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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 172

Posts Tagged ‘suicidi’

Suicidi in carcere: Ecatombe dove mancano pure le tombe

Posted by fidest press agency su domenica, 9 giugno 2024

Ci risiamo un’altra volta, due morti ammazzati in sequenza irraccontabile, uno dietro l’altro senza nessuna pietà, peggio, senza alcuna compassione, soltanto abbondanza di indifferenza. Mese di giugno e siamo già a 36 evasioni del tutto prevedibili, evasioni con i piedi in avanti in bella mostra, suicidi annunciati giorno dopo giorno, percentuali di vite al macero che divengono dati esponenziali, eppure hanno il valore di seconda mano delle cose, degli oggetti, dei numeri spogliati di sostanza e di significato. Il carcere, l’Istituzione, ultima diga eretta a salvaguardia della collettività, il reato entra con la persona, sappiamo perfino il colore delle mutande che porta quel recluso, siamo inondati dalle informazioni, dalla comunicazione, attraverso la messaggistica istantanea, i social, la rete, ma mai, mai, mai una sola volta, che ci venga fatto sapere, che ci venga detto, senza l’uso smodato dell’ipocrisia e non poca omertà d’accatto, non tanto chi esce da una galera, ma “cosa” ritorna in seno al consorzio civile. Altre due vite tranciate dalla disperazione, ben sapendo l’Istituzione penitenziaria: chi è disperato è colui che non ha più la parvenza di una speranza. Un uomo strozzato in gola, una donna per giunta la seconda nell’identico Istituto, lasciata lì scomposta e silenziata. Miriadi di sguardi scandalizzati, di oratorie dispiaciute, da destra e sinistra, passando per il centro, ognuno e ciascuno a puntare il dito, a sgomitare l’altro, a fare delle parole mura ancora più alte di quelle di una prigione. Mentre la politica subisce le scosse telluriche degli slanci e dei rinculi, dei proclami che sbrigativamente rimuovono la vergogna urticante, ma non risolvono le responsabilità per avere ridotto il carcere a questa lucida follia. Tra i detriti ecco avanzare le attenuanti, le giustificazioni, le autoassoluzioni. Tutto ciò accade perché la sanità penitenziaria è allo stremo, eppure da molti anni e da molte centinaia di morti ammazzati, è risaputo che c’è un bacino assai corposo di detenuti in preda a una vera e propria doppia diagnosi, detenuti giovani con serie patologie borderline. Mancanza di personale qualcuno s’affretta a gridare, mentre qualcun altro sollecita invece un ripensamento culturale che coinvolga l’intero arco costituzionale, la piramide dirigenziale, perchè non è più accettabile sopravvivere tra violenze, ingiustizie e illegalità. Ciò che colpisce maggiormente in questa reiterata e irresponsabile partita allo scarica barile, non è soltanto la persona, quella “cosa” che si stringe il cappio al collo, di per se evento drammatico, ma il constatare che il vero protagonista, il più feroce a dettare legge nell’intero pianeta carcerario è l’indifferenza. By Vincenzo Andraous

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Aumento suicidi in Italia

Posted by fidest press agency su domenica, 5 novembre 2023

In Commissione Sanità è stata audita, su richiesta del Movimento 5 Stelle, la dottoressa Monica Petra, presidente Telefono Amico Italia, dopo che lo scorso mese di settembre l’associazione aveva lanciato l’allarme sull’aumento dei suicidi, e tentati suicidi, soprattutto tra i giovani e giovanissimi.Paola Pizzighini, consigliera regionale M5S Lombardia: “Nel primo semestre del 2023 ci sono state 3.700 richieste di aiuto, 37% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nel 2022 a Telefono Amico Italia sono giunte complessivamente 6 mila chiamate di aiuto, il 29% delle quali da under 26. Il disagio giovanile è tangibile e preoccupante, serve monitorare con attenzione questo fenomeno. Un disagio che non si manifesta solo nelle segnalazioni legate in maniera specifica al suicidio, ma si traduce in un aumento generale delle richieste di aiuto relative a difficoltà esistenziali e relazionali e che trova purtroppo eco anche negli ultimi gravi fatti di cronaca. Per limitare il fenomeno è fondamentale agire sulla prevenzione e prendersi cura dei soggetti più fragili come fa l’associazione Telefono Amico. Mi auguro che l’audizione di oggi aiuti Regione Lombardia a comprendere una volta di più i disagi delle persone che stanno vivendo momenti di grave difficoltà e che la nostra istituzione assecondi attività di prevenzione, ascolto e riflessione su un’emergenza che non ci può lasciare indifferenti. Regione Lombardia deve collaborare con Telefono Amico Italia, soprattutto con un occhio di riguardo al disagio vissuto dai giovani, attraverso iniziative concrete e patrocini, anche onerosi, per iniziative utili a sensibilizzare la popolazione lombarda sul tema. Anche in questo ambito la prevenzione è l’antidoto migliore che abbiamo a disposizione per alleviare i disagi individuali dei cittadini. Oggi, grazie alla tecnologia, disponiamo di diversi strumenti (telefono, mail, whatsapp, social) per facilitare i contatti tra chi ha bisogno di aiuto e chi può aiutare”, conclude la consigliera pentastellata Pizzighini.

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Scuola: Cento suicidi tra i docenti in 10 anni, età media 51 anni e prevalenza al Sud

