Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 136

Archive for 18 luglio 2018

Festival dell’innovazione

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Londra 18 e 19 Luglio il centro espositivo “Old Truman Brewery” – tra le più prestigiose convention del settore digitale e del tech che ospiterà più di 5000 partecipanti (imprenditori, investitori, dirigenti aziendali, ecc.) da ogni parte del mondo con oltre 100 relatori e 200 espositori.
Tra gli ospiti anche la modenese Pikkart, leader nella realizzazione di soluzioni che sfruttano la realtà aumentata, la computer vision, l’intelligenza artificiale e il deep learning, scelta al pari di altre startup e PMI italiane dalla selezione coordinata dall’Agenzia ICE (Istituto nazionale per il Commercio Estero) come avvenuto di recente per lo StartUp Village di Skolkovo (Russia). La partecipazione al festival assume un’importanza particolare poiché il Regno Unito si posiziona al primo posto tra gli investitori globali in Europa e al quinto tra quelli internazionali dopo Cina, USA, India e Brasile, mentre è il terzo cluster mondiale dopo San Francisco e New York per numero di investimenti di venture capital. Ad UnBound 2018 l’attenzione sarà focalizzata sulle ultime tendenze e servizi in materia di innovazione che riguardano il mondo digitale. Ragione che porterà Pikkart a presentare – in occasione della due giorni londinese – i prodotti Pikkart-AR Discover e Pikkart AR-Logo. Il primo è la più recente evoluzione della Realtà Aumentata, alla quale si uniscono le potenzialità del riconoscimento visuale: si tratta, dunque, di un software in grado di riconoscere, da pochissime foto scattate in loco, oggetti e luoghi in contesto, ed agganciare loro contenuti in Realtà Aumentata come schede informative, foto, video e modelli 3D. Un tipo di soluzione adatta ad essere applicata in contesti indoor ed outdoor, come gallerie commerciali, stazioni, aeroporti, nell’industria 4.0, nel turismo, nei musei e nei Beni culturali. Il secondo, Pikkart AR-Logo, è un prodotto brevettato e unico a livello mondiale che permette di associare contenuti digitali diversi a più copie della una stessa immagine. Premiata lo scorso anno dall’Unione Europea con il prestigioso Seal of Excellence, trova applicazione dal marketing al settore museale.

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Scuola: Assunzioni, tra pensionamenti e posti liberi già 53mila cattedre libere

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Secondo l’ufficio studi Anief, se si considera anche il finto organico di fatto, con i posti in deroga sul sostegno e gli Ata si arriva a 150mila buchi da coprire il prima possibile. A cui se ne aggiungerebbero altrettanti se venisse approvata “Quota 100” senza limitazioni anagrafiche. I dati sono effettivi e giungono all’indomani della conclusione delle operazioni di mobilità di tutto il personale insegnante: nella scuola dell’infanzia il numero di posti liberi è di 3.500 comuni e di 1.200 di sostegno agli alunni disabili. Alla primaria il numero cresce: quasi 6.400 posti comuni e circa 4.500 di sostegno. Alle medie, si tratta di 13.350 posti su disciplina e circa 6mila di sostegno. Alle superiori, infine, risultano quasi 17mila posti sulle materie ed oltre 1.600 di sostegno. Ovviamente, i posti di sostegno sono molti di più dei 13mila che si andranno a coprire: almeno il triplo, visto che le deroghe, frutto dell’assurda Legge Carrozza 128/13, anche quest’anno dovrebbero superare quota 40mila. E poi c’è un esercito di posti in organico di fatto, molti dei quali in realtà privi del titolare ma ancora furbescamente collocati in quest’area per continuare a fare cassa sulle spalle dei precari.Ma tale logica non ha più senso. Perché la Cassazione pochi giorni fa, attraverso diverse ordinanze del 26 giugno scorso, ha ribadito quanto già disposto nelle sentenze 9042/17, 23868/16, 22752/16 e 22757/16, assecondando il risarcimento dei precari per la mancata adozione del principio di «non discriminazione» verso il personale precario della scuola, a cui vanno assegnati i medesimi scatti automatici stipendiali del personale già assunto in ruolo. Inoltre, il risarcimento per l’abuso dei termini dopo 36 mesi, precedente alla Legge 107/15, è dovuto in tutti quei casi in cui il posto risulti vacante e disponibile oppure laddove il lavoratore provi al giudice che vi è stata una forzatura, ai fini del risparmio pubblico a danno del lavoratore stesso, collocando il posto libero dell’organico di fatto per risparmiare sui mesi estivi. Anief ricorda che è possibile avere informazioni ulteriori o presentare direttamente ricorso per chiedere di ottenere l’assunzione a tempo indeterminato, un risarcimento adeguato per il danno cagionato, l’assegnazione degli scatti stipendiali automatici per tutto il periodo di precariato e l’estensione dei contratti nei mesi estivi.Marcello Pacifico (Anief-Cisal): In questa situazione è fondamentale fare quella ricognizione di posti realmente liberi, in modo da avere una lettura realistica di quelli oggi sovradimensionati sull’organico di fatto. La trasformazione di quei posti diventa ancora più rilevante dal momento in cui allo Stato nemmeno conviene più precarizzare i suoi insegnanti, in virtù della posizione della Cassazione che ha aperto gli scatti di anzianità anche ai supplenti, su indicazione di Bruxelles, facendo cadere la convenienza per l’amministrazione pubblica di lasciarli precari per più tempo possibile. Bisogna intervenire con il Decreto Dignità, andando in primis a modificare il Testo Unico sulla scuola, nelle parti in cui avalla tale discriminazione, contro la quale si sono espressi più volte pure i giudici europei. E contro cui il nostro sindacato ha creato i presupposti per fare approvare una Risoluzione del Parlamento europeo, a fine maggio, proprio sul precariato scolastico italiano. Poi, al tavolo delle trattative cercheremo anche di andare a modificare quelle parti del contratto collettivo nazionale che sono da ostacolo ad un’effettiva parità di trattamento e di diritti di tutti i lavoratori della scuola.

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L’Emilia Romagna celebra l’Anno internazionale del Cibo Italiano

