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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 176

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L’ebola falcidia i bambini del Congo

Posted by fidest press agency su venerdì, 9 agosto 2019

Più di 500 bambini hanno già perso la vita a causa della terribile epidemia di Ebola in corso nella Repubblica Democratica del Congo, con un’accelerazione di decessi che si è registrata in particolare negli ultimi sei mesi, denuncia Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro.Nei sei mesi successivi al 1 agosto 2018, quando l’Ebola ha cominciato a diffondersi nel Paese, i decessi tra i bambini erano meno di 100, mentre si sono più che quadruplicati negli ultimi mesi, sottolinea l’Organizzazione. In totale, circa 740 minori sono stati infettati dal virus dall’inizio dell’epidemia.“Siamo di fronte a un ulteriore tragico punto critico durante questa epidemia che sta avendo un impatto devastante sui bambini, specialmente quelli più piccoli. Circa il 40% dei minori che hanno contratto la malattia, infatti, hanno meno di cinque anni e molti di loro sono morti. Le conseguenze sono molto gravi anche perché, a causa dell’elevato tasso di mortalità, migliaia di bambini hanno perso almeno uno dei loro genitori a causa della malattia o sono rimasti separati da essi”, ha affermato Heather Kerr, Direttrice di Save the Children in Repubblica Democratica del Congo.Il virus, sottolinea inoltre l’Organizzazione, mette i bambini davanti al rischio di essere stigmatizzati, isolati o abbandonati, e di rimanere quindi vittime di ogni tipo di abuso e sfruttamento o di essere reclutati nei gruppi armati. Molti bambini, poi, non vanno a scuola perché i loro genitori sono morti e chi si prende cura di loro non può permettersi di pagare le tasse scolastiche, o perché le scuole vengono chiuse a causa dell’insicurezza costante.“Anziché retrocedere, negli ultimi sei mesi l’epidemia di Ebola ha subito una forte accelerazione, e la situazione sta degenerando proprio davanti ai nostri occhi se consideriamo i quattro casi registrati a Goma, una città di oltre un milione di abitanti. L’Oms – ha proseguito Heather Kerr – ha dichiarato che si tratta di un’emergenza di carattere internazionale e a questo dovrebbe seguire un maggiore sostegno da parte della comunità internazionale. È fondamentale, in questa fase, identificare le persone contagiate, garantire ai malati le cure di cui hanno bisogno e dare una sepoltura sicura alle persone decedute. Inoltre è quanto mai urgente lavorare per costruire la fiducia nelle comunità locali in modo da sensibilizzare in modo chiaro sulla portata della pericolosità dell’Ebola”.I team di Save the Children che operano nella Repubblica Democratica del Congo sono impegnati sul campo sin dalla prima settimana della diffusione dell’epidemia di Ebola e da allora sono state raggiunte più di 1,1 milioni di persone, di cui più di 834.000 bambini.
L’Organizzazione, in particolare, sta supportando il Ministero della Salute per la prevenzione e il controllo delle infezioni e l’erogazione di servizi igienico-sanitari nelle cliniche, oltre a fornire il supporto di cui hanno bisogno alle comunità locali, anche attraverso la diffusione di messaggi di sensibilizzazione per prevenire la malattia. I nostri team, inoltre, forniscono supporto per quanto riguarda la ricerca e l’identificazione dei casi di contagio.Grazie alle nostre attività di sensibilizzazione delle comunità, solo lo scorso giugno, abbiamo raggiunto 58.290 famiglie e più di 245.000 persone, tra cui oltre 110.000 bambini, attraverso messaggi salvavita sulla prevenzione e l’individuazione dell’Ebola.

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L’Epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo

Posted by fidest press agency su lunedì, 5 agosto 2019

L’epidemia di di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo compie un anno ed entra nel suo secondo anno di vita ancora incontrollata. La settimana scorsa l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato lo stato di emergenza internazionale (PHEIC, Public-Health Emergency of International Concern) in merito all’epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo. In un anno questa epidemia ha già colpito 2.700 persone, con 1.800 decessi. La decisione dell’OMS è giunta però soltanto adesso, dopo che è stato registrato il primo caso a Goma, città di oltre un milione di abitanti con un aeroporto internazionale al confine con il Ruanda. Il paziente era un pastore che era arrivato da Butembo passando attraverso 3 posti di controllo sanitario senza che venisse fermato. La dichiarazione di PHEIC facilita la condivisione di informazioni per la valutazione del rischio, permette al comitato di emergenza dell’OMS di dare agli stati membri raccomandazioni temporanee e, soprattutto, facilita a livello internazionale le attività diplomatiche, di salute pubblica, di sicurezza e di logistica, oltre a permettere l’utilizzo di maggiori risorse finanziarie. Un secondo caso è stato identificato a Goma il 30 luglio in un cercatore d’oro che aveva percorso 70 chilometri nel Paese, ma non è collegato in nessun modo con il primo. Si tratta della quinta volta nella sua storia che l’OMS preme il tasto rosso dell’allarme globale: era già successo nel 2009 con l’influenza aviaria, nel 2014 con la polio, nel 2013-2016 con l’epidemia di Ebola in Africa Occidentale, nel 2016 con l’epidemia di Zika. Ognuna di queste emergenze ha mostrato varie criticità nei protocolli internazionali di risposta, evidenziando la necessità di migliorare le infrastrutture, la ricerca scientifica, e le procedure di diagnosi nelle aree più a rischio. L’attuale epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, la nazione dove il virus fu isolato per la prima volta nel 1976, ha già raggiunto per numero di persone infettate e di decessi il secondo posto tra le epidemie di Ebola, dietro quella che in Africa occidentale tra il 2014 e il 2016 colpì 28.000 persone, uccidendone oltre 11.000. Questa epidemia di Ebola si sta rivelando però di difficile gestione, nonostante i controlli clinici effettuati su più di 70 milioni di persone e le oltre 160.000 dosi di vaccino somministrate alle fasce di popolazione più a rischio ed agli operatori sanitari. A complicare la situazione il fatto che le province maggiormente colpite, North Kivu e Ituri, da anni sono interessate da conflitti armati: più di 70 sono stati sino ad oggi gli attacchi a ospedali, ambulatori ed operatori sanitari. È quindi probabile che il numero effettivo degli infettati e dei decessi sia superiore a quello ufficiale, proprio perché in molte aree del focolaio epidemico l’attività degli operatori sanitari è difficile e pericolosa.
Quali i potenziali rischi per il nostro paese? Al riguardo il prof. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’INMI “Lazzaro Spallanzani” di Roma e coordinatore per l’Italia del GVN,Ippolito precisa che “L’epidemia di Ebola del 2014- 2016 ha visto in prima fila l’INMI, con la partecipazione dei nostri virologi e medici alle missioni internazionali nei paesi colpiti dall’epidemia come la Sierra Leone o la Guinea, e con la gestione dei due pazienti italiani che contrassero la malattia nelle aree di contagio e che furono curate con successo nel nostro ospedale a Roma. L’esperienza maturata dagli operatori dell’INMI nelle aree nelle quali si sono verificate negli ultimi anni le epidemie di Ebola e di altre malattie come Dengue, Chikungunya, Malaria, dimostra chiaramente come l’investimento in cooperazione internazionale in campo sanitario produca benefici concreti anche per i cittadini e i contribuenti italiani. Ciò che
abbiamo appreso in quella occasione costituisce infatti un prezioso patrimonio a disposizione della collettività oggi che Ebola torna ad affacciarsi sulla scena, per cui possiamo senz’altro dire che siamo pronti per affrontare questa emergenza nel caso in cui si dovessero verificare dei casi anche nel nostro paese”.

