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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 162

Il futuro dell’economia globale in tre domande chiave

Posted by fidest press agency su lunedì, 17 luglio 2023

A cura di Giorgio Broggi, Quantitative Analyst di Moneyfarm. Quanto ancora durerà l’inflazione? Cominciando dall’analisi della dinamica inflattiva, nonostante l’aumento dei prezzi sembra stia lentamente tornando sotto controllo negli Stati Uniti e in Europa, l’inflazione resta la variabile chiave da cui, in qualche modo, dipendono tutte le altre. Se la direzione sembra quindi quella di un rallentamento, la questione relativa al tempo che l’inflazione impiegherà a tornare entro il target del 2% è ancora aperta. A complicare il quadro anche il fatto che vi siano diverse componenti e unità di misura dell’inflazione: ad esempio, se nel primo semestre il calo del prezzo dei beni energetici ha contribuito in gran parte alla diminuzione dell’inflazione complessiva, in Europa come negli Stati Uniti, dove la traiettoria è chiaramente in discesa (dal 4% al 3% a giugno), la misura core, che esclude dal paniere i prezzi di energia e generi alimentari, non sta rallentando altrettanto velocemente (4,8% a giugno contro il 5,3% di maggio). Tuttavia, i segnali sono nel complesso positivi: la componente legata ai servizi abitativi (come affitti e bollette), che rappresenta il principale driver dell’inflazione complessiva, ha dato i primi segni di normalizzazione e ci sono buone ragioni, anche legate alla dinamica immobiliare e al prezzo degli affitti, per credere che si procederà in questa direzione. Anche misure di inflazione meno volatili, spesso utilizzate dai banchieri centrali per prendere decisioni legate ai tassi, come l’inflazione supercore (che non tiene conto dei costi abitativi), sono tornate a crescere in linea con il passato (intorno allo 0,3% mese su mese). Gli analisti al momento prevedono una graduale normalizzazione dei livelli di inflazione, fino a sfiorare la soglia del 2% entro la fine dell’anno, sia negli Stati Uniti, sia in Europa, anche se qui i ritmi di discesa sembrano essere più lenti e i mercati prezzano almeno altri due aumenti dei tassi nell’Eurozona, ma ne potrebbero servire di più. Quando arriverà la fine dei rialzi dei tassi? Alla dinamica inflattiva è strettamente collegata anche l’inversione della curva dei tassi d’interesse. Gli analisti sembrano concordi sul fatto che si sia quasi raggiunto il picco del ciclo di rialzi dei tassi: ci si attende al massimo due rialzi dei tassi negli Stati Uniti, mentre nell’Eurozona due rialzi vengono dati per scontati, ma potremmo vederne fino a quattro. Crescita o recessione? Con i rialzi dei tassi a cui abbiamo assistito negli scorsi mesi, la possibilità di una recessione era data quasi per scontata nel 2023. In realtà, la performance economica ha continuato a sorprendere in positivo, come si può notare dagli indici di sorpresa per Europa, USA e Cina, che misurano la performance dell’economia rispetto alle aspettative (sotto). Cina ed Europa hanno deluso, mentre gli Stati Uniti si sono ripresi dopo un inizio anno sottotono. Mentre il settore manifatturiero rallenta, quello dei servizi traina la crescita. Anche il mercato del lavoro, sia in Europa che in Usa, ha dato segnali di ripresa sorprendenti. Insomma, l’economia americana stupisce in positivo e rimane forte, spostando ancora una volta più avanti la possibilità di una recessione. Guardando ai prossimi mesi, potrebbe essere utile analizzare il sentiment e le attese per il PIL: negli Usa, gli ultimi indici PMI aggregati, che misurano il sentiment dei direttori degli acquisti delle aziende, sono fermi a 53 punti, in territorio di espansione, spinti dal settore dei servizi. I dati di crescita del Pil per il primo trimestre sono stati positivi e sopra le attese (2% contro 1,1%), mentre le attese da qui a fine anno sono aumentate da circa lo 0,5% a quasi l’1,5%, secondo Bloomberg. (abstract)

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