Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 136

Archive for 24 gennaio 2020

Judy un film di Rupert Goold

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Dal 30 genaio 2020 nelle sale cinematografiche. Con RENÉE ZELLWEGER, JESSIE BUCKLEY, FINN WITTROCK, RUFUS SEWELL, MICHAEL GAMBON, distribuito da NOTORIOUS PICTURES. Judy sarà distribuito in occasione del 50° anniversario della morte della Garland e dell’80° anniversario de Il Mago di Oz.Renée Zellweger, protagonista dell’emozionate biopic Judy, continua a ricevere importanti riconoscimenti che confermano la sua eccezionale interpretazione. Dopo aver vinto il Golden Globe come Miglior Attrice in un film drammatico e il premio come Miglior Attrice ai Critics Choice Awards – i premi che la critica statunitense assegna ai migliori film e programmi televisivi – ha ottenuto la candidatura come Miglior Attrice Protagonista agli Oscar®, dove il film è candidato anche per Miglior trucco e acconciatura. L’attrice premio Oscar® interpreta Judy Garland, leggendaria icona internazionale e protagonista di enormi successi come Il mago di Oz, È nata una stella e Incontriamoci a St. Louis. Diretto dal regista britannico Rupert Goold (True Story), il film – attraverso flashback che regalano alcune delle performance più eccezionali della sua carriera – esplora in particolare l’ultimo periodo della vita della Garland, prima della sua morte, tra amori tormentati, drammi familiari e il costante amore dei suoi fan. A completare il cast, tra gli altri, sono Rufus Sewell (Dark City, L’uomo nell’alto castello), Jessie Buckley (A proposito di Rose, Chernobyl), Michael Gambon (Il mistero di Sleepy Hollow, la saga di Harry Potter) e Finn Wittrock (The Normal Heart, American Horror Story).

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“Il Centenario – Alberto Sordi 1920-2020”

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Roma, 7 marzo – 29 giugno 2020 nella Villa romana dell’attore Piazzale Numa Pompilio, aperta al pubblico per la prima volta, per celebrare il grande artista a cento anni dalla nascita.La villa nascosta nel verde di Caracalla si affaccia la leggendaria villa dell’attore, progettata negli Anni Trenta dall’architetto Clemente Busiri Vici: uno scenario eccezionale che permetterà ai visitatori di immergersi nella vita quotidiana, tra le passioni e i segreti di un gigante dello spettacolo ultra-famoso per i suoi film ma poco conosciuto nella dimensione privata.L’esposizione, che non ha precedenti, si snoda tra i vari ambienti della casa e del giardino per illustrare la lunga carriera e la vita dell’attore attraverso documenti inediti, oggetti, abiti, fotografie, video, curiosità.
Oltre alla Villa, il Teatro dei Dioscuri al Quirinale, Via Piacenza 1,ospiterà una seconda sezione con un importante focus su “Storia di un italiano”, il programma tv degli anni Settanta, a cui il Nostro era particolarmente affezionato.
La mostra promossa da Fondazione Museo Alberto Sordi, con Roma Capitale e con Regione Lazio, con il riconoscimento del MIBACT Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, Soprintendenza Speciale di Roma Archeologia Belle Arti Paesaggio, Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio, con il patrocinio di SIAE, con il sostegno di Luce Cinecittà, Acea, Banca Generali Private e con la collaborazione di Rai Teche, è curata da Alessandro Nicosia con Vincenzo Mollica e Gloria Satta, prodotta e organizzata da C. O. R. Creare Organizzare Realizzare.
Per la sindaca Virginia Raggi si tratta di una grande festa che Roma vuole dedicare ad Alberto Sordi in occasione del centenario della sua nascita. Per la prima volta l’abitazione dell’attore, una meravigliosa villa degli anni 30 dove Alberto ha vissuto e dove viene conservata la sua storia di uomo e di artista, verrà aperta al pubblico. Una villa che fa parte del patrimonio storico della città e che, grazie all’impegno e alla volontà di Aurelia Sordi, è stata trasformata in mezzo prezioso per la diffusione e la promozione della cultura. L’iniziativa offre la meravigliosa opportunità di rendere omaggio all’arte e alla carriera di un grande artista romano che ha saputo rappresentare desideri, speranze e amarezze dell’Italia del Novecento. Roma non poteva certo mancare a questo appuntamento che non è solo l’occasione per ricordare un amico, ma è soprattutto l’importante opportunità per custodire i racconti e le emozioni che Alberto Sordi ha lasciato in eredità al suo pubblico. Che lo ha amato e lo ama ancora.Per la Soprintendente Speciale di Roma Daniela Porro, la mostra su Alberto Sordi oltre a ricordare una delle personalità più importanti del cinema italiano è l’occasione per aprire la sua casa, di cui era peraltro gelosissimo. Questa esposizione corona un percorso di tutela e valorizzazione che rende questo bene finalmente visitabile dal pubblico e fa seguito alla firma del vincolo relativo a tutti gli arredi e gli oggetti dell’attore del 21 luglio del 2015. L’augurio è che la Casa di Alberto Sordi, costruita nel 1930 su progetto dell’architetto Clemente Busiri Vici, oltre che per una mostra temporanea possa essere in futuro aperta regolarmente, come un piccolo museo dedicato a un grande interprete del nostro cinema.
Sordi si innamorò subito della Villa di via Druso al Celio quando la vide nella primavera del 1954, tanto che la comprò solo poche ore dopo averla visitata.L’obiettivo di questa mostra dedicata al grande Alberto, come dice il curatore Alessandro Nicosia, è soprattutto aprire per la prima volta al grande pubblico la Villa rifugio di Sordi, farla conoscere così com’era invariata nel tempo, e ricostruire cronologicamente il suo percorso di uomo e di attore. Proprio per valorizzare la storia di questa casa che diventerà presto un museo, si è cercato di rispettare gli ambienti che sono rimasti intatti dopo la morte dell’attore, così come lui li aveva voluti e vissuti, facendoli dialogare con la proposta espositiva piena di sorprese e di tanti inediti. Questa mostra permette quindi di scoprire un Sordi che va oltre i successi cinematografici e di conoscere storie che talvolta circolavano a proposito del suo privato. Un Sordi speciale, vero: il maestro fu un benefattore, un amante degli animali e delle belle donne, un collezionista d’arte, un fotografo appassionato, un viaggiatore… E così si racconta nel progetto espositivo studiato per consentirne la visita come se si fosse ospiti dell’attore.La mostra monumentale dedicata ad Alberto Sordi si prefigura dunque come una esperienza immersiva e totalizzante, un viaggio spettacolare alla scoperta dell’artista e dell’uomo, un ritratto completo in tutti i suoi risvolti e le possibili sfaccettature; un racconto che lascia emergere il contributo unico e insostituibile che ci ha lasciato in eredità. Sordi è entrato a gamba tesa nella memoria collettiva, attentissimo come era all’evoluzione della società da cui traeva ispirazione per le storie e i personaggi da portare sullo schermo; è stato fondamentale per averci confezionato il ritratto di un’epoca e restituito la storia del nostro paese dagli anni a cavallo della seconda guerra mondiale fino al boom economico e agli anni ’60. I suoi film e i suoi personaggi sono lo specchio della società dell’epoca raccontata con sottile ironia cogliendone, con profonda leggerezza ma anche ferocia, voli e cadute, speranze e delusioni, altezze e miserie umane, con uno sguardo sempre arguto e geniale.Nella tensostruttura esterna alla Villa in uno spazio aperto gratuitamente al pubblico verrà proiettato un filmato dedicato a Sordi curato da Istituto Luce Cinecittà.Il tutto avrà il suo culmine il 15 giugno con il festeggiamento del suo compleanno: in Villa naturalmente, con amici e colleghi del mondo dello spettacolo.La Mostra si completa e arricchisce di due cataloghi a cura di Alessandro Nicosia, Vincenzo Mollica, Gloria Satta, Maria Cristina Bettini e Gina Ingrassia.

