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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 145

Posts Tagged ‘rialzi’

Rc auto: Ivass, +7,5% a gennaio. Rialzo lunare e ingiustificato

Posted by fidest press agency su domenica, 10 marzo 2024

Secondo l’Ivass, nel mese di gennaio 2024, il prezzo medio dell’r.c. auto è pari a 389,10 euro, in aumento in termini nominali del +7,5% su base annua. “Non si arresta la corsa dei prezzi dell’rc auto. Pur rallentando rispetto al balzo del 7,9% di dicembre, si tratta di un rincaro lunare, ingiustificato e vergognoso che mira solo a rimpinguare i profitti, salvaguardandoli dall’inflazione e facendo cassa sugli automobilisti. Per trovare un prezzo medio più alto si deve tornare al gennaio 2020 quando era pari a 395,60″ afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”In alcune città, poi, il rialzo è addirittura stratosferico e ci domandiamo da cosa dipenda. Non vorremmo che in quelle città vi fossero restrizioni della concorrenza o peggio ancora accordi collusi. Per questo chiediamo all’Antitrust di accertare i motivi di questi incrementi anomali” conclude Dona. In testa alle città con maggiore incremento, con un salto del 10%, si collocano Alessandria, Lecco, Vercelli e Biella, tutte con una variazione del 10% rispetto al prezzo medio del gennaio 2023. Medaglia d’argento per Milano con +9,9%, mentre in terza posizione Roma, Barletta, Belluno e Novara con +9,8%. Il premio più elevato, invece, a Napoli con 560,18 euro, seguita da Prato (553,77 euro) e Caserta (500,35 euro).

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Benzina: nuova ondata di rialzi per i carburanti

Posted by fidest press agency su mercoledì, 14 febbraio 2024

Schizzano di nuovo al rialzo i prezzi della benzina e soprattutto del diesel. Oggi segnano quota oltre 1,85 euro al litro sulla benzina e 1,82 euro al litro sul diesel.Prezzi che, stando alle rilevazioni costanti dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori si attestano su livelli davvero eccessivi rispetto alle attuali quotazioni internazionali.Nel dettaglio, secondo le nostre stime, considerando sia le quotazioni che il livello del cambio Euro/Dollaro, il prezzo della benzina si attesta a oltre 8 centesimi al litro in più rispetto a quanto dovrebbe, mentre quello del gasolio addirittura a +19 centesimi! Questo determina aggravi importanti a carico dei cittadini: solo in termini diretti, per il carburante, considerando 2 pieni di benzina da 50 litri al mese, un automobilista spende a causa di questi sovrapprezzi +96 euro annui. Per quanto riguarda il diesel va decisamente peggio: considerando circa 1 pieno e mezzo da 50 litri al mese, il maggiore carico in termini diretti ammonta a +171,00 euro annui. A destare forte preoccupazione sono anche i rincari indiretti, visto che nel nostro Paese le merci sono trasportate per circa l’84% su gomma: secondo le nostre stime, con tali sovrapprezzi, si rischia di avere ricadute di +146,80 euro annui a famiglia. Rincari che costringeranno le famiglie ad ulteriori rinunce e sacrifici. Per questo è necessario intervenire per arginare, da subito, questa ulteriore corsa al rialzo, monitorando eventuali speculazioni, nonché operando: – un taglio delle accise sui carburanti, immediato e congruo o la definizione e l’applicazione di un’accisa mobile realmente efficace; – lo scorporo delle accise dall’applicazione dell’IVA sui carburanti: da tempo sottolineiamo quanto sia insopportabile e iniqua l’imposizione di una tassa su un’altra tassa. Soprattutto, è necessario che il Governo non abbassi la guardia e non abbandoni i cittadini anche su questo fronte, dopo aver aumentato prematuramente le accise e pensare di aver risolto ogni criticità applicando il cartello con il prezzo medio, elemento di maggiore trasparenza, ma non ancora risolutivo.

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Amchor IS: Fed, tassi fermi a lungo ma possibili nuovi rialzi in due scenari

Posted by fidest press agency su domenica, 5 novembre 2023

A cura di Álvaro Sanmartín, Chief Economist, Amchor IS. La Federal Reserve ha lasciato invariati i tassi di interesse come previsto. Sebbene il presidente della Fed Jerome Powell affermi che la valutazione avviene riunione per riunione, e che non sono esclusi ulteriori rialzi dei tassi, la nostra impressione è che la banca centrale americana sia determinata a mantenere i tassi di interesse al livello attuale per un lungo periodo di tempo. A meno che non si verifichino eventi inaspettati.Pensando agli scenari “inattesi”, possiamo considerare due fattori che potrebbero indurre la Fed ad alzare nuovamente i tassi nei prossimi mesi. Il primo prevede un eccessivo allentamento delle condizioni finanziarie, per esempio, un calo sensibile dei tassi a lungo termine. Se ciò accadesse, la Fed probabilmente riterrebbe che le condizioni finanziarie si sono allentate forse in modo eccessivo per poter controllare l’inflazione.Oppure potremmo trovarci in una situazione in cui la crescita rimane al di sopra del potenziale e l’eccesso di domanda nel mercato del lavoro non viene corretto. In tal caso, l’inflazione potrebbe trovarsi nuovamente bloccata a un tasso troppo elevato. Per il resto, e nel tentativo di evitare che il mercato inizi a scontare tagli anticipati dei tassi, Powell ha ribadito in più occasioni durante la conferenza stampa che il percorso per “battere” l’inflazione sarà comunque lungo.

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Inflazione Usa: è troppo presto per decretare la fine del ciclo di rialzi dei tassi

Posted by fidest press agency su sabato, 16 settembre 2023

A cura di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel. Ad agosto negli Stati Uniti l’Indice dei Prezzi al Consumo complessivo è salito al 3,7% su base annua, in linea con le attese, mentre l’indice core ha registrato un aumento dello 0,3% su base mensile, un dato leggermente al di sopra del consensus Bloomberg. A un tasso annualizzato, l’IPC core di agosto sarebbe pari al 4% circa, ben al di sopra del target del 2% della Fed: l’inflazione resta quindi resiliente, nonostante i beni rifugio siano aumentati solo dello 0,3%, una delle letture più deboli da molto tempo a questa parte. Molte volte, nel corso degli ultimi 18 mesi, gli investitori hanno sperato che un rallentamento del prezzo di beni o affitti avrebbe posto fine alle preoccupazioni sul fronte inflazione, ma +0,3% su base mensile è ancora un livello troppo elevato. Il dato dell’inflazione di agosto non esclude quindi la possibilità di ulteriori rialzi dei tassi: è troppo presto per decretare la fine del ciclo rialzista, anche qualora la Fed dovesse optare per una pausa nel corso della riunione della prossima settimana. Sicuramente, se l’inflazione su base mensile dovesse rimanere su questi livelli, i tagli dei tassi non sarebbero un’opzione praticabile, con buona pace degli investitori che sperano in un’inversione della politica monetaria Usa e in un taglio dei tassi già nei prossimi 12 mesi.

