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Posts Tagged ‘Rohingya’

L’UNHCR chiede solidarietà, sostegno e soluzioni per i rifugiati rohingya

Posted by fidest press agency su mercoledì, 21 ottobre 2020

Alla vigilia della conferenza di donatori per i rifugiati rohingya che si terrà questa settimana, l’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, oggi sottolinea la necessità di assicurare maggiore supporto internazionale e di intensificare gli sforzi volti a trovare soluzioni a beneficio di questo popolo apolide e in fuga. Insieme a Stati Uniti, Regno Unito e Unione Europea, questo giovedì (22 ottobre) l’UNHCR presenterà una conferenza di donatori virtuale col fine di rispondere alle urgenti esigenze umanitarie dei rohingya costretti alla fuga, sia all’interno sia al di fuori del Myanmar. Garantire supporto ai servizi essenziali in seno alle comunità di accoglienza costituisce un’altra priorità.Le attività di risposta umanitaria in corso stanno risentendo di un drastico ammanco quest’anno, dal momento che, ad oggi, sono stati ricevuti meno della metà dei finanziamenti richiesti. Nel 2020, le Nazioni Unite hanno chiesto più di 1 miliardo di dollari per rispondere alle esigenze umanitarie dei rifugiati rohingya in Bangladesh. La pandemia di COVID-19 è andata ad aggiungere una serie di nuove sfide ed esigenze a un’emergenza già complessa e di dimensioni massicce.Sono 860.000 i rifugiati rohingya che attualmente vivono in insediamenti all’interno del distretto di Cox’s Bazar, in Bangladesh. La maggior parte, circa 740.000, sono fuggiti dal Myanmar durante la crisi più recente che ha causato l’esodo del 2017. Altri Paesi della regione accolgono circa 150.000 rifugiati rohingya. Si stima che 600.000 vivano nello Stato di Rakhine, in Myanmar.In tutta la regione, la maggior parte dei rohingya vive ai margini della società ed è necessario assicurare loro accesso ad assistenza sanitaria di base, acqua potabile, scorte alimentari affidabili, oppure significative opportunità di lavoro ed educative. La pandemia di COVID-19 ne ha peggiorato le condizioni di vita, ha reso l’accesso ai servizi ancora più difficoltoso, ha fatto aumentare il rischio che si verifichino casi di violenza sessuale e di genere e ha esacerbato gli effetti delle malattie infettive sui rohingya sfollati in campi affollati, quali quelli di Cox’s Bazar e dello Stato di Rakhine.L’UNHCR sottolinea come la comunità internazionale e i Paesi della regione non soltanto debbano continuare ad assicurare supporto ai rifugiati e alle comunità che li accolgono, ma adattare gli interventi alle nuove esigenze fondamentali e ampliare la ricerca di soluzioni.Il fulcro di tale ricerca deve mirare al conseguimento del ritorno volontario e in condizioni sicure, dignitose e sostenibili dei rifugiati rohingya e delle altre persone in fuga alle proprie case o in luoghi di loro preferenza in Myanmar.La responsabilità di creare i presupposti che favoriscano il ritorno in condizioni sicure e sostenibili dei rohingya spetta alle autorità del Myanmar. Tale processo dovrà comportare il coinvolgimento della società intera, l’avvio e la promozione del dialogo tra le autorità del Myanmar e i rifugiati rohingya e l’adozione di misure che contribuiscano a cementare sicurezza e fiducia reciproca. Tra queste vi sono la necessità di revocare le restrizioni alla libertà di movimento, permettere ai rohingya sfollati di fare ritorno ai propri villaggi e istituire un iter effettivo per poter acquisire la cittadinanza.La conferenza di donatori virtuale, che prevede anche testimonianze di rifugiati rohingya, si terrà dalle ore 14 alle ore 16:30 CEST, ora di Ginevra (8-10:30 EDT Washington; 19-21:30 GMT+7 in Bangkok) il 22 ottobre 2020. Sarà trasmessa in diretta streaming su http://www.rohingyaconference.org. I fondi raccolti grazie alla conferenza saranno destinati a organizzazioni internazionali e organizzazioni non governative impegnate sul campo ad alleviare gli effetti della crisi in Myanmar e nell’intera regione, e al Piano di risposta congiunta (Joint Response Plan/JRP) a guida ONU in Bangladesh.

