Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 172

Archive for 3 febbraio 2024

Covid, in Italia flop della campagna vaccinale per gli over 60

Posted by fidest press agency su sabato, 3 febbraio 2024

Il 26 gennaio 2024 l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha pubblicato un report per valutare la copertura vaccinale anti-COVID degli over 60 nei paesi europei. Il periodo considerato è compreso tra il 1° settembre 2023 e il 15 gennaio 2024. 6 Paesi su 30 non hanno fornito i dati all’ECDC: Austria, Croazia, Germania, Italia, Lettonia e Svezia. I dati relativi all’Italia sono stati estratti dalla dashboard del Ministero della Salute che riporta le somministrazioni relative alla campagna vaccinale 2023-2024 effettuate a partire dal 26 settembre 2023, dopo l’introduzione dei nuovi vaccini adattati a Omicron XBB.1.5. L’ultimo aggiornamento della platea di riferimento è del 17 febbraio 2023. «L’analisi dei dati relativi alle coperture vaccinali in Italia per gli over 60 e i confronti con il resto dell’Europa – conclude Cartabellotta – documentano un clamoroso flop della campagna vaccinale anti-COVID nella stagione autunno-inverno 2023-2024, nonostante le raccomandazioni della Circolare del Ministero della Salute del 27 settembre 2023 che ha fatto seguito a quella preliminare del 14 agosto 2023. Purtroppo, al fenomeno della “stanchezza vaccinale” e alla continua disinformazione sull’efficacia e sicurezza dei vaccini, si sono aggiunti vari problemi logistico-organizzativi: ritardo nella consegna e distribuzione capillare dei vaccini, insufficiente e tardivo coinvolgimento di farmacie e medici di famiglia, mancata chiamata attiva dei pazienti a rischio, criticità tecniche nei portali web di prenotazione. E se da un lato è evidente che molti di questi problemi dipendono dalle Regioni, come documentato dal gap Nord-Sud, il confronto con i paesi europei inclusi nel report dell’ECDC dimostra che anche le Regioni italiane con i tassi di copertura più elevati sono molto indietro rispetto ai paesi europei dove la campagna vaccinale ha funzionato. Segnale evidente che della campagna vaccinale anti-COVID le Istituzioni centrali hanno parlato poco e “a bassa voce”, peraltro disturbata dal rumore di fondo di quei politici che hanno alimentato la sfiducia nei vaccini per non perdere il consenso della frangia no-vax». (abstract by Ufficio stampa Fondazione GIMBE)

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Aggiornate le linee guida europee sulla gestione dell’ipertensione arteriosa

Posted by fidest press agency su sabato, 3 febbraio 2024

La Società Europea dell’Ipertensione (ESH, European Society of Hypertension) ha recentemente aggiornato le linee guida (LG) sulla gestione dell’ipertensione, precedentemente pubblicate nel 2018 in collaborazione con la Società Europea di Cardiologia (ESC, European Society of Cardiology) (Williams B, et al. J Hypertens 2018). Di seguito, Ernesto De Menis, UOC Medicina 2, Ospedale di Treviso, riporta i punti principali affrontati dalle presenti LG. 1) Contesto fisiopatologico dell’ipertensione primaria. «L’ipertensione arteriosa riconosce un’eziologia multi-fattoriale, in cui più fattori si influenzano reciprocamente con azioni diverse sul sistema cardio-vascolare (CV)» riferisce De Menis. «Ciò fa sì che a seguito dell’alterazione di un sistema si possa potenziare o indebolire l’effetto di altri sistemi e viceversa. Questa complessa rete di meccanismi giustifica il ricorso a più farmaci con diverso meccanismo d’azione, in quanto più efficaci rispetto alla mono-terapia». 2) Misurazione della pressione arteriosa (PA). Le nuove LG supportano la validità della misurazione della PA fuori dall’ambulatorio (Home Blood Pressure Monitoring, HBPM), come importante fonte di informazioni cliniche, spiega lo specialista. «Il ricorso all’HBPM, tuttavia, deve ancora trovare risposta ad alcuni quesiti» specifica. «Tra le principali perplessità, rimane da chiarire: a) se l’aggiunta dell’HBPM si associ a un miglioramento della capacità prognostica sostanziale o modesta; b) se il trattamento basato sui valori di PA ottenuti dall’HBPM si traduca in una riduzione dei tassi di morbilità e mortalità rispetto al trattamento convenzionale guidato dalla PA ambulatoriale; c) quali siano le soglie e gli obiettivi per il trattamento della PA basato sull’HBPM». 3) Nuovi fattori di rischio CV, aggiornamento sulla valutazione del rischio CV, valutazione del danno d’organo ipertensivo (HMOD) e work-up dell’ipertensione. Oltre ai classici fattori di rischio, prosegue De Menis, si suggerisce la rilevazione di fattori di rischio emergenti quali: frequenza cardiaca, basso peso alla nascita, sovrappeso o obesità, diabete, uricemia, lipoproteina (a), complicanze durante la gravidanza (aborti ricorrenti, parto pre-termine, disturbi ipertensivi, diabete gestazionale), fragilità, fattori psicosociali e socio-economici, esposizione a inquinamento atmosferico o rumore. 4) Aggiornamento e sintesi completa delle forme secondarie di ipertensione. Non sono presenti sostanziali differenze nel work-up di queste forme rispetto a quanto già pubblicato, afferma De Menis; vengono elencate le forme più frequenti, fornendo suggerimenti in termini diagnostico-terapeutici. 5) Aggiornamento sugli interventi sullo stile di vita. «L’inquinamento ambientale e lo stress emergono tra i fattori su cui intervenire, oltre alle modifiche dietetiche, abolizione di fumo e alcool, e pratica di regolare attività fisica» riporta lo specialista. 6) Soglia e obiettivi per il trattamento farmacologico antipertensivo. «Si conferma l’obiettivo di ottenere valori di PA < 140/90 mmHg come nelle precedenti LG. 7) Trattamento farmacologico e terapia di combinazione. «Si conferma l’uso preferenziale di inibitori RAS, calcio-antagonisti e diuretici tiazidici» evidenzia l’esperto. 8) Gestione dell'ipertensione realmente resistente. 9) Aggiornamento sulla denervazione renale (RDN) per il trattamento dell’ipertensione arteriosa. 10) Trattamento di condizioni specifiche e delle comorbilità CV dei pazienti ipertesi. (abstract) Fonte Endocrinologia33)