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Ebola: Save the Children

Posted by fidest press agency su lunedì, 8 aprile 2019

Nella Repubblica Democratica del Congo, nelle ultime due settimane l’epidemia di ebola ha fatto registrare un record di nuovi casi. Sono stati, infatti, 57 nella prima e 72 nella seconda per un totale di 1.100 casi segnalati fino ad oggi. I bambini morti a causa malattia sono già 100. La scorsa settimana, più della metà delle morti di ebola si sono verificate al di fuori dei centri di trattamento, aumentando in modo rilevante la possibilità di contagio. A rendere ancora più drammatica la situazione, ci sono i crescenti conflitti che ostacolano la lotta alla diffusione della malattia. È l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, che sta cercando di combattere la disinformazione e le ostilità formando circa 1.200 operatori sanitari e 1.000 capi di comunità.“Le sfide che devono essere affrontate per debellare la malattia sono enormi. Sono stati fatti progressi, ma questo picco di casi mostra che qualsiasi passo avanti potrebbe essere vanificato. Con l’approccio sbagliato, la paura e il sospetto potrebbero ancora sopraffare la lotta contro l’Ebola” dichiara Heather Kerr, direttore di Save the Children nella Repubblica Democratica del Congo.“Save the Children lavora 24 ore su 24 all’interno e a fianco delle comunità per combattere la malattia, per garantire che le persone sappiano come proteggersi e per far sì che si sentano supportate nella terribile esperienza di aver contratto la terribile malattia in casa propria” prosegue Kerr che aggiunge che il conflitto che affligge da tempo l’area combinato con la diffusione dell’ebola getta i bambini in un costante stato di paura e di sconforto” prosegue Kerr.Il picco dei casi arriva poco dopo le segnalazioni di quattro attacchi in sole due settimane alle strutture di trattamento dell’ebola o a quelle di transito.“I bambini sono arrabbiati per ciò che gli sta accadendo. Per anni hanno dovuto assistere a vicini, persone care e amici uccisi brutalmente nel conflitto mentre lavoravano nei campi o camminavano per le strade. E ora l’ebola non si sta solo prendendo altre vite, ma sta anche distruggendo la relazione tanto necessaria per i bambini con le loro famiglie e con i loro amici, perché non possono toccarsi o confortarsi a vicenda. Vivono nella costante paura di contrarre la malattia ma anche di essere attaccati da gruppi armati” conclude Kerr.
Sono più di un milione le persone raggiunte da Save the Children che hanno ricevuto informazioni sulla malattia. Il lavoro dell’Organizzazione include la creazione di strutture di screening e l’individuazione delle persone che sono entrate in contatto con il virus per evitare una diffusione ulteriore. Il team dell’Organizzazione nel Nord Kivu sottolinea che la sfiducia diffusa nei confronti degli sforzi per arginare la malattia rende più difficile combattere l’epidemia e raggiungere i minori che hanno più bisogno di supporto.L’Organizzazione sta attualmente supportando 39 strutture sanitarie nel Nord Kivu e a Ituri e 44 strutture sanitarie a Petit North Kivu (Goma e aree limitrofe) per la prevenzione e il controllo delle infezioni, per la formazione degli operatori sanitari e per le aree di triage.

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Congo Ebola Outbreak: A Public Health Emergency of International Concern

Posted by fidest press agency su lunedì, 11 febbraio 2019

AIDS Healthcare Foundation (AHF) echoes calls by authors of a recent article in The Lancet for World Health Organization (WHO) Director-General Dr. Tedros Ghebreyesus to reconvene the Emergency Committee to consider declaring a Public Health Emergency of International Concern (PHEIC), opening the doors for increased international cooperation to stamp out the current Ebola outbreak that is ravaging the Democratic Republic of the Congo (DRC).“Traditional methods for containing Ebola in the Congo simply will not work,” said AHF President Michael Weinstein. “Not only are we seeing an over 50% mortality rate, ongoing political instability and armed conflict are disrupting response efforts and making the populace increasingly distrustful. To further complicate the situation, migration from affected areas threatens the entire region. AHF calls on the WHO to reconvene the Emergency Committee and declare a PHEIC. Ebola is a world problem – not an Africa problem – and the WHO should have every asset at its disposal that the international community can provide. That cannot happen if the status quo is maintained.” It is clear that this outbreak meets the criteria for declaring a PHEIC—it must be put into place. The WHO’s response cannot falter under the pressures of violence and instability, and it must leverage everything in its power to stop the current outbreak. AHF believes it is time to run towards the danger and respond to the call.

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Repubblica Democratica del Congo: mobilitazione contro Ebola

Posted by fidest press agency su martedì, 18 settembre 2018

L’UNICEF si è subito attivato nella risposta contro Ebola nella Repubblica Democratica del Congo per fornire sostegno a migliaia di persone, compresi i bambini, a rischio nella città di Butembo, a seguito della recente conferma da parte del Governo di due nuovi casi di Ebola.
“Butembo è un’importante città commerciale e ha quasi un milione di abitanti. C’è quindi un rischio reale che il virus possa diffondersi rapidamente in un centro abitato così vasto”, ha detto Gianfranco Rotigliano, rappresentante dell’UNICEF nella R.D. del Congo durante la sua missione a Butembo. “Il numero di casi confermati di Ebola a Butembo rimane limitato, ma dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che l’epidemia sia controllata in questa fase iniziale”.L’UNICEF sta ampliando la risposta di Ebola e sta impiegando a Butembo un team di 11 specialisti in sensibilizzazione delle comunità, istruzione, assistenza psico-sociale, acqua, servizi igienico-sanitari per aiutare a contenere la malattia ed evitare un’ulteriore diffusione dell’epidemia. L’UNICEF ed i suoi partner hanno già dato priorità ai quartieri di Butembo con casi confermati di Ebola e alle persone che sono state in contatto con persone colpite.
I team multidisciplinari dell’UNICEF comprendono antropologi, che assicurano che la risposta sia sensibile alle credenze e alle pratiche culturali, in particolare per quanto riguarda la cura delle persone malate, e per affrontare le preoccupazioni della popolazione riguardo a sepolture sicure e dignitose. A Ndindi, i comitati locali stanno lavorando a stretto contatto con l’UNICEF per identificare e attuare attività di sensibilizzazione. I comitati locali hanno contribuito ad attivare camion per sensibilizzare la comunità con megafoni che attraversano il quartiere. L’UNICEF ha fornito a 120 leader locali telefoni cellulari per rafforzare la diagnosi precoce e la segnalazione ai servizi sanitari di persone sospettate di essere state colpite.