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BCE: Futuri rialzi dipenderanno dai dati economici

Posted by fidest press agency su sabato, 29 luglio 2023

A cura di Antonella Manganelli, AD e Responsabile Investimenti di Payden & Rygel Italia. La BCE ha aumentato i tassi di interesse principali di 25 punti base (bps). Il tasso sui depositi è passato dal 4% al 4,25%. Questa decisione era ampiamente attesa dai mercati finanziari. L’aumento dei tassi d’interesse non è stata l’unica decisione presa dalla BCE, ma è stato confermato che i titoli in scadenza acquistati con il Quantative Easing, continueranno a non essere reinvestiti, sebbene non sia stata data indicazione sul ritmo della riduzione del portafoglio. Inoltre, la remunerazione delle riserve obbligatorie è stata fissata allo zero per cento, riducendo l’ammontare degli interessi da versare alle banche. Questa mossa dovrebbe preservare l’efficacia della politica monetaria fin qui adottata.Il contesto macroeconomico europeo è entrato in una fase di deterioramento con maggiori rischi al ribasso. Questo è un segnale della trasmissione delle politiche BCE sull’economia reale. Sebbene l’inflazione stia calando a livello generale, l’inflazione Core (ex Energia e Cibo) continua a destare preoccupazione.Secondo la dichiarazione della BCE e i commenti della Presidente Lagarde durante la conferenza stampa, sembra che la BCE non escluda ancora altri rialzi in futuro, ma questo dipenderà dai prossimi dati economici. In sintesi, sembra che le BCE non voglia avere le mani legate per quanto riguarda le prossime decisioni, per evitare possibili speculazioni da parte degli investitori.

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PGIM Fixed Income: fasi finali dei rialzi, prime fasi del nuovo bull market

Posted by fidest press agency su martedì, 18 luglio 2023

A cura di Robert Tipp, Chief Investment Strategist Head of Global Bonds di PGIM Fixed Income. Il giovane mercato rialzista delle obbligazioni iniziato lo scorso anno ha subito una pausa nel secondo trimestre. Il rally “flight-to-quality” del primo trimestre, dovuto alla crisi delle banche regionali, si è invertito con il ridursi dei timori di una contrazione del credito. Successivamente, i mercati si sono resi conto che, con un’inflazione ancora elevata e un basso tasso di disoccupazione, è improbabile che le banche centrali cambino rotta rispetto alla loro missione di lotta all’inflazione e inizino a tagliare i tassi. Di conseguenza, i mercati hanno spinto i tassi al rialzo, passando dalle aspettative di taglio dei tassi a quelle di ulteriori rialzi nei prossimi mesi. Il nuovo elevato livello di reddito generato dalle obbligazioni, tuttavia, è stato generalmente sufficiente a compensare l’erosione dei prezzi dovuta all’aumento dei rendimenti. All’inizio del terzo trimestre il ritmo della crescita economica si sta moderando, ma l’inflazione rimane troppo alta perché i banchieri centrali possano interrompere i rialzi dei tassi – per ora. Mentre continua il dibattito su cosa faranno, per le banche centrali dei mercati sviluppati gli incrementi dei rialzi si stanno riducendo e in alcune riunioni hanno fatto una pausa. Si tratta di segnali che indicano che la maggior parte degli aumenti è ormai alle spalle e che i rialzi futuri costituiscono sempre più esercizi di messa a punto. Nel frattempo, le banche centrali dei mercati emergenti, molte delle quali hanno iniziato ad aumentare i rialzi prima e in modo più aggressivo, stanno riflettendo più chiaramente su come concludere i propri cicli e su quando iniziare i tagli.Detto questo, è probabile che questo scenario alimenti la continuazione del mercato toro iniziato nel quarto trimestre del 2022, guidato non da un rapido calo dei rendimenti, ma semplicemente dal rendimento stesso. Dopo che i rendimenti si sono ripresi dai livelli depressi del periodo successivo alla crisi finanziaria e alla pandemia, tornando a massimi che non si vedevano da anni (se non da decenni), potremmo ora assistere a un mercato rialzista alimentato da: 1. il semplice guadagno di una discreta quantità di rendimento e 2. il probabile rendimento incrementale generato dai prodotti a spread non governativi rispetto ai rendimenti governativi.Il nemico dei mercati a spread negli ultimi due anni non è stato tanto il deterioramento del credito quanto l’ansia. Questa relazione è stata chiaramente dimostrata dal forte legame esistente tra la volatilità implicita dei tassi d’interesse – una misura dell’incertezza riguardo all’entità e alla direzione delle fluttuazioni previste dei tassi d’interesse – e gli spread creditizi. In effetti, qualsiasi movimento improvviso dei tassi d’interesse, che si sia verificato durante il selloff dello scorso anno o il rally dovuto a SVB del primo trimestre, ha spaventato gli investitori, spingendo i flussi verso le obbligazioni e aumentando gli spread. Poiché si prevede che il ritmo dei rialzi dei tassi da parte delle banche centrali si ridurrà drasticamente nei prossimi trimestri, è probabile che la volatilità dei tassi d’interesse continui a calare, il che dovrebbe consentire agli spread di rimanere in una fascia di oscillazione o, più probabilmente, di ridursi nei prossimi mesi e fornire una spinta ai rendimenti del reddito fisso.È vero che l’orizzonte rimane offuscato dagli eventi geopolitici e dal potenziale impatto ritardato dei rialzi dei tassi d’interesse, il che impone una certa vigilanza sull’evoluzione del contesto d’investimento. Ma resta il fatto che l’economia globale ha superato ragionevolmente in buona forma l’inizio di una guerra, gli shock inflazionistici al rialzo, una discreta quantità di inasprimento quantitativo e uno storico volume di rialzi dei tassi. Con le banche centrali destinate a moderare il loro percorso di rialzo dei tassi, il mercato rialzista sembra destinato a continuare nei prossimi trimestri grazie ai livelli di rendimento appena ripristinati e al potenziale di rendimento incrementale dei prodotti a spread.In conclusione, sebbene i rischi permangano, la pausa del secondo trimestre sarà probabilmente breve e il mercato rialzista iniziato nel quarto trimestre del 2022 riprenderà probabilmente nella seconda metà del 2023.