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Tumore del rene e rischio morte

Posted by fidest press agency su sabato, 3 febbraio 2024

RAHWAY, N.J., 30 gennaio 2024 – L’immunoterapia in fase adiuvante, cioè somministrata dopo la chirurgia, ha ridotto il rischio di morte del 38% migliorando in modo significativo la sopravvivenza. Lo dimostrano i risultati dello studio di Fase 3 KEYNOTE-564 in cui pembrolizumab, terapia anti-PD-1 di MSD, è stato utilizzato come terapia adiuvante nei pazienti con carcinoma a cellule renali (RCC) a rischio intermedio-alto o alto di recidiva a seguito di nefrectomia, o dopo nefrectomia e resezione delle lesioni metastatiche. Questi dati late-breaking sono stati presentati per la prima volta in una sessione orale nel corso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) Genitourinary (GU) Cancers Symposium 2024 (abstract #LBA359), che si è svolto recentemente, e inclusi nel programma media ufficiale di ASCO GU.Alla terza analisi ad interim predefinita (follow-up mediano di 57,2 mesi [intervallo, 47,9−74,5 mesi]), pembrolizumab come terapia adiuvante ha migliorato significativamente la sopravvivenza globale (OS) del 38% (HR=0,62 [95% CI, 0,44−0,87]; p=0,002) rispetto a placebo. A 48 mesi, il tasso stimato di OS è risultato del 91,2% nei pazienti trattati con pembrolizumab rispetto all’86% nei pazienti trattati con placebo. Il beneficio di OS nei pazienti trattati con pembrolizumab è stato osservato nei principali sottogruppi. La sopravvivenza globale era l’endpoint secondario principale dello studio “In Italia, nel 2023, sono state stimate circa 12.700 nuove diagnosi di tumore renale di cui l’85% con malattia localizzata. Tra questi, circa la metà può essere considerata a rischio intermedio-alto di sviluppare metastasi entro pochi anni dalla diagnosi, portando a un netto peggioramento dell’aspettativa di vita nonostante i recenti passi avanti fatti nel trattamento delle forme avanzate – afferma Roberto Iacovelli, Oncologia Medica, Comprehensive Cancer Center, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma e Professore Associato di Oncologia Medica all’Università Cattolica del Sacro Cuore –. Questi pazienti sono gli stessi ad essere stati arruolati nello studio KEYNOTE-564, il primo e unico studio clinico nella storia del trattamento del carcinoma renale ad aver dimostrato come l’immunoterapia dopo la nefrectomia riduca il rischio di sviluppare metastasi prolungando così la sopravvivenza. Tutto ciò si traduce concretamente nella possibilità di guarire i pazienti, assicurandogli una vita libera dal tumore. Lo studio KEYNOTE-564 rappresenta quindi una pietra miliare nell’oncologia, essendo il primo studio ad aver dimostrato come l’immunoterapia con pembrolizumab possa non solo curare ma anche aiutare a guarire dal tumore renale”.Come riportato ad una precedente analisi a interim predefinita al follow-up mediano di 24,1 mesi, lo studio KEYNOTE-564 ha raggiunto l’endpoint principale di sopravvivenza libera da malattia (DFS), riducendo il rischio di recidiva o morte del 32% (HR=0,68 [95% CI, 0,53-0,87]; p=0,001 a una coda) rispetto a placebo. Alla terza analisi ad interim, il beneficio di DFS è risultato coerente con i dati riportati in precedenza (HR=0,72 [95% CI, 0,59-0,87]) per i pazienti trattati in adiuvante con pembrolizumab rispetto a placebo. Pembrolizumab è approvato come terapia adiuvante dei pazienti affetti da RCC negli Stati Uniti, Unione Europea, Giappone e in altri Paesi del mondo sulla base dei dati di DFS dello studio KEYNOTE-564, che sono stati presentati per la prima volta all’ASCO Annual Meeting 2021. MSD sta, attualmente, collaborando con le autorità sanitarie per includere i dati di OS nelle informazioni di prescrizione di pembrolizumab. MSD ha un vasto programma di sviluppo clinico nel carcinoma renale in molteplici setting, sia in adiuvante che per la malattia avanzata, utilizzando pembrolizumab come monoterapia o in combinazione con belzutifan (inibitore orale del fattore inducibile dall’ipossia 2-alfa [HIF-2α] di MSD), lenvatinib (un inibitore multi target di kirosin-chinasi che inibisce l’attività di VEGF, in collaborazione con Eisai) e quavonlimab (un anticorpo monoclonale anti CTLA-4 in via di sviluppo tramite un accordo con Akeso Inc.).