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Progetto “e-RA DIGITALE”: il consumatore incontra il web

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Internet e le tecnologie digitali stanno progressivamente modificando il nostro stile di vita, nei consumi così come nella sfera professionale e privata. La Rete offre un numero pressoché infinito di opportunità, aumentando esponenzialmente le possibilità di scelta e la convenienza per l’utente ma anche riservare numerose insidie.Il progetto “e-RA DIGITALE: il consumatore incontra il web” – realizzato dalle Associazioni Adoc, Adusbef e Federconsumatori e finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico – punta proprio a tutelare i consumatori dai rischi derivanti dall’utilizzo non corretto delle tecnologie digitali e nell’ambito delle transazioni economiche effettuate on-line.Oltre al servizio di assistenza online a cui accedere dal sito di progetto e alla consulenza presso i punti di accesso web presenti in tutta Italia, le Associazioni coinvolte stanno organizzando eventi di formazione e informazione. Nel quadro di questa campagna si inserisce il seminario “Corpo fisico e corpo digitale”, che si svolgerà venerdì 31 gennaio 2020, presso la sala riunioni Venere dell’Entreprise Hotel in Corso Sempione, 91 a Milano. Al tavolo dei relatori siederanno docenti universitari, ricercatori, avvocati e giornalisti, che illustreranno al pubblico opportunità, rischi e contenziosi nel mondo digitale nonché le best pratice già adottate nel settore.L’evento è a partecipazione libera e aperto a tutti. Al termine del seminario verrà rilasciato, a coloro i quali ne faranno richiesta, un attestato di partecipazione con cui gli avvocati potranno recarsi presso l’Ordine di appartenenza per il riconoscimento di 2 crediti formativi.

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Presentazione dello “FPA Annual Report 2019”

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Roma Martedì 28 gennaio, ore 17.00-19.00 Talent Garden Roma Ostiense – Via Ostiense 92, Intervengono: Gianni Dominici, Direttore Generale FPA, Carlo Mochi Sismondi, Presidente FPA e Andrea Rangone, CEO Gruppo Digital360. Verrà presentata la quinta edizione del volume “FPA Annual Report”, che presenta e analizza i principali dati, fenomeni e processi di innovazione della Pubblica Amministrazione nell’ultimo anno.“FPA Annual Report 2019” – pubblicato da FPA, società del Gruppo Digital360 – in circa 300 pagine fotografa la situazione attuale e offre importanti spunti di analisi da cui ripartire affinché la PA possa diventare nel 2020 uno degli attori centrali nel percorso del nostro Paese verso una Smart Nation.I sette capitoli dell’Annuario – che ospita gli interventi di alcuni dei più importanti esperti di innovazione istituzionale, organizzativa e tecnologica – sono dedicati a: Lavoro pubblico, Trasformazione digitale, Open Government, Città e territori, Sanità, Programmazione europea, Procurement pubblico. Tra gli ospiti attesi alla serata, il Ministro per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone.L’evento è riservato e si può accedere solo su invito.

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Imprese: essere piccoli non è peccato

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

A cura di Ignazio Rocco, Fondatore e CEO di Credimi. Da oltre 25 anni la crescita dell’Italia è ferma, mentre la produttività del Paese è agli ultimi posti in Europa. Per molti, la colpa è dell’esercito delle piccole imprese italiane che sono la spina dorsale della nostra economia. Eppure, se è un dato di fatto che l’ossatura della nostra industria poggi su una dimensione micro, è altrettanto vero che la piccola impresa è una caratteristica distintiva anche di economie più solide e più dinamiche della nostra. Basti pensare che negli Stati Uniti sono le aziende con meno di cinque anni a creare tutti i nuovi posti di lavoro. La chiave di volta però non è nella dimensione dell’impresa, ma nella capacità di innovare, ed è da questa che dipende la capacità del nostro Paese di tornare a crescere.
Nell’ultima classifica Fortune Global 500 sulle più grandi imprese al mondo, l’Italia compare con appena 6 aziende: una situazione che si ripete da sempre, ma è paradossale che in quell’elenco il made in Italy compaia solo grazie a colossi dei servizi. Ci sono Poste, Eni, Enel, Generali, Intesa UniCredit, ma manca tutta la nostra manifattura. Nonostante sia la seconda per importanza in Europa e sesta nel mondo, e sia il fiore all’occhiello del nostro Paese: basti pensare a marchi come Ferrari, Ferrero, Luxottica, Armani o Dolce&Gabbana. Brand che il mondo intero ci invidia, ma non abbastanza grandi da entrare nel Gotha.Dobbiamo anche ricordare che il 92% delle imprese italiane attive fattura meno di 50 milioni di euro l’anno – tetto oltre il quale non si è più Pmi – ma sono proprio queste aziende a garantire un impiego all’82% dei lavoratori del nostro Paese. Secondo uno studio di Prometeia, ci sono 5,3 milioni di Pmi con un fatturato aggregato di 2mila miliardi di euro e circa 15 milioni di dipendenti. Per quanto noto, però, il dato più incredibile è quello della Cgia: secondo la confederazione degli artigiani, il 95% di queste imprese è micro, ovvero non arriva a 10 dipendenti e ha un giro d’affari inferiori ai due milioni di euro.
Sono numeri che spesso vengono usati a giustificazione dell’arretratezza del Paese. Eppure ce ne sono altri che suggeriscono una riflessione più articolata. Per esempio, quelli che arrivano dagli Stati Uniti dove le Pmi sono 30 milioni e hanno creato due terzi dei posti di lavoro degli ultimi decenni. Di più: le imprese giovani, come meno di 5 anni, tra il 1995 e il 2007 hanno assunto 3 milioni di persone, mentre secondo i calcoli di uno studio della Kauffman Foundation, le realtà più consolidate ne distruggevano un milione. Dal 1953, con lo Small Business Act di Eisenhower, e per molti anni, gli Usa hanno basato la propria politica industriale sulla protezione delle Pmi consapevoli che i colossi nascono dal nulla. Dieci anni fa Airbnb era una piccola impresa che aveva raccolto 600mila dollari, oggi è valutata oltre 30 miliardi di dollari; 15 anni fa Facebook era una piccola impresa con poco più di un’idea per creare una rete di amici all’Università; a metà anni ‘90 Google e Amazon erano piccole imprese, proprio come Apple e Microsoft quindici anni prima.È chiaro che questi sono casi rari, e certamente non rappresentativi dei milioni di piccole imprese italiane o anche americane. Ma non è vero che una piccola impresa sia necessariamente una zavorra per la crescita dell’economia. Ci sono piccole imprese che nascono per innovare e diventare grandi, o enormi. E ci sono anche, in Italia come negli Stati Uniti, piccole imprese che restano tali per sempre, ma cambiando e innovando in modi diversi, aumentando gli occupati, la produttività e gli utili, anche se non in modo stellare. Quello che conta davvero, ancora più delle le dimensioni, è la capacità di innovare.
Spesso si confonde l’innovazione con l’invenzione di una rivoluzionaria applicazione basata su complessi algoritmi; molto più spesso è figlia dello sviluppo di un’idea semplice che intercetta i bisogni delle persone o semplifica i processi aziendali. Motivo per cui le maggiori novità arrivano dal nulla. Amancio Ortega, il quarto uomo più ricco al mondo, ha lasciato la scuola a 14 anni, ha fatto il fattorino e con Zara ha inventato un nuovo concetto di moda. Giorgio Armani era un vetrinista della Rinascente, oggi è uno dei più grandi stilisti al mondo a capo di un impero formidabile. Tutti gli imprenditori possono innovare: non importa la loro età e neppure la loro formazione. Come in quel garage di Forlì dove, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, un perito industriale, figlio di un capomastro e di un’operaia, costruisce con l’aiuto di due amici una macchina per potenziare i muscoli. Nasce così, nel 1983, dall’allora 22enne Nerio Alessandri, Technogym, che oggi è quotata in Borsa e conta 2.200 dipendenti sparsi in 14 filiali nel mondo. Anche Davide Ratti ha 22 anni quando, il 17 agosto 2013, scrive la prima riga di codice che diventerà Fattureincloud, una delle startup italiane di maggior successo degli ultimi anni. Ratti, che nel frattempo si è laureato in ingegneria informatica a Bergamo, a 18 anni sviluppava videogiochi e app con una partita Iva e poi una Srl: la sua maggior difficoltà era gestire in maniera semplice e integrata la contabilità. Per farlo ha dato vita a un portale che ha semplificato la vita di 6 milioni di partite Iva italiane.