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il mercato immobiliare nazionale continua a vedere rialzi nel primo semestre del 2023

Posted by fidest press agency su sabato, 8 luglio 2023

Nonostante un rallentamento della domanda e l’incremento dello stock a disposizione sul mercato. In calo anche l’accessibilità (intesa come affordability) di single e coppie nel Paese. Comprare casa nel nostro Paese costa oggi, in media, 2.125 euro al metro quadro, in rialzo del 2,5% rispetto all’inizio del 2023. I canoni d’affitto, invece, sono cresciuti del 5,4% nello stesso periodo, attestandosi a 12,5 euro al metro quadro di media nel Paese. Queste sono alcune delle evidenze più indicative emerse dal nuovo Osservatorio semestrale del mercato residenziale realizzato da Immobiliare.it Insights, società del gruppo di Immobiliare.it, il portale immobiliare leader in Italia, specializzata in big data e market intelligence per il settore immobiliare. Comprare casa nelle grandi città costa invece 3.236 euro al metro quadro di media, con la domanda che frena nell’ultimo semestre (-2,9%) e lo stock in offerta si accumula (+8,3%). Per quanto riguarda gli affitti, i canoni restano più alti nelle grandi città, dove superano i 16 euro al metro quadro di media contro i 10 delle città più piccole, ma sono queste ultime a vedere i maggiori tassi di crescita (+8,1% nel semestre, contro il 5,5% delle grandi). La città più cara per acquistare casa resta Milano, dove il prezzo al metro quadro medio ha superato quota 5.250 euro al metro quadro, seguita da Bolzano, Firenze, Bologna e Roma. Il capoluogo lombardo resta la città più costosa anche per gli affitti (22 euro/mq di media), in un podio che comprende Firenze e Bologna. By Ufficio Stampa Immobiliare.it

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Fed: senza chiari segnali di attenuazione dell’inflazione, i rialzi dei tassi potrebbero dover proseguire

Posted by fidest press agency su mercoledì, 14 giugno 2023

A cura di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel. La domanda della settimana è se la Fed aumenterà, fermerà o taglierà i tassi durante la riunione di oggi. La nostra opinione è che i policymaker vogliano “saltare” un rialzo dei tassi nel corso di questa riunione, mantenendo aperta l’opzione di un nuovo rialzo a luglio (o più avanti nel corso dell’anno). Nel corso di questa stessa riunione i responsabili delle politiche monetarie probabilmente rivedranno al rialzo le loro stime su PIL e inflazione, mentre taglieranno quelle sul tasso di disoccupazione per il 2023. A nostro avviso il “salto” di oggi non sarà da considerare come la fine del ciclo di rialzi dei tassi, soprattutto a causa dell’inflazione. Il nuovo dato dell’inflazione core di maggio, 0,4% mese su mese, significa sei mesi consecutivi di dati mensili allo 0,4% e oltre. Vediamo addirittura un rischio di un prossimo rialzo dello 0,5%, a causa di potenziali rimbalzi nelle categorie dei veicoli usati e dei viaggi (entrambe scese in aprile), che tendono ad essere altamente volatili. Altre categorie potrebbero contribuire a mantenere l’inflazione di fondo troppo calda per i gusti della Fed. Ad esempio, i servizi di assistenza medica hanno rappresentato un significativo freno all’inflazione dallo scorso autunno, ma ora questo freno sembra venire meno.Inutile dire che una lettura dello 0,5% non sarebbe affatto una prova di raffreddamento dell’inflazione sottostante. Forse Powell può far credere che un “salto” nella riunione di giugno sia un “guadagno di tempo” per valutare gli effetti tardivi sui dati, ma dubitiamo che un maggior numero di dati sia sufficiente a convincere la Fed che il gioco è fatto. Un’inflazione allo 0,4% o 0,5% su base mensile renderà l’estate nervosa. Qualche settimana fa, Christopher Waller ha dichiarato: “Non mi aspetto che i dati dei prossimi due mesi rendano chiaro che abbiamo raggiunto il terminal rate. E non sono favorevole a interrompere i rialzi dei tassi a meno che non ci sia una chiara evidenza che l’inflazione stia scendendo verso il nostro obiettivo del 2%”. A meno che non si inizi a vedere presto qualche chiaro segnale di attenuazione dell’inflazione, la Fed potrebbe essere costretta a proseguire coi rialzi dei tassi.

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Una pausa nel ciclo di rialzi Fed a partire da giugno potrebbe essere prolungata

Posted by fidest press agency su martedì, 16 Maggio 2023

A cura di Flora Dishnica, Investment Manager di Pictet Asset Management. Dopo un primo trimestre alquanto movimentato, il mese di aprile è stato sorprendentemente calmo, sia per i mercati azionari sia per quelli obbligazionari. Rimane, invece, complesso e ricco di sfumature il quadro macroeconomico. Le tensioni nel sistema bancario statunitense non risultano ancora esaurite, seppur circoscritte nell’ambito delle banche regionali, contesto che al momento rimane più che gestibile, come dimostrato dalla recente acquisizione di First Republic da parte di JPMorgan e il susseguirsi di notizie su possibili operazioni strategiche o di interventi sul capitale di altre banche regionali di minore importanza. L’inizio di maggio prevedeva altresì importanti appuntamenti sul fronte macroeconomico. La Fed ha effettuato, come da attese, quello che sembra poter essere l’ultimo rialzo di questo ciclo, sicuramente memorabile per la sua rapidità: ha portato il tasso di riferimento al 5,25% per un totale di 500 punti base in poco più di anno da marzo 2022. Il messaggio di Powell ha cercato di essere il meno vincolante possibile su giugno, concedendo la possibilità di una pausa, ma rimarcando al contempo il principio di “data dependency”, quindi di dipendenza delle future decisioni dai dati che saranno pubblicati. Ritiene tuttavia inverosimili i tagli prezzati dal mercato. Considerando la solidità del mercato del lavoro, oltre mezzo punto nella seconda parte di quest’anno e un altro punto e mezzo nel 2024, condividiamo la sensazione che la pausa, se confermata come possibile già a giugno, sarà probabilmente prolungata. Infatti, il terminal rate è lievemente più basso di quanto si pensasse a fine febbraio, ridimensionato a causa del rischio bancario, non per questo però i tagli seguiranno rapidamente, a meno che non vi sia una decisa restrizione del credito. Questo diventerà chiaro solo nei prossimi mesi. L’inflazione sta rientrando, ma a un ritmo ancora lento sulla componente dei servizi core, quelle più sensibili alle dinamiche del mercato del lavoro. Il surriscaldamento dei mesi passati sembra rientrare, infatti, rallenta il ritmo delle nuove posizioni aperte e il tasso delle dimissioni volontarie. L’economia però continua ad aggiungere nuovi occupati, più di 250.000 ad aprile, seppur confermando il rallentamento della media degli ultimi tre mesi. Sui salari si conferma la tendenza meno convincente degli ultimi mesi, dopo il rientro dai picchi del 2022, per ora si viaggia intorno al 4.4% annuale: è stato questo l’aumento di aprile degli Average Hourly Earnings. Nel primo trimestre, la crescita era buona, meno delle attese per via delle scorte, ma ancora ben sostenuta dai consumi. L’indicatore di fiducia sul lato servizi arresta per ora la forte discesa dei mesi scorsi, mentre si conferma il rallentamento del manifatturiero. Nel complesso, la tenuta dell’economia è incoraggiante, indubbiamente in rallentamento senza però mostrare i segnali di una recessione imminente, a conferma della plausibilità di una prossima pausa per la Fed senza tagli per quest’anno. Il prossimo mese, inoltre, vedrà sempre più protagonista il tema del tetto del debito e la necessità per il Congresso degli Stati Uniti di trovare un accordo sul livello in vista del raggiungimento del vincolo tecnico, possibilmente già i primi di giugno. Questa è la stima conservativa comunicata dal Tesoro. Molto spesso quest’accordo risulta da negoziazioni di natura politica e non di natura economica e arriva a ridosso della scadenza, causando non poca volatilità sui mercati.