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Ebola: aiuti a 82mila bambini in 250 scuole in RD Congo

Posted by fidest press agency su sabato, 1 settembre 2018

Dato che oltre 82.500 bambini si preparano al nuovo anno scolastico nelle aree colpite da Ebola nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, l’UNICEF sta ampliando i programmi per l’istruzione, la salute, l’acqua e i servizi igienico-sanitari per aiutare le scuole a fornire ambienti per l’apprendimento sicuri per bambini e insegnanti. Il Governo della Repubblica Democratica del Congo ha recentemente deciso di procedere come pianificato con l’inizio dell’anno scolastico nelle provincie colpite di Nord Kivu e Ituri, dove circa 250 scuole figurano nell’elenco delle zone sanitarie colpite da Ebola.“L’istruzione è un diritto per ogni bambino ed è essenziale per sviluppare il loro pieno potenziale. Soprattutto in periodi di crisi come durante l’epidemia di Ebola, le scuole per i bambini sono vitali per trovare una stabilità, imparare misure di prevenzione e ricevere supporto psicosociale,” ha dichiarato Gianfranco Rotigliano, Rappresentante UNICEF in Repubblica Democratica del Congo a seguito di una missione a Mangina, epicentro dell’epidemia di Ebola. “Ogni sforzo deve essere fatto per garantire un inizio del nuovo anno scolastico sicuro e senza problemi,” ha aggiunto.I responsabili e gli insegnanti delle scuole saranno formati su come prevenire e proteggersi da Ebola e come istruire i bambini sulle corrette pratiche igieniche per prevenire la diffusione del virus. Per garantire che le scuole nelle zone sanitarie colpite siano preparate per una risposta adeguata, l’UNICEF sta distribuendo aiuti igienico-sanitari e idrici che comprendono: termometri laser, kit per lavarsi le mani, megafoni e cartelloni con informazioni sulla prevenzione per le 250 scuole.

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Epidemia di Ebola: Bambini a rischio nella Repubblica Democratica del Congo

Posted by fidest press agency su martedì, 21 agosto 2018

Secondo l’UNICEF i bambini rappresentano una percentuale insolitamente elevata di persone colpite dall’attuale epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) orientale.
Due bambini sono già morti a causa della malattia. I centri di cura per Ebola di Beni e Mangina stanno attualmente curando sei bambini colpiti dalla malattia o sospetti. L’UNICEF ha individuato 53 bambini orfani che hanno perso i genitori a causa di Ebola.”I bambini colpiti dall’epidemia in corso necessitano di particolare attenzione e cure”, ha dichiarato il Dottor Gianfranco Rotigliano, Rappresentante dell’UNICEF nella RDC. “Le donne sono spesso le prime a prendersi cura dei bambini, quindi se sono colpite dalla malattia, c’è un rischio maggiore che i bambini e le famiglie diventino vulnerabili”.L’UNICEF e i suoi partner hanno formato 88 operatori psicosociali per assistere e confortare i bambini nei centri e per sostenere i bambini che sono stati dimessi in quanto liberi da Ebola, ma che possono ancora essere a rischio di stigmatizzazione all’interno della comunità. Gli operatori psicosociali organizzano attività di sensibilizzazione per facilitare il ritorno di questi bambini nelle loro comunità.”L’impatto della malattia sui bambini non è limitato a coloro che sono stati colpiti o sospettati di esserlo”, ha dichiarato Rotigliano. “Molti bambini si trovano di fronte alla malattia o alla morte dei loro genitori e dei loro cari, mentre alcuni bambini hanno perso gran parte dei loro familiari e sono isolati. Questi bambini hanno urgente bisogno del nostro sostegno”. L’UNICEF supporta le famiglie affidatarie per questi bambini e fornisce loro assistenza psicosociale e alimentare.

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Mobilitazione per fermare Ebola nella RD del Congo

Posted by fidest press agency su martedì, 14 agosto 2018

Dopo il lancio, lo scorso 8 agosto, della campagna di vaccinazioni del governo della Repubblica Democratica del Congo contro il virus Ebola (EVD), l’UNICEF ha mobilitato operatori specialisti per informare e coinvolgere le comunità colpite dalla malattia sula campagna in corso.
“I nostri specialisti nella sensibilizzazione e comunicazione sono sul campo e stanno fornendo informazioni sulla campagna di vaccinazione alle comunità colpite” – ha dichiarato Gianfranco Rotigliano, Rappresentante UNICEF in Repubblica Democratica del Congo. “La precedente epidemia di Ebola ha dimostrato che sensibilizzare le comunità locali è fondamentale per prevenire la diffusione della malattia e garantire la partecipazione alle operazioni di vaccinazione.”
Insieme con i suoi partner l’UNICEF ha:
-fornito a 60 leader di comunità messaggi sulla prevenzione, nell’area sanitaria di Magina nella zona sanitaria di Mabalako;
– formato 100 operatori delle comunità locali nella zona sanitaria di Beni per organizzare ulteriori attività di sensibilizzazione nelle comunità locali;
– collaborato con 79 giornalisti locali e 9 stazioni radio a Beni e Goma coinvolgendoli nelle attività di sensibilizzazione;
– distribuito messaggi sulla prevenzione dell’Ebola in 241 chiese nella zona sanitaria di Beni;
Come parte del Piano di Risposta Congiunto del Governo della Repubblica Democratica del Congo in coordinamento con OMS e UNICEF, i vaccini sono forniti gratuitamente e su base volontaria a chiunque sia entrato in contatto con una persona contagiata dal virus.
L’UNICEF ha inviato 12 specialisti di sensibilizzazione nelle aree colpite nel Nord del Kivu e nelle provincie dell’Ituri per collaborare con gli operatori delle comunità locali. Stanno fornendo consulenza preventiva alle persone che potrebbero essere vaccinate e informazioni di base sul vaccino alle comunità colpite.Questi sforzi sono parte della mobilitazione sociale globale e della comunicazione nelle comunità che l’UNICEF sta portando avanti con i suoi partner per sensibilizzare la popolazione sull’Ebola, sui modi per proteggersi dalla malattia ed evitare un ulteriore diffusione del virus. Inoltre, l’UNICEF sta supportando l’impiego di ulteriori operatori di comunità nella regione colpita per incrementare gli sforzi utili a diffondere informazioni per promuovere pratiche igieniche e servizi igienico sanitari sicuri e supportare la campagna di vaccinazioni.