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UNHCR: necessarie soluzioni durature alla crisi dei Rohingya

Posted by fidest press agency su sabato, 29 agosto 2020

L’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, esorta a rinnovare supporto e soluzioni a favore delle comunità di apolidi e sfollati Rohingya sia all’interno sia al di fuori del Myanmar.A tre anni dall’inizio dell’ultimo esodo dei rifugiati Rohingya verso il Bangladesh ad agosto 2017, permangono criticità che continuano a evolversi. La pandemia da COVID-19 ha aggiunto ulteriori complessità. La comunità internazionale non deve solo continuare a supportare i rifugiati e le comunità che li accolgono, ma adattare l’assistenza alle loro esigenze fondamentali e ampliare la ricerca di soluzioni.Le comunità Rohingya stimano che fino a tre quarti del proprio popolo oggi viva al di fuori del Myanmar. L’UNHCR e il Governo del Bangladesh hanno registrato separatamente oltre 860.000 rifugiati Rohingya negli insediamenti di Cox’s Bazar. Il Bangladesh ha dimostrato profondo impegno umanitario nei loro confronti. Ha assicurato protezione ed esteso le attività di assistenza umanitaria salvavita, e ora accoglie nove decimi dei rifugiati Rohingya registrati nella regione Asia-Pacifico. Tale generosità deve essere riconosciuta mediante investimenti continui a favore sia dei rifugiati Rohingya sia delle comunità di accoglienza bangladesi.In definitiva, la soluzione alla condizione dei Rohingya riguarda il Myanmar e la capacità di implementare con efficacia le raccomandazioni della Commissione consultiva sullo Stato di Rakhine, alla cui realizzazione si è impegnato il Governo del Myanmar.
La creazione di condizioni che favoriscano il ritorno della popolazione Rohingya in modo sicuro e sostenibile richiederà l’impegno della società nel suo complesso, la ripresa e la promozione del dialogo tra le autorità del Myanmar e i rifugiati Rohingya, nonché altre misure che contribuiscano a instaurare un rapporto di fiducia. Tra queste vi sono la necessità di revocare le restrizioni alla libertà di circolazione, riaffermare che gli sfollati interni Rohingya possano fare ritorno ai propri villaggi e assicurare un canale definito per poter acquisire la cittadinanza.Fuori dal Myanmar, gli sforzi collettivi devono essere diretti non solo ad assicurare la dignità e il benessere dei Rohingya oggi, ma anche a preservare le loro speranze e a migliorarne le prospettive per il futuro. Ciò significa lavorare non solo a soluzioni durature nel Myanmar stesso, ma anche a opportunità di studio e lavoro fuori dai Paesi di asilo, e a canali di ammissione a Paesi terzi per quanti presentano le vulnerabilità più gravi.
La forza e la resilienza del popolo Rohingya esiliato in Bangladesh e in altri Paesi hanno rappresentato le fondamenta della risposta umanitaria negli ultimi tre anni, e sostenuto a loro volta le comunità di accoglienza. Rispettare e riconoscere il loro coraggio e le loro capacità significa assicurare che i Rohingya non siano dimenticati, nel momento in cui la crisi che li affligge entra nel quarto anno.

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Rohingya refugees in Bangladesh: Victims four times over

Posted by fidest press agency su martedì, 30 giugno 2020

“One of the key measures to prevent the spread of the coronavirus pandemic is social distancing. But if you live in a refugee camp, you don’t have the luxury of space to do this,” said Inmanuel Chayan Biswas, the Communications Officer for Rohingya Response Programme of Caritas Bangladesh based in Cox’s Bazar. In refugee camps in Bangladesh, the Rohingya community face not only the challenge of living in overcrowded and flimsy shelters with up to ten or more people in one room, but they also use communal latrines and water facilities and space is limited where they receive food distributions. They cannot maintain the proper distancing or hygiene measures to provide effective prevention against the spread of the coronavirus.
The first case of COVID-19 was found in the Rohingya settlements on 14th May 2020. As of 21st June 2020 there was a total of 4 deaths and 45 confirmed cases of Covid-19 in the Rohingya population. “But we don’t know how accurate these numbers are as there is a lack of expertise in the testing centres. The medical facilities in the Rohingya camp are not really enough considering the size of the population and only primary health care facilities are available in most cases. The Bangladeshi government has limited the activities in the camps since 25th March,” Biswas said.Initially, Rohingya who were critically ill with COVID-19 were referred to Ukhiya General Hospital or Cox’s Bazar Medical College. Now it is not possible because these hospitals are facing challenges to provide treatment facilities to the local people.
Inside the camps, far too few people have the proper information COVID-19. Therefore, Caritas Bangladesh is working across the country and in Cox’s Bazaar camps to provide prevention messaging to tens of thousands of people as well as soap and hygiene kits to thousands of families. They have also installed handwashing stations in public places and near toilets.
“They know that they need to wash their hands frequently, but a big challenge is the poor water supply and sanitation facilities at the camp.” Meanwhile, heavy rainfall is weakening the shelters where the Rohingya take refugee, there is a high fear of landslide and flood.Rohingya people have expressed serious concerns about the rainy season causing a deterioration in camp roads, paths, and stair networks thereby impacting access to necessary services and amplifying a multitude of protection issues such as physical and sexual abuse. Annual monsoon preparations in the camps were made more challenging this year by the spread and risks posed by the COVID-19.

