ravvisato di ecente anche dall’OMS, figura nell’Ape Social solo per educatori dei nidi e maestri della scuola dell’infanzia. Senza dimenticare il fatto che i nostri docenti arrivano quasi sempre alla stabilizzazione già stremati. Perché devono svolgere in altissima percentuale una gavetta lunga, fatta di concorsi-lumaca e di precariato senza fine”.Proprio per la scuola, Anief ha di recente presentato un emendamento alla Legge di Bilancio 2020, sulla base dei risultati degli ‘studi sullo stress da lavoro correlato e burnout’, in Italia condotti dal dott. Vittorio Lodolo D’Oria, chiedendo di allargare a tutto il personale docente, che in Italia è il più vecchio al mondo, l’attuale finestra di pensione anticipata.

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PA e Scuola: Sì del Parlamento agli aumenti proletari dei dipendenti pubblici

Posted by fidest press agency su giovedì, 13 dicembre 2018

Ma Anief protesta per il mancato adeguamento degli stipendi all’inflazione previsionale nel triennio come dell’indicizzazione dell’indennità di vacanza contrattuale dopo il blocco decennale. Gli stipendi del personale della scuola, infatti, rimangono sganciati dagli aumenti avuti nel settore privato di ben tre volte, ed è pronto un nuovo contenzioso presso il tribunale del lavoro mentre in Senato il sindacato chiede il salario minimo della cittadinanza attiva.La legge di bilancio, approvata alla Camera e in attesa del passaggio al Senato, ha stanziato i fondi per il rinnovo del CCNL relativo al triennio 2019-2021, per la copertura dell’elemento perequativo dal 1° gennaio 2019 e per la cosiddetta indennità di vacanza contrattuale in attesa del predetto rinnovo. Ma cosa significa tutto questo in termini pratici? Quanti soldi si devono aspettare i dipendenti pubblici con l’affacciarsi del nuovo anno? Tolte le somme utili a coprire l’elemento perequativo, per non far perdere terreno agli stipendi, gli 8 euro medi di indennità di vacanza contrattuale da aprile 2019, più altri 5-6 euro da luglio, per gli aumenti veri rimarrà ben poco, mentre a regime altri 12 euro potrebbero essere dati se si firma il rinnovo del contratto. Nel 2021 si potrà arrivare al massimo a 40 euro lordi. Cifre che non ce la faranno a pareggiare i 12-14 punti d’inflazione registrata in dieci anni. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Se si considera che negli ultimi tre anni i lavoratori statali hanno percepito solo il 5% complessivo di incrementi, accordati dai sindacati rappresentativi con l’Aran, l’attuale 1,9% complessivo di aumento finanziato dal governo lascia di fatto gli stipendi dei dipendenti pubblici una spanna sotto quelli del comparto privato. L’unica soluzione rimane il salario minimo di cittadinanza richiesto da Anief con un emendamento specifico al testo dell’esame del Senato.
Nel frattempo, il sindacato invita a presentare ricorso per il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2015-2018, in modo da far recuperare a docenti e Ata almeno il 50% del tasso IPCA non aggiornato dal settembre 2015. Delle cifre importanti, non gli “spiccioli” in arrivo nel 2019.

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PA e SCUOLA – TFR: per la Consulta è legittima la trattenuta del 2,5% per i dipendenti pubblici

