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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 134

Archive for 1 agosto 2022

Transizione Energetica: l’effetto incrociato tra innovazione, costi e regolamentazione

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

A cura di Xavier Chollet, Senior Investment Manager e gestore del fondo Pictet-Clean Energy di Pictet Asset Management. Quando si parla di transizione energetica va sottolineato come la politica non sia tutto. Non più, per lo meno. Nonostante l’importante ruolo svolto fino a dieci anni fa dai regolatori, che si sono fatti promotori della transizione energetica, la prima leva che muove oggi la transizione è l’aspetto economico, sotto la voce della competitività dei costi. La regolamentazione continua, comunque a giocare un ruolo attivo di primaria importanza: vista la maggiore accessibilità economica e il peggioramento della crisi climatica globale, c’è stato un enorme slancio da parte dei governi nel sostenere nuovi investimenti in transizione. Una situazione esacerbata dalle questioni di sicurezza energetica dopo l’avvio del conflitto Russia-Ucraina e dal desiderio di troncare la dipendenza dalle importazioni estere. Anche l’Europa si sta muovendo in questa direzione: il piano REPower EU ha lo scopo di sviluppare l’utilizzo di energie rinnovabili a livello industriale, abitativo e dei trasporti, promuovendo l’indipendenza energetica europea. Le misure previste da Bruxelles prevedono, anzitutto, l’aumento nell’utilizzo di fonti rinnovabili, che dovrebbero raggiungere il 45% del fabbisogno energetico complessivo entro il 2030 (rispetto al 15% attuale). Un obiettivo da perseguire avvalendosi principalmente di tre iniziative: il raddoppio della capacità solare fotovoltaica entro il 2025 sugli immobili e il raggiungimento del quadruplo di tale capacità entro il 2030; la graduale installazione di pannelli solari su tutti gli edifici pubblici entro il 2025, commerciali (esistenti e nuovi) entro il 2027 e su tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2029; l’avvio di un processo di autorizzazione abbreviato e semplificato per progetti di energia rinnovabile (da svilupparsi entro 6 mesi/un anno). Il piano tocca anche il tema dell’idrogeno e della decarbonizzazione e fissa l’obiettivo di 10 milioni di tonnellate di produzione di idrogeno rinnovabile e di 10 milioni di tonnellate di importazioni entro il 2030 per sostituire gas naturale, carbone e petrolio nelle industrie più difficili da decarbonizzare. La Commissione lancerà, inoltre, vari incentivi per sostenere l’adozione dell’idrogeno verde da parte dell’industria, promuovendo la decarbonizzazione del settore manifatturiero con circa 3 miliardi di euro di progetti già anticipati nell’ambito del fondo per l’innovazione. In Pictet, riteniamo che l’idrogeno verde abbia un enorme potenziale nel lungo periodo (specie per alcune applicazioni, come nell’ambito dell’industria pesante). Tuttavia, la tecnologia a supporto del suo sviluppo e le opportunità di investimento in questo settore sono ancora in una fase iniziale, con molte società pure-play ancora volatili, negative in termini di free cash flow. Bisogna quindi ricordare che la transizione energetica avrà impatti positivi diretti e impliciti sulla “S” del noto acronimo ESG (sebbene più difficili da quantificare), riducendo i problemi di salute dovuti all’inquinamento atmosferico e fornendo elettricità pulita e conveniente, maggiore indipendenza energetica (stoccaggio e distribuzione locale) e sicurezza nazionale. Nel processo di selezione del fondo teniamo conto di tutti gli aspetti ESG, effettuando una analisi company-by-company per valutare le dinamiche di governance aziendale e promuovere pratiche di engagement che portino al miglioramento dell’attività delle aziende target. L’esempio forse più chiaro arriva dal comparto dei semiconduttori, su cui adottiamo una strategia di full engagement per rendere più sostenibile tutto quello che ruota attorno alle loro attività dal punto di vista sociale e ambientale. (abstract) fonte: https://am.pictet/it/italy/articoli/2022/idee-di-investimento/07/pictet-clean-energy-l-effetto-incrociato-tra-innovazione-costi-e-regolamentazione-sulla-transizione

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La “guerra economica”: fine della globalizzazione e del regno del dollaro? La Storia insegna il contrario