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Mezzo milione di bambini Rohingya sono rifugiati apolidi in Bangladesh

Posted by fidest press agency su domenica, 3 marzo 2019

Lo sono nell’area di Cox’s Bazar nel Bangladesh sudorientale. L’ampio sforzo umanitario del Governo del Bangladesh con il supporto internazionale ha salvato innumerevoli bambini. Non si prevedono altre soluzioni per questi bambini Rohingya che vivono nell’insediamento di rifugiati più ampio e affollato al mondo. La maggior parte è stata costretta a scappare dal Myanmar in Bangladesh ad agosto 2017.In Myanmar, la maggior parte non ha identità legale o cittadinanza. In Bangladesh, i bambini non vengono registrati alla nascita, non hanno identità legale né tantomeno lo status di rifugiati. Se in Myanmar non si creeranno le condizioni utili per un loro ritorno a casa, i bambini Rohingya rimarranno una minoranza senza alcun tipo di status. In questo modo i bambini non possono apprendere attraverso percorsi scolastici formali e hanno disperatamente bisogno di competenze utili.
I risultati di una ricerca completata a dicembre 2018 su 180.000 bambini Rohingya tra i 4 e i 14 anni ora iscritti presso “Spazi per l’Apprendimento” nell’area di Cox’s Bazar mostrano l’importanza del bisogno dell’istruzione. Oltre il 90% ha mostrato di avere competenze scolastiche attestate tra il livello prescolare e il 1° o il 2° anno scolastico. Solo il 4% era a un livello tra il 3° e il 5° anno e il 3% tra il 6° e l’8° anno. Alla fine del 2018 solo il 3% dei Rohingya tra i 15 e i 25 anni stavano ricevendo un’istruzione o corsi di formazione.L’UNICEF sta raggiungendo 155.000 bambini tra i 4 e i 14 anni con programmi per l’apprendimento che stanno progressivamente includendo una qualità di insegnamento e abilità maggiori e più strutturate. La priorità per il 2019 è di raggiungere gli adolescenti più grandi per insegnare loro le basi in ambito di alfabetizzazione, aritmetica e corsi di formazione. Ci sarà una più ampia focalizzazione per supportare le comunità ospitanti locali a Cox’s Bazar, uno dei distretti più poveri del Bangladesh.L’UNICEF in Bangladesh ha lanciato un appello di 152 milioni di dollari nel 2019 per fornire a 685.000 rifugiati Rohingya e residenti nelle comunità ospitanti aiuti fondamentali. A febbraio è stato finanziato solo 29% dell’appello. Sito-web: http://www.unicef.it

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Le Nazioni Unite chiedono 920 milioni di dollari USA per la crisi umanitaria che ha colpito i Rohingya