Posted by fidest press agency su martedì, 27 novembre 2018

Salvo lo Stato che avrebbe dovuto sborsare 5 miliardi di arretrati. Per volontà dei sindacati firmatari dell’accordo del 1999, chi è stato assunto dopo il 2001 merita di essere trattato diversamente dai suoi colleghi e dai lavoratori del privato. Anief vigilerà sul recupero ai fini della liquidazione. Chi è in regime di TFS, invece, può ancora entro dicembre inviare la diffida o ricorrere in tribunale per recuperare il biennio 2011/12; trascorso tale termine gli arretrati andranno prescritti.La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 213/18 sottolinea come la parte negoziale (confederazioni rappresentative) abbia avuto un ruolo decisivo vent’anni fa nel mantenere il contributo per evitare una disparità di trattamento tra lavoratori assunti prima e dopo il 2000. Ricorda, inoltre, che è previsto un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali del trattamento di fine rapporto: incremento che Anief si riserva di verificare nei ricorsi pendenti del personale andato in quiescenza. Lo studio legale del giovane sindacato rammenta che i dipendenti in servizio ed in regime di TFS devono, invece, presentare formale diffida entro la fine del 2018: in tal modo, potranno richiedere tale trattamento per il biennio 2011/2012. Mentre chi è andato in pensione può procedere direttamente alla richiesta del 2,69% per le due annualità, dopo aver ricevuto la liquidazione, aderendo al ricorso al seguente link.

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Da aprile 2019 solo 40 euro di aumenti lordi per 3,3 milioni di dipendenti pubblici

Posted by fidest press agency su domenica, 11 novembre 2018

Si rivela davvero poco produttivo lo stanziamento dei fondi previsti dal DEF, ai fini dell’incremento stipendiale degli statali, tra cui 1,2 milioni di docenti e Ata: 1.1 miliardi di euro per il 2019, 1.425 per il 2020 e 1.775 a partire dal 2021, porteranno nelle loro buste paga appena 500 euro annui. I compensi, in realtà, non sono veri e propri aumenti, ma coprono solo l’indennità di vacanza contrattuale, meno della metà del rinnovo approvato nel 2019 dopo quasi dieci anni di blocco. La quota, peraltro, non è nemmeno aggiornata. Secondo Marcello Pacifico (Anief-Cisal) con un impegno annuo che si aggira sul miliardo e mezzo di euro, in pratica, si vuole far passare il concetto che ci stiamo avvicinando agli stipendi degli insegnanti europei. Mentre per colmare davvero questo divario servirebbe uno stanziamento finanziario dieci volte tanto. Per questo, Anief ribadisce l’esigenza di avviare la vertenza giudiziaria per il recupero dei crediti, ricorrendo per il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale per il periodo 2015-2018, in modo da recuperare almeno il 50% del tasso IPCA non aggiornato nell’ultimo triennio. Chi non ricorre al giudice rischia di subire quello che ha appena registrato l’Aran per il periodo 2001-2016, con i compensi annui addirittura in discesa.

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Il governo ha trovato i fondi per adeguare l’Indennità di vacanza contrattuale dei dipendenti pubblici

Posted by fidest press agency su giovedì, 1 novembre 2018

Il testo della legge di Bilancio, che è stato trasmesso al Parlamento, prevede 136,5 euro di aumenti annui per 3,3 milioni di lavoratori statali con un reddito di 30 mila euro, a seguito della media dell’incremento degli stipendi dello 0.6%: circa dieci euro al mese, che corrispondono quasi al doppio dei livelli dell’Iva bloccata negli ultimi dieci anni. Nell’incremento sono coinvolti 100 mila dirigenti della P.A., oltre a magistrati, forze dell’ordine e professori universitari. Premesso che tale stanziamento è bene apprezzato e comporterà più serene relazioni sindacali, Anief ricorda tuttavia che ancora non sono stati previsti i fondi per gli aggiornamenti da settembre 2015, data dello sblocco del contratto. Ragione per cui permane la vertenza giudiziaria per il recupero dei crediti: il sindacato conferma quindi il ricorso per il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale per il periodo 2015-2018, così da recuperare almeno il 50% del tasso IPCA non aggiornato nell’ultimo triennio.