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Bologna sabato 4 agosto 2018 Turistica Emilia, ente di promo-commercializzazione turistica delle province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia – nel cuore della Food Valley italiana, in cui sono concentrati tra i migliori piatti e prodotti tipici – si festeggia con cene prelibate e assaggi delle migliori ricette artusiane. Era il 1891 quando Pellegrino Artusi pubblicò la prima edizione de “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, raccogliendo 790 ricette e costruendo un manuale che ha delineato l’identità gastronomica nazionale. “Dal Parmigiano Reggiano al Prosciutto di Parma, ai salumi dop di Piacenza, pancetta, coppa e salame – spiega la presidente dei Destinazione Turistica Emilia Natalia Maramotti – siamo una terra dove il cibo racconta storie della nostra eredità millenaria. Fare turismo in Destinazione Turistica Emilia significa quindi gustare la vita, partendo dal cibo attraverso le storie che intorno al cibo hanno costruito la nostra comunità”.
Il 4 agosto al Castello di Bianello (RE), negli spazi del Ristorante Il Bianello, si degusta un menu ispirato al ricettario di Pellegrino Artusi. Minestra di passatelli, baccalà in salsa, salsa verde e Rosbiffe e Dolce Torino saranno serviti alle tavole degli ospiti dalle 19.00. In seguito si potrà assistere allo spettacolo teatrale “Incantadora, cucina e memorie di una filibustiera”, per poi lasciare spazio alle visite guidate nello splendido maniero a partire dalle 21.00. Una serata ricca e gustosa, sia dal punto di vista gastronomico che artistico-culturale. La prenotazione è obbligatoria entro il 31 luglio al numero: 0522 1751552. Il prezzo della cena è di 30 euro a persona.
Al Castello di Sarzano (RE) la serata comincia tra i colori del tramonto sotto la torre della fortezza, in compagnia dei vini del vitigno autoctono dei Colli di Scandiano e Canossa. La cena è allestita nella chiesa sconsacrata. Il menu è a base di: sformato di verdure di stagione con fonduta di Parmigiano, risotto con ragù di coniglio e cialda di Parmigiano, lombo di maiale ripieno con prosciutto, mozzarella e Parmigiano, torta di riso o zuppa inglese. Durante la cena, Simone Faloppa intratterrà gli ospiti con una performance artistica dedicata ad Artusi. Dalle 23.30 sarà possibile visitare il castello in notturna. La prenotazione è obbligatoria entro il 31 luglio al numero: 333 2110379. Il prezzo è di 25 euro.
Nel giardino della Casa del Correggio (RE) si degustano i piatti della tradizione descritti da Pellegrino Artusi in compagnia dell’Accademia Italiana della Cucina (delegazione Carpi-Correggio). Il menu è a base di tortellini alla bolognese, gnocchi, tagliatelle col prosciutto, coniglio arrosto, maiale arrostito nel latte, krapfen e budino di cioccolata. Il prezzo è di 45 euro a persona. Prenotazioni entro il 22 luglio al numero: 0522 631770.
Show cooking e Aperitivo Artusiano all’Agriturismo e ristorante Il Cavazzone, a Viano (RE), dalle 18.00 alle 20.00. Si comincia con lo show cooking dedicato alle ricette di Pellegrino Artusi dedicate alla pasta sfoglia all’uovo ed interpretate dalla cuoca, scrittrice e food blogger Ilaria Bertinelli. E si continua con la degustazione di ricette artusiane, come i tortelli, le carote fritte, salumi, Parmigiano Reggiano, erbazzone, abbinati ai pregiati vini di Monte delle Vigne. Alle 19.30 c’è la visita guidata all’acetaia con Giovanni Sidoli, che ha avviato l’acetaia del Cavazzone per la produzione di balsamico secondo il metodo della tradizione di famiglia. Ci sono barili in cui viene custodito l’aceto che hanno oltre 200 anni. La visita prosegue con il percorso museale, dove sono stati ricreati alcuni ambienti dedicati ai mestieri che caratterizzarono l’azienda agricola fino alla metà del secolo scorso. L’evento è su prenotazione obbligatoria entro il 2 agosto. Il prezzo è di 15 euro a persona. C’è anche la possibilità di cenare à la carte al ristorante, con sconto del 10%. Per informazioni, “Gusto Sapiens”: Agriturismo Il Cavazzone, Tel. 0522 986054. Un’indagine gastronomica attende chi il 4 agosto raggiungerà il Castello Pallavicino di Varano de’ Melegari (PR). Una serata sotto le stelle, organizzata in collaborazione con i Castelli del Ducato, che coinvolge gli ospiti in un’intrigante ricerca di indizi, per scoprire “La ricetta perfetta”, e poi conquistare un delizioso “assaggio artusiano” di salumi e vino locale. L’evento poi continua con la Sagra in Rocca, il festival di musica e stand gastronomici che si svolge nel castello e nel borgo. Si comincia alle 19.00. Il prezzo è di 15 euro a persona, 10 euro per i bambini. Dal bellissimo Castello di Gropparello (PC) si prende il sentiero panoramico che porta alla Masseria e dopo aver varcato un cancello in legno si arriva nel giardino di rose e ulivi. Qui viene allestita la cena ispirata al ricettario di Pellegrino Artusi: tortini di ricotta, risotto coi pomodori, arrosto di vitella al latte con sformato di pisello freschi, offelle di marmellata di mele rosse e cannella. I piatti sono abbinati ad ottimi vini. Il prezzo della cena è di 50 euro a persona. Occasione per ammirare il maniero e la splendida vallata percorrendo sentieri e passaggi.

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Pensioni e vitalizi: il vero obiettivo sono tutte le pensioni

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Con il taglio dei vitalizi si risparmieranno 40 milioni, dichiara il presidente della Camera, Roberto Fico (M5S) ma se ne spenderanno 100, aggiungiamo noi. Come mai? Vediamo. Con il recente provvedimento i vitalizi, calcolati con il metodo retributivo, cioè in percentuale sullo stipendio, saranno ricalcolati con il metodo contributivo (tanto versi, tanto prendi). Ci sono due aspetti che la delibera Fico non prende in considerazione: i deputati pagavano le tasse anche sui contributi previdenziali, pagamenti che non fanno i cittadini, per cui dovranno essere restituiti ai deputati circa 100 milioni di tasse non dovute. In aggiunta, la diminuzione degli importi delle pensioni porterà a una diminuzione della tassazione, cioè delle entrate per lo Stato. Queste considerazioni valgono anche per i vitalizi dei consiglieri regionali.Alla fine l’operazione “taglio dei vitalizi” non porterà a nessun risparmio. Una bufala, insomma.E’ per giustizia ed equità che sono stati tagliati i vitalizi, sostengono in molti. Un principio, dunque. Se così è, il principio vale per tutti, cioè per tutti i pensionati che sono andati in pensione con il metodo retributivo, come i parlamentari. Pochi sanno che il 96% delle pensioni attualmente percepite sono state calcolate con il metodo retributivo . Si vuole mettere mano al 96% delle pensioni? Il ministro Luigi Di Maio (M5S) propone interventi sulle “pensioni d’oro” dalle quali, però, si ricava ben poco, rispetto alle esigenze di cassa. Si passerà, quindi, a pensioni inferiori, laddove c’è la stragrande maggioranza degli importi. Si farà macelleria sociale.

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Roma Capitale ricorda il 75° anniversario del bombardamento di San Lorenzo

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Roma giovedì 19 a venerdì 20 luglio, dalle ore 9.00 alle ore 18.00, la Sovrintendenza Capitolina aprirà eccezionalmente il Centro di Documentazione dei Cimiteri Storici, allestito all’Ingresso monumentale del Cimitero del Verano, in cui si potrà assistere alla Rassegna filmico-documentaria “19 Luglio del ’43”, che comprenderà i seguenti contributi:
“Bombardamento di Roma”, filmato sul bombardamento del 19 luglio 1943 dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce;
“Protezione antiaerea”, contributi sulla protezione antiaerea dei principali monumenti e delle opere d’arte d’Italia e di Roma concessi dall’Archivio Storico dell’Istituto Luce;
“Testimonianze”, documento del 1983 sulle testimonianze del bombardamento di San Lorenzo da parte degli abitanti del quartiere, concesso dall’Archivio Rai Teche;
“Tra due nemici. La memoria della seconda guerra mondiale nei monti Aurunci” di Marco Marcotulli, film etnografico che documenta i modi con i quali, tutt’oggi, questa memoria è elaborata dalle popolazioni locali in forme artistiche, espressive, narrative, monumentalistiche e collezionistiche. Un culto comunitario diffuso in tutto il territorio soprattutto attraverso la pietra: statue, lapidi, cimiteri, sacrari militari e siti in montagna che incorporano e conservano storie da non dimenticare.
Sarà infine possibile prendere parte alla visita guidata “Quadriportico e Pincetto. Percorso nella storia e nell’arte” il 19 luglio, alle ore 17.00, con prenotazione obbligatoria allo 060608.

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Mostra dedicata a Carlo Carrà