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Ebola: nuova epidemia nella Repubblica Democratica del Congo

Posted by fidest press agency su martedì, 7 agosto 2018

A seguito dell’annuncio (lo scorso 1° agosto) del Governo della Repubblica Democratica del Congo (RDC) di una nuova epidemia di Ebola (EVD, Ebola Virus Disease) nel Nord Kivu, l’UNICEF ha mobilitato i suoi team per contribuire a contenere la diffusione della malattia e proteggere i bambini. “La risposta a quest’ultima epidemia di Ebola potrebbe essere complicata dai conflitti armati e dall’insicurezza nella zona colpita”, ha dichiarato il dottor Gianfranco Rotigliano, Rappresentante dell’UNICEF nella R.D. del Congo.Questa è la decima epidemia nella R.D. del Congo dal 1976 e arriva pochi giorni dopo la dichiarazione della fine dell’epidemia di Ebola nella provincia occidentale dell’Equatore, iniziata a metà maggio. Allo stato attuale, non vi sono indicazioni che i focolai di Equatore e del Nord Kivu siano collegati.Il governo congolese ha attivato il suo piano di risposta e ha invitato i suoi partner, tra cui l’UNICEF, a prenderne parte. Un team UNICEF con il Vice rappresentante dell’UNICEF in R.D. del Congo e il Responsabille dell’ufficio sul campo per l’UNICEF a Goma, ha effettuato una missione lo scorso 2 agosto con il Ministro della Salute, il rappresentante dell’OMS e altri partner nell’epicentro dell’epidemia per analizzare la situazione e organizzare la risposta.
“Il contributo dell’UNICEF alla risposta si concentrerà sulle attività di sensibilizzazione per informare e proteggere la comunità locale, promuovendo l’accesso all’acqua potabile, adeguati servizi igienici e corrette pratiche igieniche per aiutare a prevenire l’ulteriore diffusione della malattia, e fornendo supporto psicosociale ai bambini e alle famiglie colpite dalla malattia”, ha detto Rotigliano.L’UNICEF ha inviato un team di cinque membri dello staff a Beni per la risposta, tra cui due specialisti sanitari, due per la sensibilizzazione e uno per acqua e servizi igienico-sanitari dal team di risposta a Ebola nella Provincia di Equatore. Sono previsti ulteriori interventi dalla sede centrale di Kinshasa e dagli uffici sul campo di Goma, Bunia e altre località.
Salute, acqua, kit igienici-sanitari e di sensibilizzazione saranno inviati alla zona colpita nei prossimi giorni, tra cui: 300 termometri laser per monitorare le condizioni di salute delle persone nella regione colpita e 2.000 kg di cloro per il trattamento dell’acqua per contribuire a contenere la diffusione della malattia. The information contained in this e-mail message is confidential and intended only for the use of the individual or entity named above. If you are not the intended recipient, please notify us immediately by telephone or e-mail and destroy this communication. Due to the channel of transmission, we are not liable with respect to the confidentiality of the information contained in this e-mail message. Please, think of the environment before printing this message.

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Ebola- Appello da RD Congo del Rappresentante Rotigliano

Posted by fidest press agency su sabato, 2 giugno 2018

“A Mbandaka stiamo affrontando un’epidemia di ebola, dichiarata l’8 maggio. Questa epidemia ha una caratteristica preoccupante: quella di avere dei casi sia in ambiente urbano – in una città come Mbandaka che ha più di un milione di abitanti e che si trova sul fiume Congo, un’arteria che unisce tutte le grandi città del paese – sia in zone più remote, come nelle boscaglie; purtroppo una di queste zone si trova su un lago, che ha poi una connessione col fiume: il rischio è che la malattia si propaghi al di fuori di questa zona. Attualmente abbiamo registrato 35 casi, più 2-3 alert da verificare, ma negli ultimi due giorni non ci sono stati nuovi casi. Di questi 35, 4 si sono verificati a Mbandaka, mentre gli altri fuori: se riusciamo a mettere sotto osservazione tutte le persone che sono state a contatto con questi malati, la prospettiva è di contenere la diffusione di malattia nelle prossime settimane, sperando che non escano dei casi da ceppi diversi rispetto a quelli sotto osservazione. La percentuale di decesso per i malati si assesta intorno al 50%. Rispetto all’epidemia in Africa Occidentale del 2014-2015, questa volta la comunità internazionale si è mossa immediatamente: questa volta dopo il secondo caso siamo arrivati immediatamente sul posto e abbiamo cominciato le attività. Certo per mettere su tutta la logistica ci è voluto un po’. Per fortuna l’UNICEF aveva un ufficio a Mbandaka e quelle 18 persone lì sono state fondamentali perché proprio all’inizio c’eravamo solo noi.
Raggiungere tutte le persone colpite è complicato. Per coloro che vivono in ambiente urbano la difficoltà è solo quella di identificarli e sapere dove sono, mentre è molto più complicato poter raggiungere coloro che vivono nelle boscaglie. Lì interveniamo noi dell’UNICEF con l’OMS e il Governo: tutta l’equipe che si muove attorno a questa epidemia. È un intervento che funziona proprio perché lavoriamo tutti insieme. Per esempio, quando abbiamo saputo che si era verificato un caso, abbiamo mandato a Iboko, un piccolo villaggio non tanto lontano da Mbandaka, una macchina con un team di tre persone, che è rimasto lì 10 giorni.
Ora stiamo portando motociclette o biciclette, perché le strade sono quasi inesistenti ed è difficile muoversi in macchina. Durante queste operazioni ci si muove come si può e si cercano i malati: si va dalle famiglie, si parla con loro e si offre assistenza. Questo è fondamentale, perché se non si guadagna la fiducia delle comunità, non si combatte l’ebola. L’ebola si trasmette attraverso il contatto, non è una malattia come il morbillo, il vaiolo o l’influenza: bisogna toccare i fluidi dei malati e poi una mucosa del proprio corpo, in questo modo il virus si trasmette.
L’UNICEF sta mobilitando le comunità, attraverso persone di spicco che possano parlare con la gente, e sta lavorando con i bambini in tutte le scuole che si trovano nelle zone colpite, parlando con loro. I bambini sono bravissimi: imparano subito, sono pieni di entusiasmo e dopo la formazione seguono le indicazioni, non si toccano più, si salutano da lontano con la mano. Sono degli agenti di cambiamento, e poi tutto quello che hanno appreso lo portano a casa. Inoltre, in ogni scuola mettiamo acqua clorata per lavarsi le mani, termometri. Ogni mattina ogni bambino viene controllato, si deve lavare le mani e gli si misura la febbre. Perché se un bambino ha la febbre viene messo in osservazione in attesa dell’arrivo del personale medico che possa aiutarlo.Come abbiamo visto nel 2014-2015, l’ebola è una malattia pericolosa. Abbiamo avuto tanti casi anche di persone espatriate, se non mettiamo la malattia sotto controllo ci possono essere dei rischi. Penso che sia fondamentale aiutare il lavoro che stiamo facendo. Spero che arrivi tutto il contributo possibile, perché se continuiamo con questa rapidità, collaborazione ed efficienza ce la possiamo fare”.