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La BCE aumenta i tassi di 50 pb, ma abbandona ogni riferimento a rialzi futuri

Posted by fidest press agency su venerdì, 17 marzo 2023

A cura di Roberto Rossignoli, Portfolio Manager di Moneyfarm. Il principale spunto positivo derivante dal meeting della BCE è l’abbandono, da parte dell’istituto di Francoforte, di ogni preciso riferimento a rialzi dei tassi prospettici. Quindi, nonostante il rialzo dei tassi d’interesse di 50 punti base, già ampiamente preventivato dagli operatori, è lecito aspettarsi una maggiore cautela nell’impostazione della stretta monetaria. Un’altra notizia positiva riguarda le revisioni al rialzo delle stime di crescita per l’Eurozona, a segnalare un 2023 meno drammatico, per ora, del previsto.Ci preoccupano un po’ di piú l’outlook sull’inflazione, secondo la Lagarde non ancora debellata, ed eventuali indecisioni su mosse da implementare a tutela del sistema bancario, sulle quali il governatore durante la conferenza stampa è stato più vago.

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PGIM Fixed Income: BCE, bisogna ancora vedere gli effetti dei precedenti rialzi

Posted by fidest press agency su mercoledì, 15 marzo 2023

A cura di Katharine Neiss, Chief European Economist di PGIM Fixed Income. Siamo ancora convinti che l’inflazione di fondo continuerà a salire fino a primavera inoltrata, poiché i precedenti aumenti dei prezzi dell’energia si ripercuotono con ritardo su beni e servizi non energetici. In questo contesto, ci aspettiamo che la Banca Centrale Europea (BCE) fornisca indicazioni su un ulteriore rialzo dei tassi di 50 pb alla prossima riunione, e forse di qualche altro più contenuto in seguito. Detto questo, riteniamo che il mercato abbia probabilmente esagerato nello scontare una serie di rialzi dei tassi fino al 4%, o oltre. I precedenti aumenti dei tassi non hanno ancora manifestato i propri effetti e permangono le sfide per le prospettive economiche legate all’energia. Per quanto riguarda le prospettive sulla politica monetaria, negli ultimi 12 mesi i mercati hanno fatto un po’ “avanti e indietro”. Si è partiti dall’idea che le banche centrali fossero in ritardo e che i tassi di riferimento avrebbero dovuto crescere in modo significativo per riportare l’inflazione verso l’obiettivo. Poi sono stati alimentati timori dalla prospettiva che le banche centrali potessero operare una stretta eccessiva, facendo precipitare l’economia in recessione. Le opinioni si sono poi spostate su uno scenario di “atterraggio morbido”, molto più favorevole, grazie alla buona sorte: il clima più caldo ha ridotto la probabilità di razionamenti invernali nell’eurozona, abbassando allo stesso tempo i prezzi dell’energia. Il flusso costante di dati sorprendentemente positivi sull’attività economica è stato recentemente accompagnato da numeri sull’inflazione più forti del previsto. La salita dell’inflazione dei servizi nell’area dell’euro su base mensile nell’ultima stima flash è stata particolarmente notevole. A sua volta, ciò ha innescato un’ulteriore rivalutazione dei rialzi dei tassi nell’area euro, in quanto il mercato è tornato a pensare che la BCE potrebbe essere in ritardo nell’affrontare un’inflazione superiore al target. A fronte di una prospettiva così incisiva per i tassi, non saremmo sorpresi di vedere riemergere i timori di un’eccessiva stretta, con un conseguente calo delle aspettative sui tassi. Fonte: http://www.verinieassociati.com

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PIMCO: Spazio per ulteriori rialzi