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Il nuovo corso Ferretti Yachts

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Porterà lontano chi ha voglia di emozioni mai provate. Lo storico brand italiano di yachts di lusso, leader nel settore nautico a livello mondiale, annuncia infatti una completa rivoluzione stilistica.A interpretare questa sfida, secondo la filosofia “Just Like Home” che esprime un modo di vivere il mare in una perfetta sintesi di stile e comfort, sarà Ferretti Yachts 500. La rivoluzione parte dalla fascia strategica dei 50 piedi, ma interesserà l’intera gamma, fino alla nuova ammiraglia della flotta.Completamente rinnovati nel design, entrambi i progetti sono il frutto della collaborazione tra il Comitato Strategico di Prodotto, il Dipartimento Engineering Ferretti Group, l’architetto Filippo Salvetti per gli esterni e lo studio di design Ideaeitalia per il nuovo concept degli interni.Ed è proprio in merito agli interni che le anime dei nuovi modelli Ferretti Yachts saranno rappresentate da due mood differenti. Una linea classica dai toni più caldi e avvolgenti e una più contemporanea, dai toni più decisi, entrambe concepite per incontrare il gusto della clientela internazionale.
Il nuovo progetto Ferretti Yachts 500 si distingue per gli spazi studiati per offrire una sensazione di benessere avvolgente, attraverso scelte di arredo di eccellente qualità e dallo spiccato sapore italiano. L’armatore avrà la possibilità di scegliere tra due layout differenti sul ponte inferiore: uno prevede un’ampia cabina armatoriale e una VIP, entrambe con proprio bagno e con anche disponibile una piccola laundry. Un altro layout prevede una cabina armatoriale, una VIP e una doppia con due letti singoli, e due bagni con doccia separata.
Una barca ispirata da una visione evoluta del navigare, nella quale avventura nautica e dimensione domestica si fondono nel comfort di volumi e soluzioni generalmente presenti su yacht più grandi, in un ambiente familiare che fa sentire l’ospite come a casa propria. Il nuovo Ferretti Yachts 500 sarà presentato ufficialmente al Cannes Yachting Festival 2020.

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“Ci siamo dati un solo compito: sopravvivere”

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Venezia giovedì 30 gennaio 2020 alle ore 17 nella sua sede monumentale (Libreria Sansoviniana, Piazzetta San Marco 13/a) la conferenza dal titolo: “Ci siamo dati un solo compito: sopravvivere” che tratterà il tema di come gli Ebrei stranieri in Italia internati riuscirono a salvarsi dopo l’otto settembre 1943, raggiungendo chi la Svizzera e chi (la maggior parte) il Sud Italia, particolarmente Roma, Napoli e Bari. Saluto di Stefano Campagnolo, direttore della Biblioteca Nazionale Marciana e di un rappresentante della Comunità Ebraica di Venezia.Relatori: Daniele Ceschin (storico), Maria Chiara Fabian, Antonio Spinelli (IVESER), Vittorio Zaglia (Academia dei Rinnovati di Asolo). Dopo l’otto settembre 1943, nell’Italia della Repubblica Sociale Italiana, per gli Ebrei stranieri internati non si trattò più di “persecuzione dei diritti”, ma di vera e propria “persecuzione della vita”. In realtà, la maggior parte di loro riuscì ad evitare la deportazione, rifugiandosi nel Sud del Paese, man mano liberato dalle truppe alleate o chiedendo asilo in Svizzera. Pochissimi tornarono nei Paese d’origine, molti si trasferirono definitivamente, chi in Palestina (dove fu necessaria un’altra guerra per creare finalmente lo stato di Israele), chi negli Stati Uniti o nell’America del Sud. Molteplici furono le modalità di salvezza adottate, sia individualmente che con l’aiuto di varie istituzioni, quali la Chiesa cattolica o la DELASEM, ma fu soprattutto grazie alla loro ferrea volontà di sopravvivere che si salvarono. La conferenza vuole raccontare alcuni episodi significativi con protagonisti coloro che riuscirono a salvarsi fra i ben 1.240 Ebrei internati nel Veneto, soprattutto nelle provincie di Vicenza (oltre 600), Treviso (356) e Rovigo (150).

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Ogni anno circa 5mila infermieri subiscono violenze fisiche o verbali