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Journalists Caritas Ebola response Congo

Posted by fidest press agency su sabato, 19 Maggio 2018

Caritas is extremely concerned and actively responding to the latest Ebola outbreak in the Democratic Republic of Congo amid fears that it could escalate into an epidemic.Government officials confirmed the outbreak on 8 May and have since indicated that the disease in the central African country is now in a “new phase” after cases of the deadly virus were identified in the city of Mbandaka in the Bikoro region. The country’s ministry of health has announced there are a growing number of suspected cases and confirmed deaths. The deaths occurred in Bikoro, which is about 150km from Mbandaka.Caritas Mbandaka-Bikoro says dozens of people have reported symptoms of fever, abdominal pain, diarrhea and haemorrage since early April but the size and scope of the epidemic is not yet fully understood.The first urban case significantly raises the risk of an epidemic and Caritas has joined the Congolese government, the UN World Health Organisation and other agencies in a joint mobilisation to respond to the emergency.Caritas is preparing for any escalation of the disease and will work strenuously with other agencies to stop it from spreading to other countries.A delegation of Caritas Congo led by Dr. Rose Mukunu went 16 May to Mbandaka along with the Diocesan Office of Medical Surgery (BDOM) of Mbandaka-Bikoro.“The situation is worrying because it’s urban unlike earlier ones,” said Dr Rose Mkunu. “We do not have much control as yet over preventing contact with patients and that’s what is dangerous. Caritas is doing everything it can to raise awareness and brief community and religious leaders on the disease as well as means for protection and surveillance but we are limited by our means.”This latest Ebola outbreak is the ninth that has occurred in the Congo. But significantly it is the first time the Ebola virus has been reported in this health zone.
The very first Ebola outbreak – the actual discovery of the virus – in the Congo was declared in 1976. According to figures compiled by the European Commission there have been 1,056 reported cases and 756 people have died since it was first identified in Congo.There are real concerns that the new Ebola outbreak in the Congo carries a potential risk of broader contamination because the epicenter of the epidemic, Bikoro, is on the shores of Lake Tumba with direct access to the Congo river that connects directly to Kinshasa – with an estimated population of 12 million people – as well as Brazzaville and Bangui.Mbandaka has a population of more than a million people and is close to the epicentre. There are fears that the disease could be transmitted by travellers from a remote location to an urban centre.Three health workers are amongst the reported cases – one of whom has already died – and there are concerns that medical practitioners may have been in close contact with patients and could transmit the disease.Caritas is committed to raising awareness and community mobilization in Mbandaka and other locations. Caritas staff are being briefed and important information will also be given to priests and church congregations. Caritas has already planned to provide food to 1500 households as well as health support.“We plan to focus our efforts on prevention, water, hygiene and sanitation, community mobilization and communication,” Caritas said in a statement. “For this, we are counting on the involvement of priests, men and women religious, teachers and nursing staff working in the affected areas.”

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Congo: OMS innalza il livello di allarme Ebola a “molto alto”

Posted by fidest press agency su sabato, 19 Maggio 2018

La diffusione del virus Ebola in Congo non accenna a fermarsi. Dopo la diagnosi di Ebola nella megacittà congolese Mbandaka, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha innalzato la sua valutazione del rischio. Poiché la città si trova sulle principali rotte nazionali e internazionali, il rischio di diffusione del virus è aumentato, ha riferito l’Oms. L’organizzazione ora valuta il rischio di un’ulteriore diffusione in Congo come “molto alta”, quindi è “alta” per i paesi circostanti. Tuttavia, il rischio globale di diffusione è attualmente basso. Pertanto, finora non è necessario per le restrizioni di viaggio o commerciali. I primi casi dell’attuale epidemia si sono verificati in un’area molto rurale del Congo. Il ministro della Salute ha annunciato 11 nuovi casi confermati e due morti legati alla malattia nel nordovest del paese. I casi registrati finora sono 45 – spiega una nota del ministero -, compresi 10 sospetti, 21 probabili e 14 confermati. Una nuova vittima è stata registrata a Bikoro, dove l’epidemia di ebola è stata annunciata la scorsa settimana. Lo sviluppo della febbre emorragica è preoccupante perchè ha raggiunto una città di 1,2 milioni di abitanti e crocevia verso la popolosissima capitale Kinshasa. Un caso di “Ebola urbano”, il primo in una città mai registrato nelle nove epidemie di questa febbre emorragica susseguitesi dal 1976 nel grande Stato centrafricano, è stato segnalato a Mbandaka, a circa 130 chilometri dal focolaio iniziale dell’epidemia. La preoccupazione è forte perché era stata proprio la diffusione nelle città a causare l’ecatombe da oltre 11’300 vittime del 2014-2016 in Guinea, Liberia e Sierra Leone. Più di 4.000 dosi di un vaccino sperimentale sono state inviate nella regione per la loro cura e protezione del personale medico . È il primo utilizzo del composto dal suo sviluppo due anni fa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha anche inviato un laboratorio mobile alle aree rurali per consentire una diagnosi rapida. La Commissione europea fornirà inoltre 1,6 milioni di euro per combattere la malattia e organizzare voli per aiutanti e attrezzature, ha dichiarato il commissario europeo Christos Stylianides. Questa, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è la nona volta che un focolaio di Ebola viene registrato nella nazione centroafricana, il cui fiume orientale ha dato il nome al virus mortale, scoperto lì negli anni ’70. La peggiore epidemia di Ebola nella storia si è conclusa nell’Africa occidentale appena due anni fa, dopo aver ucciso più di 11.300 persone e infettato circa 28.600. (Giovanni D’Agata)

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Nuove importanti scoperte riguardo il potenziale ruolo del compartimento respiratorio nella trasmissione interumana del virus Ebola

Posted by fidest press agency su lunedì, 9 gennaio 2017

Ospedale Spallanzani, RomaPer la prima volta, un gruppo di scienziati internazionali ha identificato alcuni markers della replicazione del virus Ebola (EBOV) nel polmone di un paziente in fase di guarigione dall’infezione. Lo studio è stato condotto dall’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” (INMI) a Roma (Italia), in collaborazione con i colleghi dell’University College a Londra (UK), del Friedrich-Loeffler-Institut Riems (Germania) e dell’Université Laval, Quebec (Canada). La devastante epidemia di Ebola, che ha colpito l’Africa Occidentale dal 2013 al 2016, ha causato 28,610 casi, tra cui 11,308 morti. La rapida diffusione del virus ha rappresentato una sfida per la sanità pubblica, mai incontrata nelle precedenti epidemie del virus. Le principali preoccupazioni sono state il rischio della trasmissione interumana e definire le reali vie di trasmissione del virus Ebola. Gli studi sui pazienti affetti da malattia da virus Ebola evacuati in Europa e negli USA hanno suggerito l’idea che Ebola possa provocare danni ai polmoni, anche se ancora mancano prove reali della capacità del virus di replicare in questo organo. Lo studio effettuato da Biava et al. e pubblicato il 5 Gennaio 2017 sulla rivista scientifica PLOS Pathogens indaga riguardo la presenza del materiale genetico del virus Ebola nei polmoni e nel sangue, durante il trattamento e la guarigione di un operatore sanitario, evacuato dall’Africa Occidentale e trattato a Roma, in Italia. Il paziente ha mostrato una persistenza dei markers di replicazione virale all’interno del tratto respiratorio. I ricercatori hanno monitorato i livelli degli RNA viralidi Ebola (RNA a polarità positiva e RNA a polarità negativa), già precedentemente associati con la replicazione virale, e li hanno comparati con i livelli presenti nel sangue. Hanno scoperto che l’RNA virale e i markers di replicazione virale permangono nel polmone fino a 5 giorni dopo la loro eliminazione dal sangue. Questi risultati suggeriscono la possibilità che Ebola replichi nell’apparato respiratorio. E’ possibile che i polmoni forniscano semplicemente un ambiente protetto all’interno del quale l’RNA virale può resistere più a lungo rispetto a quanto osservato nel sangue, anche se gli scienziati scartano fortemente questa ipotesi in quanto hanno evidenziato la presenza dell’RNA virale totale e di entrambi i markers di replicazione, sostenendo l’ipotesi di una replicazione virale attiva. (Giuseppe Ippolito MD Scientific Director National Institute for Infectious Diseases Lazzaro Spallanzani)