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Milano, Palazzo Reale Dal 4 ottobre 2018 sino al 3 febbraio 2019 sarà possibile ammirare a Palazzo Reale una straordinaria mostra dedicata a Carlo Carrà (1881 – 1966), uno dei più i grandi maestri del Novecento, protagonista fondamentale dell’arte italiana e della pittura moderna europea, che ha lasciato un segno indelebile con uno stile che è rimasto vitale in tutta la sua produzione artistica. Si tratta della più ampia e importante rassegna antologica mai realizzata su Carrà, un’occasione irripetibile che vede riunite circa 130 opere, concesse in prestito dalle più importanti collezioni italiane e internazionali, pubbliche e private. Promossa e prodotta dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Civita Mostre, la mostra curata da Maria Cristina Bandera, esperta di Carrà e direttrice scientifica della Fondazione Roberto Longhi di Firenze, con la collaborazione di Luca Carrà, nipote del maestro, fotografo e responsabile dell’archivio di Carlo Carrà, e fa parte del palinsesto Novecento Italiano ideato dall’Assessorato alla Cultura per il 2018.L’esposizione aprirà al pubblico a trent’anni dall’ultima rassegna dedicatagli dal Comune di Milano (1987) e cinquantasei anni da quella che – Carrà ancora in vita – si svolse nel 1962, sotto la presidenza di Roberto Longhi, entrambe realizzate proprio a Palazzo Reale.Quella del 1962 era un omaggio al maestro che nel ‘54 aveva ricevuto la medaglia d’oro di cittadino benemerito e che giovanissimo aveva scelto Milano come sua città d’elezione; un doveroso riconoscimento – in una tradizione tutta milanese – che faceva seguito al tributo dedicato al pittore nelle sale della Pinacoteca di Brera nel 1942, in uno dei momenti più tragici della seconda guerra mondiale.
Obiettivo della nuova esposizione è ricostruire l’intero percorso artistico del maestro attraverso le sue opere più significative dalle iniziali prove divisioniste, ai grandi capolavori che ne fanno uno dei maggiori esponenti e battistrada del futurismo e della metafisica, ai dipinti ascrivibili ai cosiddetti ‘valori plastici’, ai paesaggi e alle nature morte che attestano il suo ritorno alla realtà a partire dagli anni venti, con una scelta tematica che lo vedrà attivo sino alla fine dei suoi anni, non senza trascurare le grandi composizioni di figura, soprattutto degli anni trenta, il decennio a cui risalgono anche gli affreschi per il Palazzo di Giustizia di Milano, documentati in mostra dai grandi cartoni preparatori.La mostra presenta un corpus di circa 130 opere concessi da alcune delle più grandi collezioni del mondo come quelle dello State Pushkin Museum of Fine Arts di Mosca, dell’Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra, della Kunsthaus di Zurigo, della Yale University Art Gallery, della National Gallery in Prague, del Museum of Fine Arts di Budapest e dai Musei Vaticani e da prestiti di numerosi musei italiani, tra cui la Pinacoteca di Brera, il MART di Rovereto, il Museo del 900 di Milano, la Galleria degli Uffizi di Firenze, oltre a molte collezioni private, così da ricostruire la fitta trama di affinità intellettuali e di rapporti d’elezione che legò Carlo Carrà ai suoi collezionisti e amici del tempo. Fu, infatti, artista irrequieto, persona dai viaggi significativi che lo portarono già giovanissimo a Parigi e poi a Londra, e di importanti incontri internazionali da Apollinaire a Picasso, oltre che uomo di grandi aperture culturali e di letture che lo spinsero a svolgere un’attività critica sulle riviste più importanti e di tendenza del tempo “La Voce”, “Lacerba” e soprattutto “L’Ambrosiano”.
Infine la mostra non intende proporre solo la produzione artistica di Carrà, ma anche i tratti e i momenti più significativi di quella che lui stesso definisce “una vita appassionata”. Sarà pertanto corredata da documenti, fotografie, lettere e numerosi filmati che documentano l’intensa vita di Carlo Carrà, di cui in prima persona ci dà conto nelle pagine de La mia vita, l’autobiografia che ha scritto nel 1942. Tutti i visitatori avranno a disposizione una audioguida che li accompagnerà nelle varie sezioni con un racconto accessibile e coinvolgente.Ne derivano 7 sezioni, ciascuna espressione di uno specifico periodo della vita e dello stile del grande maestro: Tra Divisionismo e Futurismo; Primitivismo; Metafisica; Ritorno alla natura; Centralità della figura; Gli ultimi anni; Ritratti. In tal modo, il percorso espositivo, fluido e coerente, scandisce le tappe di una vita interamente dedicata alla pittura: “La mia pittura è fatta di elementi variabili e di elementi costanti. Fra gli elementi variabili si possono includere quelli che riguardano i princìpi teorici e le idee estetiche. Fra gli elementi costanti si pongono quelli che riguardano la costruzione del quadro. Per me, anzi, non si può parlare di espressione di sentimenti pittorici senza tener calcolo soprattutto di questi elementi architettonici che subordinano a sé tutti i valori figurativi di forma e di colore. A questi principi deve unirsi quello di spazialità, il quale non è da confondersi col prospettivismo; poiché il valore di spazialità non ha mai origini per così dire visive. Questo concetto nella mia pittura è espressione fondamentale.” (Carlo Carrà, 1962)Un prestigioso volume a cura di Marsilio Editori farà da catalogo della mostra.

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Maggiore attenzione alla semplificazione delle operazioni aziendali

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Secondo J.P. Morgan Private Bank, in Europa si sta diffondendo un fenomeno particolare: una maggiore attenzione alla semplificazione delle operazioni aziendali.Nel corso degli ultimi 18 mesi l’attività di M&A strategica ha preso slancio in un contesto di solida crescita degli utili societari, consolidamento della fiducia delle imprese, valutazioni ottimistiche, volatilità storicamente contenuta e condizioni di finanziamento vantaggiose. Grazie alla presenza di numerosi acquirenti con abbondante liquidità, le imprese di diversi settori stanno approfittando delle operazioni di M&A per ristrutturare e semplificare il proprio business. Il disinvestimento o lo spin-off delle attività non strategiche e sottoperformanti con i multipli da fine ciclo e la rinnovata enfasi sulle operazioni strategiche possono generare valore significativo per gli azionisti. Al contempo, la combinazione di ripresa della crescita degli utili e/o aumento dei multipli contribuisce a dare vigore ai prezzi della società controllante.”Nel primo trimestre del 2018, gli spin-off e i disinvestimenti in Europa hanno registrato un’accelerazione. Noi di J.P. Morgan Private Bank riteniamo che questo trend sia destinato a continuare in futuro, favorito da catalizzatori quali l’impatto dirompente delle nuove tecnologie e l’attivismo degli azionisti”, spiega Sarah Catania Head of Investments presso J.P. Morgan Private Bank in Italia. “Utilizzando l’analisi di tipo bottom-up, abbiamo identificato opportunità d’investimento interessanti nelle imprese europee in grado di creare valore aggiuntivo rispetto alla ‘somma delle parti’ e di riattivare la crescita degli utili tramite la semplificazione delle operazioni aziendali.”
Le analisi di J.P. Morgan Private Bank mostrano che l’acquisto nel giorno dell’annuncio di un importante disinvestimento o scorporo, con la detenzione di tali titoli per i sei mesi successivi, genera una sovraperformance media del 2,4% rispetto allo Stoxx 600.L’acquisto anticipato rispetto all’evento catalizzatore si è dimostrato storicamente ancora più redditizio. Gli investitori che avessero detenuto gli stessi titoli per 12 mesi prima dell’annuncio, continuando a detenerli per i sei mesi successivi, avrebbero beneficiato di un alfa medio del 14,6% rispetto al benchmark europeo nell’intero periodo dell’investimento. L’analisi delle imprese soggette a importanti semplificazioni delle operazioni aziendali ha parimenti rilevato che i relativi titoli hanno regolarmente generato extra rendimento rispetto al proprio settore di appartenenza.”Due fattori primari, a nostro avviso, potrebbero consentire alla semplificazione delle operazioni aziendali di continuare a generare extra rendimento per un periodo prolungato. Primo, se l’attività scorporata aveva un impatto negativo sulla crescita, il gruppo così snellito può beneficiare di una ripresa dei ricavi e/o degli utili organici, uno sviluppo che raramente passa inosservato dal mercato azionario. Le imprese caratterizzate da una crescita attesa o effettiva più sostenuta di solito scambiano a multipli più elevati”, sostiene Catania. “Secondo, le organizzazioni complesse costituite da molteplici divisioni, come una holding o una conglomerata con segmenti aziendali indipendenti fra loro, potrebbero colmare il divario rispetto alla valutazione implicita nella “somma delle parti” scorporando una o più attività di modo che il portafoglio restante possa essere apprezzato e valutato meglio dal mercato azionario.”(L’analisi qui ripresa a grandi linee è a firma di Sarah Catania, Responsabile per gli investimenti per JP Morgan Private Bank in Italia).

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I “credit trigger” non cambiano il nostro orientamento neutrale