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Dipendenti pubblici e compiti d’istituto

Posted by fidest press agency su lunedì, 30 luglio 2018

Anni fa si parlò a lungo di carabinieri, poliziotti e finanzieri distratti dai loro compiti d’istituto per fare i dattilografi e quanto altro nelle procure della repubblica e in altri settori similari. Oggi vedo poliziotti di una certa età sulle volanti per adempiere compiti che ritengo gravosi anche per i giovani e mi chiedo perchè non si possa stabilire un turn over interno offrendo, su base volontaria, ovviamente, la possibilità di ricoprire incarichi amministrativi e d’ufficio dove sono carenti gli organici passando da un ruolo all’altro. In questo modo potrebbero rendersi liberi i posti in organico per l’assunzione di nuovo personale in quelle aree in cui l’età ha il suo indubbio peso. E’ un discorso che non farei solo nell’ambito di un apparato dello Stato in luogo di un altro ma lo estenderei a tutta la filiera del pubblico impiego. In passato, se la memoria non mi fa cilecca, questo tema è stato affrontato ma non vi è stata una seria intenzione di porvi mano per regolamentarlo in dettaglio.
Vi sono, infatti, compiti, come quello citato del dattilografo, che stanno diventando desueti e sostituiti sempre di più dal computer e dalle pratiche archiviate telematicamente. Ciò imporrebbe un periodo di formazione professionale ad hoc che molti uffici amministrativi non sono in grado di organizzare laciando gli operatori senza una guida sicura. E qui dovremmo aprire una nota dolente sulla formazione e l’aggiornamento professionale a tutti i livelli operativi perché se si pensa che il non farlo si risparmia vuol dire proprio che abbiamo imboccata una strada sbagliata. Le tecnologie velocizzano i processi a condizione che sappiamo farne un buon uso e le competenze per sfruttarle al meglio. (Riccardo Alfonso)

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Nuovo procedimento disciplinare dipendenti pubblici

Posted by fidest press agency su lunedì, 21 agosto 2017

pacifico-marcelloNon c’è solo l’esigenza di rivedere e rendere omogenei i tempi del procedimento disciplinare: il D.lgs. 75/2017 scava un solco ancora più profondo tra i poteri dello Stato-datore di lavoro e i lavoratori pubblici. A chi esercita il potere disciplinare non può essere consentito di derogare ai termini che regolano il procedimento.Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è tempo di dire basta alla vecchia immagine del dipendente pubblico come sinonimo di fannullone o assenteista. La necessità di colpire senza alcuna esitazione chi, tra i lavoratori pubblici, vìola i vincoli contrattuali e deontologici, non consente alla pubblica amministrazione di porsi al di sopra della legge e reputarsi esentata dal rispetto tassativo dei termini che essa stessa si è data.

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Pensioni: Gestione Dipendenti Pubblici

Posted by fidest press agency su giovedì, 3 agosto 2017

inpsLe pensioni della Gestione Dipendenti Pubblici in vigore al 1° gennaio di quest’anno sono 2.843.256 per un importo complessivo annuo di 67.577,3 milioni di euro e un importo medio mensile pari a 1.828,27 euro. Rispetto all’anno precedente, si registra un incremento dello 0,8% nel numero delle pensioni (erano 2.819.751 nel 2016) e degli importi annui in pagamento ad inizio anno, cresciuti dell’1,9% rispetto ai 66.309,8 milioni del 2016.
Dall’analisi delle ripartizioni per singola Cassa emerge che il 59,2% dei trattamenti pensionistici (1.682.284) è erogato dalla Cassa Trattamenti Pensionistici dipendenti Statali (CTPS), seguita dalla Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali (CPDEL) con il 37,6% (1.070.414), mentre le altre casse si dividono il rimanente 3,2% del totale.Nel corso del 2016 sono state liquidate complessivamente 114.833 pensioni, con un decremento del 4,1% rispetto all’anno precedente (119.778), per un importo complessivo di 3.013 milioni di euro e importi medi mensili pari a 2.018,33 euro (in aumento dell’1,1% rispetto al 2015, quando l’importo medio mensile era pari a 1.997,45 euro).
Le pensioni a carico della Gestione ex Enpals in vigore al 1° gennaio 2017 sono 57.008, di cui 54.750 (il 96% del totale) a carico della gestione dei lavoratori dello spettacolo e 2.258 (il 4%) a carico del fondo degli sportivi professionisti, per un importo complessivo annuo pari a 924 milioni di euro, di cui il 94% (868,6 milioni) erogato dalla gestione lavoratori dello spettacolo e il 6% (55,4 milioni) dal fondo sportivi professionisti.
Rispetto all’anno precedente, si osserva nel complesso un decremento del numero delle pensioni e degli importi annui in pagamento ad inizio anno, con però una netta differenziazione per gestione. Infatti, mentre per i lavoratori dello spettacolo il numero delle prestazioni e l’importo complessivo annuo sono diminuiti rispettivamente dell’1,3% e dello 0,9%, per gli sportivi professionisti l’andamento è opposto, con un incremento del 5,4% del numero di pensioni e del 7,2% dell’importo complessivo annuo in pagamento.