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Ebola: nuove scoperte sulla trasmissione del virus

Posted by fidest press agency su sabato, 7 gennaio 2017

virus-ebolaPer la prima volta, un gruppo di scienziati internazionali ha identificato alcuni markers della replicazione del virus Ebola (EBOV) nel polmone di un paziente in fase di guarigione dall’infezione. Lo studio è stato condotto dall’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” (INMI) a Roma (Italia), in collaborazione con i colleghi dell’University College a Londra (UK), del Friedrich-Loeffler-Institut Riems (Germania) e dell’Université Laval, Quebec (Canada).
La devastante epidemia di Ebola, che ha colpito l’Africa Occidentale dal 2013 al 2016, ha causato 28,610 casi, tra cui 11,308 morti. La rapida diffusione del virus ha rappresentato una sfida per la sanità pubblica, mai incontrata nelle precedenti epidemie del virus. Le principali preoccupazioni sono state il rischio della trasmissione interumana e definire le reali vie di trasmissione del virus Ebola. Gli studi sui pazienti affetti da malattia da virus Ebola evacuati in Europa e negli USA hanno suggerito l’idea che Ebola possa provocare danni ai polmoni, anche se ancora mancano prove reali della capacità del virus di replicare in questo organo.
Lo studio effettuato da Biava et al. e pubblicato il 5 Gennaio 2017 sulla rivista scientifica PLOS Pathogens indaga riguardo la presenza del materiale genetico del virus Ebola nei polmoni e nel sangue, durante il trattamento e la guarigione di un operatore sanitario, evacuato dall’Africa Occidentale e trattato a Roma, in Italia. Il paziente ha mostrato una persistenza dei markers di replicazione virale all’interno del tratto respiratorio. I ricercatori hanno monitorato i livelli degli RNA viralidi Ebola (RNA a polarità positiva e RNA a polarità negativa), già precedentemente associati con la replicazione virale, e li hanno comparati con i livelli presenti nel sangue. Hanno scoperto che l’RNA virale e i markers di replicazione virale permangono nel polmone fino a 5 giorni dopo la loro eliminazione dal sangue. Questi risultati suggeriscono la possibilità che Ebola replichi nell’apparato respiratorio. E’ possibile che i polmoni forniscano semplicemente un ambiente protetto all’interno del quale l’RNA virale può resistere più a lungo rispetto a quanto osservato nel sangue, anche se gli scienziati scartano fortemente questa ipotesi in quanto hanno evidenziato la presenza dell’RNA virale totale e di entrambi i markers di replicazione, sostenendo l’ipotesi di una replicazione virale attiva.
L’autore Giuseppe Ippolito, dell’INMI ha detto: “Questi risultati suggeriscono un ruolo importante del tratto respiratorio nella patogenesi della malattia da virus Ebola e potrebbero avere nuove implicazioni nelle procedure di prevenzione e nelle misure di controllo, specialmente per gli operatori sanitari e le famiglie, i quali sono i primi a fornire cure dirette e indirette ai pazienti affetti dal virus. Inoltre, aumentano anche le preoccupazioni riguardo al rischio della trasmissione interumana e al bisogno di ridisegnare le misure di prevenzione.”Il coautore, professore Alimuddin Zumla dell’University College di Londra ha dichiarato che “queste scoperte sono significative e potrebbero spiegare la rapida diffusione del virus durante l’epidemia, come anche quei cluster che sono stati notificati e per i quali non è stata identificata nessuna catena di trasmissione”. Ha inoltre aggiunto che “ulteriori studi saranno necessari per comprendere al meglio il ruolo di EBOV nella patologia del polmone, e il ruolo specifico della trasmissione tramite aerosol. Le mancate opportunità di ricerca durante l’epidemia del virus evidenziano il bisogno critico di finanziatori e di governi che siano in grado di costruire e implementare le capacità degli operatori sanitari e dei ricercatori al fine di condurre ricerca di base, ricerca sulla patogenesi e trial clinici durante le epidemie.” Secondo l’opinione del professor Gary Kobinger, co-autore dell’Université Laval in Quebec, Canada: “Questi risultati hanno necessariamente bisogno di ulteriori ricerche sulla patogenesi dell’infezione da EBOV nell’uomo, mirate a identificare e sviluppare le appropriate misure di intervento per migliorare gli esiti dei trattamenti.”

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EU pledges €450 million to Ebola affected countries

Posted by fidest press agency su lunedì, 13 luglio 2015

virus-ebolaToday the European Commission will pledge approximately €450 million to support the recovery of the three countries most affected by Ebola – Guinea, Sierra Leone and Liberia. This will be announced by Commissioner for Humanitarian Aid & Crisis Management and EU Ebola Coordinator, Christos Stylianides, at the International Ebola Recovery Conference taking place in New York and organised by the United Nations. Announcing the funding, Commissioner Stylianides said: “The emergency is not over until we are down to zero Ebola cases. With some new cases in Liberia we remain on high alert and our determination to eradicate Ebola is stronger than ever. Now is not the time to pull back.” A press release and a factsheet are available online.

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Nature pubblica la descrizione dell’evoluzione genica del Virus Ebola