Posted by fidest press agency su martedì, 31 ottobre 2023

Tra il 2014-2023 si sono realizzati 100 suicidi tra gli insegnanti, con una media esatta di 10 suicidi all’anno (uno al mese se escludiamo luglio e agosto), con prevalenza di casi di 51enni del Sud e della scuola secondari: un picco anomalo (circa un quarto del totale degli eventi) è stato registrato nel 2017 senza alcuna spiegazione apparente, mentre negli altri anni si sono avuti dai 5 agli 11 suicidi per anno. Lo riporta una ricerca pubblicata oggi su Lab Parlamento e realizzata dal medico Vittorio Lodolo D’Oria, esperto di burnout nella scuola. Tra le motivazioni che porterebbero al suicidio, sostiene l’esperto, va sicuramente considerata la nota “usura psicofisica tra gli insegnanti, da attribuirsi alla peculiarità della professione (particolare ed esclusiva tipologia di rapporto con l’utenza)”. Una tendenza confermata, sostiene l’autore della ricerca, anche dal rischio suicidario degli insegnanti studiati in Francia (2005) e Regno Unito (2009 e 2012): sono i due soli Paesi che hanno valutato il fenomeno “rilevando i livelli più alti rispetto a tutte le altre categorie professionali e alla popolazione generale”. A questo, si aggiunge che “il DL 81/2008 che, all’art. 28, che prevede la tutela della salute per le helping profession (prima fra tutte quella dei docenti) con il monitoraggio e la prevenzione dello Stress Lavoro Correlato non è stato mai finanziato e resta inapplicato fino a oggi”. Inoltre, si è evidenziato che “dal 2005 a oggi, il tema è stato oggetto di numerose interrogazioni parlamentari di maggioranza e opposizione (Pepe 2005, Sbrollini 2009, Valditara 2011, Vacciano 2016) che però non hanno sortito alcun effetto”: una di queste interrogazioni, al Senato, del 13 gennaio 2011, era stata promossa dall’attuale ministro dell’Istruzione e del Merito. A 12 anni di distanza, ricorda Lodolo D’Oria, non sono arrivate risposte ai motivi per cui “i Collegi Medici di Verifica del MEF (Ufficio III)” da decenni custodiscono “gelosamente i dati” sulle malattie professionali tra i docenti “senza elaborarli e rifiutandosi di darli a Università e Sindacati. Oggi la competenza è passata all’Inps, ma il ministro Valditara – conclude il medico – dovrebbe richiedere tutti i dati dei vent’anni al MEF per poter trarre utili elementi circa la salute professionale della categoria”

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Visita Ministro Nordio al carcere di Torino

Posted by fidest press agency su sabato, 12 agosto 2023

“La visita del Ministro Nordio nel carcere di Torino, dopo i due suicidi nel giro di poche ore, che seguono quello di Bergamo, si è risolta in una passerella inutile, tanto più che invece dei garanti comunale e regionale dei detenuti avrebbe dovuto esserci con lui il magistrato di sorveglianza, l’unico e autentico garante istituzionale della popolazione carceraria che invece è stato delegittimato”. Così Aldo Di Giacomo, segretario S.PP., che evidenzia che i suicidi di detenuti dall’inizio dell’anno sono stati 47 (ultimo poche ore fa nel carcere di Rossano Calabro), di cui tre donne, mentre l’anno orribile è stato il 2022 con 84 suicidi. “Un comportamento quello del Ministro che non ammette attenuanti tenuto conto che per oltre 40 anni è stato lui stesso magistrato e conosce bene l’ordinamento giudiziario, ma che anzi – aggiunge – non segna alcuna discontinuità con i governi precedenti di centrosinistra. Ciò ci rammarica molto perché con il nuovo Governo di centrodestra avevamo creduto anche noi in una svolta a partire da un cambiamento di rotta nell’amministrazione penitenziaria. Ci fa specie che in queste ore arrivino dichiarazioni e commenti da esponenti del centrodestra che esaltano l’atteggiamento del Ministro che anche in questa tragica occasione ha ripetuto la sua “ricetta”: utilizzare immobili e strutture che appartengono allo Stato e sono dismessi da anni per trasformarli in nuove carceri, una ricetta che però non indica tempi, strumenti e soprattutto finanziamenti di attuazione. Siamo così nell’attuale situazione che ha aggravato vecchie problematiche esplose in questi mesi estivi con l’aumento del 180% delle aggressioni agli agenti, le continue mini-rivolte, la diffusione di droga. Da settimane stiamo ripetendo che la situazione nelle carceri è sfuggita al controllo dello Stato. A rimetterci sono sempre gli agenti diventati il bersaglio di inaudite violenze persino con lamette. Non vogliamo aspettare che in una delle quotidiane aggressioni avvenga realmente l’assassinio di un agente sinora evitato solo per fortuita casualità. Per questo – aggiunge Di Giacomo – non sono più rinviabili l’avvicendamento del Capo del DAP e la definizione di misure di reazioni forti – che abbiamo chiesto da tempo – come forte e senza precedenti è l’attacco che viene dalle carceri. Ci sono già troppi segnali che vanno solo intercettati. Invece basta una scintilla per scatenare la “prova di forza” di una popolazione carceraria che da troppo tempo ha manifestato atteggiamenti non solo di aggressione ma di sfida quotidiana agli agenti che, soprattutto a causa della normativa sul reato di tortura, hanno poche possibilità di difesa e di reazione”. Di Giacomo ricorda che il S.PP. ha promosso la mobilitazione nazionale con un’azione di protesta indetta per il 18 settembre prossimo.

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72 suicidi in divisa nello scorso anno, uno ogni cinque giorni

Posted by fidest press agency su giovedì, 30 marzo 2023

“E’ sempre doloroso commentare il suicidio di un collega, l’agente in servizio al carcere napoletano di Secondigliano che si è tolto la vita. Ma, per chi ha responsabilità di rappresentanza sindacale, è soprattutto una doverosa occasione per interrogarsi sulle motivazioni e per riaccendere l’attenzione sulle condizioni di lavoro del personale penitenziario sempre più segnate da turni estenuanti per la nota carenza di personale e da stress determinato dalle continue aggressioni da parte di detenuti, oltre che da sospensioni dal servizio e provvedimenti disciplinari”. Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP., Aldo Di Giacomo, sottolineando che “il numero dei “suicidi in divisa” segna un incremento allarmante. Nel 2022 sono stati 5 i suicidi tra il personale penitenziario con un totale di 72 suicidi tra gli appartenenti di tutti i Corpi di Polizia e Militari, vale a dire uno ogni cinque giorni. Nel 2020 e nel 2021 erano stati rispettivamente 51 e 57. Da aggiungere agli 84 suicidi di detenuti nell’anno orribile 2022. Ma i “freddi numeri” – aggiunge Di Giacomo – non danno l’idea precisa del dramma umano che vive chi arriva a togliersi la vita. È indubbio, come confermano esperti e psicologi che se stanno occupando, quanto la dimensione del benessere/malessere individuale sia fortemente legata al contesto lavorativo nel quale i militari si trovano inseriti, e la percezione di tale dimensione è strettamente correlata alle dinamiche interattive e relazionali, ai conflitti emotivi che ne possono scaturire. Dunque non può che crescere la nostra preoccupazione specie per alcuni fattori tra i quali l’età media alta, organici ridotti, turni massacranti, le sanzioni e i provvedimenti disciplinari”. Nel ricordare che “nel 2019 è stato istituto per decreto del Ministero dell’Interno un osservatorio permanente interforze sul fenomeno suicidario tra gli appartenenti alle forze di polizia” Di Giacomo afferma che “non è più sufficiente “osservare” e studiare. Quello che si può e si deve fare e lo chiediamo al Ministro della Giustizia e tutto il Parlamento è predisporre misure ed azioni anche in campo di assistenza socio-sanitaria e psicologica, per rendere il lavoro degli uomini e delle donne in divisa prima di tutto più sicuro e meno stressante. Noi abbiamo in proposito definito un pacchetto di misure – che abbiamo chiamato “Salviamo la Polizia Penitenziaria” – più urgenti da varare e rinnoviamo la disponibilità al confronto”. http://www.sindacatospp.it