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

A cura di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel. L’invasione russa dell’Ucraina ha scatenato una risposta unitaria da parte dell’Occidente, apparentemente senza precedenti, consistente in una raffica di sanzioni economiche contro Mosca. I commentatori hanno prontamente dichiarato la fine della globalizzazione e del regno del dollaro statunitense come valuta di riserva. La Storia fornisce, però, una prospettiva più realistica, rivelando come l’efficacia a lungo termine delle sanzioni rimanga, nel migliore dei casi, contrastante. Sebbene sia difficile valutare in tempo reale le implicazioni dell’ultima tornata di sanzioni, interessanti paralleli storici potrebbero aiutare a fornire un contesto necessario. La coercizione economica, infatti, è stata a lungo uno strumento chiave per gli Stati in guerra creando “un isolamento assoluto” alternativo all’aggressione militare, che non sarebbe possibile senza l’interconnessione dell’economia globale. La ragione per cui le sanzioni economiche furono possibili nel 1914 fu la globalizzazione stessa. Infatti, i decenni che precedettero la Prima Guerra Mondiale segnarono la prima età dell’oro della globalizzazione. La quota del commercio sulla produzione economica globale aumentò da circa il 5% nel 1850 al 14% nel 1913. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, la Germania era leader mondiale nella produzione di acciaio, ma rimaneva totalmente dipendente dalle importazioni di manganese (un fattore chiave nella produzione dell’acciaio), consumando il 25% della produzione mondiale annua, e doveva rivolgersi a un agente di Londra per effettuare gli ordini da una delle numerose società minerarie mondiali che avevano lì la propria sede. Il manganese veniva estratto in Brasile e ogni carico trasportato attraverso l’oceano doveva essere assicurato. Lloyd’s, il principale assicuratore marittimo del mondo, copriva la maggior parte dei piroscafi che trasportavano i prodotti. Questi battelli a vapore avevano anche bisogno di carburante. I commercianti di carbone britannici compravano e vendevano carbone ai piroscafi di tutto il mondo.La Gran Bretagna si trovava in una posizione unica come centro dell’economia globale prima della Prima Guerra Mondiale, con il 60% del commercio mondiale che passava attraverso il suo mercato di sconto. In altre parole, un’ampia fetta del risparmio mondiale era affidata alla Gran Bretagna, ai suoi mercati monetari e alla sterlina per investire il capitale e ottenere un rendimento, finanziando di fatto l’intera economia globale. Oggi gli Stati Uniti e la loro moneta svolgono un ruolo simile. Purtroppo, il bilancio delle sanzioni economiche non è positivo. La “guerra economica” è andata avanti molto tempo dopo la fine dei combattimenti fisici della Prima Guerra Mondiale e nel corso del ‘900 diversi Stati furono ispirati alla conquista proprio per contrastare le sanzioni o per evitarle del tutto. Cosa significa la Storia per il conflitto attuale? La de-globalizzazione incombe? Il dollaro americano sarà soppiantato? Invece di fare previsioni, proponiamo dei paralleli storici. In primo luogo, mentre gli anni dal 1840 al 1914 hanno segnato il primo periodo di massimo splendore della globalizzazione, le due guerre mondiali non hanno segnato la fine della globalizzazione. Al contrario, un nuovo regime globale ha favorito il commercio e gli investimenti transfrontalieri come mai prima. Il nuovo regime, tuttavia, si basava sul sistema del dollaro e sull’esercito statunitense che fungeva da “polizia globale”. Il periodo dal 1950 al 1973 è stato caratterizzato da una rapida crescita economica in quasi tutti i Paesi del pianeta, con un tasso di crescita globale medio annuo e un aumento pro capite pari a quasi 2,5 volte il tanto decantato periodo dal 1850 al 1913. Il valore dei beni esportati come quota dell’economia globale è rimbalzato dal minimo del 4% del secondo dopoguerra al 14% nel 1974, un valore simile a quello del 1913 come quota del PIL, ma con volumi commerciali molto più elevati. La globalizzazione ha fatto un ulteriore balzo dopo il 1973. La quota del commercio internazionale sul PIL è passata dal 30% nel 1973 al 61% nel 2008, con un aumento di sei volte del commercio internazionale. La maggior parte di questo aumento si è verificato a partire dal 1999 e con l’ascesa della Cina come grande economia globale. Per una prospettiva meno astratta, si consideri che l’ondata di globalizzazione successiva al 1973 ha significato triplicare il peso delle merci spedite. Nel 1975, la Cina non aveva traffico di container e i porti statunitensi e giapponesi rappresentavano la metà dell’attività globale. Nel 2018, la Cina rappresentava un terzo delle spedizioni internazionali, mentre le quote combinate di Stati Uniti e Giappone sono scese al 10%. Se ci fosse davvero un’altra ondata di globalizzazione, potrebbe implicare una disaggregazione della Cina come fonte di trasporto globale e l’utilizzo di una gamma più ampia di Paesi per la produzione e gli input, che potrebbe portare a più flussi transfrontalieri, non meno. Cosa ci ha insegnato la Storia su quest’ultimo atto di aggressione fisica ed economica? In primo luogo, tutte le guerre sono economiche. Senza catene di approvvigionamento interconnesse, i Paesi non possono accedere ai materiali di cui hanno bisogno per fare la guerra né possono infliggere tanto dolore economico. In secondo luogo, l’ultimo ciclo di sanzioni non è senza precedenti. I nomi e i dettagli sono diversi e il commercio oggi è più complesso, ma l’alba delle sanzioni economiche nella Prima Guerra Mondiale rispecchia molto di ciò che è stato attuato nel 2022, fino all’interruzione della rete di messaggistica SWIFT utilizzata contro la Russia. In terzo luogo, la reintroduzione delle sanzioni non porrà fine alla globalizzazione. Le tensioni geopolitiche possono rallentare la crescita del commercio internazionale, ma raramente la fermano a lungo. Infine, a meno che i mercati monetari statunitensi non trovino un nuovo rivale (come il potente dollaro rivaleggiava con la sterlina negli anni ’20 e oltre), la fine del regno del dollaro non è vicina.

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Schroders plc half-year results

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

Schroders Plc, uno dei principali gruppi finanziari globali con focalizzazione esclusiva sulla gestione di capitali, quotato alla Borsa di Londra dal 1959 e parte dell’indice FTSE 100, ha chiuso il primo semestre del 2022 con un aumento del risultato operativo netto a 1.240,3 milioni di sterline, dato che evidenzia la resilienza del business della società. L’utile operativo è aumentato del 2% a 406,9 milioni di sterline. La performance d’investimento si è mantenuta solida, con il 77% dei patrimoni dei clienti che ha sovraperformato il relativo comparatore a tre anni e il 79% a cinque anni. Sono state generate nuove attività nette per 8,4 miliardi di sterline, che hanno contribuito a far crescere il patrimonio in gestione fino a 773,4 miliardi di sterline (EUR 898,4 miliardi). Escludendo le joint venture e le società collegate, le nuove attività nette generate sono state pari a 4,4 miliardi di sterline e il patrimonio in gestione ha raggiunto i 637,5 miliardi di sterline. “Abbiamo costruito un’attività diversificata e resiliente che ci ha consentito di superare le difficoltà legate alle condizioni di mercato, e che è in grado di finanziare la crescita, ponendoci in una posizione eccellente per servire i nostri clienti. Ne è testimonianza il fatto che in questo periodo registriamo un dato positivo in termini di Net New Business (Nuove attività nette acquisite). L’investimento in sostenibilità ha contribuito in modo determinante al nostro successo. È stato particolarmente evidente nel business dei fondi comuni d’investimento dove, nonostante le forti vendite nelle borse, i nostri fondi azionari hanno registrato afflussi positivi di capitale. Le nostre attività di private assets, wealth e solutions stanno crescendo bene, rafforzando il valore del nostro focus strategico. È questa diversificazione che ci consente di continuare a soddisfare le esigenze in continua evoluzione dei nostri clienti”.

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Capital Group: Perché è il momento di investire in obbligazioni?