Posted by fidest press agency su sabato, 20 giugno 2015

Ebola/Roma, stazionarie le condizioni del medico colpito da virus EbolaNature ha pubblicato ieri sera l’analisi temporale e spaziale dell’epidemia 2014-15 del virus Ebola. Il lavoro porta la firma di 8 ricercatori dell’Istituto Spallanzani, tra gli altri autori ed esperti del consorzio internazionale. “L’Africa occidentale sta assistendo alla più grande epidemia da virus Ebola (EBOV) della storia. Fino ad oggi si sono registrati 27,013 casi e 11,134 morti…” sono le prime righe dell’articolo che dà subito la dimensione dell’evento. Si sapeva che il contagio era iniziato a dicembre 2013 per la trasmissione da un pipistrello ad un bambino di 2 anni, ma non era chiaro come si fosse poi diffuso in tutta la Guinea, la Sierra Leone e la Liberia ed in questi paesi è molto difficile, se non impossibile, avere dati epidemiologici attendibili. Lo studio è di enorme rilevanza perché descrive l’evoluzione genica del virus Ebola nell’epidemia che ha registrato più varianti e sottovarianti.“8 nomi dell’Istituto Spallanzani sono un grandissimo successo e sono il risultato di un eccellente lavoro svolto in Italia e sul campo, della enorme “macchina bellica” messa in moto, della capacità di competere a livello europeo, oltre che un grande riconoscimento dell’Istituto. Grazie della eccezionale collaborazione – ha scritto il Prof. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico INMI agli autori del lavoro”.
179 campioni di pazienti sono stati analizzati e sequenziati dal laboratorio Mobile Europeo, è stato così possibile descrivere la storia epidemiologica ed evoluzionistica dell’epidemia da marzo 2014 a gennaio 2015. I risultati confermano che la EBOV dalla Guinea si è trasferita in Sierra Leone, con molta probabilità nel mese di aprile-inizio di maggio. I virus della variante Guinea/Sierra Leone si sono poi mescolati intorno a giugno-luglio 2014. Le sequenze virali dei campioni di agosto, settembre e ottobre 2014 indicano poi che il virus è evoluto in maniera indipendente all’interno della Guinea. Tali dati, utilizzati in combinazione con quelli epidemiologici forniscono uno spaccato senza precedenti sull’evoluzione sull’epidemia di febbre emorragica virale ancora in corso, oltre a consentire di verificare a posteriori l’efficacia delle misure di controllo adottate. Ricordiamo che l’Istituto Spallanzani sin da Marzo 2014 ha contribuito all’allestimento di un laboratorio mobile di alto biocontenimento (BSL4) finanziato dalla Commissione Europea (DEVCO) in Guinea Conacry. Tale laboratorio è un concentrato di tecnologie per poter manipolare in condizioni di emergenza virus altamente pericolosi e si basa sulla capacità di virologi esperti appositamente selezionati e formati, per lavorare insieme in situazioni disagiate, come quelle africane e in corso di epidemie.“Mi associo a Ippolito nel ringraziare e tutto l’Istituto per il grande lavoro svolto – sottolinea Marta Branca, Commissario Straordinario INMI-IFO – orgoglio della regione Lazio, del Ministero della Salute e dell’OMS”.

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New Call for IPC specialists to be deployed to Guinea, Liberia and Sierra Leone

Posted by fidest press agency su martedì, 9 giugno 2015

virus-ebolaDespite of many improvements and the end of the outbreak in Liberia, the Ebola outbreak counting 27 173 cases and 11 149 deaths so far, is not yet over in Guinea and Sierra Leone. Strengthening and implementing infection prevention and control (IPC) measures and best practices have been among the most important actions to contain and eliminate transmission of Ebola both at the community and the healthcare setting levels. IPC capacity building is also one of the highest priorities in the governmental plans for urgent essential health services restoration and health systems recovery.The IPC programme in the WHO Department of Service Delivery and Safety is continuing to provide technical support to countries in the efforts to get to zero Ebola cases in Guinea and Sierra Leone and to build strong and resilient IPC infrastructures, national programmes and expertise in the context of health system recovery in West African countries.The technical support and generous time dedication received by international IPC specialists who accepted to be deployed to the affected countries so far have been CRUCIAL to bring real IPC expertise in the context of the WHO Ebola response and to contribute to contain the outbreak. First of all, I would like to take this opportunity to express my deep gratitude to all those among you who served as IPC international force of WHO consultants over the last months.The activities described above still require strong technical support. As trusted members of our Save Lives: Clean Your Hands network, we are reaching out to you once again to seek your availability to be deployed in West Africa as IPC specialists in the next six months.We are currently recruiting English- or French-speaking IPC qualified medical and nursing staff. We are also interested in professionals with skills in project and data management. For these deployments, we offer WHO Consultant contracts for a period ranging from 2 to a maximum of 6 months.The work will mainly take place at national or district level. In collaboration with the Ministry of Health and partners, and under the supervision of the WHO Country Representative, the WHO National Lead for IPC and other WHO leaders as appropriate, the incumbent will perform the following activities:
1. In coordination with the Ebola Outbreak Response Team (where appropriate) and the National IPC lead, manage IPC priorities and activities in line with WHO IPC guidelines within the overall outbreak response and/or in the context of national plans for health systems recovery.
2. Assess IPC capacities and practices in hospitals and health-care facilities throughout the country, in particular in the areas still affected by the outbreak.
3. Review and improve IPC measures implemented in Ebola facilities, and advise on best approaches for the prevention of healthcare-associated infections in health-care settings.
4. Review training needs for country capacity building, and based on this assessment provide technical support for training in IPC for staff at national, district and facility level as needed.
5. Report to the Ministry of Health and the WHO country office on findings and activities, and advise on effective and feasible IPC activities with regard to getting to zero cases, decommissioning of Ebola facilities, and focusing on recovery of health care services.
6. Provide guidance and technical input to develop IPC policies, tools, training materials, and to identify resources and equipment needed at national, provincial and district level in order to ensure adequate prevention and preparedness for response.
7. Support the Ministry of Health in monitoring, evaluating and documenting IPC activities linked to outbreak response, to decommissioning of Ebola facilities and to health-systems recovery.

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Programma Alimentare Mondiale uniscono le forze per arrivare a zero nuovi casi Ebola

Posted by fidest press agency su lunedì, 16 marzo 2015

Onu palaceL’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP) iniziano insieme una nuova partnership nei paesi colpiti da Ebola, Guinea, Liberia e Sierra Leone. L’accordo unisce la capacità logistica del WFP con l’expertise nella sanità pubblica dell’OMS per cercare di portare a zero casi l’attuale epidemia di Ebola in Africa Occidentale. La piattaforma stabilisce inoltre un’infrastruttura di allerta e di risposta in caso di future crisi. “Questa partnership potenzia le capacità di entrambe le agenzie di raggiungere, monitorare e rispondere ai bisogni delle persone colpite dal virus Ebola”, ha detto Margaret Chan, Direttrice Generale dell’OMS. “Ci aiuta a mettere in campo e mantenere l’expertise dei team tecnici nella prevenzione e nel controllo dell’infezione, nell’epidemiologia e nel tracciamento dei contatti, consentendo così agli operatori sanitari sul campo di fare al meglio il proprio lavoro. La partnership è anche un’opportunità per saperne di più in futuro, a beneficio delle nostre capacità di lanciare operazioni congiunte per le emergenze su larga scala”. “Nel corso degli ultimi sette mesi, le partnership sono state cruciali nel combattere questa devastante epidemia. Il WFP ha lavorato con i propri partner per rispondere ai bisogni essenziali delle comunità – assicurandosi che il cibo raggiunga ogni area colpita dal virus Ebola. Il nostro supporto logistico all’OMS e alla comunità umanitaria nel suo complesso ha permesso alle persone colpite di ricevere le cure urgenti e il sostegno di cui hanno bisogno”, ha detto la Direttrice Esecutiva del WFP Ertharin Cousin. “Stiamo facendo progressi, e ciononostante dobbiamo rimanere vigili. La crisi Ebola non finirà finché non identificheremo, raggiungeremo e cureremo con successo tutti i casi fino all’ultimo. Nel riconoscere questo obiettivo, la partnership OMS-WFP, una forza tecnica e operativa congiunta, continuerà a fornire l’aiuto necessario per arrivare a zero casi”.Adottando un approccio operativo congiunto, le due agenzie hanno concordato di mettere insieme le loro competenze in più di 60 distretti e prefetture prioritari in Guinea, Liberia e Sierra Leone, i tre paesi più colpiti da Ebola.Oggi, il numero del personale OMS che lavora nelle comunità per l’emergenza Ebola in Africa Occidentale è il più alto da quanto l’epidemia è cominciata. Oltre 700 persone sono attualmente in servizio nei paesi colpiti da Ebola. Nei distretti in cui il contagio da Ebola è in corso, il WFP fa in modo che gli ispettori dell’OMS abbiano le risorse necessarie – attrezzature per computer, telefoni e regolare connessione internet- per condividere le informazioni cruciali per tracciare e fermare il virus.Il WFP, inoltre, gestisce la flotta di veicoli 4×4 incaricati di trasportare antropologi sociali ed epidemiologi dell’OMS nei villaggi isolati, per continare a conquistarsi la fiducia delle comunità per identificare e seguire i contatti dei pazienti che hanno contratto il virus Ebola finché ogni caso non sarà risolto.La partnership risponde alla direttiva della Sessione Speciale del Consiglio Direttivo dell’OMS su Ebola, con il fine di sviluppare nuovi modi di rafforzare le operazioni di emergenza in ambito sanitario e fornire un modello di collaborazione per la risposta a future emergenze sul fronte della sanità.