Posted by fidest press agency su martedì, 19 febbraio 2019

Le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite e le ONG partner hanno lanciato oggi il Piano congiunto di risposta 2019 per la crisi umanitaria che ha colpito la popolazione Rohingya. L’appello mira a raccogliere 920 milioni di dollari USA per rispondere alle consistenti esigenze di oltre 900.000 rifugiati dal Myanmar e di oltre 330.000 bangladesi vulnerabili delle comunità di accoglienza.La copertura di aiuti e servizi cruciali quali cibo, acqua potabile, servizi igienico-sanitari e alloggi corrisponde a oltre la metà dei fondi necessari quest’anno. Altri settori chiave dell’appello includono assistenza sanitaria, gestione dei campi di accoglienza, attività legate alla protezione dei minori e alla risposta alla violenza sessuale e di genere, all’istruzione e alla nutrizione.Oltre 745.000 rifugiati Rohingya sono fuggiti dallo Stato di Rakhine, in Myanmar, recandosi in Bangladesh a partire da agosto 2017, per sottrarsi alla violenze in atto, e andando così ad aggiungersi agli altri circa 200.000 già stabilitisi nell’area di Cox’s Bazar, in seguito alla recrudescenza di scontri precedenti.Grazie alla generosità e al supporto delle autorità e delle comunità di accoglienza bangladesi, le prime a rispondere all’emergenza, è stato possibile soddisfare le esigenze più urgenti e salvare numerose vite umane.
Il nuovo Piano congiunto di risposta prevede uno sforzo umanitario onnicomprensivo finalizzato al conseguimento di tre obiettivi strategici. Riunendo 132 partner – agenzie delle Nazioni Unite, ONG internazionali e nazionali ed enti governativi – in uno sforzo collettivo, il Piano mira ad assicurare protezione a donne, uomini e minori rifugiati, garantire assistenza di base e promuovere la coesione sociale.Il Piano di risposta per il 2019 costituisce il terzo appello umanitario congiunto e poggia sui risultati conseguiti finora col fine di stabilizzare ulteriormente la situazione dei rifugiati Rohingya.
Negli ultimi dodici mesi le agenzie umanitarie hanno lavorato per migliorare le condizioni degli insediamenti di rifugiati grazie al Piano congiunto di risposta 2018, che ha permesso di assicurare assistenza di base, elevare la qualità delle condizioni di vita nei campi e adottare misure di riduzione del rischio di catastrofi per le stagioni dei monsoni e dei cicloni. L’impatto ambientale del flusso di persone è stato limitato adottando misure quali la riduzione della domanda di legna da ardere, grazie alla fornitura di gas di petrolio liquefatti (GPL) da utilizzare come combustibili alternativi per cucinare e riscaldare. La prevalenza dei casi di malnutrizione acuta nel mondo, che aveva toccato livelli allarmanti a fine 2017, oggi è scesa sotto la soglia di emergenza (dal 19 al 12 per cento), la sicurezza alimentare è migliorata, la copertura delle vaccinazioni ha raggiunto l’89 per cento, e il numero di gestanti che partoriscono in strutture sanitarie è cresciuto dal 22 al 40 per cento. A dispetto di questi e di altri risultati ottenuti, i Rohingya continuano a trovarsi in una situazione estremamente precaria, e ciò non fa che sottolineare l’importanza di assicurare un sostegno duraturo. Fino a quando le cause alla radice delle migrazioni dal Myanmar non saranno affrontate e i rifugiati messi nelle condizioni di potervi fare ritorno volontariamente in condizioni sicure e dignitose, sarà necessario garantire supporto alle autorità del Bangladesh per poter rispondere ai bisogni dei rifugiati e delle comunità di accoglienza.Il Piano congiunto di risposta 2018 era stato finanziato per il 69 per cento, vale a dire 655 milioni di dollari USA rispetto ai 950 milioni richiesti.

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Rohingya: i bambini che hanno subito atroci violenze non hanno ancora ottenuto la giustizia che meritano