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

A cura di Flavio Carpenzano, Managing Director per il reddito fisso di Capital Group. Il 2022 è iniziato in maniera pessima per le obbligazioni, ma ha anche creato un punto di ingresso interessante per gli investitori. L’entità del drawdown registrato nel primo trimestre sui mercati del reddito fisso è stata ampia e rara rispetto all’andamento passato. Gli effetti della pandemia e del conflitto in Ucraina hanno spinto l’inflazione dei mercati sviluppati globali ai massimi da molti decenni. Di conseguenza, molte banche centrali dei mercati sviluppati hanno dato inizio a una stretta delle politiche monetarie con l’obiettivo di contrastare l’aumento incontrollato dell’inflazione. Questo ha provocato un calo delle obbligazioni, con l’indice Bloomberg Global Aggregate che, ad esempio, è sceso del 6,2% nel primo trimestre. Anche se per il mercato obbligazionario si è chiuso uno dei trimestri peggiori degli ultimi 30 anni – la variazione di 2,6 deviazioni standard equivale a una flessione del 16% dei titoli in un trimestre –, il taglio delle valutazioni che ne è derivato potrebbe rivelarsi interessante.Sebbene l’attuale ciclo di rialzi della Fed preveda probabilmente ulteriori aumenti dei tassi, i prezzi attuali delle obbligazioni tengono già conto di questi interventi. A questo punto, il mercato ha scontato un numero significativo di aumenti dei tassi a breve termine nei prossimi trimestri e i rendimenti dei Treasury USA a più lunga scadenza (ad esempio, quelli a 10 anni) riflettono già queste aspettative. Di fatto i tassi forward suggeriscono oscillazioni relativamente limitate dei rendimenti a più lunga scadenza nel corso del prossimo anno, riducendone di conseguenza l’impatto negativo sulle obbligazioni.I rendimenti di tutti i settori del reddito fisso sono nettamente superiori ai minimi toccati negli ultimi anni. In prospettiva futura, gli investitori hanno ora la possibilità di realizzare un reddito nettamente più significativo dalle obbligazioni. In effetti, una quota maggiore del fabbisogno di reddito degli investitori potrebbe essere soddisfatta con il reddito fisso tradizionale, più di quanto non sia avvenuto negli ultimi anni. Il reddito più elevato può tutelare i rendimenti complessivi nel tempo, anche se i prezzi rimangono volatili. I rendimenti iniziali del reddito fisso sono storicamente un buon indicatore dei rendimenti futuri. I rendimenti attualmente più elevati inducono a pensare a rendimenti più elevati in futuro. Ad esempio, nei periodi degli ultimi decenni in cui i rendimenti si sono attestati a livelli simili a quelli di fine maggio, i rendimenti obbligazionari sono stati sostenuti per i cinque anni successivi.

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Dall’uomo qualunque al M5S

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

Esiste un precedente di movimento che volle proporsi all’attenzione degli italiani in chiave antipartitica. Si chiamò “Fronte dell’uomo qualunque” e partì nel 1944 con l’omonimo settimanale diretto dal suo fondatore Guglielmo Giannini. Il motto che lo ispirava era: “non ci rompete più le scatole.” Ebbe una tiratura media di 800.000 copie. Si trasformò, subito dopo, in partito e nelle prime elezioni del 1946 raccolse il 5,3% dei consensi popolari con trenta deputati che parteciparono all’Assemblea costituente. Fu un movimento-partito che si sciolse come neve al sole e che chiuse la sua parabola politica nel 1953. Se vogliamo, sia pure in una stringata sintesi, spiegare la sua fine ingloriosa lo dobbiamo attribuire all’errore che Giannini commise alleandosi in modo scomposto ora con un partito ora con un altro. Per quanto non sia possibile fare un paragone con l’attuale movimento “antipartitico” di Grillo sia per ragioni storiche, sia per il suo bacino elettorale che per l’Uomo qualunque era costituito in prevalenza da proprietari terrieri e da un elettorato meridionale, una ragione la trovo là dove il “qualunquismo” s’infranse quando intese ricercare un punto di riferimento con gli stessi partiti con i quali intendeva distinguersi. Dico tutto questo per spiegare, ammesso che ce ne fosse bisogno, che oggi l’errore grave dei partiti tradizionali sta proprio nella loro inca-pacità di rispondere realisticamente alle attese della società civile e se non riescono a rinnovarsi al proprio interno occorre che dall’esterno qualcuno dia loro la sveglia e questa si chiama “consenso elettorale alternativo”. Ora sono proprio questi partiti ancorati al passato che credono d’imbrigliare il Movimento cinque stelle con la stessa tecnica dei loro “antenati” ovvero facendoli diventare una loro costola. È ciò che devono capire soprattutto gli eletti pentastellati che oggi siedono sugli scranni parlamentari e il popolo che li ha votati mentre il consenso popolare, purtroppo, continua a diminuire in misura drammatica intorno a loro. (Riccardo Alfonso)

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Crippa (ex capogruppo alla Camera del M5s): la riflessione se uscire dal partito è d’obbligo

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

“La riflessione se uscire dal partito è d’obbligo. Ho deciso di dare le dimissioni di capogruppo alla Camera per il fatto che non condivido la scelta che è stata fatta e soprattutto le conseguenze, ovvero la rottura del patto progressista che non vedo molto lineare come prospettiva. Da un lato noi un mese fa abbiamo convinto dei territori che magari con il Partito Democratico erano stati in opposizione ad andare in una lista unitaria, con l’idea che la coalizione avrebbe portato a un progetto politico molto più ampio, a un fronte unitario in elezioni successive. Andare a rompere quel patto, così come si era delineato, oggettivamente non era una conseguenza imprevista ma ampiamente prevedibile. Ho percepito in molti colleghi e in interventi che ho sentito che l’idea che la situazione potesse precipitare fosse improbabile, anche perché non si è mai andati a votare in autunno, ma non era così imprevedibile”. Così Davide Crippa, all’indomani delle sue dimissioni da capogruppo alla Camera del Movimento 5 Stelle intervenuto a 24 Mattino su Radio 24. Sulla questione dimissioni ha poi aggiunto: “Mi trovavo in una condizione di disagio ad essere comunque capogruppo e dover portare avanti una linea che non condividevo fino in fondo. Oggi lascio spazio a chi può condividere quella linea e a chi puoòcercare di metterla in campo alla Camera. Da 13-14 anni sono alla Camera e questa scelta comunque non è semplice”. Sull’ipotesi di passaggio ad Insieme per il futuro dice: “Se passerò al movimento di Di Maio? Non ho fatto questa scelta all’epoca e oggi stiamo vivendo un momento molto delicato e non è detto che chi per forza la pensi in maniera diversa o in dissenso rispetto a Conte debba essere incasellato da un’altra parte”.