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Aumento suicidi tra minorenni

Posted by fidest press agency su domenica, 16 ottobre 2022

“Ogni giorno nel nostro Paese una ragazza o un ragazzo, adolescente, ma anche pre-adolescente, tenta il suicidio. L’incremento dei casi, negli ultimi due anni è del 75%. E sono 100mila i giovanissimi che hanno preso la strada della morte sociale, i cosiddetti hikikomori, isolati nella loro stanza, in fuga dall’interazione col mondo, travolti dalla paura del giudizio, soli. Sono numeri impressionanti, da fall out post Covid-19. Numeri sui quali ci interroghiamo nel nostro Congresso Scientifico, proprio per disporre di strumenti aggiornati, in grado di gestire le nuove forme di disagio e sofferenza che angosciano e paralizzano i nostri ragazzi”. Nella seconda giornata di questa sedicesima edizione che vede riuniti a Riva del Garda oltre 600 iscritti fino al 15 ottobre, il Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri, Antonio D’Avino interviene su un tema di grandissima attualità, inserito all’interno del programma, proprio per offrire una visione accurata della complessità del fenomeno e trasmettere l’urgenza di disporre di nuovi modelli e buone pratiche.Centrale, in questo segmento del Congresso, la relazione di Marco Crepaldi, psicologo e studioso del fenomeno dei cosiddetti hikikomori. “Si tratta di una pulsione all’isolamento fisico, continuativa nel tempo, che si innesca come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale, tipiche della società capitalistiche economicamente sviluppate – spiega il Presidente e fondatore di Hikikomori Italia -. I dati di cui disponiamo parlano di un 87% di maschi, ma è probabile che il numero di donne coinvolte sia sottostimato, anche per il più alto grado di allerta che si innesca culturalmente quando l’isolamento sociale riguarda un ragazzo. L’età media in cui si manifestano i primi evidenti segnali è intorno ai 15 anni, nel passaggio dalle scuole medie alle superiori. La durata del ritiro sociale si conferma tendenzialmente lunga, oltre i tre anni. Esiste uno stadio in cui la pulsione è già stata interpretata razionalmente dalla persona che ha costituito una motivazione valida alla scelta del ritiro. È questa la fase nella quale viene abbandonata completamente la scuola ed allontanati quasi tutti i contatti sociali diretti, a eccezione di quelli con i parenti più prossimi. Ne esiste un successivo, che rappresenta l’isolamento totale, dove vengono quindi evitati anche genitori e relazioni virtuali. È il più raro e riguarda solo il 6,69% della popolazione. Chi si trova in questa condizione ha verosimilmente sviluppato una qualche forma psicopatologica associata al ritiro. Va segnalato che la dipendenza da Internet non è la causa del disagio, ma un effetto e, paradossalmente, l’unica forma di interazione accettata da chi soffre. Perché esiste questo fenomeno in Italia? La risposta sta nella crescente competitività sociale, nel bisogno di fuga dal pensiero di fallimento, nel disagio adattativo al contesto, che non è sempre fobia sociale, ma è più spesso assenza di motivazione e rifiuto di un mondo che si percepisce come privo di senso. La fragilità relazionale è molto difficile da affrontare. Si innesca quando ci sentiamo pressati a una corsa per il successo personale, che si tratti di scuola, sport, sessualità: siamo tutti in feroce competizione e quello che vedono i ragazzi li interroga su dove stanno, con proporzione tale da creare squilibrio. Pensiamo all’abuso dei social, all’importanza di avere riscontri positivi alla propria immagine. È un disagio che deriva dal benessere, ma anche dall’iper-protezione da parte dei genitori che vogliono controllare la vita dei figli. Oggi non dobbiamo preoccuparci della nostra sopravvivenza. Abbiamo un solo scopo, quello di realizzarci, di essere accettati di dover essere brillanti, piacevoli nelle relazioni sociali. Vince chi molla. Ma gli hikikomori non lo sanno”.

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La guerra dei suicidi in carcere

Posted by fidest press agency su venerdì, 14 ottobre 2022

Perché si continua a morire in carcere? Nel 2022 già 67 suicidi nelle carceri italiane, probabilmente perché i prigionieri hanno più paura di vivere che di morire. “La donna di 51 anni, detenuta nel carcere bresciano di Verziano, si è uccisa impiccandosi con un lenzuolo legato al collo.” (Corriere della Sera, 9 ottobre 2022) In questi giorni pensavo che i detenuti conducono la vita più “sicura” al mondo, forse anche perché è difficile che facciano un incidente stradale. Eppure i dati dicono che i detenuti si tolgono la vita e muoiono più delle persone libere. Nessuno però dice nulla del fatto che hanno buoni motivi per farlo perché il carcere in Italia non insegna molte cose, ma una cosa la sa fare molto bene, sa “convincerti” a toglierti la vita. I detenuti si domandano perché devono continuare a vivere anziché farla finita con una vita che tanto spesso è un inferno. E ammazzarsi non è affatto una domanda, ma una risposta perché per un detenuto a volte è più importante morire che vivere, per mettere fine allo schifo che ha intorno. Purtroppo spesso in prigione la vita è un lusso che non ti puoi permettere e per smettere di soffrire non puoi fare altro che arrenderti, perché in molti casi nelle nostre “Patrie Galere” vale più la morte che la vita. Spero che un giorno qualcuno finalmente si domandi perché molti detenuti in Italia preferiscono morire piuttosto che vivere. Spesso mi chiedo: ma il suicidio di un detenuto non rientra forse nella legittima difesa? Credo che sotto certi aspetti sia più “normale” e razionale chi si suicida, rispetto a chi continua a vivere nella sofferenza. Uccidersi non è facile, ma vivere nelle patrie galere italiane è ancora più difficile. Per questo nelle carceri italiane si continua a morire. I nostri politici dovrebbero sapere che in carcere si muore in tanti modi: di malattia, di solitudine, di sofferenza, di ottusa burocrazia e d’illegalità. Riuscire a vivere nelle galere italiane è diventato un lusso che alcuni detenuti non si possono permettere. Per questo a volte ammazzarsi diventa una vera e propria necessità. E questa non è una libera scelta, come alcuni cinici potrebbero pensare, ma è legittima difesa contro l’emarginazione e la disperazione. By Carmelo Musumeci