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

A cura di Toby Nangle, Responsabile asset allocation globale e Responsabile multi-asset, EMEA, e Maya Bhandari, Gestore di portafoglio, Multi-asset. L’attuale ciclo del credito si sta prolungando in maniera insolita; ciò nonostante, le analisi del nostro team obbligazionario investment grade sui possibili “catalizzatori” di una svolta nel ciclo indicano che non ci troviamo ancora in una fase particolarmente minacciosa, anche se lo stato di salute del mercato non può certo dirsi perfetto. Dei cinque “credit trigger” (o “catalizzatori del credito”) che monitoriamo, rileviamo tre bandiere color ambra (inasprimento della politica monetaria, valutazioni elevate e una volatilità eccezionalmente bassa seppur in aumento), una bandiera rossa (deterioramento della solidità delle aziende) e una sola bandiera verde (salute macroeconomica).La politica monetaria non è restrittiva ma sta diventando meno accomodante. L’espansione fiscale in uno stadio molto avanzato del ciclo si sta traducendo in un’accelerazione della crescita ma non potrà continuare per sempre senza generare inflazione e una risposta monetaria. Gli anni ’90 permettono un raffronto valido ma difficile; a quei tempi, infatti, la Fed affrontava la piena occupazione e le crescenti pressioni salariali (nonché un calo dell’inflazione complessiva) attraverso un inasprimento della propria politica, ma i suoi interventi erano limitati dalle crisi nei mercati emergenti, una circostanza che appare oggi meno probabile. Il rientro dal QE, abbinato al finanziamento tramite debito del potenziale ampio deficit strutturale del presidente Trump, potrebbe continuare a spingere al rialzo i rendimenti.Le valutazioni sono diminuite e si attestano ormai sulla loro media di lungo periodo. A gennaio di quest’anno la volatilità realizzata e implicita di azioni e obbligazioni aveva raggiunto livelli molto bassi e il successivo recupero si è accompagnato a un ampliamento degli spread.Il grado di interazione tra politica monetaria e volatilità non è chiaro. L’aumento della volatilità di mercato (nelle valute e nelle obbligazioni dei mercati emergenti, nelle azioni di tutto il mondo, ecc.) sembra tutt’altro che slegato dall’inasprimento monetario attualmente attuato dalla Fed, benché sia difficile stabilire una connessione in termini statistici.L’unica bandiera rossa è la solidità aziendale. In teoria, il rating creditizio ottimale per una parte considerevole dell’universo societario delle società a capitalizzazione elevata è BBB
(in un’ottica di ottimizzazione del costo del capitale). In passato, il merito di credito medio di questo stesso segmento era approssimativamente pari ad A; le società hanno progressivamente modificato i loro meccanismi di finanziamento attraverso attività di fusione e acquisizione e riacquisti di azioni proprie, al punto che oggi la percentuale del mercato investment grade con rating pari a BBB ha raggiunto livelli inediti.Dovremmo preoccuparci? Se da un lato questa variazione di rating è indice di una maggiore fragilità finanziaria tra le large cap in generale, l’evoluzione in termini di affidabilità creditizia connessa al passaggio da A a BBB è minima (e in qualche modo controbilanciata dal livello di compensazione offerto ai creditori per finanziare i loro prestiti). Inoltre, le nostre analisi bottom-up prospettiche sugli universi delle società statunitensi ed europee analizzate segnalano un miglioramento della copertura degli interessi negli ultimi anni, nonostante l’aumento della leva, derivante dai bassi rendimenti garantiti a ogni ondata di rifinanziamento. In conclusione, il nostro orientamento neutrale nei confronti del credito resta adeguato in questa fase, anche se nei nostri portafogli gestiti e multi-asset abbiamo posto una crescente enfasi sui prodotti con spread a bassa duration.
In termini di moneta unica, da inizio anno i rendimenti delle azioni europee hanno segnato il passo rispetto ad altri mercati, sebbene vada ricordata la netta sovraperformance registrata a fine 2016 e nel 2017. Ciò si è verificato sullo sfondo di dati economici più deboli e, fino a poco tempo fa, di maggior vigore dell’euro, che a quota 1,25 sul dollaro ha rappresentato un ostacolo per le azioni europee. Ciò nondimeno, dal momento che la debolezza economica si rivelerà probabilmente transitoria e che l’euro dovrebbe deprezzarsi, rimaniamo ottimisti sulla regione.Le attuali previsioni economiche indicanti una crescita del 2,3% in Europa dovrebbero tradursi in un’espansione degli utili societari del 10% per il 2018 (e attualmente prevediamo una crescita degli utili dell’8% nel 2019). Le notizie provenienti dall’Europa potrebbero essere meno rosee, ma buona parte del cambiamento è ampiamente ascrivibile ai dati delle indagini, che sono scesi rispetto ai massimi pluriennali ma continuano a segnalare una prosecuzione dell’espansione economica.La debolezza è spesso limitata a pochi settori, come quelli finanziario e industriale nel caso dell’indice IFO sulla fiducia delle imprese in Germania (i nostri portafogli obbligazionari europei sono generalmente sottopesati su entrambi i settori, anche se stiamo moderatamente rafforzando la ponderazione del secondo). Con una leva operativa elevata e un’economia e un mercato azionario molto aperti, infatti, l’Europa è fortemente influenzata dai trend ciclici globali, che restano favorevoli. Gli ultimi sviluppi positivi registrati sul fronte dei tassi di revisione delle stime sugli utili si presentano incoraggianti in questo contesto e le valutazioni sono più convenienti. Alcune società al di fuori della Germania (e, in certa misura, della Francia) stanno riportando pressioni salariali, nonostante i dati top-down evidenzino il ritmo di crescita dei salari più sostenuto dal 2011.Frattanto, l’elezione di un governo populista in Italia crea problemi per il futuro (vi sono più incognite che certezze), ma pare che si sia riusciti a scongiurare una crisi nel breve termine; analogamente, in Spagna il rischio politico appare contenuto. Alla luce di tutto ciò, non abbiamo apportato modifiche ai nostri portafogli multi-asset, che continuano a prediligere le azioni europee, una posizione che abbiamo detenuto per buona parte del periodo dal gennaio 2015.

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Indagine Philips: italiani e rapporto tra sonno e tecnologia

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Un sonno di qualità impatta positivamente sulla salute e la vita di tutti i giorni, dormire bene è il metodo migliore per riposarsi e recuperare le energie: questo è il pensiero del 91% degli intervistati nell’indagine commissionata da Philips, azienda leader nel settore dell’Health Technology, alla società di ricerca Strive Insight sul rapporto tra utilizzo della tecnologia e qualità del sonno.
In una società sempre più digitalizzata e connessa ovunque e in qualsiasi momento, la tecnologia è diventata sempre più “invasiva”: la media giornaliera di utilizzo di dispositivi digitali si attesta attorno alle 7 ore durante i giorni lavorativi e quasi 6 ore durante il weekend. Utilizzo che, per il 73% degli intervistati, risulta intenso anche nelle ore antecedenti il riposo notturno. La tecnologia connettiva, spesso “ipnotica”, che crea dipendenza sempre più spesso sostituisce oggi i rituali pre-sonno andando così ad impattare sul nostro riposo.In particolare, l’attività digitale degli italiani prima di cadere fra le braccia di Morfeo è caratterizzata da una componente sociale: i passatempi più diffusi sono infatti i social network e le chat seguiti dalla lettura delle email. Nonostante gli italiani riconoscano l’importanza del riposo notturno conservano cattive abitudini legate all’utilizzo dei dispositivi tecnologici: il 52% degli intervistati tiene regolarmente il proprio smartphone sul comodino accanto al letto e il 40% lascia il telefono sempre acceso anche durante la notte. Abitudini digitali scorrette possono rivelarsi dannose e favorire l’insorgere di disturbi del sonno: solo il 6% degli intervistati dichiara di non svegliarsi mai durante la notte. La maggior parte degli italiani intervistati da Philips non ha un sonno continuo e ha frequenti risvegli notturni. Il 18% degli italiani, inoltre, afferma che è capitato di essere svegliato perché disturbato da segnali sonori emessi dal device tecnologico. Inoltre, 1 italiano su 4 confessa di controllare il proprio smartphone durante i risvegli notturni.“L’indagine rivela una consapevolezza diffusa riguardo l’importanza del riposo notturno così come in merito alla correlazione tra disturbi del sonno e utilizzo di dispositivi tecnologici prima di andare a letto; nonostante ciò gli italiani faticano ad abbandonare certe cattive abitudini. Philips, leader mondiale nella ricerca di soluzioni dedicate alla terapia del sonno ha una lunga storia di innovazione proprio per aiutare le persone a dormire meglio e a curare alcune patologie del sonno come le apnee notturne ancora troppo sottovalutate dalla popolazione, ma che se trascurate possono portare a conseguenze anche gravi.” dichiara Gianluigi Redolfini, Health Systems Marketing Leader – Philips Italy, Israel & Greece.Tra i disturbi del sonno più diffusi il 31% afferma di avere un sonno irrequieto e risvegli frequenti, di questi il 66% dichiara di soffrire di apnee notturne e il 33% di conoscere questa patologia. Il 24% invece dichiara di avere difficoltà ad addormentarsi e il 15% di soffrire di insonnia.I sintomi più dichiarati legati ai disturbi del sonno sono: stanchezza durante il giorno (il 55%), stanchezza al risveglio (il 48%), occhi stanchi al risveglio (il 35%), difficoltà di concentrazione (il 28%) e irritabilità (il 27%). Meno di un terzo del campione (il 28%) che ha dichiarato di soffrire di disturbi del sonno si è rivolto ad un medico per avere un consulto. I consigli più diffusi tra coloro che hanno interpellato un camice bianco sono: alimentazione serale leggera (il 40%), attività fisica durante il giorno (39%) e la riduzione dell’utilizzo di dispositivi tecnologici prima di addormentarsi (il 37%).