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Effetti crisi di governo incominciano a pesare in Italia

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

“Mentre alcuni partiti lavoravano per abbattere il Governo, ho più volte detto che uno dei rischi maggiori era non raggiungere gli obiettivi del PNRR, che sono complessi e ambiziosi. Oggi ci declassano per questo motivo, perché le dimissioni del Governo Draghi e le elezioni anticipate possono compromettere “la tempestiva attuazione delle tappe fondamentali e degli obiettivi da cui dipendono i fondi dell’UE per la resilienza e la ripresa” del nostro Paese, risorse che equivalgono al 7,6% del nostro PIL”. Così Laura Castelli, Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze, esponente di Insieme per il Futuro, commenta la revisione al ribasso, da parte di S&P, dell’outlook su rating dell’Italia a stabile da positivo. “Della crisi di Governo – prosegue il Vice Ministro dell’Economia – iniziamo a vedere le prime conseguenze serie per l’Italia e quindi per gli italiani. Pesa l’instabilità e l’incertezza, proprio il motivo per cui abbiamo fatto di tutto perché questa crisi assurda non si consumasse. Per evitare di mettere a rischio i 22 mld dei prossimi obiettivi e l’attuazione complessiva del piano. Quando parliamo di agenda Draghi intendiamo anche la credibilità che il Governo Draghi ha ridato all’Italia nel realizzare le politiche pubbliche, avviando una seria programmazione. Oggi più che mai c’è bisogno di questo modello. Il 25 settembre gli italiani dovranno scegliere tra chi costruisce e chi distrugge”.

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Istat: il calo della fiducia dei consumatori è un segnale allarmante

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

La fiducia dei consumatori a luglio crolla ai minimi da maggio 2020. In discesa anche l’indice del clima di fiducia delle imprese. Un dato che non sorprende, purtroppo, anzi conferma la situazione di forte incertezza e precarietà che caratterizza la condizione delle famiglie e dell’intero sistema economico. Questo clima non potrà che incidere negativamente sulle abitudini e sulle scelte di consumo dei cittadini, già estremamente ridimensionate e prudenti alla luce della crisi.Secondo le rilevazioni aggiornate dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, le famiglie stanno già rinunciando a carne e pesce, il cui consumo è sceso di oltre il 16%, scelgono verdure e ortaggi più convenienti, spesso ricorrendo alle offerte e ai banchi “last minute” con i prodotti più vicini alla scadenza. In tema di vacanze, le famiglie che possono concedersi il lusso di partire optano per soluzioni low cost (cercando ospitalità presso amici e parenti o prenotando fuori stagione) o riducono la durata del proprio soggiorno. Diminuiscono, inoltre, le spese per la cura della persona e persino le spese per la salute: si tagliano le visite specialistiche non urgenti, le cure odontoiatriche, ma soprattutto si taglia sulla prevenzione.Ecco perché abbiamo chiesto, nell’ambito delle disposizioni previste dal DL aiuti bis, una riforma dell’IVA attenta e mirata, utile a superare la fase di emergenza sostenendo le famiglie, soprattutto quelle più in difficoltà che, come dimostrano i recenti dati, sono le più colpite dal forte incremento dell’inflazione.La proposta che abbiamo elaborato prevedere la revisione delle aliquote su una serie di prodotti essenziali, che genererebbe un risparmio annuo di 531,57 Euro a famiglia (quella media di 2,5 componenti).A fianco a misure di carattere temporaneo, come l’azzeramento dell’IVA su beni di prima necessità, la nostra proposta guarda a una riforma strutturale delle aliquote, che perduri oltre l’emergenza: a iniziare dalla riduzione dell’IVA sui prodotti energetici e sui carburanti, sui generi alimentari essenziali, nonché su altri beni e servizi di prima necessità.“Si tratta di un’operazione doverosa e necessaria, se si intende sostenere le famiglie e scongiurare il rischio di una spirale negativa fatta di contrazione dei consumi, riduzione delle produzioni e delle attività, con effetti deleteri sul fronte occupazionale.” afferma Michele Carrus, Presidente Federconsumatori.

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Nasce LexCapital, focus su litigation funding e giustizia predittiva

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

Truffe, violazioni, abusi. Ogni anno molte aziende, e non solo, rinunciano a intraprendere cause civili per far valere i propri diritti per il timore di dover affrontare procedimenti lunghi con esiti incerti e spesso con costi legali e tecnici ingenti. Per aiutare questi imprenditori, dall’esperienza degli Stati Uniti anche in Italia si sta sviluppando un nuovo mercato (nel 2019 valeva già circa €5 miliardi), che potrebbe raggiungere in Europa €48 miliardi entro il 2025 [1]. È il “litigation funding”, traducibile come “finanziamento del contenzioso”, un’operazione innovativa con cui una parte terza acquista il diritto litigioso e mette le proprie risorse finanziarie e la propria rete di legali e consulenti specializzati a disposizione di chi vuole tutelare un proprio diritto in sede legale, per poi dividerne gli eventuali proventi. Ora il settore ha un nuovo player che punta a integrare nel mondo legal due componenti decisive, quella finanziaria e quella tecnologica: LexCapital, una start-up innovativa e società benefit che opera come litigation fund, nata dall’iniziativa di un gruppo di imprenditori e professionisti operanti in ambito finanziario e legale. Fondata da Emilio Campanile, Marcello Gallo, Maurizio Santacroce e da Giuseppe Farchione, che ne è COO, LexCapital seleziona, valuta e acquista il diritto litigioso (res litigiosa) da un soggetto, al fine di gestirlo nella maniera più efficiente e rapida possibile. In cambio del diritto acquisito, la start-up si impegna a sostenere tutti i costi legali e tecnici connessi, assumendosi anche ogni rischio e costo dell’eventuale soccombenza. In altre parole, l’azienda (o il privato o procedura concorsuale o ente pubblico) che cede il proprio diritto litigioso potrà aspettare l’esito del procedimento, qualunque esso sia, senza incorrere in alcun tipo di spesa o imprevisto. Il tutto potendo contare su un team di esperti (avvocati, commercialisti, economisti, ingegneri, informatici e altri professionisti, esperti nella gestione del contenzioso) che prenderanno in carico l’azione legale e, soprattutto, risparmiando risorse preziose da indirizzare alla crescita della propria realtà. In caso di successo finale, il LexCapital riconoscerà al cliente una parte dei proventi del giudizio, trattenendo per sé la rimanente parte. Uno schema win-win, in cui gli interessi del cliente e di LexCapital convergono e che dà a tutti, specialmente ai soggetti meno strutturati, la possibilità di difendere i propri diritti.