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Suicidi in carcere

Posted by fidest press agency su venerdì, 19 agosto 2022

Il Coordinamento Carcere Due Palazzi di Padova (v. in calce realtà che aderiscono) esprime profonda preoccupazione per la situazione delle carceri italiane. Il numero impressionante e in continuo aumento di suicidi (uno anche nella Casa di Reclusione di Padova pochi giorni fa) è uno dei sintomi del disagio in cui vive la popolazione detenuta, un disagio profondo, aggravato da due anni e mezzo di pandemia: ricordiamo che il covid ha interrotto/ridotto i contatti con i familiari, interrotto per lunghi mesi le attività scolastiche, culturali, sportive, insomma le relazioni umane. In questi giorni voci autorevoli si sono levate per chiedere interventi concreti e immediati per alleviare la sofferenza e l’angoscia in particolare di quella parte della popolazione detenuta più fragile e priva di speranze per il futuro. Il coordinamento aderisce all’appello ‘Una telefonata ti può salvare la vita’ rivolto da don David Maria Riboldi, cappellano del carcere di Busto Arsizio, alla Ministra Cartabia e al Capo del DAP Carlo Renoldi affinché sia concesso il telefono nelle celle, come già avviene in altri paesi dell’Europa. Registriamo tra i detenuti anche una profonda delusione per la mancata approvazione della liberazione anticipata come “compensazione” per la doppia sofferenza vissuta durante la pandemia. Chiediamo: * liberalizzazione delle telefonate, come possibilità di ritrovare nei legami famigliari la forza di andare avanti nei momenti della disperazione * liberazione anticipata speciale per Covid Come operatori, a titolo diverso attivi nelle carceri, pensiamo che oggi sia assolutamente necessario dare risposte concrete, e subito. Per far rinascere la speranza.

Giustizia: Tra garantisti e giustizialisti. Un excursus storico
La situazione carceraria italiana

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“E’ l’estate dei suicidi in carcere”

Posted by fidest press agency su giovedì, 28 luglio 2022

Con il suicidio di Michael Mangano, 33 anni, che si è tolto la vita nella notte nel carcere di Pavia (avrebbe utilizzato un sacchetto di plastica), il trentottesimo suicidio dall’inizio dell’anno, salgono a nove quelli avvenuti in penitenziari lombardi, (2 a Monza, a Milano San Vittore e a Pavia, 1 rispettivamente a Como, Milano Opera, Sondrio). Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo sottolineando che “l’estate si conferma stagione problematica da gestire nelle carceri, mentre si è in attesa dell’avvio del piano di prevenzione della Regione Lombardia che contiene aspetti decisamente importanti come un programma individualizzato di presa in carico congiunta nel quale saranno indicati ulteriori interventi integrati degli operatori sanitari, di sostegno e di sorveglianza, secondo le necessità determinate dalle problematiche rilevate. Significativa, inoltre, la costituzione di uno staff multidisciplinare composto da rappresentanti del personale penitenziario e sanitario. Piuttosto come dimostra l’emergenza suicidi – dice Di Giacomo – si acceleri l’iter attuativo del piano. Come sostengono gli esperti, la pandemia se in generale ha accentuato situazioni di disagio mentale, apprensione ed ansia, ha avuto e continua ad avere ripercussioni ancora più gravi nelle carceri dove – aggiunge Di Giacomo – il personale di sostegno psicologico come quello sanitario in generale ha numeri ridotti e non riesce a far fronte all’assistenza ancor più necessaria negli ultimi due anni di Covid. Come sindacato è da tempo che abbiamo proposto l’istituzione di Sportelli di sostegno psicologico, tanto più contando su almeno 3 mila laureati in psicologia che nel nostro Paese non lavorano con continuità. Come per il personale penitenziario che continua a dare prova di impegno civico è sicuramente utile attivare corsi di formazione ed aggiornamento per essere maggiormente preparati ad affrontare casi di autolesionismo e suicidio, oltre naturalmente a provvedere rapidamente all’atteso potenziamento degli organici”. “Uno Stato che non riesce a garantire la sicurezza del personale e dei detenuti testimonia di aver rinunciato ai suoi doveri civici. L’incapacità – continua Di Giacomo – è ancora più irresponsabile in questa nuova fase di diffusione della pandemia. Una realtà che segna un trend di contagi in forte aumento in questa estate destinato dunque ad avere conseguenze impattanti e ad aggravare la situazione già di eccezionale emergenza della gestione delle carceri. Sminuire o nascondere la verità – aggiunge – può solo portare ad un’ulteriore sottovalutazione e a complicare le problematiche esistenti per la salute della popolazione carceraria e di chi lavora”. Fonte: http://www.sindacatospp.it

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Petros Markaris: La congiura dei suicidi

Posted by fidest press agency su giovedì, 23 giugno 2022

La nuova indagine del commissario Kostas Charitos collana Oceani, trad. Andrea Di Gregorio, pp. 288, 19 euro. Tra agitazioni sociali dovute alle chiusure, crisi economica, negazionisti, cospirazionisti e no vax, Kostas Charitos deve affrontare un’indagine complessa che lo porterà a scavare, una volta ancora, nel ventre molle di Atene e della sua gente, sfinita ma indomita. Atene sta affrontando il momento più duro dell’epidemia, la città è in lockdown e tutti soffrono le conseguenze psicologiche ed economiche delle restrizioni, anche la famiglia di Charitos. Per lui però, almeno al lavoro, è un periodo tranquillo, sembra che anche gli assassini preferiscano stare chiusi in casa. Ma la calma non può durare e quando un suo vecchio collaboratore, Vlasòpoulos, gli chiede consiglio riguardo una strana lettera d’addio lasciata da un vecchio che aveva deciso di farla finita e che inneggia a una fantomatica “Congiura dei suicidi” Charitos non può far altro che iniziare a indagare. Anche perché la lettera diventa un caso sui social, provoca manifestazioni contro le ristrettezze causate dal lockdown e i suoi superiori vogliono che scopra chi c’è dietro. La situazione peggiora quando altri anziani decidono di farla finita lasciando lettere molto simili ma, soprattutto, quando una banda di giovani che si firmano “Combattenti del 2021” cominciano una serie di sanguinose azioni per sabotare le vaccinazioni contro il Covid. Charitos, così, dovrà dividersi tra due difficili casi in una città semideserta e prostrata dal virus. In libreria dall’8 luglio