Posted by fidest press agency su domenica, 19 febbraio 2023

A cura di Tiffany Wilding, North American Economist di PIMCO. Martedì il Bureau of Labor Statistics (BLS) ha pubblicato il dato sull’indice dei prezzi al consumo (CPI) di gennaio. Secondo l’indagine di Bloomberg, le variazioni del dato headline e core sono state in linea con le aspettative mediane degli analisti. Tuttavia, dopo che il BLS ha incorporato i fattori di destagionalizzazione e le ponderazioni del paniere di consumo aggiornati annualmente, la traiettoria dell’inflazione rivista è risultata più “viscosa” di quanto si pensasse in precedenza e ha contribuito a far emergere dai dati economici di gennaio che l’economia statunitense è stata sorprendentemente resiliente e che la Fed farà di più per garantire una moderazione dell’inflazione. A dicembre, i funzionari della Fed avevano previsto altri due aumenti dei tassi di 25 punti base (pb), secondo la sintesi delle proiezioni economiche (SEP). Ma dopo i recenti dati, riteniamo molto probabile che la SEP della Fed venga nuovamente rivista al rialzo, in modo che la mediana rifletta un ulteriore rialzo dei tassi, con un conseguente aumento di 25 pb a marzo, maggio e giugno e un intervallo di picco dei tassi del 5,25%-5,5%. Ciò detto, le proiezioni sono ciò che sono – ovvero proiezioni – e il fatto che la Fed rispetti effettivamente questa traiettoria dei tassi rimane una questione aperta. Le condizioni finanziarie sono ancora rigide nonostante il recente allentamento, le banche stanno inasprendo le condizioni di credito e i risparmi dei consumatori stanno diminuendo. Di conseguenza, anche se i dati recenti suggeriscono che l’economia statunitense è stata più resiliente di quanto ci si aspettasse, le nostre previsioni propendono ancora per un indebolimento. In particolare, vorremmo sottolineare i seguenti punti relativi ai recenti dati economici: Un minore impulso disinflazionistico verso la fine dell’anno è una notizia sempre più deludente, anche se il tasso dell’inflazione core su base annua (a/a) ha chiaramente raggiunto il picco. In precedenza, avevamo sostenuto che passare da un’inflazione dell’8% a una del 4% sarebbe stato relativamente facile perché i vincoli dell’offerta, legati prima alla pandemia e poi alla guerra in Ucraina, insieme a un’impennata della domanda indotta dagli stimoli e ad un’accelerazione del costo unitario del lavoro, sembravano indurre un aggiustamento pluriennale del livello dei prezzi che aveva in gran parte fatto il suo corso. Anche se non abbiamo mai pensato che la disinflazione sarebbe stata una linea retta, la revisione della dinamica avalla la prospettiva che, sebbene l’inflazione sia ancora suscettibile di moderazione, potrebbe richiedere più tempo. Gli indicatori sulla produttività di gennaio suggeriscono inoltre che l’economia statunitense è stata più resiliente all’inizio dell’anno di quanto si pensasse in origine. Non si vuole mai attribuire troppo peso a un singolo rapporto, ma i dati sull’occupazione di gennaio sono stati piuttosto solidi anche dopo aver preso in considerazione le revisioni e l’aggiornamento del benchmark: analogamente al CPI, l’aggiornamento degli indicatori stagionali da parte del BLS suggerisce che la dinamica del mercato del lavoro ha mostrato maggiore forza verso la fine dell’anno. Indipendentemente da ciò, sospettiamo che i problemi legati alla destagionalizzazione abbiano anche depresso le vendite al dettaglio dichiarate a novembre e dicembre, perché i consumatori hanno effettuato acquisti prima del consueto. Questo, unito all’aumento del reddito discrezionale aggregato per gli anziani derivante dall’aumento dell’adeguamento del costo della vita nella previdenza sociale a gennaio, porterà a un notevole rimbalzo delle vendite. Tuttavia, gli indicatori prospettici non sono così rosei. Come abbiamo scritto la settimana scorsa, le condizioni finanziarie sono ancora rigide rispetto agli standard storici e dati distinti della Fed suggeriscono che le banche stanno inasprendo le condizioni di credito praticamente in modo trasversale. Inoltre, i consumatori hanno risparmi negativi in termini reali, dato che i redditi aggregati reali sono ancora inferiori del 2% rispetto al trend pre-pandemico, mentre i consumi reali sono superiori del 2%. Sebbene i consumatori possano sostenere questo livello di consumi reali per un determinato periodo di tempo, dopo aver accumulato grandi scorte di liquidità durante la pandemia, questi trend non sono sostenibili nel medio termine. Cosa significa tutto questo? La Fed ha ancora il difficile compito di bilanciare il rischio di fare troppo e indebolire inutilmente il mercato del lavoro, con il rischio di non fare abbastanza e permettere all’inflazione di perdurare. Bilanciare questi rischi è ancora più difficile se si considerano i ritardi variabili e incerti nel meccanismo di trasmissione della politica monetaria e la possibilità di cambiamenti strutturali nell’economia dopo la pandemia. La Fed ha agito correttamente moderando il ritmo dei rialzi dei tassi di fronte a queste sfide, ora che è riuscita a spostare la politica monetaria in territorio restrittivo. Tuttavia, quanto siano restrittive le condizioni attuali, e quanto a lungo dovranno rimanere tali, rimane una questione aperta, che i funzionari di politica monetaria continueranno a indagare nel corso del prossimo anno. Per il momento, i dati economici sono coerenti con l’idea che ci sia lo spazio per qualche altro rialzo e riteniamo che i funzionari della Fed coglieranno l’opportunità per confermare il riprezzamento del mercato. Abstract by http://www.verinieassociati.com

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Le banche centrali guardano alla fine del ciclo di rialzi

Posted by fidest press agency su sabato, 4 febbraio 2023

A cura di Azad Zangana, Senior European Economist and Strategist, Schroders. Sia la BCE sia la BoE hanno alzato i tassi di interesse di riferimento di mezzo punto percentuale, portando avanti il tentativo di riportare l’inflazione verso i rispettivi obiettivi del 2%. Entrambi gli aumenti sono stati in linea con le aspettative e con quanto prezzato dal mercato. Il calo del prezzo del gas naturale in Europa è stato citato in entrambe le dichiarazioni, in quanto ha contribuito in larga misura all’aumento dei tassi d’inflazione nell’ultimo anno. Il significativo calo dei prezzi dalla fine dello scorso anno è stato segnalato come un fattore molto utile per la riduzione dei tassi di inflazione nel corso del 2023. L’IPC nominale è generalmente sceso rispetto ai recenti picchi, in linea con le previsioni ufficiali. Entrambe le economie hanno registrato una crescita superiore alle aspettative, anche se si prevede un ulteriore indebolimento dell’attività nei prossimi mesi. Ciò è dovuto in gran parte all’aumento del costo della vita e all’incremento dei tassi di interesse, quest’ultimo non ancora pienamente percepito dalle famiglie. Le condizioni del mercato del lavoro rimangono rigide, con i tassi di disoccupazione che restano bassi. Sebbene lo slancio relativo alla crescita delle nuove assunzioni si sia notevolmente attenuato, sia la BCE sia la BoE si aspettano che l’inflazione salariale rimanga stabile nel breve termine, in risposta all’aumento dei tassi di inflazione. Tuttavia, dato l’allentamento della domanda di personale, i rischi di una spirale inflazionistica salariale si stanno attenuando. In modo insolito, la BCE ha deciso di dare una forte guidance sul fatto che il consiglio direttivo intende aumentare nuovamente i tassi di interesse a marzo di altri 50pb. In passato, il Consiglio ha cercato di non preannunciare cambiamenti di politica, ma in questa occasione ha ritenuto che gli indicatori attuali non avrebbero modificato il percorso nel breve termine. La BCE ha anche annunciato un piccolo quantitative tightening, il suo primo tentativo di invertire il sostegno alla liquidità. Consentirà a 15 miliardi di euro di bond di giungere a scadenza nei mesi di marzo, aprile e giugno di quest’anno. Si tratta di una cifra molto ridotta rispetto alle dimensioni del bilancio della BCE, ma è comunque un primo passo significativo per testare le acque e capire come reagiranno i mercati obbligazionari europei. In caso di successo, ci si aspetta che ne seguano altri. Per quanto riguarda la BoE, il comitato di politica monetaria (MPC) non ha fatto alcun preannuncio sul percorso futuro. Sebbene il rischio di un aumento persistente dell’inflazione nel Regno Unito rimanga estremamente elevato, la stima centrale è stata abbassata, in parte a causa del calo dell’inflazione energetica. Inoltre, le previsioni della BoE sull’inflazione IPC mostrano che se i tassi di interesse aumentassero in linea con le aspettative del mercato, l’inflazione sarebbe inferiore al target della BoE a partire dal 2024, segnalando indirettamente che il profilo è troppo alto. Pur ritenendo che l’inflazione del Regno Unito sarà più rigida rispetto alle previsioni della BoE, non crediamo che questo impedirà all’MPC di bloccare i rialzi dei tassi.

