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Federal reserve: “La vera sfida deve ancora arrivare”

Posted by fidest press agency su martedì, 22 dicembre 2015

Federal ReserveDopo lunghi 12 mesi di attese, previsioni e speculazioni, la scorsa settimana la Federal Reserve ha alzato i tassi d’interesse (fermi da quasi un decennio), rimarcando la fiducia nella ripresa economica degli Stati Uniti.Nonostante tempi ed entità dell’innalzamento dei tassi (0,25%) fossero stati ampiamente anticipati, investitori, banche centrali e governi hanno voluto seguire da vicino, giorno dopo giorno, le mosse della Fed.Ma su quali basi la a Fed ha deciso che era arrivato il momento?
Prima di tutto, il recupero e la ripresa dell’economia statunitense. Come la stessa Janet Yellen ha sottolineato nel corso di una recente riunione del FOMC, l’economia americana sta mostrando significativi segni di miglioramento, e in questo caso ritardare il processo di normalizzazione dei tassi potrebbe far riaffiorare il rischio di una recessione.Il recupero è evidente in particolare se si guarda al mercato del lavoro: l’economia statunitense ha creato più di 200.000 nuovi posti di lavoro nel mese di novembre, la disoccupazione si attesta al 5%. Al contempo i salari sono cresciuti mentre l’inflazione core (al netto dei beni energetici e alimentari) ha raggiunto l’1,3%, avvicinandosi all’obiettivo di lungo termine della FED del 2%.Per gli investitori quindi il rialzo dei tassi da parte della Fed, rappresenta una buona notizia, oltre che la testimonianza di prospettive economiche positive per gli Stati Uniti.
La crescita dei consumi è stata un fattore determinante per l’economia americana, e l’impatto del rialzo dei tassi sulla spesa dei consumatori sarà piuttosto limitato, così come sulla maggior parte dei mutui negli Stati Uniti a tasso di interesse fisso.Allo stesso modo, difficilmente il rialzo dei tassi porterà a un rallentamento degli investimenti negli Stati Uniti, come affermato da alcuni economisti. È facile pensare infatti che durante il processo decisionale di investitori nazionali e d’oltremare, peserà più la stabilità economica del Paese che non i tassi d’interesse più alti. Ecco perché a nostro avviso vedremo aumentare e non decrescere il peso degli investimenti.Per quanto riguarda l’impatto sul mercato dei cambi, i tassi più alti dovrebbero spingere in teoria ad un ulteriore apprezzamento del dollaro, con conseguenze sulle esportazioni, quindi sui produttori statunitensi. D’altra parte, a giudicare dalla reazione dei mercati a seguito dell’annuncio dell’aumento dei tassi, sembra che il rafforzamento del dollaro sia una variabile già ponderata dal Foreign Exchange Market e che quindi un nuovo rafforzamento nei confronti delle altre principali valute sia improbabile.
Inoltre è apparso evidente come una volta dichiarato il via libera alla normalizzazione, l’attenzione dei mercati si sia spostata verso altre questioni come i prezzi bassi delle materie prime o la lenta crescita globale.Non si dovrebbero registrare infatti particolari conseguenze: i tassi attuali sono ancora estremamente bassi se confrontati coi tassi storici e i rialzi futuri avverranno in maniera graduale al fine di consentire ai mercati di assorbirli nei giusti tempi. Fattori di interni ed esterni quali ad esempio il debito degli Emergenti, il rallentamento della crescita globale e le azioni intraprese da altre banche centrali, contribuiranno poi a mantenere graduale tale processo. Basti guardare allo scorso agosto, quando il forte aumento della volatilità dei mercati ha in qualche misura contribuito alla decisione della Fed di ritardare il rialzo dei tassi, previsto per settembre.Va detto che i mercati finanziari non sono immuni dalla volatilità e che il 2015 ne è stato la dimostrazione. Nonostante il recupero degli Stati Uniti, le altre economie mondiali crescono lentamente e non si può dimenticare l’attuale condizione dei Paesi emergenti. Utili stagnanti e possibile apprezzamento del dollaro potrebbero quindi essere le prossime sfide per l’azionario.La divergenza politica sempre più evidente tra Stati Uniti e BCE e le tensioni geopolitiche di questi ultimi mesi, potrebbero causare volatilità sui mercati anche nel 2016, rendendo il percorso dei futuri aumenti dei tassi ancora più delicato oltre che la vera sfida da superare. (fonte: MoneyFarm SIM S.p.A)

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