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I tredici gioielli suicidi, un libro di Michele Saglimbene

Posted by fidest press agency su giovedì, 17 febbraio 2022

La prima tiratura del libro I tredici gioielli suicidi di Michele Saglimbene (ottobre 2020) si è esaurita in tempi record, infatti la casa editrice Cavinato ha proceduto nel tempo ad effettuare varie ristampe. L’ultima risale a giugno dello scorso anno ed è impreziosita da 26 magnifiche illustrazioni di Bianca Tommasi. Di difficile catalogazione, il libro vanta dei bellissimi caratteri gotici nell’alveo del genere fantasy ed è disponibile in formato cartaceo e Kindle su Amazon.Sin dalle primissime pagine ci immergiamo in un mondo immaginato con dovizia di lussureggianti particolari sul guscio di una gigantesca tartaruga cosmica. Su di esso, si staglia una città incantata che vive ed esiste solo di notte. In quel luogo magico festeggiava una stirpe di principi degli incubi, capace di avverare paure ataviche e desideri viscerali. Nel contesto di un loro ballo in maschera in una reggia costruita di essenze musicali cristallizzate, era custodito il loro tesoro più prezioso, ovvero una serie di tredici gioielli, dove in ogni pietra era incastonata una storia. In palio la Libertà suprema per chi fosse stato in grado di decifrare completamente l’indovinello dei gioielli. Infinite le meraviglie crudeli, le danze di intrighi, i duelli e le erotiche seduzioni di questa grande festa, nata nella fantasia dell’autore con una precisione e un’accuratezza proprie dei grandi autori che coltivano il genere. Michele Saglimbene, nome d’arte Il Favolaio, nasce nel 1977 a Roma, dove consegue la laurea in Filosofia Morale. Poeta e scrittore, trova tra le forme espressive predilette anche la danza, tanto da raggiungere dapprima la fama in qualità di ragazzo immagine nelle discoteche Goth e Fetish della capitale. I suoi temi, influenzati dalla musica Goth e classica barocca, sono soprattutto un canale impiegato per esaminare l’animo umano ed esplorare – tramite i grandi archetipi delle fiabe e del racconto fantastico ed intimista – i temi classici di libertà, amore e morte, nonché dell’auto-scoperta.

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Ancora suicidi in carcere!

Posted by fidest press agency su martedì, 18 febbraio 2020

Tragedia a Bancali, detenuta si toglie la vita. Leggo: “Ennesima tragedia nel carcere sassarese di Bancali. Ieri, venerdì 14 febbraio, si è consumata nel carcere sassarese l’ennesima tragedia. Una detenuta italiana condannata, in espiazione pena, si è tolta la vita impiccandosi nella propria camera detentiva.” Da un’altra parte leggo: ” In Italia i reati diminuiscono e la mafia uccide di meno”. Quest’ultima affermazione mi ha fatto amaramente sorridere perché la mafia è stata superata abbondantemente dallo Stato. Lo Stato italiano e i suoi carceri producono morte e spingono al suicidio più della mafia, della ‘ndrangheta, della camorra e della sacra corona, tutte insieme. Lo Stato può essere orgoglioso di essere riuscito ad essere più cattivo e sanguinario dei delinquenti. Riesce persino a convincere i suoi nemici ad ammazzarsi da soli. In carcere si continua a morire. Forse in questo momento se ne sta suicidando un altro. E nessuno fa nulla. I politici, per consenso elettorale, gridano “Tutti dentro”, fuorché loro ovviamente. La gente onesta preoccupata ad arrivare alla fine del mese e a pagare la rata del mutuo, non ha tempo per preoccuparsi di qualche detenuto o detenuta che si toglie la vita perché stanco di soffrire. Non solo i mafiosi, anche le persone “oneste” non sentono, non vedono e non parlano. I “buoni” difendono solo i “buoni”, i cattivi possono continuare a togliersi la vita in silenzio. In carcere si dovrebbe perdere solo la libertà, non la vita. Se questo accade non è colpa di chi si toglie la vita, ma di chi non l’ha impedito. La morte è l’unica cosa che funziona in carcere. È l’unica possibilità che hai fra quelle mura per non impazzire e per smettere di soffrire. Di questo passo il sovraffollamento sarà risolto dagli stessi detenuti. A chi importa che in uno dei luoghi più controllati e sorvegliati della società, muoiano le persone come mosche? Importa a me e per sapere cosa pensa e cosa fa un detenuto che decide di togliersi la vita leggete queste parole:”Si mise il cappio intorno al collo. Diede un calcio allo sgabello. Sentì una terribile morsache lo stringeva al collo. Si sentì soffocare. Sempre di più… sempre di più. Sentì barcollare il suo corpo da destra a sinistra, come un pendolo. Gli mancò il respiro. Il petto gli sussultò. I muscoli del collo gli si torsero. La bocca si aprì sempre più larga per cercare aria. La vista gli si annebbiò. I colori svanirono. Si sentiva galleggiare nello spazio. Non sentiva più il peso del suo corpo. Si sentiva leggero. Sentiva che la testa era circondata dalle stelle. Era bello morire. Non sentiva dolore. Non stava sentendo più nulla. Stava incominciando a sentirsi morto. Iniziò a vedere in bianco e nero.
Gli sembrò di non vedere né udire più nulla. Si accorse che stava morendo. Si sentì contento da morire. Presto la sua pena sarebbe finita. Non stava neppure soffrendo. Sembrava che stesse morendo un altro al posto suo. Molto presto non avrebbe avuto nulla più da preoccuparsi. Pochi secondi e la sua vita sarebbe finita. La morte era accanto a lui. Lo stava abbracciando. Lei lo guardava con desiderio, persino con amore.” (Carmelo Musumeci)

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Carceri: Fp Cgil, per agenti suicidi e aggressioni in aumento