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Diagnosi precoce per le persone con malattie cardiache strutturali

Posted by fidest press agency su sabato, 3 febbraio 2024

Si tratta di malattie cronico-degenerative, caratterizzate da alterazioni della struttura del cuore e sono correlate all’età. Si stima che nel 2040, a livello europeo saranno oltre 20 milioni gli anziani colpiti, e di questi 2,5 milioni saranno italiani. Pubblicato “Holding us back”, il report realizzato dall’ International Longevity Centre (ILC), con il supporto di Edwards Lifesciences, sulla disparità di accesso a diagnosi e trattamento delle malattie cardiache strutturali. Età, livello socioeconomico, sesso, etnia e posizione geografica sono i fattori che influiscono maggiormente sulla possibilità di diagnosi precoce e trattamento appropriato per le persone con malattie cardiache strutturali (SHD). Questo quanto emerge dal report Holding us back1, realizzato dall’ International Longevity Centre – ILC, il think tank del Regno Unito specializzato in longevità, con il supporto di Edwards Lifesciences. Infatti, come riportato nel report, le donne sono sottoposte meno regolarmente ad auscultazione da parte del medico di famiglia rispetto agli uomini (24,2 per cento di donne contro 31,3 per cento di uomini), tra le persone più svantaggiate da un punto di vista socioeconomico le cardiopatie valvolari hanno il doppio di probabilità di non essere diagnosticate e l’insufficienza mitralica è quasi cinque volte più frequente nei Paesi a medio reddito rispetto a quelli ad alto reddito.Le SHD sono malattie cronico-degenerative, caratterizzate da alterazioni della struttura del cuore, quali la stenosi aortica, il rigurgito mitralico e tricuspidale, e sono strettamente correlate all’avanzare dell’età. Considerando l’attuale tendenza demografica legata all’invecchiamento della popolazione, si prevede un aumento esponenziale di queste malattie, tanto che si stima che nel 2040, a livello europeo saranno oltre 20 milioni gli anziani colpiti, con un aumento del 42 per cento, e di questi 2,5 milioni saranno italiani.1,2 La maggior parte dei casi di SHD può essere facilmente trattata, ma l’assenza o ritardo nella diagnosi, l’accesso non uniforme alle cure e la disparità di trattamento tra i cittadini portano a peggioramento della qualità di vita e ad un aumento del tasso di mortalità. Ritardi nella diagnosi o mancanza di trattamenti adeguati danneggiano la salute dei cittadini e l’economia; a livello europeo si investano circa 210 miliardi di euro all’anno per le malattie cardiovascolari, solo in Italia ogni anno viene sostenuta una spesa superiore agli 800 milioni di euro.3 Per questo risulta necessario attuare con urgenza azioni concrete e misurabili per contrastare queste patologie. Il report è stato realizzato grazie alla collaborazione di 13 stakeholder chiave di tutta la comunità dei SHD e attraverso un workshop organizzato durante il 17th World Congress on Public Health di Roma, con la partecipazione di 10 esperti di salute pubblica.

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