Posted by fidest press agency su venerdì, 31 agosto 2018

Save the Children accoglie favorevolmente i principali risultati e le raccomandazioni emerse dal Rapporto dell’inchiesta internazionale indipendente in Myanmar, pubblicato oggi.
Ad un anno dalle violenze e dalle atrocità commesse nello Stato di Rakhine che hanno causato la fuga di oltre 700.000 Rohingya verso il Bangladesh, l’impatto devastante che queste hanno avuto sui bambini è emerso in modo chiaro. In particolare, l’inchiesta ha chiarito che gli attacchi diffusi e sistematici contro la popolazione civile negli stati di Rakhine, Kachin e Shan, equivalgono a crimini contro l’umanità e crimini di guerra, e forse anche a un genocidio.A causa delle continue violenze perpetrate nello stato di Rakhine dall’agosto 2017, i bambini sono stati sottoposti a gravi violazioni dei diritti umani, come omicidi, menomazioni e violenze sessuali. I bambini sono stati uccisi davanti ai propri genitori e le ragazze hanno subito violenza sessuale. Di circa 500.000 bambini Rohingya in Bangladesh, molti sono fuggiti da soli dopo che i loro genitori sono stati uccisi o dopo essere stati separati dalle loro famiglie. La missione conoscitiva ha raccolto le testimonianze di molti bambini con ferite visibili che raccontavano di sparatorie, pugnalate o bruciature.Il rapporto ha proposto un percorso rivoluzionario, centrato sulla vittima, completo e inclusivo, sottolineando l’importanza che esso venga dalla comunità internazionale, al fine di interrompere il clima di impunità e garantire che tutte le istituzioni statali si sentano responsabili nei confronti della popolazione.”Le prove presentate dall’inchiesta sono chiare. Migliaia di bambini negli stati di Rakhine, Kachin e Shan hanno sofferto enormemente le violenze perpetrate per mano dell’esercito del Myanmar e di altri gruppi. Da tempo si attende un’azione incisiva. I bambini e le loro famiglie sono stati assassinati, aggrediti sessualmente e costretti a fuggire da villaggi in fiamme, e non hanno ancora ottenuto la giustizia che meritano. Stabilire i fatti attraverso l’inchiesta è stato un primo passo fondamentale verso l’ottenimento della giustizia, tuttavia ora deve esserci un passo avanti delle indagini al fine di identificare la responsabilità” ha commentato Michael McGrath, Direttore di Save the Children in Myanmar. “Save the Children sta chiedendo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di deferire senza indugio il Myanmar alla Corte penale internazionale. Esortiamo inoltre il Consiglio dei diritti umani a istituire un meccanismo internazionale, imparziale e indipendente alla 39a sessione di settembre, con personale esperto che ha esperienza specifica in interviste ai bambini che hanno sofferto o sono stati testimoni di atrocità. Ai bambini dovrebbe anche essere fornito un sostegno sia psicosociale che di accesso alla giustizia, così come risarcimenti e reintegri”.

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720mila bambini rohingya in pericolo

Posted by fidest press agency su sabato, 24 febbraio 2018

Secondo l’UNICEF sono necessari sforzi immediati per aiutare oltre 720.000 bambini rohingya minacciati sia dall’arrivo della stagione dei cicloni in Bangladesh, sia dalle continue violenze e dal diniego dei loro diritti di base in Myanmar.In un rapporto, “Vite nel limbo” (serie CHILD ALERT), lanciato oggi dall’UNICEF a sei mesi dall’inizio dell’ultimo esodo di rifugiati rohingya nel Bangladesh meridionale, l’UNICEF afferma che le inondazioni causate dalla prossima stagione dei cicloni potrebbero abbattersi sui fragili e poco salubri campi dove vive la maggior parte dei rifugiati, aumentando la probabilità di epidemie di malattie legate all’acqua e costringendo le cliniche, i centri per l’apprendimento e altre strutture a chiudere.Secondo il rapporto, è stato stimato che circa 185.000 bambini rohingya sono rimasti nella Stato di Rakhine nel Myanmar, spaventati dalle violenze e dagli orrori che hanno spinto tanti dei loro parenti e vicini a scappare. In Bangladesh, si stima ci siano circa 534.000 bambini rifugiati rohingya provenienti da flussi precedenti e dell’anno passato.“Circa 720.000 bambini rohingya sono essenzialmente in trappola – o circondati dalla violenza e costretti a sfollamenti forzati all’interno del Myanmar o bloccati in campi sovraffollati in Bangladesh perché non possono tornare a casa”, ha dichiarato Manuel Fontaine, Direttore dei Programmi di Emergenza dell’UNICEF.“Questa è una crisi che non ha soluzioni rapide, potrebbero volerci anni prima che si risolva, a meno che non ci sia uno sforzo concertato per affrontare le cause alla radice.”
Secondo il rapporto, i rohingya sono un popolo alla deriva, cacciati dalle loro case e comunità, intrappolati in un limbo e privati dei loro diritti di base, mentre affrontano nuove minacce per la salute e le loro vite. L’UNICEF chiede al Governo del Myanmar di porre fine alle violenze e di affrontare quella che definisce una crisi dei diritti umani nello Stato del Rakhine, facendo riferimento alle restrizioni per la libertà di movimento del popolo rohingya, all’accesso estremamente limitato alle cure mediche, all’istruzione e ai mezzi di sussistenza, e alla dipendenza che ne deriva dal supporto umanitario.Secondo il rapporto, il riconoscimento dei diritti di base del popolo rohingya potrebbe creare le condizioni necessarie per il ritorno dei rifugiati alle loro case in Myanmar.“Le persone non torneranno a casa se non sarà garantita loro sicurezza e incolumità, se non sarà riconosciuta la loro cittadinanza, se non potranno mandare i propri bambini a scuola e avere la possibilità di un futuro”, ha dichiarato Fontaine.Da agosto 2017, la mancanza di accesso a diverse parti dello Stato di Rakhine ha severamente limitato il lavoro dell’UNICEF e di altre agenzie umanitarie. L’UNICEF afferma che l’accesso immediato e senza impedimenti a tutti i bambini nello stato è imperativo, così come lo sono gli sforzi a lungo termine per affrontare le tensioni fra le comunità e promuovere la coesione sociale.In Bangladesh, gli sforzi per portare aiuti, guidati e supervisionati dal Governo, hanno evitato il disastro, mentre 79.000 rohingya sono stati accolti dalle comunità locali. L’UNICEF costituisce una parte di un’enorme risposta internazionale, supportando lo scavo di pozzi, l’installazione di migliaia di latrine e campagne di vaccinazione per proteggere i bambini dal colera, dal morbillo e da altre malattie.