Posted by fidest press agency su venerdì, 6 aprile 2018

Decine di suicidi e migliaia di aggressioni, con numeri in continuo aumento: accade nelle carceri italiane, vittime gli agenti di polizia penitenziaria. Sono, infatti, 35 i suicidi e 2.250 le aggressioni subite negli ultimi cinque anni dai poliziotti penitenziari. Un trend in aumento che svela tra le righe le reali condizioni di lavoro del corpo, al limite delle possibilità. Questo il fenomeno registrato da dati ufficiali raccolti dalla Funzione Pubblica Cgil Polizia Penitenziaria. Un nuovo step della campagna della categoria dietro le parole ‘dentro a metà’ lanciata proprio per mostrare le condizioni di vita e di lavoro del personale di Polizia Penitenziaria.
Tra il 2013 e il 2017, in soli cinque anni, secondo i dati raccolti dalla Fp Cgil Pol Pen, 35 sono stati i poliziotti penitenziari che si sono tolti la vita, il più delle volte con l’arma di ordinanza. Le aggressioni invece arrivano a 2.250, nello stesso periodo di riferimento. Un fenomeno che appare essere “in forte aumento”, tenendo conto delle 344 violenze registrate nel 2013 a fronte delle 590 del 2017. “Dati che segnalano una condizione di vita e di lavoro allo stremo delle possibilità”, commenta Massimiliano Prestini, coordinatore nazionale della Fp Cgil Polizia Penitenziaria, nel sottolineare che: “La cosa che preoccupa di più è che l’amministrazione penitenziaria non ha risposto alla nostra pressante richiesta di avviare un confronto su una situazione lavorativa la cui gravità non può essere ignorata. Benessere e sicurezza devono diventare priorità nella gestione delle carceri del nostro Paese”. “Non si può pensare di contrastare il fenomeno dei suicidi solo con l’istituzione di un numero verde. Tanto per cominciare servono presidi su tutto il territorio nazionale”, osserva Prestini nel ricordare che la risposta dell’amministrazione penitenziaria per contrastare il fenomeno è stata l’istituzione di una linea telefonica presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma a cui il personale può rivolgersi per consulenze.Quella dell’aumento delle aggressioni subite dal personale, fa sapere Prestini, “non è altro che una conseguenza della decisione di tenere le celle aperte nelle carceri e di non impegnare i detenuti in alcun tipo di attività durante tutta la giornata. Se si vuole attuare un nuovo tipo di vigilanza serve più personale nelle carceri, supporto tecnologico per la vigilanza e soprattutto attività lavorative che possano favorire il reinserimento sociale del reo”. Per queste ragioni, conclude Prestini, “se il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non affronterà il problema, le condizioni delle carceri saranno destinate a peggiorare, riportandoci alla situazione di illegittimità sanzionata in un recente passato dall’Europa”.

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Suicidi d’estate

Posted by fidest press agency su lunedì, 7 agosto 2017

suicidi d'estateLa notizia dell’ennesimo suicidio in carcere mi ha fatto pensare che l’Assassino dei Sogni (il carcere, come lo chiamo io) convince a togliersi la vita più d’estate che d’inverno. Che amarezza però che quasi nessuno ne parli e dica che la sofferenza che c’è in un carcere non si trova in nessun altro luogo, neppure nelle corsie di un ospedale. I suicidi dall’inizio di quest’anno sono arrivati a 32, per un totale di 68 morti.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica ho pensato di dare voce a qualche detenuto che s’è tolto la vita (che altro posso fare?) raccontando la storia di Melo, un prigioniero che ho conosciuto molto bene. Melo attaccò lentamente la cintola dell’accappatoio alle sbarre della finestra.
La osservò con attenzione. E pensò che in fondo la sua non era stata una brutta vita.
Aveva sempre vissuto come aveva potuto. E non certo come avrebbe voluto, ma non aveva mai smesso di amare l’umanità, anche quando questa l’aveva maledetto e condannato a essere cattivo e colpevole per sempre.Ricordò che i filosofi non consideravano la scelta di suicidarsi un crimine o un peccato, ma solo un modo di abbandonare la scena quando la vita diventava inutile. E la sua vita, oltre che inutile, ora era diventata anche insopportabile. Si augurò di non svegliarsi mai più.
Né in paradiso né all’inferno.Ne aveva già abbastanza di questo mondo.E anche dell’altro, dove presto sarebbe andato.Melo non temeva la morte.Era già da tanto tempo che l’aspettava.E lei, per fargli dispetto e per continuare a lasciarlo in prigione, ritardava a venire.Ora però sarebbe stato lui ad andare da lei.
Ogni prigioniero resiste a stare in carcere fino a un certo punto, che varia secondo la storia di ognuno.Poi per alcuni, ad un certo momento, non rimane altro che impiccarsi alle sbarre della finestra della propria cella.
Melo aveva già superato questo limite da molti anni, ma non aveva ancora avuto il coraggio di togliersi la vita in quel modo. Troppi ne aveva visti di prigionieri appesi alle sbarre.Era terrorizzato di fare quella fine.
Una volta aveva tentato di salvarne uno, senza riuscirci, tenendolo per i piedi.
Avrebbe preferito scappare dall’Assassino dei Sogni con una morte dolce, ma non poteva certo andare in Svizzera per chiedere l’eutanasia.Melo camminò un po’ per la cella, avanti e indietro.Poi si sdraiò sulla branda.Fissò il soffitto macchiato di umidità, per una diecina di minuti.Si scrollò gli ultimi dubbi di dosso e non ci volle pensare più.
Si guardò intorno, quasi per paura che qualcuno lo potesse vedere e impedirgli di fuggire per sempre dall’Assassino dei Sogni.Tentò un debole sorriso a se stesso.
Si tolse la malinconia con una scrollata di spalle.
In tutti questi anni ci aveva pensato anche troppo.
Montò sullo sgabello.
E lo fece cadere.
Subito dopo ebbe la sensazione di annegare.
Sentì il cuore addormentarsi.
Fissò le sbarre della finestra.
E si consolò pensando che era l’ultima volta che le vedeva.
Provò la sensazione che le pareti della cella si stessero stringendo verso di lui.
Poi venne il buio.
Ed era così denso che sembrava gli sorridesse.
La morte e la libertà erano così vicine che sarebbe bastato allungare la mano per toccarle. E lo fece.
Prima toccò la morte.
Poi abbracciò la libertà.
Pensò che finalmente ce l’aveva fatta.
Era finalmente libero.
Cadde nel torpore.
Smise di respirare.
E dopo trentatré anni di carcere Melo fu finalmente libero.
Uscì per sempre dalla sua vita.
E si addormentò, come sanno fare solo i morti.
(By Carmelo Musumeci) (foto: suicidi d’estate)