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Ridurre il numero degli ictus in Europa

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Prevenzione primaria, organizzazione dei servizi dell’ictus, gestione dell’ictus acuto, prevenzione secondaria con follow up organizzato, riabilitazione, valutazione degli esiti e della qualità dei servizi, la vita dopo l’ictus: questi i 7 campi che sono stati individuati dall’European Stroke Organization (ESO) e che sono stati inseriti nel Piano di Azione per l’Ictus in Europa 2018-2030.La Conferenza dell’ESO, presieduta dalla Professoressa Valeria Caso, neurologa presso la Stroke Unit dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia e Presidente uscente della Società Scientifica Europea ha visto la partecipazione di oltre 4.500 tra medici ed infermieri provenienti da più di 85 Paesi di tutti i continenti.Obiettivi ambiziosi del Piano di Azione, comuni a tutti i campi individuati, sono la riduzione del numero assoluto degli ictus in Europa di ben il 10%, il trattamento di almeno il 90% dei pazienti colpiti da ictus in Europa in una Unità Neurovascolare (Stroke Unit) come primo livello di cura, la creazione di piani nazionali specifici che comprendano tutto il percorso che va dalla prevenzione primaria fino alla vita dopo l’ictus e, infine, l’implementazione di strategie nazionali che promuovano e facilitino uno stile di vita sano e, nello stesso tempo, riducano i fattori ambientali, socio-economici ed educativi che aumentano il rischio di incorrere nella patologia.
7 i campi d’azione su cui lavorare al piano di implementazione che include uno studio epidemiologico dell’impatto dell’ictus in Europa e prevede, oltre al coinvolgimento delle società scientifiche, anche quello delle associazioni dei pazienti presenti in ciascuna delle nazioni che fanno parte della Stroke Alliance for Europe SAFE, con attivazione di registri di qualità ed inclusione degli organi governativi:
1. Prevenzione primaria
2. Organizzazione dei servizi dell’ictus
3. Gestione dell’ictus acuto
4. Prevenzione secondaria e follow-up organizzato
5. Riabilitazione
6. Valutazione degli esiti e della qualità dei servizi
7. La vita dopo l’ictus.
C’è inoltre da osservare che il peso economico e sociale complessivo dell’ictus cerebrale aumenterà drammaticamente nei prossimi 20 anni a causa dell’invecchiamento della popolazione. Gli organi decisionali in Europa dovranno quindi individuare il modo migliore per combatterlo e rendere più facile la vita per coloro che sopravvivono e per le loro famiglie.I dati raccolti nello studio Burden of Stroke – Impatto dell’Ictus in Europa (pubblicato nell’ottobre del 2017, con traduzione in lingua italiana a cura dell’associazione) indicano che entro il 2035 si verificherà complessivamente un aumento pari al 34% del numero totale degli eventi cerebrovascolari acuti nell’Unione Europea, passando dai 613.148 casi verificatisi nel 2015 agli 819.771 previsti nel 2035. Aumenterà anche il numero delle persone che dovrà convivere con le conseguenze di una patologia che diventa cronica: si passerà dai 3.718.785 del 2015 ai ben 4.631.050 previsti per il 2035, con un incremento del 25% pari circa a 1 milione di persone in Europa.Il costo totale dell’ictus in Europa è stimato nel 2015 in 45 bilioni di euro ed è destinato ad aumentare, includendo sia i costi derivanti dall’assistenza sanitaria sia quelli indiretti a carico delle famiglie e delle società intera. È dunque fondamentale che nella pianificazione di queste strategie comuni contro l’ictus in Europa siano coinvolti, oltre ad i rappresentanti di tutte le professioni che seguono il percorso di cura dei pazienti, anche i caregiver, le persone che sono state colpite da ictus e le associazioni di volontariato di ciascun paese.
L’ictus cerebrale è una patologia grave e disabilitante che, nel nostro Paese, rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. Circa 150.000 italiani ne vengono colpiti ogni anno e la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave. In Italia, le persone sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 800.000, ma il fenomeno è in crescita sia perché si registra un invecchiamento progressivo della popolazione sia perché tra i giovani è in aumento l’abuso di alcool e droghe.

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Corretto approccio nei confronti del trattamento del deficit da Vitamina D

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

E’ stato ppena pubblicato su Nutrients un documento di consenso per il corretto approccio nei confronti del trattamento del deficit da Vitamina D, messo a punto da un gruppo di esperti AME, Associazione Medici Endocrinologi.“La pubblicazione si pone come riferimento per la comunità scientifica che si confronta su questa condizione piuttosto frequente persino nel nostro Paese considerato il Paese del Sole”, introduce Vincenzo Toscano, Presidente AME. “Negli ultimi anni la Vitamina D è stata al centro dell’attenzione e come endocrinologi sentivamo l’esigenza di trovare risposta a domande quali: la vitamina D è realmente una panacea? Protegge dal diabete e dal cancro? I medici devono focalizzare in maniera importante la loro attenzione sui livelli circolanti in tutta la popolazione? I preparati di Vitamina D sono tutti uguali? Il medico può scegliere qualsiasi preparato di Vitamina D e somministrarlo in maniera equivalente?L’Associazione Medici Endocrinologi attraverso i suoi esperti ha fatto chiarezza su questi argomenti pubblicando linee guida ad hoc evidenziando quanto è riportato in letteratura nell’ottica metodologica della Medicina basata sulle evidenze che ha sempre caratterizzato l’attività dell’AME”.
La Vitamina D svolge funzioni importanti per la salute delle ossa aiutando l’organismo ad assorbire il calcio, uno dei principali costituenti del nostro scheletro e prevenendo l’insorgenza di malattie ossee, come l’osteoporosi o il rachitismo. L’eventuale carenza di Vitamina D viene valutata attraverso un dosaggio nel sangue, che viene così interpretato, con qualche variazione secondo i diversi laboratori e soprattutto secondo i dettami delle differenti società mediche: carenza <10 ng/mL; insufficienza: 10 – 30 ng/mL; sufficienza: 30 – 100 ng/mL; tossicità: >100 ng/mL.“I valori di Vitamina D”, spiega Roberto Cesareo, endocrinologo, Ospedale S.M. Goretti, Latina e primo firmatario del lavoro, “attualmente adottati, prevedono quindi che i soggetti con un valore inferiore a 30 ng/dl possano essere dichiarati affetti da insufficienza di Vitamina D. A nostro avviso, tale limite andrebbe rivalutato in quanto troppo alto, soprattutto in assenza di forti evidenze scientifiche. L’adozione di tali livelli costituisce uno dei motivi per cui si finisce per dichiarare “carenti di Vitamina D” tanti soggetti che poi probabilmente non lo sono. Nella consensus abbiamo ritenuto più opportuno definire ridotti i valori di Vitamina D quando essi sono chiaramente al di sotto di 20 ng/dl. Sembra apparentemente una banalità tale differenza, ma una buona parte dei soggetti dichiarati “carenti di Vitamina D” cadono proprio in questa forbice che va tra i 20 ed i 30 ng/dl comportando così, come poi effettivamente si sta verificando, una incongrua prescrizione di tale molecola. Al contrario soggetti osteoporotici o pazienti che assumono già farmaci per la cura dell’osteoporosi o altre categorie di soggetti significativamente più a rischio di carenza di vitamina D è corretto, a nostro giudizio, che abbiano valori di Vitamina D superiore al limite di 30 ng/dl e quindi vanno trattati”.
“Abbiamo poi cercato di chiarire”, prosegue l’esperto, “che, al momento, nonostante ci sia una serie incontrovertibile di dati che associano la carenza di Vitamina D ad altre malattie che non sono solo l’osteomalacia e l’osteoporosi (vedi diabete mellito, alcune sindromi neurologiche, alcuni tipi di tumori), non è dato sapere quali siano i dosaggi corretti di Vitamina D che possano essere utili per ridurre l’incidenza di queste patologie correlate. Riteniamo che sia giusto riportare questo dato in quanto far passare il messaggio che la Vitamina D sia l’elisir di lunga vita, oltre che scorretto in quanto privo di evidenze scientifiche forti, rischia di essere oggetto di iper-prescrizione incongrua e con il rischio di assumere tale molecola senza reali benefici”.
È bene sapere che la luce solare anche nel nostro paese “definito il paese del sole” per lunghi periodi dell’anno (autunno-inverno) non contiene una radiazione UVB sufficiente a far produrre Vitamina D nella cute; paradossalmente ciò si può verificare anche in estate, in quanto l’opportuna applicazione di creme con filtri solari riduce la penetrazione dei raggi solari nella cute e, conseguentemente, la biosintesi di Vitamina D. In letteratura è riportata una variabilità stagionale nei valori plasmatici di Vitamina D. Essi infatti tendono ad essere massimi in autunno e raggiungono un nadir nella primavera inoltrata. Non esiste una “raccomandazione” circa il periodo migliore nel quale eseguire il dosaggio della Vitamina D plasmatica. Certamente un valore basso, rilevato in autunno, è segno che le scorte di Vitamina D non sono state colmate nell’estate appena trascorsa ed è logico attendersi che in primavera questo paziente abbia una severa ipovitaminosi D”.
“Inoltre”, continua Cesareo, “è necessario sapere che le molecole di Vitamina D non sono tutte uguali. La forma inattiva, quella di più comune utilizzo, è il colecalciferolo. Tale molecola prescritta solitamente sotto forma di gocce o flaconcini da assumere o giornalmente o in assunzione mono-settimanale o a più lunga scadenza (mensile o anche bimensile) viene successivamente attivata in sede prima epatica e poi renale e, come tale, espleta i suoi effetti finalizzati in particolare ad un corretto assorbimento di calcio a livello intestinale e ad un controllo del metabolismo fosfo-calcico in sede ossea. Ma esistono altre molecole che sono già parzialmente o del tutto attive. Tra esse merita attenzione il calcefidiolo che non necessità di essere attivato al livello del fegato e per le sue caratteristiche molecolari è, come si dice in gergo, meno “liposolubile” cioè permane meno nel tessuto adiposo rispetto alla precedente molecola menzionata, il colecalciferolo. Entrambe queste molecole non danno, se prescritte appropriatamente e a dosi corrette, problemi, in particolare alterazione dei livelli del calcio nel sangue e/o nelle urine. Il calcifediolo per la sua cinetica di azione e per la sua conformazione può trovare motivo di maggior utilizzo, per quanto detto, nei pazienti che hanno patologie epatiche di un certo rilievo e anche nei soggetti obesi e carenti di Vitamina D o in coloro che sono affetti da problemi di malassorbimento in sede intestinale. Anche essa viene prescritta in gocce o in capsule molli in prescrizioni giornaliere, settimanali o mensili. Il colecalciferolo, di contro, trova la sua indicazione principe nei soggetti affetti da osteoporosi e/o che assumono contestualmente farmaci per la cura di tale patologia”. “Infine”, conclude l’esperto, “i metaboliti del tutto attivi e che non necessitano quindi dell’attivazione epatica o renale trovano un campo di utilizzo molto più limitato, in particolare nei soggetti affetti da insufficienza renale o che sono carenti dell’ormone paratiroideo, quadro clinico che solitamente si riscontra nel soggetto operato di tiroide e di paratiroidi. Il loro ridotto utilizzo nel paziente con semplice carenza di Vitamina D è dettato dal fatto che, rispetto alle due molecole descritte in precedenza, queste espongono il paziente ad un maggior rischio di ipercalcemia e di aumentati livelli di calcio nelle urine”.