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Prezzi: Unc, i rialzi alimentari del 2022 in euro

Posted by fidest press agency su domenica, 22 gennaio 2023

L’Unione Nazionale Consumatori ha elaborato i dati Istat dell’inflazione media del 2022, per stilare la classifica dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche che hanno pesato maggiormente sulle tasche degli italiani, in termini di spesa aggiuntiva rispetto al 2021.Se in media una famiglia italiana nel 2022 ha speso 513 euro in più per mangiare e bere, guardando alle sottoclassi di prodotto sono i Vegetali freschi a vincere la classifica dei rincari, con una spesa supplementare di 63,30 euro rispetto al 2021, a fronte di un’inflazione media del 14,3%.Al secondo posto la Frutta fresca che, con un’inflazione del 7,3%, costa 32,30 euro in più per una famiglia media. Medaglia di bronzo per Formaggi e latticini, con una stangata rispetto a due anni fa pari a 32,10 euro (+8,6%).Appena giù dal podio il Pollame (+13,5%, pari a 31,20 euro), poi il Pane (+11%, +28,80 euro), al sesto posto la Pasta (+17,3%, +24,30 euro). Seguono la Carne bovina (+5,9%, +22,40 euro), Prodotti di pasticceria e panetteria come crackers, piadine, fette biscottate (+7,8%, +20,20 euro) e Pesce fresco (+8,3%, +18,30 euro). Chiudono la top ten i Salumi (+5,1%, +15,10 euro). Si segnalano poi gli Altri oli alimentari (diversi da olio di oliva) che segnano il record dell’inflazione (Tabella n. 2) con +51,5%, ma che sono “solo” in 12° posizione in quanto a incremento di spesa (+12,50 euro), le Uova (+12,8%) e l’Olio di oliva (+8,2%) ex aequo con +9,60 euro. La Pizza l’abbiamo pagata 9,10 euro in più (16° posto, +6,9%), i Gelati 8,80 euro (17°, +13,1%), il Caffè 8,10 euro (19°, +5,7 euro). Chiude la top 20 il Burro con 7,90 euro, al 2° posto in quanto a inflazione (+28,2%). Si segnalano poi il Riso con +7,60 euro, la Farina con 7,5 euro (al 4° posto per inflazione), il Latte fresco parzialmente scremato con 7,20 euro (che sommato a quello intero e conservato portano la stangata a 14,70 euro), lo Zucchero, medaglia di bronzo per inflazione con +18,8% e un aggravio per le famiglie pari a 4 euro.

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Prezzi: Unc, le classifiche dei rialzi annui e mensili

Posted by fidest press agency su sabato, 29 ottobre 2022

‘Unione Nazionale Consumatori ha elaborato i dati Istat sull’inflazione di ottobre per stilare le classifiche dei rialzi sia annui che mensili. Per i rincari annui, non solo vince per la seconda volta l’Energia elettrica del mercato libero, ma il prezzo quadruplica rispetto a ottobre 2021 con un pazzesco +329%, oltre tre volte e mezza la luce del tutelato, ferma a +91,5%.Per gli aumenti mensili il record spetta sempre al mercato libero, con il gas al 1° posto con un astronomico +63,9% sul mese precedente, a fronte di una variazione congiunturale nulla del gas del mercato tutelato.Per la top 40 dei rialzi annui (tabella n. 1), dopo il primato dell’Energia elettrica del mercato libero (+329%), al 2° posto i Voli internazionali che volano del 113,2% su base annua. Medaglia d’argento per il Gas di città (libero + tutelato) con +105,7%, ma con il tutelato che si ferma a meno della metà con +43%.Al 4° posto Energia elettrica mercato tutelato con +91,5%, meno di un terzo rispetto al libero. Al 5° l’Olio diverso da quello di oliva, che con +56,1% vince per gli alimentari, seguito dal Burro, 2° per il cibo con +42,9%.Seguono i Voli nazionali (+40%), in ottava posizione il Gasolio per riscaldamento (+36,4%), poi lo Zucchero, medaglia di Bronzo per il cibo con +35,9% su ottobre 2021. Chiude la top ten il Riso (+30,6%). Si segnalano poi il Latte conservato (11°, +29,4%), Margarina (12°, +28,2%), Gpl e metano (14°, +27,2%), Vegetali freschi (16°, +25,1%), Farina (18°, +23,7%), la Pasta (fresca, secca e preparati di pasta), al 19° posto con +22,5%, le Uova (21°, +18,7%), Latte fresco parzialmente scremato (23°, +18,3%), Pollame (24°, +18%), Gasolio per mezzi di trasporto (29°, +16,8%), Pane (32°, +15,9%), Vegetali surgelati (34°, +15,3%), Latte fresco intero (36°, +14,8%). Chiudono la top 40 Alberghi, motel, pensioni e simili con +13,7%.Per la top 10 dei rincari mensili, dopo il record del Gas mercato libero con +63,9% su settembre 2022, al 2° posto si colloca sempre il mercato libero, questa volta della luce, con +62,7%. Sul gradino più basso del podio l’Energia elettrica del mercato tutelato con +51,9% sul mese precedente.In 4° posizione lo Zucchero, primo per gli alimentari con +14,5%, seguito dai Vegetali freschi che in un solo mese costano l’8,2% in più. Si segnala poi il Latte conservato, in ottava posizione con +3,9%. “Non solo l’inflazione non rallenta la sua corsa, ma accelera in maniera esponenziale, con un balzo del 3,5% in appena un mese, che in termini di aumento del costo della vita significa una stangata a famiglia pari in media a 975 euro su base annua, 107 per cibo e bevande, 874 per abitazione, elettricità e combustibili. Se poi si considera l’inflazione tendenziale, pari a +11,9%, la mazzata annua vola in media a 3324 euro, 2016 per l’abitazione, 761 per mangiare e bere” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

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Prezzi: Unc, la top 30 dei rialzi

Posted by fidest press agency su martedì, 4 ottobre 2022

L’Unione Nazionale Consumatori ha elaborato i dati Istat resi noti ieri sull’inflazione tendenziale di settembre per stilare la top 30 dei rialzi e la top 20 dei prodotti alimentari e bevande.Per la top 30 relativa a tutto il paniere, vincono i Voli internazionali decollati del 118,3% su settembre 2021, al 2° posto l’Energia elettrica (libero + tutelato), più che raddoppiata in un anno con +103,4%. Medaglia di bronzo al Gas naturale e gas di città con +63,7% Al 4° posto l’Olio diverso da quello di oliva con +60,5% che vince per gli alimentari. Seguono Gpl e metano (+46,4%), Gasolio per riscaldamento (+43,7%), al 7° posto il Burro (+38,1%), medaglia d’argento tra gli alimentari, seguito dalla Margarina che con +26,5% si colloca sul gradino più basso del podio per il cibo e dal Riso (+26,4%). Chiude la top ten generale il Latte conservato (+24,5%), 5° tra gli alimentari.Si segnalano poi la Farina (11°, +24,2%), la Pasta (fresca, secca e preparati di pasta) con +21,6% (13°), il Gasolio per mezzi di trasporto (14°, +19,8%), lo Zucchero (15°, +18,4%), gli Alberghi, motel, pensioni e simili che con +18,3% rispetto alla scorsa estate sono al sedicesimo posto della classifica generale ma al 1° posto per le voci legate alle ferie, tolti i trasporti e limitandosi alle vere voci tipicamente legate alle vacanze e all’estate, ossia alle divisioni di spesa Ricreazione, spettacoli e cultura e Servizi ricettivi e di ristorazione. Dopo i Gelati (+18,2%), chiudono la top 20 i Vegetali freschi con +16,7% (10° posto per gli alimentari).Per il cibo, poi, si segnalano le Uova (11°, +16,6%), Pollame (12°, +16,5%), Latte fresco parzialmente scremato (13°, +15,3%) e il Pane (15°, +14,6%)Chiudono la top 20 degli alimentari le Acque minerali con +12,9%.”Urge un nuovo bonus per le famiglie di 600 euro, così da coprire almeno i rincari dei prodotti alimentari, che essendo saliti dell’11,8% determinano una maggior spesa annua pari in media a 665 euro in più su base annua. Una stangata che sale a 907 euro per una coppia con 2 figli, 819 per una coppia con 1 figlio, 1084 euro per le coppie con 3 figli. Inutile, invece, tagliare l’Iva del 4% sui beni alimentari, non solo perché matematicamente, calcolatrice alla mano, la riduzione della spesa sarebbe pari appena a 90 euro e 3 centesimi per una famiglia media, 122 euro e 78 cent per una coppia con 2 figli, ma perché non è detto affatto che i commercianti, dovendo abbassare i prezzi solo del 3,846%, li ritocchino effettivamente. Con tutta probabilità lascerebbero invariati i loro listini. Insomma, una misura che andrebbe a solo vantaggio dei commercianti e non dei consumatori” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