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

L’89,6% degli infermieri – in prima linea ad esempio nel triage ospedaliero che “accoglie” i pazienti e li smista nella struttura con tempi spesso lunghi non dovuti però alla professionalità dell’operatore, ma all’organizzazione – è stato vittima, secondo una ricerca condotta dall’Università di Tor Vergata di Roma, di violenza fisica/verbale/telefonica o di molestie sessuali da parte dell’utenza sui luoghi di lavoro.In base ai dati rilevati dall’Università di Tor Vergata (Roma) si può dire che praticamente circa 240mila infermieri su 270mila dipendenti durante la loro vita lavorativa hanno subito una qualche forma di violenza, sia pure solo una aggressione verbale.
Di tutte le aggressioni (secondo l’Inail) il 46% sono a infermieri e il 6% a medici (gli infermieri sono i primi a intercettare i malati al triage, a domicilio ecc. e quindi quelli più soggetti).Durante l’audizione di oggi alla Camera, dinnanzi alle Commissioni riunite Giustizia e Affari Sociali, nell’ambito dell’esame dei progetti di legge recanti “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”, Cosimo Cicia, componente del Comitato centrale della Federazione nazionale degli ordini degli infermieri (FNOPI: oltre 450mila iscritti) e Giovanni Grasso, presidente dell’ordine degli infermieri di Arezzo che ha lanciato la campagna social ormai virale #RispettaChiTiAiuta rivolta ai cittadini, hanno illustrato le richieste FNOPI per il disegno di legge:
tolleranza zero verso la violenza nelle strutture sanitarie. L’inasprimento delle pene deve servire soprattutto a far sì che chi compie atti di violenza sappia (quindi massima informazione) sta perpetrando un reato severamente punibile;
regolamentare l’uso dei social nei luoghi di lavoro e rispetto all’attività professionale per evitare commenti, furti di identità e proposte inappropriate (ne sono vittima circa il 12% dei professionisti coinvolti che nel caso degli infermieri sono per il 77,42% donne;
snellimento delle attese stressanti in pronto soccorso con meccanismi di smistamento alternativi a bassa intensità e gestione infermieristica per ridurre la tensione e la reattività dei pazienti anche grazie all’applicazione dei nuovi codici già previsti per la classificazione delle urgenze; pene anche più severe per chi aggredisce verbalmente e fisicamente un professionista sanitario donna sul luogo di lavoro, prevedendo l’aggravante del pericolo che possono correre gli assistiti; maggiore formazione del personale nel riconoscere, identificare e controllare i comportamenti ostili e aggressivi prevedendo anche appositi corsi Ecm (educazione continua in medicina): oggi la formazione degli operatori su questo argomento è del tutto carente e chi si trova ad affrontare situazioni pericolose in prima linea, spesso è impreparato a meno di un suo personale interessamento, mentre dovrebbe essere previsto a livello di corso universitario, anche grazie a una modifica agli ordinamenti didattici e al sistema Ecm;
maggiore informazione e formazione perché siano denunciate da tutti e in modo chiaro le azioni di ricatto e le persecuzioni nell’ambiente di lavoro rispetto alla posizione e ai compiti svolti; predisposizione di un team addestrato a gestire situazioni critiche, in continuo contatto con le forze dell’ordine soprattutto (ma non solo) nelle ore notturne nelle accettazioni e in emergenza;
lo stesso team dovrà anche sensibilizzare i datori di lavoro a non “lasciar fare”, ma a rifiutare la violenza anche prevedendo sanzioni;
stabilire procedure per rendere sicura l’assistenza domiciliare prevedendo anche la comunicazione a un secondo operatore dei movimenti per una facile localizzazione; evitare per quanto possibile che i professionisti sanitari effettuino interventi “da soli”, ma fare in modo che con loro sia presente almeno un collega o un operatore della sicurezza; riconoscere lo status di pubblico ufficiale, ritenendolo strumento indispensabile per arginare le violenze; inserire la predisposizione delle opportune misure per la sicurezza degli operatori sanitari e per prevenire atti di violenza tra gli obiettivi individuali del Direttore generale dell’azienda. La Federazione si è già più volte espressa e ha preso posizione sul tema della violenza sugli operatori, anche a supporto delle numerose denunce e delle iniziative via via prese dagli Ordini provinciali ed è disponibile a dare supporto, collaborare e operare con le altre istituzioni per definire percorsi di prevenzione efficace. La FNOPI non ha intenzione – e chiede che la legge possa essere una garanzia in questo senso – di lasciare solo nessun collega. L’infermiere, come ogni professionista della salute, non è un bersaglio, non è un capro espiatorio, non è un contenitore inerme dove riversare rabbia, frustrazione e inefficienze del sistema.

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Grande retrospettiva Helmut Newton

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Torino 30 gennaio – 3 maggio 2020 Anteprima stampa Mercoledì 29 gennaio ore 12.00 GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Via Magenta, 31 grande retrospettiva Helmut Newton. Works, promossa da Fondazione Torino Musei e prodotta da Civita Mostre e Musei con la collaborazione della Helmut Newton Foundation di Berlino.Il progetto espositivo è a cura di Matthias Harder, direttore della fondazione tedesca, che ha selezionato 68 fotografie con lo scopo di presentare una panoramica, la più ampia possibile, della lunga carriera del grande fotografo che sin dagli inizi non ha mai smesso di stupire e far scalpore per i suoi concetti visivi veramente unici. Il risultato è un insieme di opere non solo particolarmente personali e di successo, ma che hanno raggiunto un pubblico di milioni di persone anche grazie alle riviste e ai libri in cui sono apparse, e alle mostre delle sue foto.Nel percorso di mostra si spazia dagli anni Settanta con le numerose copertine per Vogue, sino all’opera più tarda con il bellissimo ritratto di Leni Riefenstahl del 2000, offrendo la possibilità ai visitatori di comprendere fino in fondo il suo lavoro come mai prima d’ora.Quattro sezioni che rendono visibile come in questo lungo arco di tempo, Newton abbia realizzato alcuni degli scatti più potenti e innovativi del suo tempo. Numerosi ritratti a personaggi famosi del Novecento, tra i quali Andy Warhol (1974), Gianni Agnelli (1997), Paloma Picasso (1983), Catherine Deneuve (1976), Anita Ekberg (1988), Claudia Schiffer (1992) e Gianfranco Ferré (1996). Delle importanti campagne fotografiche di moda, invece, sono esposti alcuni servizi realizzati per Mario Valentino e per Thierry Mugler nel 1998, oltre a una serie di importanti fotografie, ormai iconiche, per le più importanti riviste di moda internazionali.Il chiaro senso estetico di Newton pervade tutti gli ambiti della sua opera, oltre alla moda, anche nella ritrattistica e nella fotografia di nudi. Al centro di tutto le donne, ma l’interazione tra uomini e donne è un altro motivo frequente della sua opera.Helmut Newton morì improvvisamente il 23 gennaio 2004 a Los Angeles, prima di poter assistere alla completa realizzazione della Fondazione a lui dedicata. Helmut Newton Works è il titolo del grande volume edito da Taschen che comprende anche le foto esposte in mostra e ne rappresenta idealmente il catalogo.

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Si chiama “Formare per conoscere, conoscere per convivere. Religioni e cittadinanza”