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Sorriso e pianto sembrano caratterizzare il percorso dell’uomo

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Tragedia e commedia lo attraversano, ma appaiono, nel loro insieme, un gioco ora piacevole ed ora perverso, ora dolce ed ora amaro. Ed il tutto si compie lungo un breve tragitto quanto può esserlo un segmento posto lungo una retta della quale non si conosce la provenienza ed il luogo dove si dirige. Posso solo aggiungere che le mie letture mi hanno portato alla convinzione che esistono due mondi di cui uno compenetra l’altro. Il primo è senza tempo ed il secondo è il frutto di un pensiero che si sofferma creando il tempo. Il primo non ha bisogno della luce per vedere ed il secondo appaga con la vista la debolezza del suo ideare speculativo e fa del sole la sua luce.
Tra i due momenti vi è un sottile legame che potremmo definire poco poeticamente “micro-buco-nero”. Al di qua vi è la creazione della materia, il tempo e la luce e al di là il suo annichilimento ed il silenzio dell’eternità. Chiederci, a questo punto, se al di là della vita vi è un’altra vita è un non senso: l’eternità è vita e non vita in ugual misura e non è una contraddizione nei termini. (Riccardo Alfonso)

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L’uomo e l’universo che lo circonda e lo compenetra

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Scriveva Isaac Asimov: “Eccoci in un piccolo pianeta di una stella media persa nella galassia che contiene centinaia di miliardi di stelle in altre centinaia di miliardi di galassie.
Perché ci dovrebbe essere solo per noi un universo così vasto da non poter essere immaginato?” Ed aggiunge: “Ciò che accadde dopo il big bang deve essere stato di una natura tale da permettere alle stelle e alle galassie di formarsi. Anche piccole differenze lo avrebbero reso impossibile.
Se non fosse per gli atomi, le stelle e le galassie che sono possibili perché lo sono, noi stessi non saremmo possibili. Anche la terra non sarebbe abitabile se la sua orbita cambiasse anche di poco o si modificasse la massa solare.
Ugualmente, piccole modifiche della chimica, per esempio, se l’acqua non si espandesse quando diventa ghiaccio o se gli atomi di carbonio non si agganciassero gli uni agli altri, avrebbero reso impossibile la vita.”
La teoria dei quantum ci fa pure apparire indispensabili. Secondo questa teoria, ci sono condizioni in cui è impossibile dire come un elettrone si comporta sino al momento in cui esso viene osservato. Quando l’elettrone non è osservato, non è possibile neppure la teoria decidere come si sta comportando. Secondo alcuni scienziati, ciò significa che l’universo non può esistere senza i suoi osservatori. Con questa logica dobbiamo pensare che anche i dinosauri siano stati degli osservatori? A questo punto del ragionamento il coinvolgimento religioso diventa inevitabile. Sempre secondo un “forte principio antropico” l’universo fu formato da Dio soltanto a beneficio degli esseri umani. Ed è, dunque, Dio l’osservatore universale che presiede su tutto il cosmo?
Le risposte da dare a tali interrogativi sono controverse. Vi sono degli scienziati che propendono per un “debole principio antropico”. Essi sostengono che l’uomo non è solo nel mondo. Vi possono anche essere luoghi dove non è possibile vivere alle condizioni dei terrestri, ma ciò non esclude una possibilità alternativa e un grado di compatibilità con il luogo in cui si è inseriti. Lo stesso accade per certi animali sul nostro pianeta con la loro caratteristica di stare a proprio agio nell’acqua e di morire se si trasferiscono sulla terra o vice versa.
Ci riferiamo ai pesci e alle piante acquatiche che vivono negli abissi dei mari e a tutte quelle altre forme di “vita” che l’ambiente terrestre rende impossibile il soggiorno.
Ed ecco come il forte ed il debole principio antropico che alberga fuori dal nostro pianeta ci fa rivivere le nostre conflittualità di “persona” nella sua origine etimologica dal latino “personare”, ossia suonare attraverso, come la voce degli attori per la maschera teatrale che portavano sulla scena. (Riccardo Alfonso)

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La conflittualità permanente tra ciò che appare e ciò che è