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Prezzi: Unc, le top 20 dei rialzi

Posted by fidest press agency su sabato, 16 luglio 2022

L’Unione Nazionale Consumatori ha elaborato i dati Istat resi noti ieri sull’inflazione tendenziale di giugno per stilare 3 classifiche dei rialzi: prodotti alimentari, caro vacanze e quella relativa a tutti i beni e servizi. Per la top 20 annuale relativa a tutto il paniere Istat, vincono i Voli europei decollati del 139% su giugno 2021, al 2° posto l’Energia elettrica del mercato libero (+87,5%) che oramai si è adeguato con gli interessi agli aumenti scattati a partire da un anno fa nel mercato tutelato, al punto che ora il libero batte nei rincari il servizio di maggior tutela che invece resta in 5° posizione con +67,6%. Medaglia di bronzo ai Voli intercontinentali (+70,7%).Poi in 4° posizione l’Olio diverso da quello di oliva (+68,7%, in sesta il Gas con +67,3%. Seguono il Gasolio per riscaldamento (+52,9%), Gpl e metano (+38,2%), Noleggio mezzi di trasporto (+35,5%). Chiudono la top ten i Voli nazionali (+33,3%).In 11° posizione il gasolio per mezzi di trasporto (+32,3%). Si segnalano poi la benzina (14°, +25,3%), alberghi e motel (15°, +22,8%), la pasta al 16° posto (+22,6%). Chiude la top 20 il trasporto marittimo (+18,7%). Per quanto riguarda la top 20 dei prodotti alimentari, il record dei rialzi annui spetta all’Olio diverso da quello di oliva che si impenna del 68,7% rispetto a giugno 2021. Al secondo posto il Burro che si surriscalda del 28,1%. Sul gradino più basso del podio il cibo simbolo dell’Italia, la Pasta (fresca e secca) che lievita del 22,6%. Seguono la Farina (+20,6%), i Pomodori che costano il 19,4% in più su base annua, le Pesche (+18,4%), la Margarina (+17,3%), all’ottavo posto le Pere (+17,2%), poi entra in classifica la frutta fresca tipicamente estiva come i Meloni e i cocomeri (+16,1%). Chiude la top ten il Pollame (+15,1%), la carne più rincarata.Nella top 20 le arance con +15%, il riso in 13° posizione con +13,6%, il pane confezionato e le uova, entrambi al 15° posto con +13,3%, i gelati in 19° con +12,8%, chiude la classifica il latte conservato con +11,9%. Fuori classifica si segnalano i vegetali freschi con +11,7%, frutta fresca +10,8% e pane fresco +10,5%.Considerando l’insieme dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche l’inflazione al 9% di questa divisione si traduce, per una coppia con due figli, in una batosta pari a 692 euro, 625 per una coppia con 1 figlio, 508 euro per una famiglia media, 827 euro per una coppia con 3 o più figli.Nulla di buono anche per chi si appresta a partire per le ferie, specie se il luogo di villeggiatura è lontano (tabella n. 3). Nei primi posti della top ten dei rincari sulle vacanze ci sono, infatti, i voli: europei (al 1° posto con +139%), intercontinentali (2° con +70,7%), e nazionali (4° con +33,3%. Il noleggio dei trasporti è sul gradino più basso del podio con +35,5%. Al quinto posto Alberghi e motel con +22,8%, poi il trasporto marittimo con +18,7%, pensioni (+11,2%), in ottava posizione i pacchetti vacanza internazionali (+6,2%), il pasto in pizzeria (+5,1%). Chiudono la top ten i ristoranti con +4,5%.

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I rialzi dei tassi colpiscono i mercati