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Dai monsoni seri pericoli per i rifugiati Rohingya in Bangladesh

Posted by fidest press agency su domenica, 4 febbraio 2018

BangladeshL’UNHCR – Agenzia ONU per i Rifugiati e gli altri partner, stanno accelerando gli sforzi per mitigare l’impatto dell’imminente stagione dei monsoni in Bangladesh. Le avverse condizioni meteo, inclusi probabili cicloni, potrebbero mettere in serio pericolo decine di migliaia di rifugiati Rohingya che vivono a Cox’s Bazar in insediamenti già congestionati. Il governo del Bangladesh ha riconosciuto il pericolo e si è impegnato a compiere degli sforzi a riguardo, mentre organizzazioni delle Nazioni Unite e partner umanitari hanno messo su un gruppo di lavoro per prepararsi all’emergenza e coordinare gli sforzi.I risultati dell’analisi iniziale dei rischi condotta mappando l’area di Kutupalong e Balukhali, il più grande insediamento di rifugiati al mondo, rileva che almeno 100.000 delle 569.000 persone ospitate corrono il grave rischio di subire frane e inondazioni. UNHCR, IOM, REACH e l’ADPC (Asian Disaster Preparedness Centre) hanno lavorato a stretto contatto con gli esperti dell’università di Dhaka per effettuare questa valutazione, dalla quale si evince che più di un terzo dell’area dell’insediamento è a rischio inondazioni, e come conseguenza diretta più di 85.000 rifugiati potrebbero perdere i propri ripari e altri 23.000 che vivono in aree in forte pendenza all’interno dell’insediamento potrebbero essere a rischio frane.L’UNHCR ha già intrapreso alcune azioni per proteggere i rifugiati nel migliore dei modi. Tra queste la consegna di nuovi kit per costruire ripari, nei quali sono inclusi anche dei sacchi di sabbia biodegradabili per ancorare le strutture, che sono più robuste e assicurano una migliore protezione alla pioggia.Sono inoltre in corso di svolgimento alcuni interventi di ingegneria allo scopo di costruire sentieri e scalinate rinforzate con canne di bambù, ponti rialzati, muri di sostegno in bambù, mattoni o cemento per stabilizzare il terreno e reti di drenaggio.Nelle prossime settimane prenderà il via un lavoro meccanizzato su larga scala che livellerà alcune delle ripide colline al fine di ridurre il rischio di smottamenti e per aumentare la quantità di terreno utilizzabile. Inoltre, comincerà il ricollocamento di alcune famiglie che vivono nelle zone più precarie del campo e che rischiano di essere coinvolte nelle frane. Nell’ambito dei preparativi per la stagione dei monsoni, l’UNHCR sta lavorando con le autorità del Bangladesh e con altre agenzie operative negli insediamenti dei rifugiati per predisporre i materiali e i macchinari per i lavori pesanti.

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Nei campi profughi del Bangladesh con i Rohingya

Posted by fidest press agency su martedì, 16 gennaio 2018

rifugiatiIn occasione della Giornata del Migrante e del Rifugiato ci siamo uniti al richiamo di Papa Francesco ad “accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e a non avere paura, perché chi alza le barriere rinuncia all’incontro con l’altro”.Oggi altri migranti ci chiamano fino alle periferie del mondo: in Bangladesh infatti nei campi profughi la situazione dei Rohingya è un’emergenza. Va aggravandosi la situazione sanitaria, dopo il colera la difterite sta colpendo soprattutto i bambini e il prossimo arrivo dei monsoni fa presagire un’acutizzazione della malaria. La seconda missione di Sant’Egidio nei campi profughi dei rohingya è avvenuta in concomitanza con la visita di Papa Francesco in Myanmar e poi in Bangladesh. Prosegue il nostro impegno al fianco del MOAS (Migrant Offshore Aid Station) negli ospedali da campo di Shamlapur e di Unchiprang e con la Caritas Bangladesh per la distribuzione di generi di prima necessità (cibo, abiti, medicine).Proprio ieri è partita la terza missione per portare nuovi aiuti. Questa volta raggiungeremo anche il campo rifugiati di Kutupalong che accoglie più di 400 mila rohingya, in gran parte bambini. E’ di loro che vogliamo occuparci principalmente. In collaborazione con l’associazione del Bangladesh “We the Dreamers” e la Muhammadiyah indonesiana, apriremo presto una Scuola e un Centro Nutrizionale per i bambini di Jamtholi.