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Dati Istat, dipendenti pubblici “Cenerentola” tra i lavoratori italiani: 83 mesi d’attesa per un rinnovo-farsa

Posted by fidest press agency su sabato, 24 dicembre 2016

istatTra novembre 2015 e novembre 2016, se le retribuzioni contrattuali orarie hanno fatto registrare uno striminzito incremento tendenziale dello 0,5% per i dipendenti del settore privato (0,3% nell’industria e 0,8% nei servizi privati), la variazione è stata addirittura nulla per i lavoratori dello Stato. Tanto è vero che è stato registrato l’incremento più basso dall’inizio delle serie storiche, il 1982, quindi degli ultimi 34 anni. Sempre l’Istituto Nazionale di Statistica dice che se un lavoratore italiano con il contratto scaduto, in media aspetta 3 anni e mezzo per il rinnovo (42,1 mesi a novembre), l’attesa raddoppia per i dipendenti pubblici.Marcello Pacifico (Anief-Cisal): in tutti questi anni non è stata corrisposta ai lavoratori statali nemmeno quell’indennità prevista per legge, al fine di non far scendere sotto l’inflazione le buste paga dei lavoratori: dall’inizio del 2009 doveva, infatti, essere pagata almeno al 50 per cento rispetto al costo della vita. Così non è andata e oggi ci ritroviamo con gli stipendi pubblici sovrastati anche dall’inflazione di quasi il 20 per cento. Con l’intesa politica per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, sottoscritta a fine novembre, che se verrà tradotta nel contratto, non solo porterà cifre ridicole nelle tasche dei dipendenti pubblici, ma nemmeno sanerà la mancata assegnazione dell’indennità prevista in mancanza di contratto. Con il pericolo concreto, alla luce dell’ultimo Def, che la stessa indennità possa ora essere negata fino al 2021 e calpestando la normativa vigente in materia di tutela retributiva del pubblico impiego, a partire dall’articolo 2, comma 35, della Legge n. 203/2008, dalla legge finanziaria 2009 e anche dalle disposizioni previste dal Decreto Legislativo 150/2009. In conclusione, i ricorsi in tribunale sono inevitabili.

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Contratto dipendenti pubblici: è una “mossa politica”

Posted by fidest press agency su venerdì, 2 dicembre 2016

Marianna_Madia“L’accordo firmato dal ministro Madia e dalle tre organizzazione sindacali (a proposito, come mai non c’è la firma di Padoan?) è un accordo solo politico che non ha nessuna validità giuridica.Gli 85 euro medi promessi saranno disponibili, eventualmente, solo dal 1° gennaio 2018 (cambiale per un prossimo governo). Attualmente disponibili, sommando la legge di stabilità del 2016 e la legge di bilancio 2017, ci sono circa 1,4 miliardi, che consentirebbero aumenti pari a circa 40 euro lordi, meno di 30 euro netti mensili. Mancano 1,1 miliardi per la parte statale e 2,5 miliardi per le Regioni ed Enti locali, che, forse, arriveranno solo nel 2018.
Peraltro alla firma mancano anche i rappresentanti delle regioni ed autonomie locali (datori di lavoro), che saranno contenti di sborsare 2,5 miliardi nei prossimi anni.Ma la parte migliore riguarda quella normativa che fa tornare indietro la lancetta di 10 anni. Si contratterà su tutto, valutazione, incentivi che saranno dati tutti a pioggia. La perla è comunque l’incentivo dato alla presenza, baluardo della contrattazione degli anni 80: ti pago solo perché sei presente.
Questa è la sedicente riforma della pubblica amministrazione del premier Renzi, far finta di bastonare i furbetti del cartellino con una legge incostituzionale, e dare ampia disponibilità alla contrattazione e ai sindacati. Il merito? Una chimera”.