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Lavoro, 4 aziende su 10 non riescono a trovare candidati

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

Durante il primo semestre 2022, infatti, circa il 40% delle aziende ha avuto difficoltà nel reperire i lavoratori: all’appello mancano quasi 1 milione di candidati. Ancora più complicata la situazione per operai e artigiani specializzati, introvabili per oltre il 50% delle aziende.Dati che preoccupano se teniamo conto che i Neet (i giovani tra i 15 e i 29 anni non occupati né inseriti in un percorso di istruzione/formazione) sono complessivamente più di 3 milioni (il 25%), con una prevalenza femminile pari a 1,7 milioni secondo il recente report “Neet working” elaborato dal ministero per le Politiche giovanili. I giovani, intanto, tornano a riscoprire gli antichi mestieri del passato: dall’ornatista fino al conciatore di pelli: “È fondamentale intraprendere un percorso condiviso assieme agli istituti scolastici che possa portare all’incontro formativo tra le imprese artigiane del territorio e i giovani favorendo, al tempo stesso, l’occupazione”, afferma Gino Di Luca, fondatore di Cameo Italiano, azienda leader specializzata nella creazione di camei su conchiglia. Cameo Italiano rappresenta solo un esempio di molte piccole e medie imprese che sono alla ricerca di profili altamente specializzati: i distretti conciari in Toscana, Veneto e Campania cercano conciatori per la lavorazione delle pelli; nelle aziende tessili mancano ricamatrici a mano ed esperte di uncinetto; intagliatori del legno, ornatisti del marmo e decoratori manuali sono sempre richiesti per le loro abilità manuali. Vediamo quindi quali sono, secondo un’indagine effettuata da Espresso Communication per Cameo Italiano sulle principali testate di settore, i 10 antichi mestieri artigiani più ricercati.

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“Sul Vesuvio. Ascensione tragicomica al cratere in eruzione (1878)”

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

Stamperia del Valentino ripropone, col volumetto dal titolo “Sul Vesuvio. Ascensione tragicomica al cratere in eruzione (1878)”, l’amena cronaca di un’ascesa al vulcano partenopeo, precedente all’entrata in funzione della mitica “Funiculì Funiculà” – avvenuta nel lontano 1880 – filtrata attraverso gli occhi e la sensibilità di un escursionista toscano (pisano per la precisione) Leopoldo Barboni, il quale non seppe esimersi dal trascrivere le sue emozioni al riguardo. E queste impressioni dovettero sembrare talmente interessanti, da indurre un editore livornese – in un periodo in cui le distanze erano ben più accentuate di quanto non lo siano oggi – a pubblicarle. Le abbiamo stanate dal limbo in cui giacevano da quasi centoventicinque anni, per la gioia del lettore odierno. E, credeteci, ne è valsa la pena! Testi scientifici su “La Montagna”, come affettuosamente la chiamavano i Napoletani di un tempo, non sono mai mancati, agitando gli animi e i portafogli di collezionisti bibliofili. Meno diffusi sono gli scritti di altra imprimitura. Potremmo ricordare la “Spaventosissima descrizione dello spaventoso spavento che ci spaventò tutti coll’eruzione del Vesuvio la sera degli otto d’agosto 1779, ma (per grazia di Dio) durò poco”, donataci dall’arguto abate Ferdinando Galiani, e pochissimo altro. Ma ecco che riaffiora in modo inaspettato questo volumetto, che di napoletano ha ben poco: l’autore, Leopoldo Barboni, era pisano; l’editore, livornese; l’occhio indagatore, inequivocabilmente “foresto” ed incline ad una goliardica ricerca del colore locale. Lo attesta la sequenza di testimonianze che sembrano tratte da un repertorio trito del più scontato folklore. Eppure così non è. L’Autore scrive “di” e “in” un periodo in cui la letteratura folklorica coincideva con la realtà: ostricari, acquaioli, animate contrattazioni, tipi popolari e non, varia umanità di ogni genere sfilò veramente sotto gli occhi scanzonati del Barboni, e lui non fece altro che descriverla – sia pure con l’enfasi d’un visitatore attorniato da un’allegra brigata – nel suo momento di passaggio dalla realtà alla mitografia della Bella Sirena. Anche l’ascesa al Vesuvio qui descritta, a distanza di brevissimo tempo non sarebbe stata più la stessa: non più diverbi con le guide, né cordate, scarpe e vestiti bruciacchiati, ciucci da inforcare a Resina per intraprendere l’avventurosa ascesa; non più la soddisfazione di aver portato a conclusione una vera impresa, che avrebbe inciso profondamente sulla coscienza dell’escursionista di turno, divenendo per lui esperienza indimenticabile: di lì a poco, l’apertura della funicolare vesuviana avrebbe tolto gran parte del bagaglio di poesia e fatica all’impresa. L’entropia, si sa, è inscindibilmente legata al progresso tecnologico. Questa descrizione è dunque l’ultima possibile – almeno in termini di tempo – per gettare uno sguardo su una Napoli che dopo di allora fu relegata irrimediabilmente a una dimensione di nostalgica cartolina. Rimbocchiamoci dunque l’orlo dei calzoni per i signori, o tiriamo su le fruscianti vesti per salire, col nostro Mentore, l’erta costa dello “Sterminator Vesevo”, a suon di maccheroni e inebrianti bicchieri di vino. Ne usciremo forse carichi di quella grazia che la vita della Napoli d’un tempo sapeva dispensare ai suoi fortunati figlioli, come lo stesso Autore ci ricorda attraverso le parole di Paul Mery: “A Napoli il dolore somiglia alla gioia goduta altrove”. Autore: Leopoldo Barboni Titolo: Sul Vesuvio. Ascensione tragicomica al cratere in eruzione (1878) 124 pagine. Collana: I Cinquecento Prezzo: Euro 15,00 catalogo: http://www.stamperiadelvalentino.it

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Formazione medici: Università, più tecnologici e dedicati a dispositivi e ricerca