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Bangladesh: un nuovo sito per i rifugiati rohingya

Posted by fidest press agency su domenica, 29 ottobre 2017

BangladeshL’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, ha trasferito circa 1.700 rifugiati in un sito messo a disposizione dal governo nel sud-est del Bangladesh, decongestionando le strutture di Kutupalong e fornendo loro una casa dopo settimane di continui spostamenti. Molti dei rifugiati coinvolti rientrano tra quelli che hanno camminato per circa una settimana per attraversare il confine del Bangladesh, solo per rimanere bloccati quattro giorni in un villaggio frontaliero prima di essere autorizzati a procedere nell’entroterra del Paese la scorsa settimana. L’UNHCR ha aperto un centro di transito e delle scuole per rifugiati all’interno del campo di Kutupalong per ospitare temporaneamente i rifugiati più vulnerabili.I trasferimenti sono cominciati martedì, nel tentativo di decongestionare le scuole di Kutupalong, far ripartire le lezioni e liberare il centro di transito per i prossimi arrivi.Sono 5.000 i rifugiati che saranno trasferiti nel nuovo sito, che fa parte del terreno di 3.000 acri noto anche come Kutupalong Extension, messo a disposizione dal governo del Bangladesh per ospitare i nuovi arrivati.Prima dei trasferimenti, l’UNHCR ha sviluppato un piano per l’area, dalla conformazione collinare, e ha cominciato a costruire bagni e pozzi. È stato inoltre destinato dello spazio alle associazioni partner affinché potessero costruire strutture come centri comunitari, avamposti sanitari, scuole e spazi per i bambini. L’UNHCR sta in parte finanziando la costruzione di una strada nei pressi del campo per facilitare l’accesso ai rifugiati e velocizzare la consegna dei beni.Da martedì i volontari hanno aiutato i rifugiati più vulnerabili a portare le proprie cose nel nuovo sito. L’UNHCR sta distribuendo utensili per la casa e kit per la costruzione di rifugi contenenti teli di plastica, pali di bambù e corde. Save the Children sta assumendo personale per aiutare nella costruzione dei rifugi per i rifugiati più vulnerabili. La ONG locale Gonoshasthaya Kendra (GK) sta effettuando dei controlli medici, mentre Action Against Hunger sta distribuendo cibo e acqua finché i rifugiati non potranno cucinare da soli.Circa 605.000 rifugiati sono arrivati in Bangladesh da quando, a fine Agosto, sono iniziate le violenze nello Stato di Rakhine, nel Myanmar settentrionale.

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Scoperta fossa comune di profughi birmani Rohingya