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 giugno 2022

A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm. Le ultime due settimane sono state particolarmente movimentate per i mercati finanziari, con una serie di notizie che hanno portato agitazione in un contesto già incerto. Il primo dato che ha colpito gli investitori è stata la pubblicazione dell’inflazione USA a maggio. Il Bureau of Labour Statistics ha pubblicato un dato sopra le aspettative, all’8,6%, contro un consensus di Bloomberg dell’8,3%. Il dato risente sicuramente della crescita del prezzo di alimentari ed energia (esacerbati dal contesto internazionale), ma anche l’inflazione core è stata particolarmente sostenuta. La crescita dei prezzi sta cominciando a riflettersi anche nelle aspettative di inflazione di medio termine (che restano comunque vicine alla soglia del 2%) mostrando una crescente, seppur non ancora allarmante, sfiducia dei mercati nella capacità delle Banche Centrali di gestire la situazione. Di fronte a questa situazione le Banche Centrali, nonostante segnali di maturità e rallentamento del contesto economico, hanno reagito “con la mano pesante”, effettuando e annunciando una serie di rialzi che hanno contribuito a determinare il ritracciamento di breve termine dei mercati finanziari. La Fed ha confermato di voler spingere sull’acceleratore, contraddicendo le sue stesse linee guida e aumentando i tassi di 75 punti base, come non succedeva dal 1994. Sebbene a maggio Powell avesse fondamentalmente escluso un aumento di tale portata, gli ultimi dati sull’inflazione più alti delle attese (8,6% annuale a maggio) hanno forzato una retromarcia, con appunto un aumento di tre rialzi, pur accompagnato da commenti per rassicurare sull’eccezionalità della misura.Anche la Banca Centrale Europea ha annunciato l’aumento dei tassi a partire da luglio. La decisione ha creato tensione sui mercati obbligazionari governativi e ha indebolito l’Euro, facendo aumentare gli spread. L’istituto di Francoforte, complice la pressione da parte dei governi, ha dovuto annunciare un piano per garantire la stabilità dell’Eurozona, prima attraverso il reinvestimento dei rimborsi ottenuti dalle obbligazioni acquistate durante il piano anti-pandemia PEPP e poi addirittura annunciando la possibilità di mettere in campo nuovi strumenti straordinari.Anche la Banca d’Inghilterra ha continuato nel percorso di rialzo dei tassi e la Cina ha messo sul piatto nuove misure anti-Covid che hanno contribuito a creare sconforto sui mercati. Insomma, la “tempesta perfetta” ha colpito sia la parte azionaria, sia la parte obbligazionaria dei portafogli e le prospettive di inflazione, il rallentamento dell’economia e il rialzo dei tassi (che probabilmente continuerà nei prossimi mesi) disegnano un contesto sicuramente non facile per gli investitori.In questa situazione, riteniamo sia importante concentrarsi su alcuni elementi positivi che aiutino ad immaginare una prospettiva per i prossimi mesi, almeno in un’ottica di medio termine. Il mercato del lavoro rimane incredibilmente forte negli Stati Uniti e generalmente robusto o in rafforzamento in Europa. Gli Usa si trovano in una situazione di piena occupazione, con i disoccupati che rappresentano solo il 3,6% della forza lavoro. Per quanto i segnali di rallentamento dell’economia non vadano sottovalutati, non si può ignorare la situazione di relativa forza da cui si parte, dunque non è da escludersi uno scenario in cui il percorso di rialzo dei tassi si risolva con conseguenze non eccessivamente drammatiche per l’economia e in cui una ripresa per i mercati finanziari sia possibile. Le aspettative di inflazione di medio termine, anche se hanno cominciato a crescere nell’ultimo periodo, sono rimaste relativamente stabili, il che lascia ben sperare sul fatto che i mercati abbiano ormai prezzato gli scenari peggiori. Se questa tendenza continuerà, è lecito non attendersi altre sorprese al rialzo, specialmente in uno scenario nel quale l’economia mostra segnali di rallentamento. Con gli ultimi rialzi, le Banche Centrali si sono garantite un piccolo margine di manovra per gestire i prossimi mesi con maggiore flessibilità. In questo senso è importante ricordare che, almeno in Europa, i mercati stanno prezzando più rialzi rispetto a quelli dichiarati dalla forward guidance delle Banche Centrali, riducendo il rischio di sorpresa negativa nei prossimi mesi anche sul lato obbligazionario a basso rischio.Le valutazioni dell’azionario da inizio anno sono crollate in modo sostanziale e ad oggi i mercati azionari hanno prezzi più convenienti rispetto a gennaio, che considerano in gran parte il cambio di politica monetaria delle principali Banche Centrali.Queste considerazioni offrono una prospettiva, ma non suggeriscono necessariamente che la fase di mercato negativa sia prossima alla fine. Nel breve termine l’economia globale dovrà affrontare numerose sfide e la volatilità sui mercati potrebbe accompagnarci ancora per qualche tempo. Come gli investitori più navigati sapranno, i mercati finanziari vivono di cicli. Dal dopoguerra ad oggi abbiamo attraversato 17 mercati ribassisti e quello che stiamo vivendo adesso non sarà certamente l’ultimo. Nonostante ciò, dopo le fasi negative, gli investitori sono sempre stati ricompensati con performance positive e crescita. Non si può fare nulla per cambiare la natura del mercato, per quanto questo sia difficile da accettare e non offra troppo conforto all’investitore che vede le perdite in portafoglio. Ciò non significa che non esistano strumenti per navigare questa fase: i ribilanciamenti dei portafogli che Moneyfarm ha effettuato negli ultimi mesi hanno ridotto il rischio in modo graduale dallo scorso luglio, aumentando le materie prime e l’esposizione al dollaro. È essenziale monitorare continuamente la situazione, per non farsi trovare impreparati quando la ripresa riporterà inevitabilmente in alto i valori azionari. Il consiglio agli investitori è sempre lo stesso: evitare di agire d’impulso e tenere a mente il fatto che cercare di anticipare il mercato porta con sé il rischio di perdere le giornate positive, compromettendo il risultato di un piano di investimento di lungo termine.

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Prezzi: Unc, la top ten dei rialzi alimentari

Posted by fidest press agency su lunedì, 20 giugno 2022

L’Unione Nazionale Consumatori ha elaborato i dati Istat resi noti ieri per stilare la classifica dei prodotti alimentari che a maggio hanno registrato i maggiori rialzi annui. Il record dei rincari spetta come sempre all’Olio diverso da quello di oliva che si impenna del 70,2% rispetto a maggio 2021 e che certo risente dell’effetto Ucraina e del blocco dell’import dell’olio di girasole. Al secondo posto della top 10 il Burro che svetta del 23,3%. Sul gradino più basso del podio la Pere che salgono del 22,9% in un anno.Al quarto posto i Pomodori (+20,6%), poi il cibo simbolo dell’Italia, la Pasta (fresca e secca) che lievita del 20,5%. Seguono la Farina (+18,7%), il Pollame, che costa il 13,8% in più su base annua, la Margarina (+12,8%), Altra frutta come i meloni e i cocomeri (+12,6%). Chiudono la top ten le Uova (+12,3%).Nella top 20, si segnalano i vegetali (+11%), i gelati (+11%), il pane confezionato (+10%), e quello fresco (+9,4%)

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“Capital Group: Come investire nell’obbligazionario con i tassi al rialzo”

Posted by fidest press agency su venerdì, 27 Maggio 2022

A cura di Keiyo Hanamura, Investment Director di Capital Group. Con le principali banche centrali all’opera per contrastare l’inflazione, i rendimenti obbligazionari hanno già scontato un inasprimento delle politiche monetarie. Negli Stati Uniti i rendimenti dei Treasury nel segmento a 10 anni della curva si trovano su livelli osservati l’ultima volta prima della pandemia alla fine del 2019, con gli investitori che scontano un aggressivo ciclo di rialzo dei tassi nel corso dei prossimi due anni. Nell’eurozona, invece, il rendimento dei Bund tedeschi a 10 anni è tornato prepotentemente in territorio positivo per la prima volta da tre anni a questa parte. Perfino in Giappone, baluardo di lunga data dei tassi d’interesse ultra-bassi, il rendimento del titolo decennale di riferimento ha raggiunto il proprio massimo degli ultimi sei anni mentre i mercati stanno cercando di testare il limite superiore del target stabilito dalla Bank of Japan. Sebbene ci troviamo solamente all’inizio del nuovo ciclo di rialzo dei tassi, sembra che i mercati stiano già sperimentando una certa volatilità; ciononostante, gli asset a reddito fisso continuano a fornire stabilità ai portafogli e nell’attuale contesto di mercato possono fornire notevoli benefici agli investitori.

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