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

E’ il progetto promosso nel 2020 dall’Istituto Sangalli per la storia e le culture religiose di Firenze che prevede la realizzazione di un corso di formazione destinato alle guide religiose di comunità islamiche (gli imam) e alle donne chiamate a insegnare e predicare (le murshidat), al fine di fornire loro una serie di coordinate culturali essenziali e indispensabili all’esercizio di una cittadinanza democratica.
L’evento formativo coinvolgerà 15 donne e uomini, selezionati con l’apporto di UCOII e provenienti dalla Toscana e da altre regioni del Centro-Nord Italia, grazie a borse di studio finanziate dalla Fondazione CR Firenze.L’avvio ufficiale del corso è in programma sabato prossimo, 25 gennaio 2020, nella sede del Consiglio Regionale; appuntamento alle 10 nella Sala del Gonfalone (Palazzo del Pegaso, Via Cavour 4, Firenze). I saluti istituzionali sono affidati ad Eugenio Giani, presidente del Consiglio Regionale, Alessandro Martini, assessore ai rapporti con le confessioni religiose del Comune di Firenze, Luigi Salvadori, presidente Fondazione CR Firenze, don Giuliano Savina, direttore Ufficio nazionale per l’Ecumenismo e dialogo interreligioso Conferenza Episcopale Italiana, Yassine Lafram, presidente Unione delle Comunità islamiche d’Italia, Maurizio Sangalli, presidente Istituto Sangalli.
Alle 11 interverrà Massimo Carlo Giannini, Università degli studi di Teramo – Istituto Sangalli con ‘Un progetto per il dialogo interculturale e la crescita civile; a seguire Lectio magistralis dello storico e scrittore Alessandro Vanoli con ‘Lo studio della storia come prospettiva per il dialogo’.I corsisti parteciperanno per sei sabati consecutivi (dal 25 gennaio al 29 febbraio 2020), a lezioni su temi giuridici, sociali, storici, culturali, religiosi, artistici e di comunicazione pubblica. Il corso, della durata di 40 ore complessive, si svolgerà nella sede dell’Istituto Sangalli di Firenze in Piazza San Firenze 3 a Firenze e prevede la frequenza di moduli di didattica frontale e moduli laboratoriali, oltre che il confronto diretto tra i partecipanti sulle tematiche trattate.“L’integrazione delle comunità islamiche dal punto di vista culturale e civico è uno degli aspetti in cui il nostro Paese è in maggior ritardo rispetto ad altre esperienze europee. L’iniziativa ha preso forma nella convinzione che solo la conoscenza e la formazione possano contribuire attivamente al miglioramento della realtà sociale e della convivenza civile,” spiega Massimo Giannini, direttore scientifico dell’Istituto Sangalli di Firenze e responsabile del progetto formativo. “Imam e murshidat sono figure essenziali per diffondere, nelle rispettive realtà, con particolare attenzione nel caso del lavoro delle murshidat nelle carceri, in cui sono presenti nel quadro di un progetto promosso dal Ministero degli Interni, in collaborazione con UCOII, i valori civili, oltre che religiosi. Per questo – sottolinea ancora Giannini – l’Istituto Sangalli organizza un corso diretto a tali figure, così da formarle alla conoscenza della cultura italiana, affinché, a loro volta, possano orientare le loro comunità nel difficile cammino dell’integrazione, nel segno del rispetto tra comunità differenti e del dialogo, in ambiti come diritti, legalità, valori culturali e civili del nostro Paese, così da fare da ponte con le istituzioni locali e centrali della Repubblica italiana. Puntare sulla loro formazione costituisce un elemento di straordinaria novità a livello nazionale: la conoscenza dell’altro rappresenta, infatti, il solo e indispensabile antidoto alla circolazione di idee e sentimenti razzisti e xenofobi.”“Formeremo degli Imam e delle guide religiose, anche donne, capaci di predicare anche l’educazione alla cittadinanza per i fedeli musulmani. Il corso è un progetto pilota che vorremmo fosse replicabile in tutte le regioni d’Italia”, commenta Yassine Lafram, presidente Unione delle comunità islamiche d’Italia (dell’UCOII).
Il progetto “Formare per conoscere, conoscere per convivere. Religioni e cittadinanza” vede la collaborazione di UCOII (Unione delle Comunità Islamiche Italiane), del Comune di Firenze, della Regione Toscana, e gode di un contributo finanziario da parte della Fondazione CR Firenze.Le lezioni saranno tenute da un corpo di docenti altamente qualificato: l’On. Stefano Ceccanti (Educazione alla cittadinanza); gli storici Anna Foa (Ebraismo tra passato e presente), Massimo Carlo Giannini (Cristianesimo tra passato e presente), Agostino Giovagnoli (Fare gli Italiani); il direttore del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede Andrea Tornielli (Religioni e mass-media); il sociologo Franco Garelli (Sociologia e religioni); la psicologa Francesca Bocca (Psicologia e religioni); l’ex-direttore della Galleria degli Uffizi Antonio Natali (Sguardi sull’arte italiana).L’Istituto Sangalli per la storia e culture religiose si occupa fin dalla sua nascita, nel 2014, di dialogo interculturale e interreligioso a livello nazionale ed internazionale, nonché di sostenere, con borse di studio e assegni di ricerca, giovani studiosi di tutto il mondo che si occupano di ricerca in ambito umanistico su temi socio-religiosi e con approccio multi-disciplinare. Questa realtà fiorentina laica e a-politica, sorta grazie a fondi privati, in cinque anni ha realizzato attività su temi come il rapporto tra cibo e religioni; ha organizzato convegni e dibattiti sulla legislazione e la costruzione in Italia di luoghi di culto delle diverse religioni e confessioni; si è occupata della presenza degli spazi pubblici multi-religiosi in Europa; ha sostenuto registi-documentaristi del Festival dei Popoli con il premio “Lo sguardo dell’altro”; ha collaborato con le scuole toscane per la diffusione dei valori costituzionali e ha in corso un importante progetto, in collaborazione con Oxfam Italia, per combattere la dispersione scolastica e la povertà educativa in una ventina di scuole medie e superiori toscane.Il corso destinato a imam e murshidat sarà inoltre seguito da una ‘scuola’ di tre giorni, dal 27 al 29 marzo 2020, con la partecipazione di illustri docenti universitari, teologi e guide spirituali ebraiche, cristiane e islamiche: indirizzata a insegnanti di scuole della Toscana, in quei tre giorni imam e murshidat saranno chiamati a confrontarsi con i medesimi insegnanti, così da creare un fruttuoso scambio culturale.

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Scuola: Incontro del ministro Azzolina con i sindacati. Anief presenta le sue proposte sul reclutamento in dieci punti

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Call veloce dalle GI, in attesa dell’espletamento dei nuovi concorsi ordinari e straordinari, riapertura delle GaE, modifiche al concorso straordinario, incremento posti di sostegno, conferma dei ruoli per chi ha superato l’anno di prova, stabilizzazione personale ATA, adeguamento organico di fatto a quello di diritto, abolizione vincolo quinquennale mobilità, corsi abilitanti ordinari, tutela personale scuole italiane all’estero. Questi i temi affrontati dal presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico.Primo incontro tra i rappresentanti di Flc Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Anief e il nuovo ministro Azzolina. Diversi i temi trattati nel tavolo politico sul reclutamento: i bandi dei quattro concorsi previsti, quello per il Tfa sostegno, la riapertura delle graduatorie di istituto, le nuove graduatorie provinciali.Preso atto delle priorità espressa dal nuovo ministro dell’istruzione, Anief ritiene opportuno che sui concorsi debba essere ampliata la categoria dei partecipanti a quello riservato ed estesa ai docenti di religione, dell’infanzia e primaria, con corsi abilitanti aperti a tutti e senza il blocco quinquennale sulla mobilità, con la partecipazione degli amministrativi facenti funzioni senza laurea al concorso Dsga e con una riserva di posti per i dirigenti tecnici, con almeno tre anni di servizio svolto. Come bisogna procedere alle stabilizzazioni dei precari anche dalle graduatorie di istituto, attraverso la “call veloce” da graduatorie di istituto provinciali. Vanno confermati nei ruoli i diplomati magistrale già assunti e poi licenziati. Non va poi dimenticato l’avvio immediato di un piano massiccio di immissione in ruolo per il personale Ata, anche nei profili professionali superiori mai attivati pur essendo previsti dal contratto. Bisognare retrodatare l’assunzione degli idonei dell’insegnamento di religione cattolica al 2008, mentre sul sostegno dovrà essere adeguato l’organico di fatto a quello di diritto con posti in deroga relegati in base a eccezionali necessità, garantendo la determinazione degli organici in base alle richieste del PEI.Al termine dell’incontro, il presidente nazionale ha ricordato anche l’importanza di trovare una soluzione all’attuale contenzioso che ha investito tutte le ultime procedure di selezione al concorso per dirigenti scolastici e alla mancata indizione di procedure abilitanti per il personale di ruolo, consegnando le proposte emendative depositate alla Camera dei Deputati sul Mille-proroghe.Il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, nella replica agli interventi di tutte le oo.ss. presenti, ha espresso la volontà di opporsi a ogni forma di razionalizzazione, di rispettare le norme sulla rappresentatività nelle relazioni sindacali a fronte della richiesta della CISL scuola di escludere i sindacati non firmatari del contratto da tutti i tavoli, di far pubblicare in tempi brevi i bandi del concorso ordinario e straordinario previsti dalla legge, di costituire una task force per aiutare le scuole a utilizzare appieno le risorse relative ai progetti, di adoperarsi per sbloccare assunzioni e risorse anche per il personale Ata, anche su quota 100, di realizzare le immissioni in ruolo sui 24 mila posti dello straordinario dal 1° settembre, affinché anche sui posti di sostegno vi siano docenti specializzati in classe fin dal primo giorno di scuola.