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

Arriva un nuovo medico nelle corsie. Si laurea in sei anni come gli altri colleghi ma i primi tre è in banco con gli ingegneri clinici, frequenta in inglese, impara le potenzialità del bit, dei big data, dei dispositivi medici, ed è impostato per lavorare in team. È il laureato in corsi di medicina “diversi” che stanno nascendo in molti atenei lungo la penisola. Al Campus Biomedico di Roma un incontro (“Medtech, presente futuro, Università e imprese disegnano il domani”) ha illustrato la figura che esce dai nuovi insegnamenti. Uno-“Medicine & Surgery”- è stato annunciato nell’occasione dall’ateneo romano, insieme a “Biomedical Engeneering” per ingegneri. La base è comune: vi si mettono insieme insegnamenti di scienze mediche, ingegneria, analisi dati, matematica, informatica. Tra i medici, «l’obiettivo è una figura in grado di intercettare e proporre nuovi bisogni tecnologici e capace di portare nei nostri ospedali un valore aggiunto nell’offerta di terapie e diagnostica mirate», spiega il Presidente del Campus Carlo Tosti. Questo medico «affronta temi quali robotica, genomica, intelligenza artificiale o legati all’uso di telemedicina, stampanti 3D ed altro. Un uso che deve essere eticamente responsabile ed economicamente sostenibile». Massimiliano Boggetti, Presidente Cluster Tecnologico Nazionale Scienze della Vita Alisei ricorda come «i nuovi regolamenti europei vanno nella direzione di sinergie tra formazione e settore privato». Collaborazioni di questo tipo saranno incoraggiate dal momento che «l’indirizzo Ue è rendere più numerosi gli studi clinici». Ancor più che alla tecnologia farmaco, lo sviluppo della nuova figura di medico appare connesso all’uso di medical device, settore in cui la produzione italiana cuba 16,2 miliardi e 4.546 aziende occupano 112.534 dipendenti(Fonte Confindustria Dispositivi Medici 2022). Ma torniamo al laureato “Medtech”: Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di Sanità, sottolinea che dal corso deve comunque uscire un medico. «Ricerca, formazione e mondo del lavoro costituiscono un ecosistema. I risultati dell’attività di questo ecosistema però alla fine agiscono nella relazione medico-paziente. Se non c’è un rapporto tra le persone, se il paziente non è coinvolto, la terapia può non instaurarsi; se il rapporto c’è, si può far crescere la consapevolezza del paziente sull’uso di nuovi strumenti diagnostici e terapeutici». Brusaferro indica nell’assistenza ai minori e nella prevenzione gli obiettivi in un’Italia dove ci sono 1,4 milioni di under 18 in povertà a fronte di un tasso di natalità ai minimi. Ed aggiunge: «Il medico con le competenze citate non solo sta in rete, ma fa rete con il paziente, attuando tra l’altro comportamenti virtuosi (per dire, un medico che fuma non dà un esempio positivo); se non si fa rete, il risultato di cura può risentirne». «Il medico lavora ormai a stretto contatto con l’innovazione. Per un 50% le nuove molecole in studio nelle sperimentazioni cliniche sono personalizzate. Per mirarle servono nei centri di cura competenze specifiche o “aumentate”», afferma il Past President Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi. «La sfida che ci attende è preparare medici capaci di scegliere le tecnologie migliori; di sapere come gli input di una telecamera arrivano ai neuroni in un non vedente, o quali implicazioni etiche abbia il posizionare un elettrodo nel potenziare la memoria in un’area associativa del cervello», dice Vincenzo Di Lazzaro, preside di Medicina del Campus Bio-medico. «L’obiettivo di questo medico è conoscere le tecnologie per mettere a punto nuove cure. Una richiesta che viene anche dalle imprese quando finanziano master post-laurea». (fonte Doctor33)

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Orari medici, uno su cinque lavora oltre 48 ore a settimana

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

Un medico su cinque in ospedale per più di 48 ore a settimana. A riferirlo è il sindacato Cimo-Fesmed. Il sindacato dei medici richiederà un intervento all’Ispettorato Nazionale del Lavoro per ogni violazione della normativa europea sull’orario di lavoro: “Tra i colleghi livelli di stress lavoro correlato e burnout inaccettabili, a rischio la sicurezza delle cure”. “Riceviamo ormai quotidianamente denunce di medici che sono costretti a lavorare per più di 48 ore a settimana, senza rispettare le 11 ore di riposo tra un turno e l’altro, violando la normativa europea sull’orario di lavoro. Ogni richiesta di aiuto indirizzata alla Federazione Cimo-Fesmed sarà immediatamente inoltrata all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, richiedendo un intervento ispettivo in tutte quelle aziende ospedaliere dove l’organizzazione del lavoro è fondata esclusivamente sugli straordinari del personale, su medici tappabuchi e su diritti ignorati. Invitiamo pertanto tutti i medici vittima di tale sistema a segnalare la propria situazione al segretario aziendale o alla sede nazionale. Sono certo che purtroppo saremo costretti a inondare l’Ispettorato del Lavoro di richieste”, afferma in una nota Guido Quici, Presidente del sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed. “In uno degli ultimi sondaggi promossi dalla Federazione Cimo-Fesmed – prosegue – è emerso che un medico su cinque rimane in ospedale per più di 48 ore a settimana, con conseguenze come la stanchezza che aumenta notevolmente la possibilità di commettere degli errori. Inoltre, il burnout e lo stress lavoro-correlato sono tra le principali motivazioni che spingono sempre più medici a dimettersi dalle strutture pubbliche. Eliminare il tetto alla spesa del personale, in modo da poter colmare i vuoti di organico”, conclude Quici. (fonte Doctor33)

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Covid-19, l’infezione favorisce lo sviluppo successivo di malattie cardiovascolari e diabete

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

Secondo quanto conclude un articolo pubblicato su PLOS Medicine a firma dei ricercatori del King’s College di Londra, Regno Unito, nei pazienti che contraggono il COVID-19 aumentano le probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete, specie nel trimestre dopo l’infezione. «È sempre più evidente che il COVID-19 è una patologia multisistemica che può causare malattie in tutto l’organismo, probabilmente innescando percorsi che causano infiammazione» esordisce la prima autrice Emma Rezel-Potts, ricercatrice associata presso il Department of Population Health , Faculty of Life Sciences & Medicine al King’s College, che assieme ai colleghi ha verificato se l’incidenza di diabete e malattie cardiovascolari fosse più elevata nei pazienti COVID-19 rispetto a un gruppo di controllo formato da coetanei rimasti liberi da entrambe le patologie nell’anno successivo all’infezione. A tale scopo sono state analizzate le cartelle cliniche anonime di oltre 428.000 pazienti COVID-19 e lo stesso numero di individui di controllo, abbinati per età, sesso e medico di medicina generale. E a conti fatti è emerso che i pazienti COVID-19 hanno avuto l’81% in più di diagnosi di diabete nelle prime quattro settimane dopo aver contratto l’infezione e che il loro rischio è rimasto il 27% maggiore dei controlli fino a 12 settimane dopo l’infezione. Ma non solo: l’infezione da SARS-CoV-2 si associa anche a un aumento di sei volte delle diagnosi cardiovascolari, principalmente embolie polmonari e aritmie cardiache. Il rischio di nuove diagnosi a carico del cuore inizia a diminuire cinque settimane dopo l’infezione e torna ai livelli basali entro 12 settimane con punte fino a un anno. «I nostri dati suggeriscono che l’infezione da COVID-19 correla con un aumento delle probabilità di diabete e malattie del cuore e del circolo che fortunatamente non sembra protrarsi a lungo termine» osserva Rezel-Potts. E conclude: «Sulla base di questi risultati i clinici dovrebbero consigliare ai loro pazienti convalescenti dopo un’infezione da COVID-19 di ridurre il rischio di diabete e cardiopatie con una dieta sana e un appropriato esercizio fisico». (fonte: Doctor33)