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Africa: attacchi suicidi di bambini

Posted by fidest press agency su venerdì, 14 aprile 2017

africa7Secondo il rapporto dell’UNICEF pubblicato oggi, ‘Silent Shame: Bringing out the voices of children caught in the Lake Chad crisis’, il numero di bambini utilizzati in attacchi suicidi nel conflitto del lago Ciad – che coinvolge Nigeria, Ciad, Niger e Camerun – è aumentato a 27 nei primi tre mesi del 2017, rispetto ai 9 casi nello stesso periodo dell’anno scorso. Secondo il rapporto questo incremento rispecchia una pericolosa tattica dei ribelli. Finora, dal 2014, sono stati utilizzati 117 bambini per portare a termine attacchi con bombe in luoghi pubblici in Nigeria, Ciad, Niger e Camerun: 4 nel 2014, 56 nel 2015, 30 nel 2016 e 27 solo nei primi tre mesi del 2017. Nella maggior parte di questi attacchi sono state utilizzate ragazze. Per questo, le ragazze, i ragazzi e anche i bambini vengono visti con maggiore timore presso i mercati e ai checkpoint, in quanto si sospetta che trasportino esplosivo.“Nei primi tre mesi di quest’anno, il numero di bambini utilizzati in attacchi con bombe equivale quasi al numero complessivo dello scorso anno – questo è l’utilizzo peggiore possibile di bambini in un conflitto,” ha dichiarato Marie-Pierre Poirier, Direttore regionale UNICEF per l’Africa Centrale e Occidentale. “Questi bambini sono vittime, non colpevoli. Costringerli o raggirarli per utilizzarli in questo modo è riprovevole.”
Il rapporto, lanciato tre anni dopo il rapimento di oltre 200 studentesse a Chibok, fornisce racconti preoccupanti di bambini cresciuti in cattività per mano di Boko Haram e su come questi bambini siano guardati con sospetto quando tornano nelle proprie comunità.
Nelle interviste, molti bambini che sono stati associati a Boko Haram hanno dichiarato di non parlare con nessuno della loro esperienza perché hanno paura sia di essere stigmatizzati, sia di possibili rappresaglie violente da parte delle loro comunità. Molti di loro sono costretti a sopportare gli orrori subiti in silenzio e si allontanano da altri gruppi per paura di essere banditi o stigmatizzati.Il rapporto, inoltre, sottolinea le sfide che le autorità locali devono affrontare con i bambini che sono stati fermati ai checkpoint e presi in custodia amministrativa per fare loro domande e controlli, facendo crescere la preoccupazione sui prolungati periodi di custodia. Nel 2016, circa 1.500 bambini sono stati in custodia amministrativa in Nigeria, Ciad, Niger e Camerun. Il rilascio di oltre 200 bambini dalle autorità nigeriane, il 10 aprile, rappresenta un passo positivo per la protezione dei bambini colpiti dalla crisi in corso.

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Italia: aumentano i suicidi

Posted by fidest press agency su giovedì, 5 febbraio 2015

cinzia pellegrino«La crisi economica è sempre più fonte di disgregazione e tragico elemento di disperazione sociale. Soltanto nei primi 9 mesi del 2014 i suicidi per cause economiche in Italia erano cresciuti del 59,2%. Un bollettino di guerra al quale bisogna cercare in tutti i modi di porre un freno. Noi non vogliamo rassegnarci, non vogliamo essere complici del fatto che ci si possa quasi abituare a sentire queste notizie e che quindi passino in silenzio, come fredde statistiche. Per questo metteremo a disposizione, a partire dalla prossima settimana, uno Sportello del Cittadino in ogni Municipio della Capitale a sostegno di famiglie ed aziende, nel quale forniremo consulenza gratuita per ottenere la riduzione delle spese di luce e gas o la verifica dei contatori, su come contestare fatture e conguagli, su come ricevere assistenza legale per quanto riguarda le contestazioni alle pratiche di Equitalia, per la verifica dei tassi di usura di mutui e prestiti bancari e a difesa del consumare. Con questa iniziativa intendiamo lanciare un messaggio chiaro e cioè che il suicidio non può mai essere, per nessun motivo, una soluzione e che ci si può aiutare l’un l’altro per superare questi momenti difficili: perché nessuno è solo. Dobbiamo riscoprire il valore della solidarietà e della difesa dei nostri diritti, per uscire da una crisi che oltre che economica è prima di tutto valoriale». E’ quanto dichiara Cinzia Pellegrino, referente romana del Dipartimento di Fratelli d’Italia-An dedicato alla tutela delle Vittime di violenza, nella Giornata di lutto Nazionale per le Vittime della crisi.

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Suicidi imprenditori

Posted by fidest press agency su martedì, 8 Maggio 2012

“Con l’ennesimo tentativo di suicidio mi chiedo: Chiudere le imprese e portare gli imprenditori all’esasperazione è una volontà governativa?”. A dichiararlo è il presidente di Confartigianato Imprese Palermo, Nunzio Reina che punta il dito contro un meccanismo che ritiene “lesivo della dignità personale degli artigiani. La parola “dignità” – precisa – non è una parola vuota, ma descrive pienamente l’umiliazione che stritola chi è a capo di un’impresa e non riesce a riempire dei buchi che si trasformano i voragini. L’artigiano vive dodici ora col proprio dipendente, quando non riesce più a pagarlo non può nemmeno guardarlo più negli occhi, sentendosi impotente”. Alla base di una condizione critica, secondo Reina, le imposte indirette, i costi d’impresa e l’Imu. “Anche quest’ultima tassa – ribadisce il presidente – si ripercuote sia sugli imprenditori che possiedono un immobile, ma, indirettamente, anche con chi ce l’ha in locazione, perché l’affitto aumenterà al rinnovo del contratto. Insomma, un cane che si morde la coda. Inoltre, la serie di sanzioni prevista per il mancato pagamento delle imposte indirette, dovrebbe essere annullata, per non parlare poi – aggiunge Reina – degli interessi, che dovrebbero essere ridotti. Lo Stato doveva inoltre rimborsare l’Iva, il pagamento è adesso arrivato, è stato definito quasi come una vittoria, ma in realtà è arrivato in ritardo, per il quale non c’è stata alcuna sanzione. Quest’ultima è forse prevista solo per gli artigiani? Come fa un imprenditore in difficoltà a sostenere tutto questo? Quando le banche chiudono la porta in faccia, quando non arrivano i pagamenti dalla pubblica amministrazione, l’unica alternativa resta l’usura. Propongo quindi – sottolinea Reina – un migliore monitoraggio da parte delle associazioni antiusura. La scia di suicidi deve terminare, perché non è una scelta condivisibile e si ripercuote sull’intera famiglia dell’imprenditore, che non c’entra nulla”.