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Scuola: C’era una volta un collaboratore scolastico per piano

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Degli oltre 50 mila posti di personale Ata tagliati negli ultimi 10 anni oltre la metà sono collaboratori scolastici: in media ne sono stati cancellati 3-4 per ogni scuola autonoma. E gli istituti ne stanno sempre più risentendo, soprattutto in questi giorni, perché con il nuovo anno a molti precari ex Lsu non è stato rinnovato il contratto, in vista della loro stabilizzazione prevista dalla legge di bilancio, con effetto a partire dal prossimo mese di marzo. Intanto, però, i servizi di sorveglianza, assistenza e pulizia latitano. E comunque anche con l’assunzione di 12.000 ex lavoratori socialmente utili, il problema non sarà risolto, visto che rimarranno scoperti ancora altri 25.000 posti.
“Siamo costretti a chiedere ai bidelli turni di nove anziché di sei ore, e soprattutto non riuscendo a coprire tutto, dobbiamo tralasciare un po’ la pulizia e lasciare addirittura un piano scoperto. Sei persone sembrano poche, ma quando si hanno 12 plessi”, dice Carla Romano, preside dell’istituto ‘Rita Levi Montalcini’ di Salerno. E purtroppo la situazione sembra non essere isolata.

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Scuola: Vincolo quinquennale mobilità

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Il decreto scuola, tra i vari provvedimenti, ha varato anche l’estensione a tutti gli immessi in ruolo a decorrere dal 2020/2021 del vincolo di permanenza di cinque anni nella scuola di titolarità. Come Anief abbiamo già più volte protestato contro tale decisione. Siamo convinti, infatti, che la continuità didattica sia certamente da garantire, specie nel primo ciclo e sul sostegno, ma è pur vero che non è possibile negare così a lungo ai docenti il diritto alla libera mobilità sul territorio nazionale. Ma c’è un aspetto nell’introduzione su larga scala del suddetto vincolo che troviamo particolarmente odioso: il coinvolgimento anche di coloro che fruiscono, per sé o per un congiunto (coniuge, figli, parte dell’unione civile), dei benefici della legge 104/92, con la sola esenzione di chi ha ottenuto il riconoscimento dopo la presentazione della domanda di partecipazione al concorso o di aggiornamento delle graduatorie a esaurimento. Si tratta di una decisione che lascia allibiti e per la quale non è possibile trovare alcuna plausibile giustificazione. Ricordiamo che la legge 104/92 è nata per tutelare i disabili (nel caso presente i lavoratori disabili) e coloro che si prendono cura di un congiunto entro il secondo grado. Porre un simile limite all’esenzione dai vicoli alla mobilità, per di più comprendendo anche quella annuale (utilizzazioni e assegnazioni provvisorie) e addirittura gli incarichi TD ex art 36 CCNL 2007, vuol dire negare quei diritti alla stragrande maggioranza degli aventi titolo, con gravissime ripercussioni sulle loro vite. È chiaro, infatti, che bloccare per cinque anni un genitore o un coniuge in una sede di servizio posta a centinaia di chilometri di distanza dalla propria residenza significa porre quel lavoratore di fronte alla necessità di dover scegliere tra il proprio lavoro e la propria salute e/o la cura dei propri affetti più cari. Una scelta indegna di uno Stato di diritto e, crediamo, in aperta violazione di quanto indicato dall’art. 3 della Costituzione. Forse, crediamo, non si è posta sufficiente attenzione al fatto che una siffatta norma finirà per colpire anche coloro che svolgeranno il concorso nella propria regione. Non dimentichiamo, infatti, che le procedure concorsuali della scuola si attuano a livello regionale. Pertanto, se – poniamo – al momento della scelta un docente vincitore di concorso di Cuneo che vive e si prende cura del figlio, disabile da prima che papà partecipasse al concorso, sarà costretto ad accettare il ruolo a Domodossola (distante più di tre ore di automobile) dovrà rimanerci per cinque anni senza alcuna possibilità di rientro anticipato, nemmeno con assegnazione provvisoria. E non si può nemmeno pensare di dire a quel padre che potrà in ogni caso spostare tutta la sua famiglia a Verbania se, poniamo sempre, sua moglie lavora anch’essa a Cuneo, il mutuo lo sta già pagando a Cuneo e il figlio disabile è già inserito in un progetto di vita (scuola, servizi educativi, attività associative) a Cuneo.Insomma, siamo di fronte ad una norma scritta davvero male. E a renderla se possibile peggiore si aggiunga la previsione del decreto scuola di sottrarre la materia del nuovo vincolo di permanenza quinquennale alla contrattazione con i sindacati. Una tendenza – quella all’esclusione delle parti sociali dalla concertazione sui provvedimenti più importanti – che, con fatica, in questi anni si è riusciti ad arginare ma che a volte, come in questo caso, riaffiora con prepotenza, nell’erronea convinzione che sia bene escludere i sindacati dalla scrittura delle regole del gioco. Come si vede, invece, se solo si ascoltassero di più i rappresentanti dei lavoratori, le norme potrebbero essere più eque ed efficaci.Come Anief, quindi, chiediamo di riaprire i tavoli sulla mobilità – comunque necessari per integrare il contratto triennale vigente viste le numerose novità – anche su questo punto, di grave e inderogabile urgenza, così come anche sul tema più generale del vincolo quinquennale.

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Sono aumentati a Roma gli incidenti stradali

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Lo sono a causa di una scarsa illuminazione e di marciapiedi sconnessi. A rimetterci sono molti automobilisti, motociclisti e pedoni, alla prese con buche ‘invisibili’ e ricoperte spesso anche da fogliame. A lanciare l’allarme e’ il presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi, a margine del convegno ‘Nuovo regolamento regionale sulle autorizzazioni sanitarie. Cosa cambia per medici ed odontoiatri?’ promosso dall’Omceo Roma. L’incontro si e’ svolto nell’aula Roberto Lala.”Purtroppo in questi ultimi anni, ma non e’ dovuto solo a quest’ultima amministrazione, le strade di Roma sono diventate sempre piu’ buie- ha detto Magi- perche’, anche giustamente, si e’ voluto risparmiare sull’illuminazione delle strade, preferendo i led alle classiche lampadine. Non solo: alcune aree e quartieri della Capitale sono completamente al buio. E questo e’ un fatto molto grave, che ha comportato un aumento degli incidenti per pedoni ed automobilisti”.Magi ha ricordato quindi il tragico incidente a Corso Francia: “Chi conosce Roma, sa che quella zona e’ molto buia, in piu’ quella sera pioveva- ha sottolineato- Allora, indipendentemente dal fatto che e’ deprecabile guidare con un tasso alcolemico fuori dai limiti, forse anche qualcuno che non aveva bevuto, proprio a causa della scarsa visibilita’, avrebbe potuto investire le due ragazze. Bisogna evitare che, a causa di tali situazioni, possano accadere episodi del genere. Come Ordine dei Medici dobbiamo sempre tutelare la salute dei cittadini”.Una scarsa illuminazione, ha sottolineato ancora Magi, non permette poi di vedere “bene dove si mettono bene: molti marciapiedi sono disconnessi, anche a causa delle radici, e gli alberi vanno spesso a coprire con le fronde l’illuminazione”. Questo e’ ancora “piu’ grave” se si pensa “all’invecchiamento della popolazione: sono sempre di piu’ gli anziani- ha detto il presidente dell’Omceo Roma- che possono cadere e subire danni importanti”. Per questo si sta verificando un “maggior numero di infortuni”,”Stiamo pensando di attivare un sondaggio nei pronto soccorso della Capitale- ha concluso infine Magi – per capire quali interventi sono correlati a tale tipo di incidenti e infortuni”.