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

E i conflitti che l’uomo ha dovuto affrontare non sono stati solo quelli contingenti, ma anche di natura ideale come il desiderio di essere libero, di costruirsi la propria vita modellandola secondo i propri gusti e personali inclinazioni e di ricercare un modo, il meno cruento possibile, per poter coesistere con i propri simili accordando, in tal modo, le proprie inclinazioni con quelle degli altri. Ecco perché i comportamenti dell’uomo e di tutto il creato si somigliano e si integrano nel bene e nel male, hanno una loro logica spiegazione anche nella violenza, nell’arbitrio e nel suscitare sentimenti di avversione o di attrazione fatale. E non vi è cultura che possa soddisfarci e ricondurre ad un unicum queste emozioni, apparentemente scomposte, degli esseri viventi se non ritroviamo una nostra più autentica identità.
Ed allora quando parliamo di uno scienziato o di un pecoraio noi dobbiamo pensare che prima di tutto dietro quella faccia e quel corpo vi è un essere umano e non il mestiere che esercita. Entrambi appartengono al comune esercito che si avvia sulla strada del futuro dando un contributo temporale alla sua costruzione e definizione per quanto fatiscente e superficiale possa apparire nelle loro soggettive funzioni. Ecco perché noi guardiamo con diffidenza chi si autodefinisce un saggio o un dotto ed esibisce i suoi titoli. Non è certo un pezzo di carta e certi studi a dare all’uomo una patente di onorabilità. Essa si conquista sul campo e sul modo come si mette a frutto la sua capacità all’apprendimento e le fortune che lo attraversano per metterle a frutto. Quel pastorello di nome Giotto non sarebbe andato molto al di là nel disegnare i suoi cerchi perfettamente rotondi se un giorno non si fosse imbattuto con l’uomo giusto che ne avrebbe esaltate le doti e….così potremmo dire di molti altri personaggi. Ma a questo proposito dovremmo fare una distinzione tra gli uomini cosiddetti di successo. Tra coloro che lo perseguono perché, senza di esso, hanno l’impressione di non essere nessuno e coloro che, raggiunti dal successo senza averlo cercato, ne possono fare tranquillamente a meno. I primi di gran lunga più numerosi si riducono con il tempo a dei poveri diavoli: sono condannati a spiare ossessivamente ogni oscillazione della fortuna, a trepidare davanti ad ogni tiepidissimo segno di sfavore.
I secondi disdegnano qualsiasi rapporto di servitù e di dipendenza con gli altri simili in specie se costoro si sommano in opinione come in una sorta di tribunale che decide del valore altrui. E se ben consideriamo l’insieme di tali rapporti ci rendiamo conto che l’uomo sarà completo solo se riuscirà a valutare da solo i momenti cruciali della propria esistenza, anche se nel fare talune scelte sbaglia. Il confronto che può seguirne con i propri simili deve essere impostato in condizioni paritarie. Esso deve maturarsi ed evolversi attraverso una riflessione personale, una capacità di discernimento propria e non condizionata da fattori esterni privi di logica e di obiettività di giudizio. E sembra quasi una favola germinata da una creatura dalla mentalità troppo accesa che il principio antropico, dal greco “ciò che riguarda l’uomo”, abbia come presupposto un piccolo punto in un mondo quasi senza confini. Solo se usciamo da questi schemi convenzionali l’individuo sarà in grado di portarsi ad un livello più alto delle potenzialità insite nella propria specie. (Riccardo Alfonso)

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Il vaso di pandora dell’ingegneria genetica

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Non lo è, ovviamente, se con l’ingegneria genetica diamo il via alla creazione di nuovi ceppi di batteri o di virus resistenti agli antibiotici sinora conosciuti. Lo stesso discorso vale anche per la fauna e la flora, in generale, allorché si interviene a livello genetico per lenire i crescenti bisogni di alimentazione terrestri attraverso la produzione di animali transgenici per ricavarvi specie più resistenti alle malattie e per diminuire i costi di gestione dell’allevamento. L’unica cautela da prendere è che le modifiche genetiche introdotte non nuocino, per altra via, alla salute di chi se ne ciba. Ma il problema non è solo quello di “riprodurre” ma anche di “conservare”. Attualmente sono numerose le specie animali e vegetali in estinzione. “Basta pensare – osserva l’Accademico dei Lincei Claudio Barigozzi – a un esempio famoso: la formazione delle specie di equini da lontane epoche geologiche fino alla comparsa del cavallo attuale.”
“L’albero di derivazione o filogenetico è, per Barigozzi, abbastanza solito da meritare di essere discusso in un corso universitario, anche se non vi mancano incertezze di connessione fra le varie specie fossili che lo compongono. Siccome le specie estinte degli equini hanno portato, attraverso questa o quella combinazione di meccanismi evolutivi, al cavallo domestico e a qualche specie selvatica, di cui una è tuttora vivente, (l’Equus przywalski della steppa nord-asiatica), dovrebbe essere evidente che la estinzione di questa seconda specie equivarrebbe alla scomparsa del solo ed insostituibile materiale di studio per analizzare le differenze fra cavallo selvatico e cavallo domestico.”
Il concetto di insostituibilità di ogni specie è quello davanti al quale dovrebbero recedere tutti i mezzi di estinzione. E seguendo proprio questa diversa chiave di lettura, espressa in più epoche e in più forme di discernimento e di conoscenze acquisite man mano, si è maturato il mondo dei pensieri dell’homo faber e dei suoi nipoti. E’ un rapporto che si è sviluppato con fasi alterne e si è manifestato con un confronto stressante finché non si è acquistata l’autorevolezza sufficiente per entrambi sul comune terreno della ricompattazione e della ridefinizione dei rispettivi ruoli. A distinguerli come sempre è rimasta solo la forma ma non la sostanza. A differenziarli è subentrata unicamente una scelta di vita e circostanze casuali ad essa collegabili come la necessità primaria di cercarsi un qualsiasi lavoro per vivere o quella di essere eredi occasionali di fortune accumulate da altri. (Riccardo Alfonso)

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L’intelligenza umana si può modificare o migliorare specializzandola?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Se, a questo punto, riuscissimo a fare tesoro delle diversità emerse e delle complessità emergenti e il possibile modo di ovviarle, considerando che il cervello mentre pensiamo si modifica, saremmo più cauti nel pensare sia ad un modello di essere umano “preconfezionato” sia al modo di apportare delle varianti sostanziali al “prodotto finito”.
Basti pensare che anche chi ha un basso quoziente di intelligenza può manifestare ad un certo momento della propria vita grandi capacità mentali. Infatti è dimostrato che alcuni ritardati possono mostrare dei comportamenti straordinari. Ancora oggi la scienza non sa dare una spiegazione razionale al fatto che soggetti incapaci, a volte, di formulare una frase sensata siano in grado di fare calcoli matematici più velocemente di un computer o di scolpire o di dipingere opere d’arte da vero artista. Per contro oggi tale metodica selettiva può avere più successo sull’uomo, allorché si incomincia ad adottare trattamenti più sofisticati, inserendo o eliminando uno o più geni dal patrimonio genetico.
Lo si deve alla biologia molecolare con i suoi studi sui geni e sul loro costituente il DNA o acido desossiribonucleico. Queste molecole di DNA portatrici di determinate caratteristiche possono essere sintetizzate in laboratorio. Le loro particolari doti vengono poi distinte ed inserite in esseri viventi, ottenendo in altri termini, ma per una via molto più breve e con maggiore efficacia, quello che si otteneva da millenni mediante gli incroci. Un organismo così ottenuto viene detto “transgenico”. E’ un genere d’intervento che, se applicato sull’uomo, diventa senza dubbio positivo se resta preminentemente terapeutico. In effetti le carenze genetiche di un individuo possono provocare gravi malanni quali l’emofilia, la fibrosi cistica e via dicendo e intervenire su di essi è estremamente positivo. (Riccardo Alfonso)

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Il temperamento umano alla conquista del mondo

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Nel suo rapporto con la natura e i propri simili l’essere umano si distingue per le sue diverse sensibilità. Lo ritroviamo, infatti, a misurarsi con il suo temperamento artistico, impulsivo, socievole e negativo.
Il temperamento artistico si riconosce dalla capacità di discernere la bellezza in senso lato. E’ un genere di comportamento che troviamo anche in chi non ha alcuna inclinazione verso fantasie artistiche. Le tappe del processo creativo sono essenzialmente tre: la capacità di recepire e di immagazzinare una serie di informazioni importanti, l’abilità di rielaborarle più o meno coscientemente, si dice che la solitudine sia la scuola del genio, e l’improvvisa illuminazione che si concretizza poi nell’opera d’arte. La creatività è essenziale e funzionale al processo di adattabilità della specie e l’atto creativo del singolo si riflette sul presente e sull’avvenire dell’intera comunità.
L’impulsività si estrae da soggetti che amano il rischio misto ad uno spiccato senso di intraprendenza. Un temperamento impulsivo spinto agli estremi porta ad effetti deleteri, cioè alla ricerca dell’eccitazione a tutti i costi. Per contro un grado equilibrato di impulsività può rappresentare una buona spinta.
Il socievole e il suo opposto entrano nella categoria degli introversi e degli estroversi. Sono sempre esistiti. Gli estroversi non avranno mai chiusure davanti ad un estraneo. Gli introversi, invece, rimarranno timidi ed isolati tutta la vita. L’ideale sarebbe quello di stabilire un equilibrio tra queste due tendenze. Per i soggetti introversi esiste una base neurologica per il loro lato caratteriale con bassi livelli di capacità di eccitazione per cui necessiterebbero di più stimoli rispetto agli introversi più “autosoddisfacenti”. Sull’argomento ne ha parlato diffusamente il psicologo americano Perry Buffington, in un recente convegno.
La figura negativa, a sua volta, è da ritenersi la componente caratteriale più studiata. Si tratta della propensione individuale a rispondere in modo positivo o negativo ad una situazione stabilita. Ad un lato estremo troviamo rabbia, depressione, ansietà e preoccupazione e dal lato opposto felicità, allegria e serenità. Ed è proprio la componente “negatività” quella che si è mostrata più importante per la salute psichica e fisica dell’uomo. I soggetti con preponderanza di “negatività” tendono ad ammalarsi più di frequente ed impiegano più tempo a guarire. Sono in genere individui che hanno un’opinione negativa di se stessi. Si preoccupano più degli insuccessi che dei successi. Invecchiando hanno più disturbi e dolori degli altri. (Riccardo Alfonso)