Posted by fidest press agency su mercoledì, 6 Maggio 2015

thailandiaDopo la scoperta di una fossa comune nel sud della Thailandia, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha chiesto un’indagine indipendente delle Nazioni Unite sui campi di transizione, detti anche lager della morte, in cui trafficanti di esseri umani trattengono i profughi prevalentemente Rohingya provenienti dalla Birmania (Myanmar). In base a molte testimonianze si può dedurre che vi siano circa 60 campi di transizione lungo la frontiera tra la Thailandia e la Malesia.In una lettera indirizzata all’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite Zeid Ra’ad Al Hussein, l’APM sottolinea il fatto che questi campi sembrino esistere anche grazie alla connivenza di polizia, esercito e istituzioni. Solamente un’indagine indipendente condotta dagli esperti per i diritti umani delle Nazioni Unite può quindi fare veramente luce su quanto vi succede e indicare i responsabili dei crimini contro l’umanità che vi vengono commessi.Lo scorso 1 maggio 2015 la polizia thailandese ha scoperto una fossa comune con circa 30 cadaveri nelle immediate vicinanze della frontiera con la Malesia. I morti sembrano essere prevalentemente profughi Rohingya provenienti dalla Birmania e dal Bangladesh. Secondo i primi accertamenti, i profughi sarebbero morti di fame, sfinimento fisico, maltrattamenti e torture. La polizia ha già arrestato quattro presunti trafficanti di esseri umani e sta cercando altre quattro persone. Gli arrestati sono una persona a sua volta appartenente alla minoranza dei Rohingya, rappresentanti delle istituzioni e abitanti di un vicino villaggio.Secondo le testimonianze di chi è sopravvissuto a questi campi della morte, la maggior parte dei campi di transizione si trovano in territorio malese. Il paese a maggioranza musulmana è diventato meta di molti Rohingya in fuga dalla Birmania dopo che Thailandia e Bangladesh hanno chiuso le frontiere ai profughi. I trafficanti di esseri umani trattengono i profughi in questi campi in attesa che familiari e parenti paghino o un riscatto o la continuazione del viaggio. Per molti la somma di qualche migliaio di euro è semplicemente troppo alta. Da quando nel giugno 2012 in Birmania si è scatenata una nuova ondata di violenza contro le persone appartenenti al gruppo etnico dei Rohingya di fede musulmana, più di 100.000 persone sono fuggite. In Malesia attualmente vivono circa 40.000 profughi Rohingya.Da tempo l’APM teme l’aumento del traffico di esseri umani proprio in relazione alla tragedia dei Rohingya in Birmania e mette in guardia la comunità internazionale sulla necessità di impegnarsi maggiormente nei confronti del paese asiatico per una soluzione politica del conflitto con questa minoranza. Finché la Birmania si rifiuta di riconcedere ai Rohingya la cittadinanza tolta loro con una legge del 1982, i paesi vicini hanno l’obbligo di accogliere e concedere protezione alle persone appartenenti a quella che l’ONU ha definito la minoranza più perseguitata al mondo.

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Il presidente di Myanmar (Birmania) parla all’Assemblea generale dell’ONU

Posted by fidest press agency su mercoledì, 26 settembre 2012

Bolzano, Göttingen.L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) mette in guardia da una possibile revoca delle sanzioni contro la Birmania (Myanmar), almeno fino a quando alla minoranza musulmana dei Rohingya vengono negati i diritti di cittadinanza. La Birmania ha appena iniziato a muovere i primi passi verso la democratizzazione del paese. Ma la continua discriminazione di circa 800.000 Rohingya ai quali è stata ritirata collettivamente la cittadinanza, mostra quanto sia ancora lunga la strada per una vera democrazia. E’ prematuro in questo momento allentare la pressione sul governo birmano. Il presidente della Birmania Thein Sein il 27 settembre sarà a New York, davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, per chiedere la fine di tutte le sanzioni contro il suo Paese. L’Unione europea ha sospeso le proprie sanzioni a inizio estate 2012 per un anno. Gli Stati Uniti nel mese di agosto hanno esteso le restrizioni sulle importazioni di prodotti dalla Birmania ancora per un anno. L’Unione europea e i paesi del mondo musulmano hanno la possibilità di protestare davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite contro l’esclusione arbitraria di un intero popolo solo a causa della sua fede. L’APM chiede che i Rohingya vengano finalmente riconosciuti come cittadini alla pari della Birmania. Per questo servirebbe abrogare la controversa legge sulla cittadinanza del 1982, che costituisce la base giuridica per la privazione della cittadinanza ai Rohingya.La Commissione europea, dopo i pesanti scontri tra i Rohingya e i Rakhine buddisti nel giugno di quest’anno, e il massiccio intervento da parte delle forze di sicurezza ai danni della minoranza musulmana il 26 agosto di quest’anno, ha chiesto al governo birmano di non continuare a negare la cittadinanza ai Rohingya. Gli Stati musulmani per la prima volta quest’anno vogliono discutere nell’ambito dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della drammatica situazione dei Rohingya. Molti paesi musulmani nelle ultime settimane hanno inviato aiuti umanitari ai profughi Rohingya. Anche tra i paesi dell’ASEAN cresce la critica nei confronti della politica birmana sulla questione dei Rohingya. Molti dei paesi confinanti con la Birmania temono un esodo di Rohingya, poiché ormai tanti membri di questa minoranza non vedono più né sicurezza né un futuro nella loro patria. Anche l’ex primo ministro della Malaysia, Mahahtir Mohamad, la scorsa settimana ha chiesto che la Birmania conceda la cittadinanza ai Rohingya.

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