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Giornata informativa sull’infezione da VIRUS EBOLA

Posted by fidest press agency su giovedì, 29 gennaio 2015

Ebola/Roma, stazionarie le condizioni del medico colpito da virus EbolaRoma, sabato 31 Gennaio 2015 dalle ore 08.30 alle ore 14.00, presso la Sala Conferenze dell’Ordine (Roma – Via A. Bosio, 19/A) si terrà una “Giornata informativa sull’infezione da VIRUS EBOLA e sulle attuali conoscenze mediche e strategie per la prevenzione”, organizzata dall’Ordine provinciale dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri di Roma. Interverranno come relatori: Giovanni Rezza (Direttore Dipartimento Malattie Infettive, Istituto Superiore di Sanità), Giuseppe Ippolito (Direttore Scientifico, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” I.R.C.C.S.), Gianfranco Tarsitani (Ordinario di Igiene Università di Roma “Sapienza”), Giulia Civitelli (Medico in formazione specialistica in Igiene e Medicina Preventiva, Università di Roma “Sapienza”).Porterà il saluto dell’Ordine il presidente Roberto Lala.Nel corso dei lavori sarà fatto il punto sull’origine e l’evoluzione dei focolai di Ebola, con particolare riguardo all’epidemia in corso in Africa occidentale, la trasmissione delle malattie Infettive e la comunicazione del rischio, le esperienze e le criticità di gestione nelle strutture sanitarie.

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Ebola: Save the Children

Posted by fidest press agency su mercoledì, 28 gennaio 2015

virus-ebola“Siamo felici per Pauline Cafferkey, che ha finalmente sconfitto Ebola e per la sua famiglia che può finalmente riabbracciarla”. Così Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia – l’Organizzazione che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e difendere i loro diritti – saluta la notizia della completa guarigione dell’infermiera scozzese volontaria, che ha lavorato presso il Centro di trattamento per l’Ebola di Save the Children in Sierra Leone e che all’inizio di gennaio era rientrata nel suo Paese e aveva accusato i primi sintomi di contagio del virus. “Nonostante i rischi per la propria sicurezza, Pauline si era offerta volontariamente di mettere a disposizione le sue competenze di infermiera per contribuire a salvare le vite dei malati di Ebola nel nostro Centro di trattamento a Kerry Town, in Sierra Leone”, continua Valerio Neri. “Qualche giorno fa, proprio da quel Centro, è stato dimesso il centesimo paziente che ha sconfitto il virus, un ragazzino di soli 12 anni. È anche grazie al coraggio di Pauline e di tutti coloro che ogni giorno stanno lavorando per combattere il virus, che questi risultati sono stati possibili. Per questo siamo ancora più determinati a continuare il nostro lavoro e i nostri sforzi per vincere la malattia”.
Ebola ha ucciso moltissimi operatori sanitari nei paesi colpiti dal virus. “Il ruolo dei medici e degli infermieri come Pauline, che volontariamente hanno deciso di recarsi in questi Paesi e offrire il loro aiuto ai malati, è stato ancora più prezioso e continua ad essere determinante nella lotta all’Ebola”, continua il direttore di Save the Children.Prima dello scoppio dell’epidemia di Ebola, in Sierra Leone c’erano solo 127 medici, uno ogni 45.455 persone. La Liberia aveva 8 ospedali ogni 10.000 abitanti a fronte di Paesi come l’Italia che hanno 36 ospedali ogni 10.000 abitati. In Liberia il governo spendeva 30 dollari a persona ogni anno sulla salute, in Sierra Leone 34 dollari e in Guinea solo 19 dollari. Nello stesso anno – per fare un confronto – gli USA e la Norvegia investivano 3.278 e 5.080 dollari per ciascun abitante ogni anno sulla salute. L’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda che il minimo essenziale di spesa sulla sanità per ogni abitante, debba essere di almeno 60 dollari a persona.
“I sistemi sanitari in Guinea, Liberia e Sierra Leone erano già in condizioni precarie prima dello scoppio dell’epidemia di Ebola e quest’ultima li ha fatti definitivamente collassare”, spiega Valerio Neri.“Gli operatori sanitari a disposizione non erano sufficienti né a sostenere le necessità sanitarie di base di quei Paesi, né tantomeno per affrontare l’epidemia. L’intervento della comunità internazionale è stato fondamentale, grazie anche al contributo di queste donne e di questi uomini che hanno sostenuto e stanno ancora sostenendo la lotta all’Ebola”.Oltre ai più di 21.000 casi segnalati e ai più di 8.000 morti, con l’epidemia i bambini e le loro famiglie adesso hanno timore ad andare negli ospedali per paura di contrare il virus e quindi anche malattie comuni e curabili come la malaria o la diarrea, stanno diventando mortali soprattutto per chi è più vulnerabile come i bambini. “Siamo di fronte a un’intera generazione a rischio. Questi bambini hanno subito dei traumi devastanti, hanno perso i loro affetti e vivono in un paese in cui vi è un forte rischio di insicurezza alimentare. Da circa un anno non possono andare a scuola e mancano delle basi più elementari di cui hanno bisogno per sopravvivere”, afferma Valerio Neri. Si stima infatti che l’impatto economico dell’epidemia in questi tre paesi supererà i 2 miliardi di dollari nel 2014-2015. Oltre alle conseguenze economiche ci sono le conseguenze sociali, che ricadono soprattutto sui bambini: sono oltre 12.000 i bambini che hanno perso uno o entrambi i genitori e che ora si trovano di fronte ad un futuro incerto. Le scuole sono chiuse dall’inizio dell’epidemia e sono circa 5 milioni i bambini che non possono frequentare le lezioni.La risposta di Save the Children all’emergenza Ebola. Save the Children ha immediatamente risposto all’emergenza Ebola in Sierra Leone, Liberia e Guinea, con la priorità di fermare la malattia, sia attraverso una campagna di prevenzione e sensibilizzazione di massa, che attraverso un intervento sanitario diretto, in Sierra Leone e Liberia, dove sono stati allestiti Centri di Trattamento per la cura dei malati.

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