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Agricoltura, l’economia circolare supera la “crisi concime”

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

L’economia circolare per superare la crisi che sta colpendo l’agricoltura: davanti a una carenza di fertilizzante, con conseguente aumento esponenziale dei prezzi, arriva la risposta del Greenway Group. La realtà friulana, che raccoglie la Greenway Agricola, la San Daniele Bioenergie (entrambe con sede a Codroipo – UD) e la Greenfirm di Pordenone, ha concretizzato da tempo i principi di quella transizione ecologica diventata oggi linea guida di sviluppo. Come? «Avviando una vera economia circolare a carattere territoriale», spiega il presidente Marco Tam alla guida del gruppo insieme con Gabriele Gardisan. «Dalla coltivazione dei campi alla produzione di biogas, fino a ottenere il digestato: un residuo della fermentazione delle biomasse vegetali agricole che è ad altissimo valore agronomico e viene utilizzato nei campi in sostituzione dei concimi cimici». Attraverso i propri impianti di Bertiolo e San Daniele del Friuli, il Greenway Group riesce ad arrivare a una produzione di circa 28 mila tonnellate di digestato all’anno «che ci permette di sostituire quasi interamente il ricorso ai concimi chimici per la coltivazione di quasi 700 ettari di terreno», prosegue Tam. «Questo ci consente ad oggi di non essere dipendenti dai fertilizzanti e dalle materie prime necessarie – come ad esempio l’azoto – per la concimazione che provengono dall’est Europa e i cui costi, a causa del conflitto russo-ucraino in corso e delle tensioni internazionali, sono aumentati esponenzialmente negli ultimi mesi, aprendo una pesante crisi sul fronte agricolo».La filiera circolare del Greenway Group parte dai campi. «Sono circa 700 gli ettari dedicati per il 75% alle colture energetiche, per la produzione di biomasse, e per il restante 25% alle colture di uso umano e animale, prevalentemente soia, colza e girasole», prosegue il presidente del Greenway Group. «Altri 45 ettari sono destinati alla coltivazione della vite. Da queste uve ricaviamo vino che viene commercializzato attraverso la Greenfirm con il nostro marchio “Filare Italia”. Tutte le coltivazioni beneficiano di quel digestato, un fertilizzante organico con una parte liquida e una frazione solida e completamente inodore, ottenuto negli impianti di biogas». E proprio da questi impianti arriva la produzione di energia elettrica che permette di soddisfare il fabbisogno di circa 20.000 persone.

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Fiere Zootecniche Internazionali

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

Cremona. Punta sui giovani, Fiere Zootecniche Internazionali, la prestigiosa rassegna organizzata da CremonaFiere – la “Fiera di Cremona”, che non ha bisogno di presentazioni, perché è nota in tutto il mondo –, che nel 2022 giungerà alla sua 77esima edizione (oltre alla versione online del 2020) e che si svolgerà dal 1 al 3 dicembre 2022.Tra gli eventi collegati alla Manifestazione, quest’anno CremonaFiere realizza un percorso formativo specificatamente rivolto ai giovani, che hanno deciso di dedicare al settore dell’agricoltura il loro futuro professionale.Il progetto “On the way to Cremona” propone un laboratorio formativo dedicato ai ragazzi che frequentano gli ultimi anni di scuole agrarie.Nelle giornate dal 4 al 7 ottobre 2022 presso CremonaFiere, gli studenti delle scuole agrarie saranno veri protagonisti: CremonaFiere intende infatti offrire ai giovani una opportunità formativa di qualità, valorizzando le competenze del comitato tecnico scientifico di Fiere Zootecniche Internazionali con l’obiettivo di coinvolgere i professionisti di domani nelle problematiche concrete e di attualità che caratterizzano il mondo produttivo e mettere in luce le soluzioni tecniche e tecnologiche più moderne per gestirle.L’evento – completamente gratuito – prevede l’attivazione di un laboratorio tecnico-scientifico tenuto da un esperto, che punta a trasferire ai ragazzi competenze innovative su aspetti cruciali dell’allevamento zootecnico da latte (esempio: asciutta; fertilità; problemi podali, ecc..).Le lezioni saranno tenute in forma laboratoriale da esperti (ricercatori, docenti universitari, ma anche rappresentanti di aziende del settore) e consentiranno ai ragazzi di acquisire competenze specifiche e di entrare in modo concreto nelle problematiche. Al termine del laboratorio; alle classi verrà proposta la realizzazione di un progetto, che poi sarà valutato dal Comitato costituito dai docenti stessi. I progetti saranno valutati e i migliori saranno premiati durante la fiera di dicembre.All’iniziativa sono state invitate le 145 scuole agrarie italiane e stanno già arrivando le prime adesioni al progetto, che – a quanto emerge dalle prime impressioni – sembra essere molto apprezzato dagli insegnanti.“Abbiamo voluto proporre un’iniziativa completamente dedicata alle scuole agrarie – spiega il presidente di CremonaFiere, Roberto Biloni – perché siamo ben consapevoli che la zootecnia ha più che mai bisogno dell’apporto dei giovani. In questa ottica, abbiamo messo a punto un progetto che punta a mettere al centro i ragazzi, facendoli diventare veri protagonisti e che allo stesso tempo, valorizza l’importante tradizione della rassegna”.