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Il problema della discernibilità

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Alla fine ci siamo trovati ad affrontare il problema della discernibilità e dell’individualità non solo in chiave astratta e filosofica ma anche scientificamente con tutte le sue interazioni e possibili implicazioni sull’uomo e sugli altri esseri viventi. Oggi, comunque, si colloca entro questo genere di percorso un nuovo motivo di inquietudine.
Infatti per quanto l’uomo abbia cercato da tempo di modificare la genetica degli animali di allevamento, allo scopo di migliorare alcune caratteristiche mediante la paziente e laboriosa selezione degli incroci, il cui risultato finale era l’ottenimento di determinati caratteri ereditari, mai era intervenuto su se stesso in misura così sistematica e generalizzata come si sta cercando di fare ai nostri tempi. In effetti nemmeno le istituzioni sanitarie naziste con la scrupolosa selezione, dal lato biologico, di ragazze ritenute ariane per farle accoppiare con altrettanti selezionati maschi riuscirono a produrre quella “razza eletta” tanto decantata dal regime. Eppure l’eugenetica ha rappresentato una costante nell’impegno razziale nazista per la difesa e la purezza della stirpe.
Analogo discorso è valso con la tecnica della stimolazione precoce ed intensiva dei bambini “superdotati” (Gifted and Talented, G, & T.) o con il criterio di riprodurre una specie eletta vendendo lo “sperma surgelato” prelevato da insigni premi Nobel. Per entrambi i casi l’errore derivò dal fatto che i modelli di arricchimento “naturali” e psicologici previsti erano sostanzialmente estranei alla realtà culturale, familiare ed emotiva sia del feto, dato che il bambino non inizia ad apprendere solo dalla nascita, che del nascituro e del ragazzo.
La prova di quanto asserito l’abbiamo avuta dalle intelligenti e metodologicamente sofisticate ricerche di Sandra Scarr-Salapateck che riguardano i gemelli monovulari adottati in famiglie di diverso livello socioeconomico: l’influenza dell’ambiente, a parità di corredo genetico, emerge qui in modo significativo. In effetti l’intelligenza è un fenomeno quanto mai dinamico. Essa coinvolge processi differenziati, i quali innestano disposizioni ereditarie su differenti impatti sui diversi fattori ambientali. In ogni caso il “prodotto” non si può manipolare a proprio piacimento anche se presenta particolari caratteristiche di adattabilità.
Ci riferiamo nello specifico a bambini già dotati di particolari capacità intellettuali. Per essi la tecnica di assoggettarli ad immagini visive inconsuete e vivide, a tecniche di autoregolazione delle onde cerebrali, a diete e farmaci tali da rafforzare la memoria, di addestrarli alla logica deduttiva e induttiva, di farli ragionare su analogie, relazioni ed ipotesi innovative, non è efficace più di tanto per arrivare ad un comportamento individuale o di “gruppo” con risultati omogenei e significativi. Si traduce spesso solo in violenza indebita.
D’altra parte l’uomo ha sempre cercato di capire e di sezionare il temperamento che rende una persona diversa dall’altra. Lo aveva in precedenza sperimentato Socrate allorché tuonava col suo “Conosci te stesso” e Aristotele più o meno nel 350 a.C. aveva pienamente riconosciuto il potere potenziale del temperamento umano. Oggi gli psicologi hanno riaffermato le vecchie teorie già abbozzate da Wilhem Wundt in 4 principali stili comportamentali, ciascuno dei quali presente in maggiore o minore misura in ogni individuo e rappresentanti il materiale grezzo, da cui si forma la personalità: il temperamento artistico, impulsivo, socievole e negativo. (Riccardo Alfonso)

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Somiglianza e diversità

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

Tutti conoscono la barzelletta del cammello e del dromedario. Perché, si domanda, il cammello ha due gobbe e il dromedario una sola? perché, si risponde: per distinguerli! Ma al di là della battuta alla sua base sta un problema scientifico e filosofico molto profondo. Infatti se due individui sono “gemelli” in tutti i sensi dobbiamo dire che sono lo stesso individuo? Scriveva Liebniz nell’enunciare il “principio degli indiscernibili”: “due cose individuali non possono essere perfettamente identiche e devono differire tra loro per qualcosa di più del loro semplice esser due.” A questo punto chiunque si rifiuterebbe di ammettere che due gemelli sono lo stesso individuo. La difficoltà sembra superarsi abbastanza facilmente notando, come fece Kant, che i due gemelli hanno necessariamente una collocazione diversa nello spazio.
Possono dunque avere tutte le caratteristiche eguali, ma non la posizione. Questo basta per distinguerli. Nonostante ciò la questione non fu risolta. Fa osservare G. Toraldo di Francia: “Le cose macroscopiche a misura d’uomo o più grandi non sono mai perfettamente identiche. Ma quando all’inizio di questo secolo, abbiamo cominciato ad entrare nel mondo delle particelle subatomiche, la situazione è cambiata radicalmente. Per quanto ne sappiamo gli elettroni hanno tutti identiche caratteristiche e lo stesso dicasi dei protoni, dei neutroni e così via. Possiamo dar loro un nome che li distingua ma la loro intrinsicità non muta. Tuttavia se da quello che si può sapere e calcolare ci viene detto che ad un dato punto e a un dato istante vi è la probabilità di trovare un elettrone di quel tipo e non un altro ciò non significa che siamo in grado di distinguere se è quello che gli abbiamo dato un certo nome o uno diverso. Le zone in cui è distribuita la probabilità di ciascun elettrone sono sovrapposte ed è proprio questo che rende le due particelle indistinguibili.” Tutto ciò diventa particolarmente evidente quando si parla di “meccanica statistica”. Il corpo di un uomo, ad esempio, è composto da un numero enorme di particelle. Il loro minuto comportamento ci sfugge. E’ inevitabile, a questo punto, ricorrere alla statistica e al calcolo di valori medi. Per fare questo è indispensabile calcolare quanti diversi casi microscopici corrispondono ad uno stesso stato macroscopico. Lo stato macroscopico che si realizza all’equilibrio è quello più probabile cioè quello al quale corrispondono un numero maggiore di casi microscopici diversi. In pratica significa che scambiare l’elemento A con il B vuol dire ottenere come risultato un altro caso. (Riccardo Alfonso)

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La paura della morte

Posted by fidest press agency su mercoledì, 18 luglio 2018

La considero l’espressione più drammatica dell’Io narcisistico che si oppone all’universo. Chi è tranquillo davanti alla prospettiva della morte rivela di aver fatto un grande salto dalla identificazione con il sé alla identificazione con l’essere. Un nulla che abbiamo voluto, in un moto estremo d’orgoglio frammisto a presunzione, riempire di un qualcosa che ci appaghi. Ma è una pura illusione. Noi nasciamo poiché si compongono due sistemi creativi: quello per clonazione e l’altro per un atto sessuale. Il primo ci duplica ed il secondo ci differenzia. Il primo finirebbe con il renderci tutti uguali fisicamente e mentalmente mentre il secondo determina le opportune variazioni per farci sentire diversi per quel poco che basta per riempire d’orgoglio o per annichilire le nostre mire personalistiche. Esse si riconducono al desiderio di quanti ricercano la lode, l’approvazione, il riconoscimento, l’applauso e si tormentano se non ce l’hanno. Che poi costoro, arsi dal successo, riescano, pur privi dell’elogio e del consenso degli altri, a ritrovare per altri versi, una loro identità resta un fatto puramente illusorio. A pensarci bene, è lo stato più precario in cui si possa trovare un essere umano. (Riccardo Alfonso)

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