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Così si muore in galera

Posted by fidest press agency su martedì, 3 gennaio 2012

Incubo carcere

Image by Simone Ramella via Flickr

Comunicato stampa di Ornella Favero per Ristretti Orizzonti,Patrizio Gonnella per Antigone, Luigi Manconi per A Buon Diritto:
Anno 2011 Totale delle morti in carcere: 186 Di cui:
– per suicidio: 66
– per cause da accertare: 23 (in corso indagini giudiziarie)
– per cause naturali: 96
– per omicidio: 1
Età media dei detenuti morti: 39,3
Età media dei detenuti suicidi: 37,8
Suicidi:
– italiani: 45
– stranieri: 21
– uomini: 64
– donne: 2
Metodo utilizzato:
– impiccagione: 44
– inalazione gas: 12 (da bomboletta butano)
– avvelenamento: 6 (con farmaci, droghe, detersivi, etc.)
– soffocamento: 4 (con sacco infilato in testa, etc.)
Condizione detentiva:
– sezione “comune”: 46
– sezione “internati”: 10 (Opg 9, Casa di Lavoro 1)
– sezione “isolamento”: 4 (Isolati per disposizione dell’A.G.)
– sezione “protetti”: 3
– sezione “infermeria”: 2
– sezione “alta sicurezza”: 1
Posizione giuridica:
– condannati con sentenza definitiva: 28
– attesa di primo giudizio: 27
– condannati in primo grado: 3
– misura di sicurezza detentiva: 8
Istituti Penitenziari: numero suicidi, numero medio detenuti nell’anno e tasso affollamento:
Torino: 4 suicidi, (1.650 presenti, 146% affollamento)
Padova C.R.: 3 suicidi, (840 presenti, 184% affollamento)
Genova Marassi: 3 suicidi, (760 presenti, 170% affollamento)
Bologna: 2 suicidi, (1.150 presenti, 220% affollamento)
Cagliari: 2 suicidi, (540 presenti, 157% affollamento)
Castrovillari (Cs): 2 suicidi, (285 presenti, 217% affollamento)
Livorno: 2 suicidi, (500 presenti, 175% affollamento)
Opg Aversa (Ce): 2 suicidi, (350 presenti, 135% affollamento)
Opg Barcellona P.G. (Me): 2 suicidi, ( 350 presenti, 80% affollamento)
Perugia: 2 suicidi, (370 presenti 165% affollamento)
Poggioreale (Na): 2 suicidi, (2.600 presenti, 160% affollamento)
In altri 40 Istituti: 1 suicidio ciascuno Relazione tra frequenza dei suicidi e tasso di sovraffollamento Il tasso medio di sovraffollamento a livello nazionale è pari a circa il 150% (circa 68.000 detenuti in 45.000 posti). In tutti gli Istituti nei quali si è registrato più di un suicidio nell’anno 2011 il tasso di sovraffollamento risulta essere superiore alla media nazionale. In particolare si segnala il carcere di Castrovillari (Cs), con 2 suicidi su “soli” 285 detenuti presenti e una media del 217% di affollamento.

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La politica va in ferie, i detenuti no

Posted by fidest press agency su sabato, 7 agosto 2010

Luigi Manconi presidente di A Buon Diritto dichiara: “mi auguro di tutto cuore che il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Franco Ionta, possano trascorrere ferie serene. Ma, se appena appena ne trovassero il tempo mi auguro che considerino il seguente dato: questa notte si è suicidato, a Brindisi, il quarantunesimo recluso dell’anno 2010. Se l’autolesionismo continuasse con questo ritmo, a fine anno avremmo un numero di suicidi come mai nella storia della Repubblica e ai quarantuno detenuti che si sono tolti la vita vanno aggiunti almeno quattro agenti di polizia penitenziaria e un alto dirigente dell’amministrazione. Parlare di strage forse non è eccessivo”.

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Da inizio anno 101 suicidi in carcere

Posted by fidest press agency su sabato, 17 luglio 2010

Sono 101. In faccia ad un sistema che non se ne cura, in faccia ad un’opinione pubblica per la quale il fenomeno non esiste, in faccia ad uno Stato che non vedendo il problema, non si preoccupa della soluzione.  Centouno, la carica dei detenuti suicidi. Centouno dall’inizio dell’anno. «L’aumento vertiginoso dei suicidi in carcere negli ultimi anni ci obbliga a concepire nuovi modelli organizzativi, che risolvano come da Costituzione i problemi delle disfunzioni, del sovraffollamento e della crescente invivibilità delle carceri», dice Lea Del Greco, viceresponsabile per la Giustizia dell’Italia dei Diritti.  Costituzione Italiana, articolo 27, terzo comma:«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Rincara la dose l’esponente del movimento guidato da Antonello De Pierro:«Ho la ferma convinzione che il circuito penitenziario non possa e non debba essere concepito come luogo vuoto di diritto, in cui possa accadere di tutto, purché non si sappia all’esterno».  Problemi che trovano da soli la loro soluzione. Un lenzuolo attorno al collo sotto gli occhi di una telecamera di controllo, come nel caso di Spada. O vetri nello stomaco. O gas inalato da fornelletti da campo. O vene tagliate con mezzi di fortuna, quando l’equilibrio già precario tra disperazione e costrizione diventa insostenibile. «Manca del tutto una reale indagine sulle cause scatenanti dietro a gesti tanto estremi – continua la Del Greco – che deve essere tempestiva, e scattare molto prima che vengano oltrepassati i limiti della tollerabilità umana. E poi serve più trasparenza rispetto alle regole interne alle carceri. E lo sviluppo di un sistema di pene più aderente al Trattato costituzionale».

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