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Cambiano i ritmi di vita

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Cambiano i luoghi di consumo, gli stili alimentari, ma una cosa è certa: la passione degli italiani per il ristorante e la buona cucina non accenna a tramontare. Al contrario.Se si guarda ai dati messi in fila da Fipe, la Federazione dei Pubblici esercizi, all’interno del rapporto 2019, infatti, si nota come il settore della ristorazione stia conoscendo una stagione estremamente dinamica. Gli italiani infatti non solo investono di più, ma lo fanno in maniera sempre più mirata, andando a ricercare la miglior qualità dei prodotti locali e un servizio attento alla sostenibilità ambientale.Una marcia in più per un comparto che si muove all’interno di un quadro congiunturale niente affatto semplice, con un 2019 che ha visto il moltiplicarsi di forme di concorrenza sleale nel mondo del food.
Dall’analisi in dettaglio del rapporto 2019, si scopre che ogni giorno circa cinque milioni di persone, il 10,8% degli italiani, fa colazione in uno dei 148mila bar della penisola. Altrettante sono le persone che ogni giorno pranzano fuori casa, mentre sono poco meno di 10 milioni (18,5%) gli italiani che cenano al ristorante almeno due volte a settimana. Un vero e proprio esercito di persone che nel 2018 ha speso, tra bar e ristoranti, 84,3 miliardi di euro, l’1,7% in più in termini reali rispetto all’anno precedente e che nel 2019 ha fatto ancora meglio, arrivando complessivamente a spenderne 86 milioni.La ciliegina sulla torta di un decennio che ha visto i consumi degli italiani spostarsi al di fuori delle mura domestiche: tra il 2008 e il 2018, infatti, l’incremento reale nel mondo della ristorazione è stato del 5,7%, pari a 4,9 miliardi di euro, a fronte di una riduzione di circa 8,6 miliardi di euro dei consumi alimentari in casa. Una cifra, quest’ultima, che nel 2019 è salita a 8,9 miliardi di euro. Una performance che consente al mercato italiano della ristorazione di diventare il terzo più grande in Europa, dopo quelli di Gran Bretagna e Spagna e che ha ricadute positive sull’intera economia italiana e in particolare sulla filiera agroalimentare. Ogni anno, infatti, la ristorazione acquista prodotti alimentari per un totale di 20 miliardi di euro, andando a creare un valore aggiunto superiore ai 46 miliardi, il 34% del valore complessivo dell’intera filiera agroalimentare.
Nonostante la sperimentazione degli chef televisivi abbia raggiunto in questi anni livelli record, ciò che attira in maniera sempre più marcata i consumatori all’interno dei ristoranti è la tradizione. Il 50% degli intervistati da Fipe, infatti, cerca e trova nei locali che frequenta un’ampia offerta di prodotti del territorio, preparati con ricette classiche ma non solo. Il 90,7% dei clienti confessa di essersi fatto tentare da piatti nuovi e mai provati, mentre il 60,5% ammette di andare al ristorante anche per affinare il proprio palato.
Quello dell’Italian sounding è un problema che si sta estendendo sempre più e che ormai non vede coinvolti solo i prodotti italiani. Sempre più numerosi sono infatti i casi di plagio all’estero dei marchi dei principali ristoranti e delle pasticcerie italiane più note. Per questo è stato creato il marchio di riconoscimento “ospitalità italiana”, attraverso il quale il nostro Paese certifica che si tratta di ristoranti che utilizzano prodotti italiani e si ispirano ad autentiche ricette italiane con una forte enfasi sulle cucine del territorio. La presenza è diffusa ovunque, dall’Europa all’Oceania: il Paese con il maggior numero di ristoranti certificati sono gli Stati Uniti d’America e la prima città è New York. In totale, sugli oltre 60mila ristoranti “all’italiana” presenti nel mondo, solo 2.200 hanno ottenuto questo importante riconoscimento. Secondo l’ultimo censimento disponibile, sono 336mila le imprese della ristorazione attualmente attive. Sono 112.441 quelle gestite da donne che scelgono in un caso su due di aprire un ristorante.
Esistono alcune criticità strutturali nel mercato della ristorazione e alcuni fenomeni recenti. Da un lato il settore soffre ancora di un elevato tasso di mortalità imprenditoriale: dopo un anno chiude il 25% dei ristoranti; dopo 3 anni abbassa le serrande quasi un locale su due, mentre dopo 5 anni le chiusure interessano il 57% di bar e ristoranti. Un dato che fa il paio con la bassa produttività di questo settore: il valore aggiunto per unità di lavoro è di 38.700 euro, il 41% più basso rispetto al dato complessivo dell’intera economia. Nel corso degli ultimi 10 anni il valore aggiunto per ora lavorata è sceso di 9 punti percentuali.

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Unc: Italia in stagnazione, industrie ferme

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Secondo i dati resi noti oggi dall’Istat, a novembre, su base mensile, resta stabile il fatturato dell’industria e scendono gli ordinativi (-0,3%).”Italia in stagnazione! Industrie ferme! Ma quello che maggiormente preoccupa, in prospettiva, sono gli ordini esteri, che scendono del 7,3% su base annua e dello 0,7% su ottobre. Le esportazioni, infatti, hanno salvato in questi anni di crisi le nostre industrie. Il possibile inasprimento dei dazi rischia, quindi, di diventare letale per il nostro Paese” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”Se confrontiamo i dati di oggi con i valori pre-crisi, gli ordinativi, rispetto a novembre 2007, sono ancora inferiori del 15,8%, mentre quelli interni registrano addirittura un gap del 26,2%, più di un quarto, quelli esteri sono ancora positivi, nonostante il crollo segnalato oggi, e si attestano al +4,1%. Anche il fatturato totale è calato del 2,2% rispetto ad 12 anni fa, ma mentre quello estero segna un incremento notevole, +22,1%, quello interno è sotto dell’11,8%” conclude Dona.

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Visita al CISA e al Teatro San Materno, Locarno e Ascona

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

Sabato 25 gennaio 2020. L’associazione amici del m.a.x. museo organizza una trasferta a Locarno e Ascona, nell’ambito della mostra in corso su Marcello Dudovich. La giornata inizierà con una visita guidata al CISA-Conservatorio Internazionale di Scienze Audiovisive, con il saluto del Direttore Domenico Lucchini. Il CISA da alcuni anni fa parte del CILECT, la rete che annovera al suo interno le migliori scuole di cinema al mondo.Seguirà, dopo il pranzo organizzato al Ristorante Cittadella di Locarno, la visita al Teatro San Materno, Ascona, con il saluto di Tiziana Arnaboldi, referente della Direzione artistica del teatro. Il Teatro San Materno, costruito nel 1927/28 per volere di Paul Bachrach quale dono a sua figlia, la danzatrice Charlotte Bara (1900-1987), fu realizzato su progetto dell’artista poliedrico Carl Weidermeyer. Per l’occasione, si visiteranno tutte le parti principali del teatro, recentemente restaurato.