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Dipendenti pubblici su stipendi: dal 2010 persi 4.049 euro in termini reali

Posted by fidest press agency su venerdì, 2 dicembre 2016

In termini di retribuzione lorda pro capite, i dipendenti pubblici, per via del blocco della contrattazione, hanno perso in media, dal 2010 al 2015, 4.049 euro in termini reali. E’ quanto emerge dallo studio dell’UNC che ha elaborato i dati Istat sui Conti ed aggregati economici delle amministrazioni pubbliche.
In termini nominali, senza tener conto dell’aumento del costo della vita, la retribuzione lorda è passata, in media, da 34.662 del 2010 a 33.763 del 2015, con una riduzione di 899 euro. Ma se si considera l’erosione dovuta all”inflazione (1,5% nel 2010, 2,8% nel 2011, 3% nel 2012 e 1,2% nel 2013, 0,2% nel 2014 e 0,1% nel 2015), allora la perdita in termini reali supera i 4000 euro, attestandosi a 4.049 euro.
I più danneggiati sono i dipendenti delle amministrazioni locali. Se dal 2010 al 2015 si è passati in termini correnti da 36.205 a 34.854, con una riduzione secca di 1.351 euro, considerando l’andamento dei prezzi la perdita sale a 4.641 euro. Un record.
“E’ evidente che un incremento medio di 85 euro per il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego è insufficiente per far recuperare ai lavoratori quanto hanno realmente perso in questi anni” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

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Dipendenti pubblici: contratto beffa

Posted by fidest press agency su martedì, 29 novembre 2016

Pacifico marcelloMentre i metalmeccanici recuperano tutta l’inflazione persa, per i dipendenti pubblici mercoledì si firma per portare aumenti ridicoli dopo sette anni di stipendi fermi. Per allineare le buste paga di 3 milioni e 300mila dipendenti del pubblico impiego servirebbero 170 euro e non gli 85 che i Confederali si apprestano a sottoscrivere mercoledì prossimo, quando incontreranno il ministro della Funzione Pubblica: da corrispondere dal 1° settembre 2015, esattamente il doppio di quanto propongono ora amministrazione e sindacati, peraltro con finanziamenti di cui non c’è traccia nella legge di bilancio. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è stato recentemente l’Istat a calcolare che nel 2016 gli stipendi dei lavoratori statali hanno raggiunto il punto più basso dal 1982. E sul ritardo clamoroso dei compensi che ricevono i dipendenti pubblici si è espressa di recente anche la Corte dei Conti; per non parlare della Consulta che, con una doppia espressione, ha reputato illegittimo mancati aumenti e stop contrattuale. Sono anni che diciamo, inascoltati, che i rinnovi di contratto si fanno rispetto all’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi dell’Unione e che gli scatti di anzianità non si toccano: ancor di più nella scuola, dove rappresentano l’unica modalità di carriera professionale.

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Per i dipendenti pubblici stipendi fermi, stabilizzazione e carriera ridotte: dov’è la Costituzione?

Posted by fidest press agency su venerdì, 3 giugno 2016

Pacifico marcelloNel giorno della Festa della Repubblica, duro monito di Marcello Pacifico – presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – impegnato a Copenhagen in un incontro della Cesi, la Confederazione europea dei sindacati indipendenti che raccoglie organizzazioni sindacali dei vari paesi europei. Le norme in vigore nella nostra Penisola, violano almeno sette articoli della Costituzione italiana e tre direttive europee, la cui adozione avrebbe garantito tutele ai cittadini lavoratori statali: penalizzati per la mancata tutela del diritto all’avvicinamento alla famiglia, per l’accesso ritardato ai pubblici uffici, per una retribuzione iniqua, per una ricostruzione di carriera incompleta e per una pensione e liquidazione inadeguata.

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