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Deutsche Bank reaffirms 2022 revenue guidance of € 26-27 billion

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

Despite the deterioration in the macro-economic environment seen in the second quarter and expectations for a more challenging second half of the year. The bank remains committed to continuing its cost reduction efforts and will continue to execute on its 2022 plan. However, the bank also recognises increasing cost pressures from factors outside its control including higher-than-expected bank levies, inflation, unforeseen costs related to the war in Ukraine, and litigation matters. The bank also made the decision not to cap strategic investments in its control environment, staff, and technology to drive growth and efficiency, which are important for its long-term strategic direction as outlined in the Investor Deep Dive of March 10, 2022. In the light of both revenue and cost developments, Deutsche Bank has updated its 2022 targets as follows: · The bank continues to target a post-tax RoTE1 of 8% (Group) and above 9% (Core Bank) for the year 2022, while recognising that the current operating environment makes delivery on these targets more challenging · The bank’s guidance is now for a cost/income ratio in the mid- to low-70s percent for 2022 Deutsche Bank confirms all other 2022 financial targets including a CET1 capital ratio of above 12.5% and a leverage ratio of around 4.5%. The bank reaffirms the goals of its strategy of sustainable growth through 2025. For 2025, the bank targets compound annual revenue growth of 3.5-4.5%; post-tax RoTE1 of greater than 10%, and a cost/income ratio of below 62.5%. The bank also reaffirms its aim for cumulative capital distributions of around € 8 billion in respect of the years 2021-2025. James von Moltke, Chief Financial Officer, said: “Based on the resilience we have demonstrated in the first half, we reaffirm our 2022 revenue guidance, which we raised earlier this year. We continue to work towards our eight percent return on tangible equity target. At the same time, we face cost pressures in a more difficult environment than expected and continue to invest in the long-term strength of our platform. We remain fully committed to our sustainable growth strategy and to all our financial targets for 2025.”

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Tiro alla fune, l’Italia tra le prime sei nazioni agli World Games

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

L’Italia tra le prime sei nazioni al mondo nel tiro alla fune. Gli Azzurri della Figest, la Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali, sono appena rientrati da Birmingham, in Alabama, dove hanno preso parte agli World Games e si sono messi subito al lavoro per prepararsi al meglio per i Mondiali che si svolgeranno, a settembre, ad Holten in Olanda.Nella sfida della categoria 640kg la nostra Nazionale, composta da otto ragazzi, è riuscita a strappare due pareggi e una vittoria, proprio contro la formazione dei Paesi Bassi, classificandosi al quinto posto assoluto.Nella categoria mista 580kg, dove hanno gareggiato quattro uomini e quattro donne, il campo da tiro reso durissimo da un cocente sole estivo non ha aiutato.“Ragazzi e ragazze hanno dato veramente tutto, si erano preparati bene ma l’emozione di prendere parte a una competizione con le formazioni più forti del mondo ha fatto vincere un po’ l’emozione e ci ha traditi nel risultato finale che comunque è stato davvero lodevole” – spiega Guido Bellinazzi, responsabile della Nazionale outdoor, che è anche coach del team italiano e che per gli World Games è stato affiancato in questo suo ruolo da altri due coach: Giorgio Rizzante e Stefano Verardo. Festa rinviata a settembre, dunque, visto che per i Mondiali d’Olanda ci si sta preparando davvero con tanta adrenalina in corpo.A guidare la delegazione italiana negli Stati Uniti d’America sono stati Fabio Marongiu, presidente di specialità, Alfredo Dalle Luche, responsabile della Nazionale indoor, e Guido Bellinazzi appunto.Questo il valoroso team azzurro: Samanta Becucci, Chiara Berto, Elvis Bortolin, Leonardo Buffolo, Alberto Calandro, Nicola Cappelletto, Andrea Cia, Laura Dal Pont, Simone De Rossi, Denise Ivan, Denis Masiero, Elia Michelin, Cristian Ropele, Lisa Sanson, Marco Santarossa, Nicolò Silvestri e Mauro Tonetto.Con la nostra Nazionale anche l’arbitro Andrea Nasso, marchigiano, commissario del settore arbitri e giudice del tiro alla fune, al quale è stato affidfato l’incarico di responsabile della fase della pesatura.

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Bain Capital Private Equity e BC Partners siglano un accordo di partnership per il controllo di Fedrigoni

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

LONDRA, MILANO. Bain Capital Private Equity, tra le principali società di investimento in private equity a livello mondiale, ha siglato un accordo di partnership per il controllo di Fedrigoni, produttore leader a livello mondiale di etichette autoadesive e di prodotti per il packaging a base di fibre, con BC Partners, una delle maggiori società di investimento internazionali. Bain Capital ha acquisito Fedrigoni nel 2017. Sotto la proprietà di Bain Capital, Fedrigoni ha più che raddoppiato le vendite rettificate e quasi triplicato l’EBITDA consolidato, grazie a una combinazione di accelerazione della crescita organica e di M&A. Questa nuova partnership sosterrà il management team di Fedrigoni nel percorso di consolidamento del proprio track-record di successo nel campo delle fusioni e acquisizioni. La mentalitàda owner-manager di BC Partners ha supportato le società in portafoglio a realizzare oltre 400 operazioni di add-on nell’ultimo decennio, e come tale è il partner naturale per Fedrigoni e Bain Capital per contribuire a guidare opportunità di creazione di valore. Insieme a Bain Capital, il Gruppo Fedrigoni ha portato avanti un ambizioso percorso di trasformazione basato su cinque pilastri: l’offerta distintiva e premium; l’esperienza superiore per i clienti; l’eccellenza operativa; l’attrazione dei migliori talenti e lo sviluppo delle sue 4.500 persone, creando al contempo un ambiente inclusivo e sicuro; l’accelerazione delle acquisizioni volte all’espansione geografica e alla diversificazione del portafoglio prodotti. Fedrigoni ha inoltre integrato la sostenibilità nella propria strategia aziendale, con un impegno costante per ridurre il proprio impatto ambientale e supportare i clienti nella transizione verso pratiche ecologiche e un business sempre più circolare. Dalla ricerca di materiali più sostenibili allo sviluppo di prodotti per aiutare i marchi nella transizione dalla plastica alla carta. Dal riutilizzo degli scarti dei processi produttivi dei clienti allo sviluppo di soluzioni monomateriali. Attraverso la sua roadmap di sostenibilità 2030, Fedrigoni si è impegnata a ridurre del 30% le proprie emissioni di carbonio entro il 2030 e a raggiungere la carbon neutrality entro il 2050, in linea con Science-Based Targets Initiative, con il recupero del 95% di acqua e del 100% dei rifiuti industriali in tutte le sue attività. Quest’anno ha ricevuto il rating di sostenibilità EcoVadis Platinum, che colloca Fedrigoni nel top 1% delle aziende dello stesso settore a livello mondiale per performance ESG.

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