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Valorizzare le invenzioni di un IRCCS per migliorare i livelli di cura

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

E’ ottimo il posizionamento dell’Italia nella produzione d’innovazione scientifica, basti pensare che il nostro paese è tra i primi dieci nel mondo per articoli scientifici pubblicati e per il loro impatto. Un risultato di assoluto rilievo se si confrontano i nostri investimenti in Ricerca con quelli di tante altre nazioni.* Il 20% degli studi clinici dell’ Unione Europea è svolto in Italia, il 37% del totale degli studi clinici è su farmaci biotech, e il 26% su farmaci orfani.Non è altrettanto positivo il posizionamento del nostro paese nella tutela della proprietà intellettuale in ambito scientifico, ed è addirittura scarso nella valorizzazione dei risultati della ricerca. Questo a causa di insufficiente tutela della proprietà intellettuale con prevalenza di brevetti solo italiani rispetto a domande brevettuali internazionali frutto per anni di una attività di valorizzazione statica, mancanza di cultura sul tema e norme anacronistiche.Valorizzare in chiave economica i risultati della ricerca scientifica e tecnologica per fornire le migliori strategie di cura ai pazienti è l’impegno costante e crescente degli IFO, in linea con il regolamento recentemente diffuso dal Ministero della Salute. Dal 2015, anno in cui è stato istituito l’Ufficio Trasferimento Tecnologico (UTT), si persegue con maggior determinazione e con regole condivise l’obiettivo di valorizzazione dei risultati attraverso contratti con enti pubblici e privati, potenziamento delle politiche brevettuali e capacità di sfruttare commercialmente l’attività di gestione e concessione delle licenze. L’UTT IFO dispone di un budget medio annuale di oltre 80.000 euro, genera risorse per l’ente, ricadute positive sull’assistenza sanitaria e migliora la gestione dei goal della ricerca da un punto di vista traslazionale, legale e commerciale. Negli anni 2017 – 2018 sono stati 7 i brevetti concessi e oltre una ventina il numero di accordi di riservatezza, di partnership tra istruzioni diverse per la gestione della co-titolarità di brevetto e per il trasferimento di materiali.
Diffondere una cultura imprenditoriale della ricerca e sostenere le iniziative di spin-off è proprio tra le mission di un istituto di ricerca. Il meeting di oggi all’IFO “Trasferimento Tecnologico e Valorizzazione della Ricerca”, è stato un confronto costruttivo tra enti di ricerca, istituzioni e gestori di strumenti utili per questa attività.
Al Regina Elena tra i casi di best practices in ambito di tutela della proprietà intellettuale, ricordiamo la recente scoperta del ruolo chiave nella resistenza alle terapie contro il melanoma, dei microRNA, rintracciati nel sangue umano attraverso la biopsia liquida. Ricercatori del Regina Elena hanno, inoltre, recentemente identificato un gruppo di RNA circolari (circRNA) in cellule di carcinoma mammario sempre grazie alla biopsia liquida. Anche queste molecole rappresentano potenziali biomarcatori non invasivi, estremamente interessanti e utili per identificare i pazienti ad alto rischio di progressione di malattia. Un importante brevetto dei ricercatori del San Gallicano aiuta a combattere le infezioni ospedaliere: una piattaforma diagnostica misura in modo rapido la produzione di biofilm da batteri isolati, informazioni essenziali per una scelta terapeutica mirata, perché identifica il tipo di antibiotico più efficace per colpire il biofilm microbico.

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“Prospettive per il 2020: azioni giapponesi”

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

A cura di Daisuke Nomoto, Responsabile azioni giapponesi di Columbia Threadneedle Investments. Vi sono diverse ragioni per essere ottimisti nei confronti delle azioni giapponesi nel 2020. Per prima cosa, bisogna considerare l’elevato numero di riforme strutturali. In particolare, riteniamo che le riforme della corporate governance attuate in Giappone rappresentino un importante punto di svolta per gli investitori azionari a lungo termine.La rinnovata enfasi sull’utilizzo della liquidità in eccesso per finanziare riacquisti di azioni proprie, dividendi e acquisizioni ha già permesso di raddoppiare la redditività del capitale proprio a circa il 10% negli ultimi cinque anni, in linea con le medie europee. Crediamo che questa tendenza possa accentuarsi ulteriormente, il che può solamente essere positivo per le quotazioni azionarie. In secondo luogo, non bisogna dimenticare l’economia giapponese. È vero che la crescita economica globale ha segnato il passo nel 2019, ma alcuni segnali indicano che la congiuntura potrebbe aver raggiunto un minimo. Al pari di quanto avvenuto in Asia e in Europa, la produzione industriale ha registrato una ripresa in Giappone, come confermato dall’aumento delle esportazioni e degli ordini di macchine utensili. Una situazione di stabilità sarebbe sufficiente a sostenere le azioni giapponesi, soprattutto i titoli ciclici.
Riteniamo inoltre che le azioni nipponiche scontino già gran parte dei rischi di ribasso legati ai negoziati commerciali in corso tra Stati Uniti e Cina. Un eventuale esito favorevole eserciterebbe un impatto nettamente positivo sul mercato azionario giapponese, fortemente orientato al ciclo economico.Le valutazioni appaiono molto interessanti. Sia in base al rapporto prezzo/valore contabile sia in base al rapporto prezzo/utili, le azioni nipponiche sono tra le più sottovalutate tra quelle dei mercati sviluppati.Infine, gli investitori non devono dimenticare le Olimpiadi del 2020 che si terranno in Giappone. Nel 1964 il Giappone sfruttò l’occasione dei giochi olimpici per esibire il suo pionieristico treno ad alta velocità, lo Shinkansen. Questa volta il Paese svelerà le sue numerose innovazioni tecnologiche all’avanguardia, dalla robotica alla guida autonoma. Le Olimpiadi sono un altro buon motivo per ritenere che il 2020 sarà un anno positivo per le azioni giapponesi.
Columbia Threadneedle Investments è un gruppo specializzato nell’attività di asset management leader a livello globale che si contraddistingue per un’ampia offerta di strategie a gestione attiva e molteplici soluzioni d’investimento per clienti individuali, istituzionali e corporate in tutto il mondo.Con l’ausilio di oltre 2.000 collaboratori tra cui più di 450 professionisti dell’investimento operanti nel Nord America, in Europa e Asia, il Gruppo gestisce un patrimonio pari a EUR 430 miliardi che copre azioni dei mercati sviluppati ed emergenti, reddito fisso, soluzioni multi-asset e strumenti alternativi.Columbia Threadneedle Investments è la società specializzata in asset management che opera a livello globale e che fa parte di Ameriprise Financial, Inc. (NYSE: AMP), uno dei principali Gruppi statunitensi per offerta di servizi finanziari. In quanto parte di Ameriprise, Columbia Threadneedle beneficia quindi del sostegno di una grande società leader nei servizi finanziari, diversificata e adeguatamente patrimonializzata.www.columbiathreadneedle.com

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Tasso alcolemico 4 volte superiore al consentito, ma per il giudice il fatto è di lieve entità

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 gennaio 2020

«Stesso tasso alcolemico del 27enne che a Bolzano ha investito e ucciso 7 turisti, ovvero 1,97 grammi per litro, è quello che l’alcol test ha rilevato su di un cittadino romeno a Milano che, dopo aver causato un incidente in autostrada, è stato prosciolto dal giudice perché “il fatto è di lieve entità”. È assurdo! Si tratta di una sentenza che vanifica il nostro lavoro e tutte le campagne di sensibilizzazione su sicurezza stradale e guida in stato di ebbrezza». A dichiararlo è Stefano Paoloni, Segretario Generale del Sindacato Autonomo di Polizia (Sap). «Per il giudice – prosegue – il tasso alcolemico rilevato nel sangue non era di molto superiore al limite consentito, qualificando il fatto come tenue e stabilendo il non doversi procedere, nonostante l’art. 186 del codice della strada, preveda sanzioni già a partire da 0,5 grammi per litro. Decisioni come questa – conclude Paoloni – rendono ancora più effimera la certezza della pena e alimentano quel senso di impunità che contribuisce ad alimentare condotte come questa».

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